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Autore: Antonio Militari    16/05/2016    1 recensioni
la vita porta con se gioie e dolori, ma è la tua vita, in tutti i momenti: vivila senza rimorsi, e senza rimpianti vai avanti. Non dimenticarlo mai: ricorda, Layla.
Il seguito della storia "Dimentica, Alessandre". I ricordi della bella Layla ricostruiscono gli accadimenti del primo episodio, aiutando a far luce sugli oscuri avvenimenti...
Genere: Fantasy, Romantico, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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La storia vuole essere il continuo di Dimentica, Alessandre, che partecipò al concorso Cavaglieri di Draghi arrivando sesta. Sono rimasto soddisfatto del risultato, anche se avrei potuto fare di meglio riempendo alcuni buchi lasciati alla trama: ecco allora l'idea di un seguito: Layla, vivendo il suo nuovo presente, rilegge il passato, spiegando alcune ombre lasciate nella precedente opera.



«ma mère?» Il ragazzo si era fatto grande, e ormai era in quell'età in cui si comincia a staccarsi dalla casa e a fare esperienze fuori dal nido ma, con  molta gioia da parte di Layla, non aveva rinunciato a quel nomignolo per chiamarla «ma mère? Dove siete?» Si fermò al centro della stanza guardandosi attorno, le mani sui fianchi in una posa che le ricordò dolorosamente quella del padre.
«Eccomi, mon cher, sono qui» disse uscendo dal gabinetto seminascosto nel muro.
«Ma mère, vi devo parlare» Sembrava decisamente su di giri, evidentemente gli era successo qualcosa di veramente bello.
«Dimmi, mon cher» non poteva fare a meno di sentirsi contagiata da quel buon umore.
«Ho incontrato una ragazza» Le disse lei raggiante «Ve la devo far conoscere, ne andrete matta! Pensate che legge i manuali di filosofia del fratello! Vedrete, vedrete!».

«Ripetetelo ancora, vi prego» Layla, abbracciata all'uomo, si sentiva sicura e forte, ma non poteva fare a meno di provare vergogna per quei sentimenti nuovi che non riusciva a controllare.
«Vi amo, Layla, siete la donna più strampalata e assurda che abbia mai incontrato, ma vi amo» Alessandre la abbracciò più forte al petto, circondandola con le proprie braccia forti «Non posso vivere senza di voi, siete tutto ciò che mi tiene in vita».
«Alessandre» trovò la forza di sussurrare, stringendosi a lui con forza, quasi volesse entrare in quel petto caldo.
Poco lontano, il forte ruggito del drago sigillò quel momento perfetto.


Aveva finto di essere contenta, lo aveva abbracciato, gli aveva accarezzato la guancia e lo aveva lasciato andare, probabilmente tra le braccia di quella ragazza che lo aveva fatto gioire tanto. Sapeva che, prima o poi, sarebbe successo, ma non riusciva ad accettarlo. Alessandre le era stato strappato via, e ora Gardien stava per volarle via dalle mani.
Nella stanza, sola, aprì un cassetto della toletta tirando fuori un foglio bianco. Sapeva che Alessandre non aveva letto la prima lettera che gli aveva lasciato, o le sarebbe arrivata una qualsiasi risposta. Sapeva anche che le lettere successive avevano ricevuto una sorte simile; ma lei doveva provarci, doveva provarci in continuazione, doveva credere che Alessandre, un giorno, avrebbe potuto perdonarla.

«Sei sicura che lui ti ami?».
Trovava odioso entrare in quella stalla e parlare con quell'animale, ma dall'altro canto sentiva il bisogno di farlo, non poteva farne a meno, perché quell'animale svegliava in lei delle sensazioni contraddittorie che la facevano sentire viva, che la facevano sentire vera.
«Lui mi ama» rispose, continuando a fissare le scaglie dell'animale, che ad ogni respiro si sollevavano e si abbassavano, mostrando appena la pelle sottostante.
«E tu? Lo ami?».
«Lo amo» disse semplicemente, convinta di quello che diceva. Una roca risata echeggiò per il locale, inquietante, affascinante, tremenda.
«Povera donna sola. Tu credi che questo amore durerà per sempre? L'essere umano è solo: tale è nato e tale morirà. La soluzione è isolarsi prima di essere tagliati fuori dagli altri... Dimentica Layla...».
Scappò via correndo. Quando il drago iniziava la sua cantilena lei scappava via: dimenticare? Come avrebbe potuto dimenticare Alessandre?


Poso la penna nel calamaio e rilesse velocemente i due fogli che aveva riempito; pesò ogni parola, ogni espressione, come suo solito; osservò la posizione di ogni lettera, l'inclinazione di ogni tratto, quindi li piegò dolcemente, e da un altro cassetto della toletta prese una busta: ruvida al tatto e dall'aspetto lanoso. Meccanicamente imbustò i fogli e mise la ceralacca sulla candela che aveva acceso per l'occasione.
Mentre osservava la sostanza rossa sciogliersi rapidamente ripercorse il primo incontro con il marito, al picnic che aveva organizzato per potersi vantare con la nobiltà per quella sua capacità nel controllo del drago, una capacità che lei, invece, aveva criticato aspramente. Con un sorriso amaro e una lacrima nell'occhio, penso che il drago, per una strana ironia, era stato anche la causa del loro amore.

«Hai passato una bella giornata oggi?» Avevano appena messo a dormire Gardien, e si stavano preparando per dormire, ma Alessandre sembrava più inquieto del normale.
«Si, una bella giornata, e tu?» Rispose evasiva. Non che non volesse confessarsi al marito, ma se ne vergognava troppo. -Se me lo chiede gli risponderò- Si ritrovò a pensare.
«Una bella giornata» sospirò Alessandre. Si coricarono uno a fianco dell'altra, mentre Layla urlava, nel proprio cuore, aiuto.


«Avete scritto un'altra lettera, ma mère?» Chiese Gardien entrando nella stanza mentre lei posava il sigillo sull'ammasso di ceralacca che aveva appena versato. Per la sorpresa quasi distrusse l'opera che si formava, rischiando anche di imbrattare tutta la busta di rosso.
Sollevò lentamente il sigillo osservando quanto rimaneva sulla busta: una testa di drago con una rosa in bocca. Il sigillo che si era fatta costruire dopo il matrimonio: era un'immagine metaforica del suo Alessandre.
«Dovete smetterla di provarci» le disse secco il ragazzo «Sapete che tanto non risponde» Layla sapeva che il figlio non voleva ferirla, ma ci riusciva lo stesso.
«Tuo padre risponderà, prima o poi, lo sento» si limito ad affermare, sicura.
«Quell'uomo non è mio padre» Sibilò Gardien crudele.

«Sei sicura che lui ti ami?» Ogni volta che entrava in quella stanza la discussione che ne seguiva andava sempre a finire con quella domanda, e lei rispondeva sempre alla stessa maniera:
«Lui mi ama» Teneva la testa alta, ma non riusciva a muoversi: si sentiva come una scolaretta impertinente di fronte ad un maestro saggio e sapiente
«E tu? Lo ami?».
«Lo amo» si limitò a rispondere con la stessa forza. Ancora una volta la risata sorda del drago rimbombò per la stanza.
«Povera donna sola. Come puoi essere così sicura dei suoi sentimenti. Come puoi essere così sicura dei TUOI sentimenti. Credi di amarlo? E di te stessa che mi dici: riesci ad amare te stessa? Riesci ad accettarti? Il sapere ti porterà solo dolore. Conoscere significa soffrire. Conoscere significa morire. Dimentica Layla...».
Con le lacrime agli occhi si trovò a correre verso casa.


«Molto piacere, signora DeFrance» Non aveva mai rinunciato al cognome del marito, nonostante tutto.
«Che bella fanciulla, davvero» Non mentiva. Nonostante provasse una certa gelosia nei confronti della ragazza non poteva fare a meno di pensare a lei come al meglio che Gardien potesse trovare: era d'aspetto giovane, ma gli occhi brillavano di maturità. Vestiva bene ma non ricercata, si era chinata delicatamente per la riverenza e, cosa che aveva apprezzato, si teneva rispettosamente distante da Gardien, come vuole il galateo nei pressi della madre. L'ultima cosa che l'aveva colpita era il parasole che teneva appeso al polso con una cinghiettina, e che entrando aveva posato accanto alla porta.

«Perché non ti sbarazzi di quel ridicolo parasole?» le sussurrò Alessandre, abbracciandola da dietro.
«Scherzi? Si tratta di un regalo di mia madre, e non ho intenzione di lasciarlo».
«Ma nessuna usa più il parasole, è considerato un dettaglio antiquato!» La punzecchiò il marito.
«Stai dicendo che sono vecchia?» Sorrise lei girandosi e fingendo di darli uno schiaffo «Mi è mai interessato qualcosa di cosa pensi la gente?».
«Per questo ti amo» Rispose lui, baciandola dolcemente.


«Cosa ne pensate?» Gardien era palesemente nervoso. Era evidente che il parere della madre, per lui, contava moltissimo. Layla lo osservò dolcemente, poi lanciò uno sguardo verso la sala da pranzo, per essere sicura che lei non li sentisse.
«Sembra una brava ragazza, non mi sorprende che sia riuscita a stregarti» Il ragazzo non colse la vena provocatoria dell'affermazione, e tirò un sospiro di sollievo.
«Sai, è veramente importante per me, credo di essermi innamorato veramente» sospirò nuovamente. Si guardò un attimo intorno instupidito, quindi  prese il decanter dal piano della cucina e le sorrise «Vado a portare questo in tavola, sbrigatevi a venire».
Osservandolo andare via, Layla si ritrovò a pensare a quanto somigliasse al padre.

«Sei sicura che lui ti ami?» Questa volta era preparata, e rispose in maniera diversa dal solito.
«Sono sicura. Alessandre mi ama. I suoi gesti lo dimostrano ampiamente».
«I suoi gesti lo dimostrano ampiamente» Ripeté cantinelando il drago, osservandola con un sorriso triste «I suoi gesti non esprimo altro che quello che lui vuole esprimere».
Rimase un attimo a pensare al significato di quello che il drago aveva appena detto.
«Se volesse farti credere di odiarti, non credi che ci riuscirebbe?» Le disse lui, con quel sorriso triste stampato in volto.
«Non avrebbe motivo di fingere di amarmi» Rispose lei, confusa.
«No?» Fece l'altro «L'uomo è solo. Ha bisogno di qualcuno al fianco, e sarebbe pronto a qualsiasi cosa per avere qualcuno con cui dividere la propria vita: anche fingere l'amore».
«Lui mi ama!» Cercò di convincersi con forza, scuotendo la testa.
«Dimentica Layla. Lascia che il mondo ti scorra sulla pelle. Dimentica».
«No!» Scoppiò lei improvvisamente, tra le lacrime «Tu sei un animale! Sei un mostro! Come potrei dimenticare Alessandre!».
L'animale sorrise sadico «Io posso aiutarti».


«Tuo padre era un brav'uomo, Gardien» Disse lei dura. La ragazza se ne era andata, e loro due erano rimasti soli.
«Mio padre era uno stronzo!».
«Gardien!» Era la prima volta che lo sentiva esprimersi così. Ovviamente sapeva bene che nelle taverne i giovani imparano presto un tale linguaggio, e lei stessa vantava un turpiloquio di livello finissimo, appreso dalle serve della casa nobiliare, ma sentirlo in bocca al figlio le dava una sensazione spiacevole: sporca.
«Non potete negarlo! Doveva venire, doveva seguirci, e non si è neanche degnato di rispondere alla vostra lettera!» Il ragazzo era fuori di se dalla rabbia.
«Tu non capisci» Rispose lei stanca, incapace di trovare parole migliori.
«Non capisco? Bene, madre» E lei si sentì ferita dalla mancanza del solito ma mère «Allora spiegatemi voi il perché, per tutti questi anni, non abbia mai cercato di contattarci. Non vi amava più? Lo posso anche capire, ma aveva un figlio!» Le urla del ragazzo le facevano male al cuore più che alle orecchie.
«Tu non capisci» Si limitò a ripetere.
«Al diavolo!» Gridò lui, uscendo di casa sbattendo la porta con una violenza che non gli apparteneva.

«Al diavolo!» Scoppiò lui in preda alla rabbia, gettando per terra un fascio di fogli, che si spersero per tutto il pavimento, come un ironico mosaico bianco.
«Che succede?» Chiese Layla, sollevando gli occhi dal libro di filosofia che aveva preso in prestito dal marito.
«Questi idioti non capiscono un acca di affari!» sbottò indicando con un gesto stizzito i fogli per terra.
«Idioti!» Ripeté sorridendo Gardien, dondolando i piedi sulla sedia troppo alta per lui. Nonostante la giovane età il ragazzino aveva già imparato a leggersi le favole da solo, riempendo di orgoglio i due genitori, avidi lettori. Sempre più spesso si metteva nello studio dove il padre lavorava e la madre leggeva, imitandone gesti ed espressioni.
«No Gardien, non devi dire certe cose» lo rimproverò Layla che, senza aver ricevuto alcuna richiesta, si era chinata a raccogliere i documenti del marito.
«Ma papà l'ha detto!» Si lamentò il ragazzo.
«Il papà è stato uno sciocchino, Gardien, da retta a tua madre» Venne in aiuto Alessandre, calmandosi.
Il ragazzino ridacchio sotto i baffi «sciocchino» ripeté, suscitando l'ilarità dei due genitori.


Era rimasta sola a casa per tutta la sera. Una cara amica le aveva mandato a dire che Gardien era andato alla bettola del paese con il figlio, stava decisamente bevendo troppo e avrebbe passato la notte da lei, ospitato dall'amico. Lei le aveva risposto ringraziandola di cuore e affidando al messaggero una torta fatta a mano, come pagamento affettivo verso la cara donna.
Poi aveva passato la sera a piangere. «Mio padre era uno stronzo!». Gli ritornavano alla mente queste parole trafiggendogli il cuore. Gardien non sapeva cosa era successo, non sapeva cosa il padre aveva dovuto passare. Con un accenno di triste ironia, Layla si ritrovò a pensare che neanche Alessandre sapeva cosa aveva dovuto affrontare.

«Sei sicura che lui ti ami?» Non rispose, rimanendo in silenzio a testa bassa, incapace di trovare altre risposte a quella domanda. Era sicura dell'amore di Alessandre? Era sicura di amarlo? Era sicura di voler bene a se stessa? Rimasse inerme di fronte all'accusatore, senza la capacità di difendersi.
«E tu? Lo ami?» Ancora una volta rimase in silenzio, senza sapere che cosa rispondere, paralizzata di fronte al grosso animale.
«Povera donna sola..».
«Smettila» Riuscì infine a pronunciare.
«Come dici?» Chiese l'animale, per nulla sorpreso «Smetterla? Non sei forse tu che vieni qui ogni giorno, ogni volta che hai un momento libero?»
«Io non voglio venire» Rispose lei tra le lacrime. Era vero.
«Eppure vieni, e sai bene che io non ti costringo» Era vero anche questo.
«Perché mi fai questo?» Chiese lei con un filo di voce.
«Per aiutarti. Osservami. Noi draghi siamo esseri forti e regali, di sangue eroico e dal valore indiscusso. Perché credi che mi trovi qui? Sotto un tetto fatto di paglia, sotto i comandi di un bipede senza scaglie?» Il tono del drago era calmo e pacato, senza alcuna alterazione nella voce «Perché vivere qui è meglio che vivere libero. Dimentica, mi ripeto. Dimentica, e vivi sotto il comando di qualcun altro. Si fatica di meno. Si fatica molto di meno».
«Ma non si è più liberi: questa è la verità».
«Che cos'è la verità?» chiese sprezzante il drago.


Aprì l'armadio della soffitta e rimase a fissare l'unico oggetto che conteneva, teatralmente appoggiato al vecchio legno: un vecchio parasole ammuffito, rovinato in più punti e leggermente incurvato per il peso che, prima del matrimonio, era solita abbandonarci sopra. Lo prese e lo rigirò tra le mani, quindi lo aprì e ne osservò l'interno. Sul manico, a prima vista quasi invisibile, vi era impressa una scritta leggera, che percorreva tutto il bastone fino a raggiungere la punta: era una frase che aveva fatto incidere la madre, prima di regalarglielo: la vita porta con se gioie e dolori, ma è la tua vita, in tutti i momenti: vivila senza rimorsi, e senza rimpianti vai avanti. Non dimenticarlo mai: ricorda, Layla.
   
 
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