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Autore: Matt_Sivert_91    17/05/2016    0 recensioni
In una fredda notte invernale Sabrina, diciottenne che lavora in un locale per soli adulti, viene rapita mentre sta tornando a casa.
Si risveglia in un palazzo abbandonato, legata su un materasso gettato a terra ed imbavagliata.
L'intervento di uno sconosciuto, proprio quando sta per essere violentata, costringe il suo aggressore alla fuga.
Il suo salvatore però rimane ferito da un colpo di pistola alla testa durante la colluttazione e perde la memoria. Dopo aver ricevuto le cure in ospedale, Sabrina decide di ospitarlo a casa sua, visto che non ha un posto dove stare.
Inizia così a svilupparsi tra i due un rapporto molto intenso ed anche in qualche modo eccessivo.
Tra le indagini di un ispettore molto ambiguo e il torbido ambiente in cui è costretta a vivere Sabrina, i due vivranno molte vicissitudini e saranno costretti a compiere scelte complicate.
Il passato di Hero, nome affibbiatogli dalla ragazza, è sconosciuto.
D'altra parte quello di Sabrina nasconde un terribile segreto che l'ha profondamente segnata, ma che lei pare aver dimenticato.
Riusciranno i due a crearsi un futuro felice insieme, oppure i fantasmi del passato e l'incombente minaccia del ritorno dell'aggressore glielo impediranno?
Genere: Romantico, Thriller | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: Lime | Avvertimenti: Contenuti forti, Tematiche delicate, Violenza
Capitoli:
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Erano ormai quasi le tre del pomeriggio e Sabrina stava ancora dormendo in camera sua. 

Hero iniziava a provare i primi morsi della fame, ma si sentiva a disagio a preparare da mangiare  soltanto per se stesso.

La leggera colazione a base di latte e cereali che aveva consumato intorno a metà mattinata era stata ormai ampiamente digerita. 

Adesso la sua pancia brontolava reclamando altro cibo, magari più sostanzioso. 

Non si aspettava che Sabrina avrebbe dormito così a lungo. 

Doveva essere decisamente sfinita, sia a livello fisico che mentale. 

Per ingannare l’attesa aveva fatto un po’ di zapping, tuttavia, non trovando alcun programma interessante, aveva spento la tv dopo poco. 

Allora aveva deciso di fare esercizio fisico, visto che la sera precedente lo aveva aiutato a distrarsi e a rilassarsi. 

Si era allenato fino allo sfinimento, per quasi due ore di fila, facendo meno rumore possibile per non rischiare di disturbare il sonno  della ragazza. 

Senza volerlo, dopo essersi sdraiato per riprendere fiato, si era addormentato. 

Purtroppo nemmeno un’ora dopo era stato svegliato dai crampi allo stomaco dovuti proprio alla fame. 

Adesso se ne stava seduto sul divano, le mani strette sulla pancia, cercando di resistere alla tentazione di consumare il pranzo senza Sabrina. 

Guardò per l’ennesima volta l’orologio e tese le orecchie per sentire se dalla camera da letto provenisse qualche rumore, ma non udì nulla. 

Non vi era alcun segnale di un suo imminente risveglio. 

Hero continuò questa routine per un’altra mezz’ora, poi, al limite della sopportazione, ebbe un’improvvisa illuminazione. 

"L’appuntamento con Tarri…” mormorò a bassa voce. 

Si ricordò soltanto in quel momento che lei alle cinque sarebbe dovuta andare in commissariato per parlare con l’ispettore. 

Se non si fosse svegliata a breve non avrebbe avuto il tempo materiale per preparare il pranzo. 

Sarebbe rimasta a digiuno fino a cena, sempre che il colloquio non fosse durato più a lungo e in tal caso avrebbe dovuto saltare anche quel pasto.

Come avrebbe fatto a superare un’altra nottata di lavoro senza aver mangiato nulla?

Per questo motivo, e anche per il suo impellente appetito, decise di cucinare da solo il pranzo, per poi svegliare Sabrina e farle trovare tutto già pronto. 

Andò con entusiasmo in cucina e iniziò ad esplorare il frigo e la dispensa per decidere cosa preparare. 

Siccome non si ricordava ancora quali piatti fossero alla sua portata, optò per cotolette e patatine fritte, per il semplice fatto che le confezioni riportavano la modalità di preparazione. 

Non fu affatto difficile seguire le istruzioni e in mezz’ora la tavola era imbandita con le pietanze belle fumanti. 

Avevano un aspetto invitante ed Hero, soddisfatto del risultato, si diresse alla camera di Sabrina per svegliarla. 

Bussò moderatamente alla porta, ma non ricevette alcuna risposta. 

Bussò nuovamente, con maggiore decisione, però l’esitò fu lo stesso. 

Allora provò a chiamarla.

"Sabrina, sono Hero! Scusa se ti disturbo…ho preparato qualcosa per pranzo, ti va di mangiare?” disse pacatamente. 

Rimase per alcuni secondi in ascolto, attendendo una risposta che non si presentò. 

Turbato da quello strano e prolungato silenzio picchiò alla porta con foga. 

“Sabrina! Stai bene?” domandò quasi gridando. 

Nessun segnale di vita si manifestò dalla camera. 

Preso dal panico decise di entrare spalancando la porta. 

La trovò sdraiata sul letto in posizione fetale, sul fianco sinistro. 

Incredibilmente stava ancora dormendo, non aveva sentito nulla. 

Il suo torace si alzava e si abbassava con regolarità, indicando uno stato di quiete che l’espressione contratta sul suo volto contraddiceva. 

Il ragazzo trasse un sospiro di sollievo e si avvicinò lentamente al letto. 

Si chinò su di lei e la scosse leggermente per la spalla. 

Poco alla volta lei aprì gli occhi, non senza fatica. 

"Hero, che ci fai qui?” borbottò con la voce ancora impastata dal sonno.

"Tra un’ora dovrai andare al commissariato, quindi ho pensato che ti avrebbe fatto piacere mangiare qualcosa prima di uscire" le spiegò lui "devi essere affamata e…”. 

Si interruppe in evidente imbarazzo. 

Sabrina, che riusciva spesso ad intuire gli stati d’animo del ragazzo, lo percepì. 

Si mise seduta in mezzo al letto, con le mani incrociate sopra le ginocchia.

"È successo qualcosa?” gli domandò con gentilezza “hai una faccia così preoccupata…”.

Lui si grattò nervosamente i capelli prima di risponderle. 

“Beh vedi, ho bussato alla porta, ma tu non mi hai sentito. Allora ti ho chiamata e neanche così mi hai risposto…pensavo che ti fosse successo qualcosa di brutto…che avessi compiuto un gesto sconsiderato dopo ciò che ci ha detto l’ispettore stamattina…” ammise sinceramente. 

Non aveva il coraggio di guardarla negli occhi, quindi tenne la testa abbassata. 

Si vergognava di aver avuto quei pensieri così spaventosi e tragici, temeva che lei l’avrebbe preso per un paranoico. 

Per questo motivo la reazione di Sabrina lo colse piacevolmente impreparato. 

Gli posò una mano sulla guancia sinistra e delicatamente gli fece ruotare il capo in modo da incrociare il suo sguardo. 

"Oh Hero…sei così premuroso con me” lo ringraziò riconoscente “mi dispiace di averti fatto agitare…”. 

L’espressione sul suo viso era dolce e affettuosa. 

“Hai ragione, le ultime novità sul caso mi hanno veramente demoralizzata, ma fidati di me, non farei mai una sciocchezza” gli spiegò a cuore aperto “ammetto di averci pensato…comunque credo che non ne avrei il coraggio…”. 

A quei tetri pensieri si rabbuiò. 

Allora fu Hero a prendere l’iniziativa per tirarla su di morale. 

"Non devi neanche pensarle queste cose!” esclamò con decisione, provocando un lampo di sorpresa nella ragazza. 

"Senti, so che non hai avuto una vita facile e anche adesso  sembra che vada tutto storto…ma non ti devi arrendere!” disse in tono rassicurante “farò tutto quello che posso per aiutarti a far sì che le cose migliorino, te lo prometto!”. 

“Hero, tu hai fatto già abbastanza per me…non mi devi nulla, anche se so che il tuo spirito cavalleresco ti spinge a soccorrere una fanciulla in difficoltà come me” replicò lei sorridendo.

“Non è soltanto quello! È che…” esitò non avendo il coraggio di concludere la sua frase.

Dopo alcuni secondi di silenzio si decise a concludere la sua affermazione. 

“…io ci tengo a te…non permetterò che tu soffra ancora e mi impegnerò al massimo affinché tu possa ottenere la vita che hai sempre desiderato”. 

Aveva pronunciato quelle parole tutto d’un fiato, velocemente, per paura di essere colto dall’imbarazzo nel bel mezzo della frase. 

Infatti l’imbarazzo non tardò a presentarsi e palesarsi con un intenso rossore su tutta la faccia. 

Sabrina, d’altra parte, era rimasta di sasso. 

Lo fissava con la bocca semi-aperta e gli occhi spalancati per lo stupore. 

Hero deglutì nervosamente pensando che forse si era spinto troppo oltre, facendole capire cosa provava nei suoi confronti. 

Da una parte non vedeva l’ora di confessarle il suo amore, ma dall’altra si rendeva conto che non era propriamente ‘normale’ innamorarsi di una persona dopo così poco tempo. 

Inoltre lei aveva appena subito un’aggressione sessuale, molto probabilmente non era propensa a relazionarsi subito con un uomo. 

E l’ultimo dubbio che lo turbava, ma non il meno importante, era che lei potesse non ricambiare i suoi sentimenti. 

Gli era chiaramente riconoscente perché l'aveva salvata da una fine orribile

L'aveva anche preso a cuore per ciò che quel gesto eroico aveva comportato, ovvero la perdita della memoria. 

Forse stava confondendo la sua gratitudine per amore. 

Anzi, ne era praticamente certo. 

Ad interrompere il flusso dei suoi pensieri e quell’imbarazzante silenzio fu proprio Sabrina.

"Hero…anche io ci tengo a te..." sussurrò dolcemente.

Dopodiché si spinse in avanti cingendogli il collo con entrambe le braccia e stringendosi a lui. 

“Credo che averti incontrato sia stato l’evento più bello della mia vita. Sei un breve sogno nel lungo incubo che è stata la mia vita” gli disse all’orecchio appoggiando la testa sulla sua spalla. 

Lo stringeva con forza, mantenendo quell’abbraccio come se staccarsi da lui l’avrebbe riportata al dolore che aveva provato fino a poche ore prima. 

D’altra parte nemmeno Hero desiderava interrompere quel momento di intimità. 

Appoggiò una mano sulla sua schiena e l’altra dietro il capo, accarezzandole con tenerezza i fluenti capelli. 

Gli mancava il respiro tanto era grande l’emozione. 

Era difficile da descrivere. 

Avvolto dal suo abbraccio si sentiva bene, in pace e completo. 

Malgrado l’amnesia, era sicuro di non essersi mai sentito così. 

Certe emozioni non si possono scordare. 

Avrebbe voluto essere capace di fermare il tempo, per assaporare quelle piacevoli sensazioni fino a che non ne sarebbe stato sazio.

Non aveva nemmeno il coraggio di dire qualcosa, temendo che così facendo avrebbe interrotto quel magnifico momento. 

Ad un certo punto percepì una sensazione di bagnato sulla maglia. 

Sentì Sabrina singhiozzare sommessamente e comprese che stava piangendo. 

A malincuore si sottrasse dall’abbraccio e, appoggiando le mani sulle sue spalle, la guardò dritta negli occhi velati dalle lacrime. 

“Ehi, non piangere…senti, so che non posso in alcun modo farti dimenticare tutte le tremende esperienze che hai vissuto. Non sono nemmeno in grado di assicurarti che d’ora in avanti andrà tutto bene. Però ti posso garantire che non dovrai più affrontare le avversità da sola. Io resterò al tuo fianco, qualunque cosa accada. È una promessa” esclamò con solennità. 

Lei smise quasi istantaneamente di piangere. 

Il suo viso rimase imporporato, ma in questo caso dall’emozione per le rassicuranti parole di Hero e non dal pianto.

“Non so che dire…non potrò mai ringraziarti abbastanza per tutto ciò che hai fatto e continui a fare per me…” disse con un filo di voce. 

“Non ti preoccupare, non devi fare nulla. La tua felicità e i tuoi sorrisi sono la più grande ricompensa che tu mi possa regalare” rispose con dolcezza indirizzandole un caloroso sorriso.

Lei provò un moto d’affetto irrefrenabile per il ragazzo e si sporse nuovamente in avanti per dargli un bacio sulla guancia. 

Presa dall’impeto del momento, lo baciò con troppo trasporto. 

Realizzò che quello che aveva appena dato non era interpretabile come un semplice bacio di ringraziamento. 

L’intenso rossore che apparve sulle guance di Hero ne fu la conferma. 

“Forse dovremmo andare a mangiare ora, altrimenti il cibo si raffredderà…” propose per tirare fuori entrambi da quella situazione imbarazzante. 

"Hai ragione, già non sono un ottimo cuoco, figuriamoci se dovessi riscaldare il pranzo cosa ne verrebbe fuori” ironizzò lui passandosi una mano tra i capelli. 

“Sono certa che non sei così male come dici” lo rassicurò gentilmente lei “se non ti dispiace vado soltanto un attimo in bagno e poi ti raggiungo”. 

"Oh certo, nessun problema. Ti aspetto a tavola allora” assentì ancora evidentemente a disagio. 

Detto ciò i due si separarono. 

Una volta in bagno Sabrina si sciacquò il viso con l’acqua gelata per destarsi del tutto. 

Asciugandosi ripensò al dialogo appena avuto con Hero.  

Era sempre così gentile e dolce con lei, in ogni occasione trovava una parola giusta per tirarla su di morale. 

Chissà come sarebbe stato vivere insieme a lui? 

Per via dei suoi problemi relazionali con i ragazzi, e anche per la pessima idea che si era fatta di loro, non aveva mai pensato a come sarebbe stato avere un fidanzato. 

Si rese conto soltanto in quell’istante dei sentimenti che stava iniziando a provare per Hero e realizzò che Andavano ben oltre la semplice gratitudine.


Era la prima volta che desiderava stare con un ragazzo. 

Si stava innamorando di lui. 

Cosa c’era di strano? Assolutamente niente.

'Come si fa a non innamorarsi di un angelo in un mondo di demoni?’ rifletté Sabrina. 

Era sempre stata sola e non aveva mai incontrato una singola persona che le avesse mostrato anche soltanto una millesima parte dell’affetto che le aveva donato Hero in pochi giorni. 

Sarebbe stato davvero bello passare il resto della propria vita con una persona che ci tenesse veramente a lei. 

Tuttavia il crudele pessimismo che l’aveva avvinta prima di addormentarsi quella mattina, non tardò a ripresentarsi. 

'Come fai a non capirlo?’ domandò mentalmente al suo riflesso ‘è soltanto un’altra illusione. Prima o poi recupererà la memoria e tornerà alla sua vita. È impossibile che un ragazzo speciale come lui non abbia una fidanzata’. 

A quel pensiero strinse con rabbia l’asciugamano. 

‘Più a lungo crederai alla possibilità di avere un lieto fine e più duro sarà il ritorno alla realtà’ continuò sempre rivolgendosi al suo alter ego oltre lo specchio ‘sono sicura che sia sincero quando ti dice di voler restare con te, purtroppo però non è veramente in grado di scegliere in piena consapevolezza. Sei l’unica persona a cui è legato in questo momento, è ovvio che voglia rimanere al tuo fianco. Ma appena avrà un’alternativa ti abbandonerà. Dopotutto chi vorrebbe mai vivere con una come te che non riesce nemmeno a baciare il ragazzo che le piace?’. 

Si mise le mani tra i capelli e abbassò la testa per interrompere quell’immaginario dialogo, e la sofferenza che ne derivava. 

"Non sono nata per essere felice…devo imparare ad accettarlo” sussurrò malinconicamente.

Si sentiva sul punto di piangere per l’ennesima volta. 

Non credeva di avere ancora lacrime, ma evidentemente si sbagliava. 

Le ricacciò indietro con la forza e si raddrizzò. 

Hero la stava aspettando e non voleva dargli ulteriori preoccupazioni. 

Dopo aver fatto un profondo respiro, aprì la porta e andò in salotto. 

La tavola era già imbandita e Hero era seduto in attesa del suo arrivo. 

Quando la vide il suo sguardo si illuminò. 

"Cotolette e patatine fritte, uno dei miei piatti preferiti. Come facevi a saperlo?” domandò stupita sorridendogli. 

“Davvero ti piace?” chiese lui a sua volta piacevolmente sorpreso. 

"Certo, io non mento mai” rispose lei assumendo un’espressione giocosamente altezzosa.

Aveva deciso di non far trapelare i suoi turbamenti emotivi di fronte ad Hero e di mostrarsi, per quanto fosse possibile, tranquilla. 

"Ottimo, mi piacciono le persone sincere. Comunque lo scoprirò non appena assaggerai il piatto che ti ho preparato, il viso tradisce sempre le nostre vere emozioni, lo sai?” affermò Hero con un sorriso di sfida. 

“Sei per caso uno di quegli esperti del linguaggio del corpo? In ogni caso non ci sarà bisogno che tu mi analizzi, ti dirò la verità, anche se dovesse farti male” esclamò sorridendo beffarda. 

"D’accordo, mi fido di te” concluse lui invitandola con un gesto della mano ad assaggiare il cibo. 

Lei iniziò a tagliare la carne e poi se ne mise un piccolo pezzo in bocca insieme ad un paio di patatine. 

Hero rimase in silenzio ad osservarla in attesa del suo giudizio. 

Lei masticò lentamente il boccone e, una volta deglutito, bevve un sorso d’acqua. 

Poi incrociò le braccia e si appoggiò allo schienale della sedia, fissando il piatto. 

"Allora…che ne dici?” le chiese titubante. 

Sabrina alzò leggermente gli occhi e lo guardò di traverso senza proferir parola. 

"Non…non è buono?” balbettò nervosamente Hero, il viso arrossato dalla vergogna. 

Lei gettò gli occhi verso il soffitto e sospirò profondamente. 

"Che cosa ti posso dire?” intonò con sguardo truce. 

"Mi piace un sacco” aggiunse prima di scoppiare a ridere. 

“Ma… mi hai preso in giro!” esclamò lui incredulo. 

“Scusami, non ho resistito! Avresti dovuto vedere la tua faccia, eri davvero atterrito” gli spiegò lei continuando a ridacchiare. 

“Mi hai fregato per bene. Questa me la paghi” promise ridendo a sua volta, lo sgomento sostituito dal sollievo e dal divertimento. 

“Sto tremando di paura” scherzò lei simulando i brividi. 

Dopo aver ottenuto ‘l’approvazione’ di Sabrina, anche Hero iniziò a mangiare e si convinse che il piatto non era poi così male. 

Il pranzo continuò in un’atmosfera distesa e rilassata.

Lei gli parlò dei piatti che era solita cucinare ed insieme ipotizzarono quali potessero essere le ‘ricette’ che Hero era in grado di preparare. 

Alla fine del pasto lui guardò l’orologio, erano già passate le quattro e mezza. 

A breve l’auto mandata da Tarri sarebbe arrivata per prelevare Sabrina ed accompagnarla al commissariato. 

Anche lei diresse il suo sguardo verso l’orologio, più per un riflesso condizionato dovuto al movimento di Hero piuttosto che per il reale interesse nel controllare che ora fosse. 

Si era così piacevolmente distratta durante il pranzo parlando con lui che il solo pensiero di dover andare al colloquio con l’ispettore di lì a poco la incupì di colpo. 

Non aveva la forza di parlare nuovamente degli eventi di quella notte, l’angoscia stava già iniziando ad assalirla. 

“Tra poco devo andare…” disse con un tono malinconico “prima però lavo i piatti. Non sarei una brava padrona di casa se lo facessi fare di nuovo a te, soprattutto oggi che mi hai anche preparato il pranzo”. 

Rivolgendogli un sorriso iniziò a sparecchiare la tavola, finché Hero non appoggiò una mano sulla sua per fermarla. 

"Lascia stare, ci penso io. Non è un peso per me, lo faccio volentieri” affermò in tono gentile, ma deciso. 

Sabrina lo guardò piacevolmente sorpresa. 

Stava già diventando rosso, molto probabilmente a causa di quel contatto fisico ipotizzò lei.

La cosa strana fu che anche lei si sentì le guance percorse da un improvviso calore. 

Non le capitava spesso di arrossire, figuriamoci per una situazione così innocente come quella. 

Per superare quel momento di imbarazzo puntò sull’ironia. 

“Non ho mai sentito in vita mia di un uomo a cui piacesse lavare i piatti…non vorrai mica farmi credere che rientri tra le tue attività preferite, vero?” gli domandò con sguardo inquisitore. 

Lui le lasciò la mano e rispose con tranquillità, pur senza riuscire a guardarla negli occhi.

“Certo che no, ho detto soltanto che mi va di farlo…così tu ti puoi riposare ancora un po’. È bello fare qualcosa per le persone a cui vuoi bene, non trovi?”. 

Sabrina rimase senza parole, lo sguardo fisso sul ragazzo. 

Non sapeva come rispondere a quella domanda. 

Era la prima volta che trovava qualcuno che ci tenesse a lei. 

In più anche lei provava sentimenti simili per lui. 

Non poteva essere soltanto gratitudine per l’enorme debito che aveva nei suoi confronti.

Forse era amicizia, anche se in cuor suo, inconsciamente, sperava che potesse essere qualcosa di più. 

“Credo di sì…” rispose infine timidamente. 

“Bene, visto che la pensiamo allo stesso modo permettimi di farti questo piccolo favore. Tu resta pure seduta tranquilla” concluse Hero sorridendo ed iniziando a sparecchiare la tavola.

Dopo aver portato i piatti e le posate in cucina, ritornò per prendere le ultime cose rimaste sul tavolo. 

Quando afferrò la bottiglia per il collo, per poter portare qualcos’altro con le dita libere, si accorse che il tappo non era chiuso bene, ma fu troppo tardi. 

La bottiglia si rovesciò sul tavolo senza che lui potesse fare niente per fermarla, avendo l’altra mano impegnata con i bicchieri. 

Malauguratamente neanche Sabrina riuscì a reagire in tempo. 

Era intenta a controllare il suo cellulare, cosicché non si accorse dell’accaduto finché non udì il rumore della caduta e, subito dopo, l’acqua che le bagnava gli avambracci appoggiati sul tavolo. 

"Scusami, il tappo non era ben fissato…che disastro che ho combinato!” borbottò nervosamente lui raddrizzando la bottiglia. 

"Stai tranquillo, non è niente, soltanto un po’ d’acqua” cercò di rincuorarlo Sabrina ripresasi dalla sorpresa.

“Sono stato così sbadato, ti asciugo subito!” propose per fare ammenda. 

Prese un tovagliolo ancora pulito e iniziò a tamponare la maglia bagnata di Sabrina.

"Davvero Hero non ce n’è bisogno, tanto dovevo cambiarmi” provò a fermarlo senza riuscirci. 

Continuava a muovere affannosamente il pezzo di carta e nel momento in cui lo appoggiò sul suo avambraccio destro, lei non riuscì a trattenere un grido di dolore. 

Hero si fermò al’istante, allontanando di scatto la mano.

Aveva un’espressione spaventata e sbalordita. 

"Ti ho fatto male?” chiese con un filo di voce. 

Sabrina, superato quel momento di sofferenza, si rammaricò subito per non essere stata in grado di controllare il suo dolore. 

Ora che cosa gli avrebbe detto? 

Non poteva in alcun caso raccontargli di ciò che le avevano fatto Mr Orfeo e Josè. 

Se Hero lo avesse saputo non avrebbe esitato a rivolgersi alla polizia per farle avere giustizia ed il suo ex capo era stato chiaro a riguardo. 

Se fosse stato denunciato non soltanto l’avrebbe fatta pagare cara a lei, ma anche Hero sarebbe finito nei guai. 

Doveva pensare in fretta e trovare una spiegazione convincente, però era nel panico. 

Temeva che il suo viso avrebbe rivelato ad Hero qualsiasi menzogna, sebbene ben congegnata. 

Perciò decise di non mentire del tutto, bensì di dire una mezza verità. 

“Mi sono ferita ieri al locale, è stato un incidente…” spiegò massaggiandosi delicatamente la parte dolorante “ma non ti preoccupare, non è nulla di grave”. 

'La prima parte è vera, la seconda un po’ meno…però è per il suo bene…’ cercò di giustificarsi. 

Gli sorrise, ma lui notò che qualcosa non andava. 

Non era uno dei suoi soliti sorrisi radiosi e gli occhi non sorridevano insieme alla bocca. 

"Mi spiace, non lo sapevo. Come è successo?” domandò turbato. 

Lei si morse il labbro inferiore per la tensione. 

Aveva davvero sperato che Hero non le ponesse ulteriori interrogativi sulla questione. 

Da lì in avanti non avrebbe potuto far altro che mentire e lei odiava veramente le falsità. 

“Beh vedi…sono caduta mentre stavo portando dei drink ad un tavolo, così una scheggia mi ha tagliato” improvvisò senza riuscire a reggere lo sguardo interrogatorio di Hero. 

Stava chiaramente iniziando a sospettare qualcosa. 

Sabrina non era abituata a mentire. 

Riusciva a controllare il tono della voce, ma non il linguaggio del corpo e lui sembrava cogliere ogni segnale contraddittorio che poteva smascherarla. 

Per distogliere l’attenzione di Hero dalla storia della ferita, provò a rassicurarlo con la notizia che non avrebbe più lavorato al Dreamland. 

Ne sarebbe stato sollevato e avrebbe così lasciato perdere quell’argomento, o almeno così sperava. 

Simulando nel miglior modo possibile allegria gli comunicò la novità. 

"Comunque devi sapere che non lavorerò più al Dreamland. Ieri è stato il mio ultimo giorno”. 

“Davvero?” chiese lui entusiasta.

I suoi si illuminarono dalla gioia, proprio come lei aveva auspicato. 

"Questa si che è una bella notizia! Non sai quanto fossi preoccupato sapendo che lavoravi in un posto del genere. Ieri mi avevi detto che avresti continuato a lavorare lì finché non fossi riuscita a trovare un altro impiego, cosa ti ha fatto cambiare idea? Come l’ha presa il tuo capo quando ti sei licenziata?” le domandò sia per curiosità che per preoccupazione. 

Presa alla sprovvista dalle domande, Sabrina rispose senza badare troppo alle sue parole.

“In realtà non mi sono licenziata…sono stata cacciata”. 

Nel medesimo istante in cui terminò la frase si rese conto dell’errore che aveva commesso.

‘Perché non sono brava a raccontare le bugie o almeno a tenere la bocca chiusa quando serve?’ si rimproverò mentalmente. 

"Come sarebbe a dire che ti hanno cacciata? Non sarà mica perché hai fatto cadere dei bicchieri? Che persone meschine potrebbero mai prendersela per una simile inezia?” osservò indignato. 

"Non mi hanno cacciata per quello, è stata colpa di Giov…”.

Si interruppe bruscamente, ben conscia del guaio che aveva appena combinato. 

“Per colpa di chi?” la incalzò immediatamente Hero. 

"No niente, cioè voglio dire nessuno…è solo che, vedi io…” balbettò Sabrina agitandosi nervosamente sulla sedia. 

"C’entra quel Giovanni, il cliente che ti molesta da quando hai iniziato a lavorare lì, giusto? Stavi per dire il suo nome prima, non negarlo. Dimmi la verità Sabrina” le ordinò in modo imperioso. 

Tra i due cadde un silenzio pieno di tensione.

“Ti prego Sabrina, raccontami cosa è successo con quell’uomo. Non ti fa bene tenerti tutto dentro. Ti puoi fidare di me” aggiunse Hero con un tono di voce più pacato e dolce vedendo la sua espressione angosciata e impaurita. 

Dopo un po’ di titubanza lei decise confessare. 

L’immaginazione di Hero lo avrebbe portato a visualizzare uno scenario ancora peggiore di quanto già non fosse in realtà. 

Inoltre aveva un assoluto bisogno di confidarsi con qualcuno. 

A volte mantenere dei segreti, soprattutto quelli traumatici, senza potersi sfogare con un’altra persona, consuma da dentro. 

Alla lunga porta irrimediabilmente all’auto-distruzione emotiva. 

E con chi poteva parlarne se non con lui? 

Non aveva nessuno a cui potesse rivelare quella scioccante esperienza. 

Soltanto Hero sembrava interessarsi alla sua vita, per quanto ci fosse entrato da pochi giorni. 

Così gli raccontò dell’aggressione di Giovanni, cercando di non scendere troppo nei dettagli per non provocare ulteriormente la rabbia di Hero nei confronti dell’uomo. 

Mentre parlava, lui rimase in silenzio, lo sguardo cupo e le mani serrate a pugno. 

Sabrina evitò accuratamente di menzionare le minacce di Mr Orfeo ad inizio serata e ancor di più la successiva violenza nel suo ufficio. 

Nella sua versione modificata dei fatti il proprietario del locale si era limitato a farle una sfuriata e non pagarle la serata, prima di farla sbattere fuori dal retro da José. 

Hero non avrebbe mai dovuto sapere dell’orribile sopruso che lei aveva subito. 

Era già stato un grosso errore lasciarsi sfuggire di Giovanni, non avrebbe peggiorato ancor di più la situazione. 

Hero non doveva farsi carico di quest’ennesima sofferenza, anche perché venirne a conoscenza lo avrebbe sicuramente messo in pericolo. 

Il suo innato spirito eroico lo avrebbe senza dubbio spinto ad agire per vendicare quell’ingiustizia. 

Non poteva sopportare in silenzio come aveva deciso di fare lei. 

Qualunque azione avesse compiuto, dall’andare alla polizia o, ancor peggio, affrontare direttamente il suo ex capo, l’avrebbe pagata a caro prezzo. 

Aveva quasi più paura per lui che per se stessa. 

Aveva già fatto abbastanza per lei e non aveva intenzione di ricompensarlo causandogli altre sofferenze, come se la perdita della memoria non fosse stata abbastanza grave. 

Quando finì di rievocare gli eventi di quella notte, si ritrovò, senza rendersene conto, con le lacrime agli occhi. 

Era l’ultima cosa che avrebbe voluto accadesse. 

Hero era ancora in piedi davanti a lei e la ragazza notò all’istante il fremito di rabbia che lo percorse alla vista delle sue lacrime. 

La rabbia covata per tutto il tempo in cui aveva ascoltato in silenzio il suo racconto che esplose all’improvviso. 

“Quel lurido verme ha provato a violentarti e nessuno è intervenuto?” gridò in preda all’ira “Per di più hai dovuto anche subire l’umiliazione del licenziamento per il semplice fatto di esserti difesa? Cosa avresti dovuto fare? Stare zitta e lasciare che quello facesse di te tutto ciò che voleva?”. 

Si muoveva nervosamente su e giù per la stanza come un pendolo, incapace di star fermo.

"Hero non fare così, calmati. Ormai è successo…non possiamo farci niente” cercò di tranquillizzarlo. 

Tuttavia le sue parole ebbero l’effetto opposto e non fecero altro che aumentare il fuoco della sua collera quasi fossero benzina.

"Come sarebbe a dire che non possiamo farci niente? Avresti dovuto dirlo all’ispettore, così sarebbe andato ad arrestare quel bastardo! È tentato stupro, lo stesso reato per cui è ricercato l’uomo che ti ha aggredita quella notte, te ne rendi conto?” le domandò furente. 

“Non è la stessa cosa!” strillò in risposta Sabrina guardandolo con asprezza, prima di scoppiare nuovamente a piangere. 

"Cosa intendi dire?” chiese perplesso lui, il tono reso meno brusco da quell’improvvisa reazione. 

“Intendo dire che le due aggressioni che ho subito sono diverse, non nella loro natura, bensì nel modo in cui vengono percepite dalla società” rispose con una freddezza che gelò il sangue nel corpo del ragazzo. 

Dopo una breve pausa per asciugarsi le lacrime riprese la sua spiegazione. 

“La notte in cui mi hai salvata ero stata rapita da uno sconosciuto di fronte al portone del palazzo in cui vivo. Quell’uomo mi aveva poi portata in un edificio abbandonato, legata ad un materasso gettato a terra ed era pronto a violentarmi quando sei intervenuto tu. Nessuno metterebbe in dubbio che io abbia subito un tentativo di stupro. Ora parliamo di ieri notte. Lascia che ti spieghi quale sarebbe la versione di Giovanni nel caso in cui io sporgessi denuncia e la polizia lo interrogasse. Direbbe che si trovava lì con i suoi amici soltanto per divertirsi e che io l’ho provocato. Dopotutto la mia ‘divisa’ lascia ben poco all’immaginazione e tutti lo sanno che le ragazze che lavorano in questo tipo di locali, per ‘soli adulti’ come li chiamano, sono facili e non vedono l’ora che i clienti mettano loro le mani addosso. Chiaramente i suoi amici lo sosterrebbero, questa è la mentalità del branco, e nessuno presente nel locale quella notte direbbe la verità. Hanno permesso che mi aggredisse senza muovere un dito, perché dovrebbero testimoniare a mio favore? Inoltre per non avere problemi anche il mio ex datore di lavoro mentirebbe. A chi crederebbe la polizia secondo te? A me o a tutti gli altri?”. 

Non si era fermata neanche un momento per rifiatare nell’impeto del discorso, tant’è che si ritrovò a respirare affannosamente. 

La faccia di Hero, più di mille parole, descriveva la sua incredulità di fronte a quelle parole.

“Devono crederti, perché mai dovresti mentire su una questione così seria? Non riesco a capire come possano considerare diverse le due aggressioni…” rifletté turbato. 

"Le ritengono diverse perché nel primo caso ero una ragazza qualunque che stava rientrando a casa a notte tarda, nel secondo invece ero una poco di buono che se l’è andata a cercare e ha ottenuto quello che si meritava, visto il lavoro che ha scelto di fare” lo interruppe lei con voce fremente di rabbia. 

Il ragazzo sembrò finalmente capire il ragionamento.  

“Ma…non è giusto…tu non hai colpe!” borbottò scandalizzato. 

“Lo so, però è così che vanno le cose…” osservò lei amaramente. 

“Se il mondo fosse popolato da persone come te sarebbe senza dubbio un posto migliore” continuò con maggiore pacatezza dopo aver notato l’espressione angosciata di Hero “purtroppo sei un’eccezione, non la regola”. 

Percependo ancora la collera nella rigida postura del ragazzo e nel suo sguardo truce, fece un estremo tentativo per convincerlo a desistere dal suo desiderio di trovare giustizia per lei.

“Voglio dimenticare questa storia. Non parlarne con Tarri, sicuramente non otterrei nulla denunciando Giovanni  e sarebbe soltanto un’altra umiliazione. Ti prego Hero, fallo per me” lo supplicò accoratamente. 

Dicendo questo si alzò in piedi, afferrò le sue mani e le strinse tra le sue. 

Hero esitò, incerto sul da farsi. 

Voleva dannatamente fare qualcosa per vendicare la violenza di cui lei era stata vittima, tuttavia il suo discorso lo aveva convinto dell’impossibilità di ottenere giustizia denunciando il fatto alla polizia. 

Il suo conflitto interiore fu risolto nel momento in cui alzò la testa ed il suo sguardo incrociò quello di Sabrina. 

I suoi grandi occhi azzurri, sempre meravigliosi seppur velati dalla lacrime, mostravano tutta la sua sofferenza e lo imploravano silenziosamente di esaudire quella richiesta. 

Non riuscì a sostenere lo sguardo per più di una manciata di secondi, anche se furono più che sufficienti per influenzare irrimediabilmente la sua decisione. 

“Va bene, non dirò nulla alla polizia. Resterà un segreto tra te e me. Te lo prometto” accettò a malincuore. 

Gli occhi di Sabrina si illuminarono per il sollievo. 

“Grazie…” sussurrò con un filo di voce prima di cingerlo con un abbraccio, appoggiando il viso sul suo torace. 

Lui ricambiò l’abbraccio e la accarezzò dolcemente sulla schiena. 

Riusciva a comprendere la ragione per cui gli aveva chiesto di mantenere il segreto, tuttavia non riusciva ad accettare quella situazione. 

Per questo motivo non riuscì ad abbracciarla con sentimento come avrebbe voluto e come lei ne avrebbe avuto bisogno. 

Percependo i turbamenti di Hero, si staccò da lui dopo pochi secondi. 

Comprese che l’unico motivo per cui aveva accettato le sue condizioni era l’affetto che nutriva per lei. 

Non era per nulla d’accordo con la sua scelta, ma era stato disposto a scendere a compromessi pur di non ferirla. 

Concluse che qualsiasi altra parola o gesto sarebbero stati superflui, se non addirittura dannosi. 

La frustrazione si leggeva a chiare lettere sul volto del ragazzo e l’unica cosa da fare era lasciargli il tempo per metabolizzarla e, possibilmente, superarla.

“Allora io mi preparo, ormai il mio passaggio per il commissariato dovrebbe arrivare a momenti…” constatò più che altro per spezzare quel silenzio imbarazzante in cui erano piombati. 

“Certo, meglio non farli aspettare” rispose Hero in tono piatto, ancora preso dai suoi pensieri. 

“Non dovrei fare tardi, quindi preparerò io cena. Come padrona di casa sono stata pessima finora, cercherò di rifarmi e inizierò proprio col cucinarti qualcosa di buono stasera, d’accordo?” propose sorridendo per stemperare la tensione. 

"Va bene, non vedo l’ora di assaggiare un tuo piatto. Senza dubbio sarai una cuoca migliore di me” esclamò questa volta con maggiore partecipazione. 

Abbozzò anche un sorriso in risposta a quello di Sabrina. 

Lei capì subito che si trattava di un gesto forzato, però apprezzo il suo tentativo. 

"Tu non te la cavi male dai! Non ti devi aspettare nulla di eccezionale da me, ricordati che non ho mai cucinato per nessuno. Perciò non ho idea se qualcuno può apprezzare il mio cibo. Spero di non fare una figuraccia!” diss scherzosamente. 

“Sono sicuro che non mi deluderai…forse ora è meglio che tu vada a cambiarti, mancano neanche dieci minuti alle cinque…dovresti sbrigarti” la informò premurosamente. 

"Giusto, hai ragione! Mi perdo sempre in chiacchiere…allora mi preparo” concluse prima di uscire dal salotto e dirigersi in camera da letto. 

Non appena fu uscita dalla stanza, Hero si lasciò cadere sul divano. 

Le rivelazioni sulla notte al Dreamland e ,soprattutto, la decisione di Sabrina di non denunciare il fatto, lo avevano sconvolto. 

Però in quel momento decise di non dare ulteriori segni del suo turbamento interiore. 

Non voleva che lei si sentisse in colpa. 

Trasse un profondo respiro e cercò di rilassarsi. 

Avrebbe avuto tutto il tempo per dare libero sfogo ai suoi pensieri e alle sue emozioni quando lei non fosse stata in casa. 

Dopo pochi minuti lei si palesò sulla soglia del salotto. 

"Dici che vado bene vestita così?” domandò timidamente “non sono mai stata in un commissariato prima d’ora…”. 

Hero alzò lo sguardo verso di lei e rimase a bocca aperta per lo stupore. 

Indossava un paio di jeans grigio chiaro, una cintura di cuoio marrone, una camicia bianca con sopra un gilet nero e la sua immancabile giacchetta di pelle nera. 

Nonostante quell’abbigliamento tutt’altro che appariscente, la sua bellezza risplendeva radiosa.  

Non importava veramente che cosa indossasse, la trovava sempre stupenda, come il primo giorno in cui l’aveva vista. 

Possedeva un fascino naturale, che era esaltato ancora di più dagli abiti semplici e dall’assenza di trucco. 

‘Non si trovano molte ragazze del genere, anzi, sono decisamente una rarità…’ osservò Hero. 

Tenne per sé quei pensieri e cercò di non far trasparire quanto fosse ammaliato da lei. 

Le rivolse un sorriso, che sperò risultasse rilassato, e rispose alla sua domanda. 

"Neanche io sono un esperto, o almeno non ricordo di essere stato in passato in un commissariato…ma direi che il tuo abbigliamento va benissimo per l’occasione ” la rassicurò. 

Sabrina, che inconsciamente aveva aspettato il ‘verdetto’ trattenendo il fiato, trasse un profondo respiro di sollievo e sorrise calorosamente. 

“Grazie, sono contenta che la pensi così…anche se in effetti hai ragione tu. Nessuno di noi due sa esattamente come ci si dovrebbe vestire in questa circostanza” concluse con una risatina che coinvolse anche Hero. 

Ad interrompere quel momento sereno fu il suono del campanello. 

“Dev’essere la scorta per il commissariato…” sospirò malinconicamente Sabrina. 

Non aveva alcuna voglia di parlare con l’ispettore. 

Di qualunque cosa si trattasse, non poteva che essere collegata ai fatti di quella notte. 

Lei voleva soltanto dimenticare quella terribile esperienza, andare oltre. 

Questo colloquio invece le avrebbe fatto rivivere quei momenti traumatici. 

Hero percepì la tristezza nella sua voce e cercò di sollevarle il morale. 

"Se l’incontro andasse troppo per le lunghe, potresti sempre dire che devi tornare a casa a prenderti cura del tuo coinquilino smemorato. Mi sembra un’ottima scusa per tornare a casa presto, non credi?” propose scherzosamente. 

Lei rise allegramente prima di rispondere. 

“Direi proprio di si, è davvero un buon piano Hero. Non ti facevo così machiavellico”. 

“Ci sono ancora tante cose che non sai di me…a dirla tutta neanche io ne so molte” puntualizzò lui con una buona dose di auto-ironia. 

“Vuol dire che le scopriremo insieme…” sussurrò lei dolcemente guardandolo dritto negli occhi.

Come gli succedeva ogni qualvolta i loro sguardi si incrociavano a lungo, Hero non poté fare a meno di arrossire e abbassare il capo per l’imbarazzo. 

“Forse dovresti andare…altrimenti potrebbero arrestarti per oltraggio a pubblico ufficiale se li fai aspettare troppo” scherzò per nascondere la tensione. 

“Già, meglio non correre rischi. Mi raccomando Hero…ricorda che stasera la cena la preparo io, intesi?” affermò assumendo un’espressione giocosamente autoritaria. 

“Casa tua, regole tue” acconsentì lui con finta solennità. 

“Perfetto. A più tardi allora…” lo salutò lei per poi avviarsi verso l’uscita. 

“A tra poco Sabrina…” rispose osservandola andare via. 

Una volta aperta la porta, si fermò sull’uscio e si voltò verso di lui. 

In un lampo colmò la distanza che li separava. 

Giunta di fronte a lui, si mise in punta di piedi appoggiandosi con le mani alle sue spalle e gli scoccò un bacio sulla guancia.

Le sue labbra rimasero in contatto con il viso del ragazzo per alcuni secondi e lui divenne tremendamente rosso, forse più di quanto lo fosse stato in qualsiasi altra precedente occasione. 

“Questo per che cos’era?” riuscì a balbettare. 

"Non si deve mai chiedere una spiegazione per un bacio...si rovina la bellezza del gesto. Inoltre non deve esistere per forza una motivazione, un  bacio dato istintivamente è migliore di uno nato dalla ragione, non pensi?” rispose lei sibillina. 

Mentre si dondolava su un piede, le mani intrecciate dietro la schiena, sembrava proprio una ragazzina. 

Dopotutto lo era, aveva soltanto diciott’anni, anche se le brutte esperienze della sua vita l’avevano costretta a sviluppare una maturità ben maggiore rispetto a quella delle sue coetanee. 

“Forse hai ragione tu...” replicò titubante lui. 

“Ora credo che dovrei andare per davvero. Ciao Hero! A dopo!” concluse prima di raggiungere la porta e uscire dall’appartamento. 

Hero rimase fermo in piedi in mezzo al salotto, fissando la porta ormai chiusa. 

Il turbinio di emozioni che aveva scatenato nel suo animo quel bacio non sembrava destinato a fermarsi a breve. 

Il cuore batteva contro il suo torace ad un ritmo forsennato e con tale foga che sembrava dovesse saltare fuori da un momento all’altro. 

Per calmarsi si sdraiò sul divano e, poco alla volta, respirando lentamente, il suo battito tornò alla normalità. 

Sabrina se ne era andata da pochi minuti e lui ne sentiva già la mancanza. 

“L’amore è al tempo stesso una croce ed una delizia…” borbottò a bassa voce. 

Era innamorato di lei, ormai non aveva più dubbi. 

Follemente innamorato. 

Dopodiché, forse per le troppe emozioni contrastanti vissute quel giorno, si addormentò senza rendersene conto. 

Tuttavia il suo non fu un sonno piacevole, bensì tempestato da incubi.
   
 
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