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Autore: Windstorm96    17/05/2016    2 recensioni
"Prova a gridare e sei morto" gli sibilò una voce nell'orecchio.
"C-che cosa vuoi?"
"Cosa voglio? Voglio te"
(Partecipante al contest 'Gelosia')
Genere: Fantasy | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Il sole era ormai basso sull'orizzonte e i suoi raggi filtravano obliqui attraverso le verdi fronde dei faggi. C'era silenzio, fatta eccezione per qualche cinguettio proveniente dai rami più alti e per il flebile, incessante ronzio di miriadi di piccoli insetti.
Finalmente era primavera, pensò Ydan.
La foresta si era appena risvegliata dal grigio torpore invernale, facendo risplendere i rami del verde brillante delle tenere foglie e instillando di nuovo nei volatili la voglia di cantare.
A Ydan piaceva la primavera. Gli piaceva percepire il sole sulla pelle, sentire il profumo dei fiori di campo, vedere gli animali uscire dal loro letargo...
Si sentiva a proprio agio nella foresta. Era naturale; Ydan era un elfo, dopotutto.
Lo si sarebbe potuto dire solo vedendolo: le orecchie e le corna da cervo, che spiccavano ai lati della sua testa, erano caratteristiche inconfondibili.
Per il resto, gli elfi erano creature molto simili agli esseri umani, tuttavia rispetto a questi ultimi erano decisamente più pacifici e razionali. Essi infatti non ricercavano la guerra con altri popoli, né avevano mai subito disordini civili all'interno della loro città-stato. Vivevano nel bel mezzo della foresta, e la cosa a cui tenevano di più, e a cui dedicavano gran parte della loro esistenza, era la coltivazione delle belle arti. Lo splendido e rigoglioso ambiente naturale in cui vivevano, infatti, ispirava la fantasia e la creatività di musicisti, pittori, scrittori e poeti. Ognuno coltivava il proprio talento fin da piccolo, incoraggiato dai genitori e dai maestri, contribuendo così all'accrescimento della cultura del paese.
Per quanto riguardava Ydan, la sua più grande passione era la musica. Suonava vari strumenti, tra i quali prediligeva la lira; il suo sono cristallino e delicato si adattava perfettamente alla gioia della primavera che tanto amava.
Era ancora giovane - aveva compiuto da poco 18 anni - ma a differenza di molti suoi coetanei Ydan non era solito trascorrere i momenti liberi in compagnia degli amici godendosi il relax nei vasti e rigogliosi giardini della città o bevendo nelle taverne della periferia.
Spesso trascorreva intere giornate fuori città, passeggiando per i boschi e contemplando pigramente le meraviglie della natura.
Stava appunto camminando seguendo distrattamente con lo sguardo l'allegro saltellare di uno scoiattolo tra i rami che si intrecciavano alti sopra la sua testa, quando qualcuno alle sue spalle gli coprì la bocca con una mano. Colto di sorpresa, il ragazzo mugolò qualcosa, ma subito sentì una lieve pressione dolorosa alla gola, e realizzò che doveva trattarsi della lama di un coltello.
"Prova a gridare e sei morto" gli sibilò una voce nell'orecchio. Dopodiché, la sua bocca fu lasciata libera.
Mentre dei brividi gli scendevano lungo tutto il corpo, il ragazzo fece dei profondi respiri, pensando a cosa fare. Avrebbe voluto portarsi una mano al collo dove sentiva il dolore, ma il coltello restava a pochi centimetri dalla sua pelle come una minaccia costante.
"C-che cosa vuoi?" chiese con voce tremante.
Allora, non spostando mai la lama, lo sconosciuto mosse qualche passo perché il ragazzo potesse vederlo.
Non appena i suoi occhi si posarono su quella figura avvolta da un lungo mantello grigio, Ydan ebbe un sussulto.
Era una creatura così... particolare; per certi aspetti somigliava ad un elfo, tuttavia ogni sua caratteristica aveva qualcosa di diverso. La pelle era olivastra, solcata da strie più scure che gli rigavano le guance, e le corna crescevano asimmetriche contorcendosi in direzioni differenti.
I suoi lineamenti erano delicati e graziosi, vagamente femminili; le labbra carnose, il naso lievemente all'insù, gli occhi azzurri dalle lunghe ciglia nere, i capelli argentei che spuntavano a ciocche da sotto il cappello che indossava...
Quello strano essere gli si fece più vicino, osservandolo da capo a piedi, mettendolo notevolmente in soggezione; poi, con un sorriso indecifrabile, lo fissò negli occhi, allontanando il coltello dalla sua gola.
"Cosa voglio? Voglio te" rispose semplicemente.

Senza tanti giri di parole, lo sconosciuto gli aveva ordinato di seguirlo e si era incamminato per un sentiero appena visibile nel sottobosco, che si dipartiva perpendicolarmente a quello che stava percorrendo il giovane.
Lo precedeva a passo sicuro, non voltandosi mai indietro. La mente di Ydan cominciò ad individuare innumerevoli possibilità di fuga, possibilità che - lo sapeva - avrebbe dovuto cogliere al più presto...
"Tanto perché tu lo sappia, non ti conviene tentare di scappare" disse lo sconosciuto senza neppure voltarsi. "Lucius e Aarus ti terranno costantemente d'occhio, e se ti allontanerai troppo da me, beh... loro ti riporteranno indietro, con le buone o con le cattive"
Improvvisamente ai fianchi del ragazzo apparevero due lupi dal pelo nero come la notte più buia e gli occhi feroci. Vedendo Ydan sobbalzare per la sorpresa, gli animali emisero un basso ringhio minaccioso, scoprendo file di denti bianchissimi.
"Ah, sii gentile con loro... sono piuttosto permalosi"

Camminarono in silenzio per interminabili minuti, forse ore, mentre Ydan cercava di comprendere la situazione in cui si era ritrovato così all'improvviso e di trovare le parole per chiedere spiegazioni.
"Io... io non possiedo niente dei prezioso, e non sono neppure nobile... devi aver sbagliato persona"
Lo sconosciuto si fermò e si voltò verso di lui, avvicinandosi al suo volto e scrutandolo attentamente.
"No, tu vai bene"
"Vado bene? Per cosa?"
"Per il rituale"
Il ragazzo rabbrividì, un po' per l'improvvisa vicinanza e un po' per quella parola che gli suonava alquanto minacciosa.
"R-rituale?"
Addolcendo l'espressione, lo sconosciuto abbassò lo sguardo a terra, prima di aggiungere:
"Non devi preoccuparti, ti spiegherò tutto a tempo debito"
A Ydan non sembrava molto convincente, tuttavia decise di non insistere; ci avrebbe riprovato più tardi.
Dopo qualche istante in cui pareva essere perso nei suoi pensieri, il ragazzo dalla pelle scura tornò a fissare lo sguardo negli occhi di Ydan, e disse:
"Comunque, io mi chiamo Luxis"
Spiazzato da quella presentazione inaspettata, al ragazzo ci volle qualche momento per formulare una risposta.
"Ah... i-io sono Ydan..."
Luxis gli sorrise nuovamente, poi si voltò senza dire niente e riprese il cammino.

Quando scese la notte, Luxis decise di fermarsi a riposare qualche ora presso una piccola radura erbosa. Accese un fuoco e si tolse il mantello, e Ydan vide che sotto di esso portava a tracolla una sacca di cuoio. La aprì e ne estrasse due pagnotte, ne porse una a Ydan e iniziò a divorare l'altra senza dire una parola.
Il ragazzo rimase a guardarlo per qualche istante, poi diede un morso al suo pezzo di pane, masticando svogliatamente; doveva essere vecchio di parecchi giorni.
Si guardò intorno; i due lupi erano accucciati ai suoi fianchi, e come guardiani non lo perdevano mai di vista.
Ruppe quel che rimaneva della pagnotta in due pezzi e li diede loro; i lupi li guardarono un attimo perplessi e li annusarono diffidenti, prima di iniziare a sgranocchiarli rumorosamente.
"Non era necessario. Loro cacciano di notte. Sanno arrangiarsi" disse Luxis con la bocca piena.
"Per me era troppo, non ho molta fame. Piuttosto, c'è un po' d'acqua?"
Luxis tirò fuori una borraccia e Ydan, dopo averlo ringraziato, bevve.
Non appena ebbero finito di manguare, i lupi si avvicinarono al ragazzo, annusandogli le mani e leccandole con gratitudine, prima di tornare ad accoccolarsi più vicini contro le sue gambe.
Luxis rimase a guardare con un'espressione imperscrutabile, mentre il ragazzo di fronte a lui si sdraiò sull'erba e sospirò guardando le stelle.
"Buonanotte Luxis"
"Buon... ah... buonanotte, Ydan..."

Quella notte il sonno di Luxis fu turbato da un vorticare di ricordi. Ricordi di un lungo viaggio, di una capanna nel bosco, di una vecchia dagli occhi di fuoco... ricordò le sue parole, che recavano una promessa tanto allettante...
"C'è un luogo in cui puoi cambiare la tua natura, se lo desideri... hai solo bisogno di compiere un sacrificio... una creatura giovane, la cui essenza ancora pura possa trasferirsi in te..."
Poi all'improvviso gi occhi fiammeggianti della strega si trasformarono in occhi diversi, di un verde luminoso, occhi in cui si potevano leggere un vago timore e un'innocenza cristallina...
Luxis si svegliò. Girò la tetsa di lato, fissando per qualche istante il debole fuoco che stava ormai per spegnersi. Più oltre giaceva la figura addormentata di Ydan, con a fianco i due animali.

Ydan fu svegliato da una lingua calda e liscia che gli leccava la faccia. Aprì gli occhi e si drizzò a sedere spaventato, trovandosi di fronte un lupo che lo guardava con occhi espressivi.
"Ora di rimettersi in cammino" disse una voce alle sue spalle.
Guardò il cielo, e vide che i primi chiarori dell'aurora tingevano debolmente di rosa l'oriente.
Sospirò.

Quando il sole era ormai alto nel cielo, a Ydan cominciò a venire fame. Avevano continuato a camminare ininterrottamente per parecchie ore, ma Luxis non sembrava ancora intenzionato a fermarsi.
"Luxis, dove siamo diretti? Me lo puoi dire?"
"Dall'altra parte di questa foresta"
"Che cosa c'è là?"
"È un luogo dalle proprietà particolari"
"È lì che dobbiamo eseguire il rituale?"
"Già"
Erano risposte piuttosto laconiche, ma pur sempre delle risposte, pensò il ragazzo.
"E in che cosa consiste questo rituale? Me lo vuoi spiegare?"
Luxis si fermò, dandosi un'occhiata intorno. Erano in un tratto di bosco piuttosto arioso, dove gli alberi radi lasciavano spazio a vaste macchie d'erba tempestate di fori.
"Fermiamoci un po' qua" ordinò Luxis, e Ydan considerò ignorata la sua ultima domanda.
Si sedettero sull'erba, circondati dal ronzio delle numerose api che laboriose volavano di fiore in fiore.
Luxis era seduto all'ombra di una quercia frondosa. Estrasse dalla sacca alcuni pezzi di carne essiccata avvolta nella carta e ne diede un paio a Ydan, che iniziò subito a mangiare; era dura e salata, ma lui aveva davvero troppa fame.
"Tu sei un elfo, Ydan" disse Luxis di punto in bianco.
"Sì..."
Il ragazzo non capiva dove volesse arrivare con quell'affermazione.
Luxis continuò a mangiare in silenzio per qualche istante con gli occhi bassi, fissi sul cibo.
"E io? Cosa ti sembro io?"
Ydan rifletté qualche momento prima di rispondere, finendo di masticare con calma quello che aveva in bocca.
"Ci ho pensato parecchio. Assomigli ad un elfo, ma non lo sei, perché hai un aspetto che non avevo mai visto prima d'ora. Non so di preciso che cosa tu sia"
Luxis si crucciò, e d'un tratto l'ombra in cui sedeva sembrò invaderlo completamente.
"Luxis... che cosa sei?"
Tornò allora a fissare gli occhi nei suoi, e Ydan vi vide balenare uno spaventoso lampo di rabbia.
"È vero, non sono uno di voi, non ancora... mio padre era un elfo... ha avuto la sfortuna (se così la si può chiamare) di innamorarsi di mia madre, una creatura demoniaca... una succube... ma non si trattava di una possessione o di una malia come pensavano tutti; era vero amore, ricambiato da entrambi...
Nonostante ciò, quando vennero a sapere di quel legame empio e contro natura, i suoi stessi amici cominciarono ad evitarlo come la peste, i suoi stessi famigliari lo abbandonarono, e fu costretto ad andarsene dalla sua stessa casa...
Poco dopo morì in circostanze oscure.
Allora sono stato cresciuto da mia madre e dalle sue sorelle, ma la mia natura era troppo simile a quella di mio padre, e non riuscivo a trovare pace...
Sono certo che la memoria di ciò che è accaduto a me e a mio padre sia stata cancellata dalla vostra città perfetta, ma io non ho mai dimenticato tutte le sofferenze che voi elfi ci avete fatto subire"
Parlava lentamente e a bassa voce, tanto che Ydan dovette sforzarsi per comprenderlo. Quando alzò gli occhi, sorrise amaramente nel vedere l'espressione sconcertata sul volto del ragazzo che gli stava seduto di fronte, e che da tempo ormai aveva smesso di masticare.
"Nessuno ti aveva mai raccontato questa storia, eh? Dimmi, cos'è che ti fa più paura? Il fatto di essere stato rapito da un mezzo demone o l'aver scoperto che il mondo non è perfetto e giusto come credevi?"
Ma ora a Ydan appariva tutto più chiaro. Quella persona era il frutto dell'amore proibito tra un elfo ed una succube... due creature così diverse, unite da quel vincolo indissolubile... ora si spiegava il suo aspetto così affascinante, e quegli sguardi pieni di irresistibile malizia... doveva averli ereditati dalla madre.
Ad ogni modo, la sorte che gli era toccata gli pareva estremamente ingiusta.
"Capisco la tua rabbia... non credo che quello che è capitato a tuo padre sia giusto... lo sanno tutti, l'amore non si può comprendere né controllare in alcun modo..."
Tuttavia, la sua mente continuava a soffermarsi su di un punto; 'non ancora' aveva detto...
"Ma tu vuoi diventare uno di noi, è così?"
Luxis tacque e sembrò concentrare la sua attenzione su di una farfalla screziata d'arancio che volteggiava leggera attorno ad un dente di leone. Ydan lo considerò un segno affermativo.
"È a questo che serve il rituale?"
Senza dire una parola allora Luxis si alzò e si chinò di fronte a lui, protendendo la mano fino ad accarezzargli delicatamente il corno sinistro con la punta delle dita.
"Guarda che palchi meravigliosi... così imponenti e ramificati, nonostante tu sia ancora tanto giovane... davvero splendidi. I miei invece non cresceranno più di così... e tuttavia si contorcono asimmetricamente rifuggendo le due nature tropppo diverse che si uniscono in me. E questa?"
Toccò il ciondolo che il ragazzo portava al collo, esaminandolo con estrema attenzione. Esso raffigurava una lira dorata, perfettamente curata in ogni minuscolo dettaglio.
"Scommetto che sai suonare in maniera sublime. Naturalmente; per voi di città la cultura è una cosa scontata... non hai idea di quanto sia difficile poter coltivare le belle arti senza che ci sia qualcuno che abbia le conoscenze e sia disposto ad insegnarti. E certamente non sai nemmeno cosa significhi rimanere da soli, abituato come sei a vivere in mezzo a persone che conosci e che ti vogliono bene..."
Luxis si rialzò e raccolse la sacca che aveva abbandonato ai piedi della quercia.
"Alzati, dobbiamo riprendere il cammino"
Ydan diede il resto della sua carne essiccata ai lupi, che la fecero sparire in pochi secondi.
"Luxis, io non credo che tu debba cambiare. Devi solo circondarti di persone che ti accettino per quello che sei. Non è facile per nessuno, per te men che meno, me ne rendo conto... ma cambiare te stesso non ti renderà felice, e non risolverà i tuoi problemi"
Luxis sembrò non badargli, si rimise semplicemente in cammino girandogli le spalle.
Ma Ydan sapeva che l'aveva sentito, e sperava dal profondo del suo cuore che volesse riflettere almeno un po' sulle sue parole.
E si rese conto che quella scintila che aveva visto nei suoi occhi non era tanto di rabbia, quanto piuttosto di una bruciante gelosia...

Il pomeriggio trascorse nel silenzio. Nessuno parlò più, nonostante ci fossero ancora tante cose da dire e da chiedere...
Verso sera, al calare delle tenebre, giunsero ad una vecchia capanna abbandonata. Vi entrarono a dare un'occhiata, e Luxis decise che avrebbero trascorso lì la notte; accese il fuoco nel camino annerito dalla fuliggine, mentre Ydan, stanco, riposava un poco.
"Bravi cuccioli"
Il ragazzo aprì gli occhi e vide che i due lupi erano davanti al padrone ed ognuno aveva in bocca un animale. Erano andati a caccia? Nono si era neppure accorto che fossero usciti.
Richiuse gli occhi; era davvero stanco, e presto si addormentò.
Dopo un po' fu svegliato da un profumo che si diffondeva nell'aria. Vide che Luxis stava armeggiando davanti al fuoco, e poco dopo gli porse un pezzo di carne ancora calda.
"Da dove proviene?"
"Lucius e Aarus devono aver trovato qualche fattoria nei dintorni e ci hanno portato qualcosa da mangiare. Sono galline"
A Ydan non piaceva l'idea di mangiare qualcosa che era stato rubato, ma era stanco ed il suo stomaco reclamava del cibo.
La stanchezza mentale si faceva sentire - non era abituato a marciare tutto il giorno - ma non tanto quanto quella mentale. Lungo tutto il tragitto aveva ripensato alle parole di Luxis, vi aveva riflettuto, ed era giunto alla conclusione che aveva ragione; lui non aveva mai sperimentato la solitudine, non poteva sapere cosa si provava ad essere abbandonati a se stessi, a dover lottare per vivere o a dover fare i conti con la propria natura... però si rendeva conto che, non appena Luxis si era presentato a lui, aveva smesso di essere un rapitore, e non aveva più cercato una via di fuga... semplicemente, lui era diverso... la verità era che provava una specie di attrazione nei suoi confronti... non riusciva a spiegarselo bene, ma ai suoi occhi Luxis aveva un fascino tutto particolare...
Lo guardò; anche ora, mentre era intento a mangiare la sua porzione di carne, i suoi lineamenti gli parevano così perfetti e delicati...
Luxis alzò lo sguardo incrociando il suo; gli rivolse un'occhiata interrogativa e un po' stupita, poi gli sorrise.
Era un sorriso vagamente sensuale, pensò il ragazzo, arrossendo come se quella creatura potesse leggergli nel pensiero, e distolse lo sguardo.
"Ydan, va tutto bene?"
"Sì, tutto bene"
"Sicuro? Sei arrossito"
Il ragazzo fu preso dal panico. Era arrossito? Ora che ci faceva caso, in effetti le sue guance erano più calde del solito... sempre più calde, le sentiva avvampare...
"D-davvero?"
Luxis si alzò e si avvicinò a lui, cercando i suoi occhi che continuavano a sfuggirgli. Gli afferrò allora il mento e lo costrinse a voltrarsi. Ydan poteva leggere una vaga preoccupazione nei suoi occhi.
"Stai bene?"
Ora il ragazzo era perso in quegli occhi glaciali, ma il fuoco sulle sue guance ancora non si estingueva.
"Sì, sto bene..."
Cercava di liberarsi, ma Luxis non lo lasciava. Si sentiva profondamente a disagio, era troppo vicino... prima che se ne accorgesse, una lacrima cominciò a percorrergli silenziosa una guancia...
Luxis la guardò sorpreso, lasciando immediatamente la presa, e Ydan si girò dall'altra parte asciugandosi il volto col dorso della mano.
"Non va tutto bene, allora... che cosa c'è?"
"Luxis, non devi cambiare... a me piaci così come sei..."
Il ragazzo si stupì della sua stessa affermazione. Il bruciore sullle sue guance si ravvivò, e i suoi occhi cominciarono a vagare da un punto all'altro del pavimento, inquieti.
Si sentì ancora una volta sollevare il mento, mentre delle dita delicate cancellavano le tracce bagnate delle sue lacrime. Luxis avvicinò il volto a quello del ragazzo; le sue labbra socchiuse mostravano un vago sorriso, mentre sfioravano appena quella pelle chiara...
Ydan tenne le palpebre serrate, sentendo il sangue pulsare forte nella giugulare. Poi udì il rumore della porta della capanna che si apriva cigolando, e quando riaprì gli occhi si ritrovò solo, in un angolo, con la mente in confusione e una gran voglia di piangere.

Appena ebbe richiuso la porta della capanna, Luxis si appoggiò contro la parete di legno e si mise a fissare il cielo stellato con occhi spenti.
Maledizione, pensò; la natura di suo padre saltava fuori nei momenti peggiori.
Ma ormai c'era quasi; la promessa di una vita più semplice, di una casa sicura in cui vivere circondato da persone che lo amassero, di una ricompensa per tutti gli anni trascorsi in esilio, erano ad appena una giornata di cammino. Non poteva permettersi di vacillare ora.
Quello sgradevole sentimento che sentiva nascere dentro di sé doveva essere una debolezza effimera, forse una pazzia portata dalla primavera. Non poteva rinunciare al più grande desiderio di tutta la sua vita, altrimenti se ne sarebbe pentito per sempre.
No, il rituale doveva essere portato a compimento.

La mattina seguente, quando i due ragazzi si rimisero in cammino, un cielo nuvoloso li accolse sotto la sua volta cupa. Non pioveva, ma l'aria era umida e fredda, triste vestigia dell'inverno ormai finito.
Ydan camminava silenziosamente, con gli occhi bassi sul terreno in terra battuta, seguendo la sua muta guida.
Nessuno dei due aveva detto una sola parola quella mattina, e Luxis gli sembrava in un un certo senso diverso; era più freddo, sembrava turbato, come se avesse scoperto una terribile verità...
"Cos'è successo ieri sera, Luxis?" domandò di punto in bianco il ragazzo, optando per risparmiare inutili giri di parole.
L'altro parve ignorarlo, continuando a camminare in silenzio col suo passo deciso.
"Hai sempre intenzione di compiere quel rituale?"
Ancora una volta non ottenne una risposta.
"A cosa ti servo io, Luxis? Per favore, di' qualcosa!"
Allora il mezzosangue si fermò, estrasse dalla sua sacca la borraccia e gliela porse.
"Tu mi servi per vivere, Ydan. Grazie a te troverò finalmente il mio posto"
Il ragazzo fu colpito da queste parole; per la prima volta sentiva un velo di tenerezza nella sua  flebile voce...
"Tieni, bevi qualcosa. Il cammino è ancora lungo" aggiunse, rivolgendogli un sorriso stupendo ma - Ydan se ne accorse - non del tutto sincero.
Il ragazzo bevve qualche sorso dalla borraccia; ma, nonostante la dolcezza delle parole del compagno, quell'acqua gli sembrò amara come il fiele...
"Grazie Luxis. Sai, camminare con te comincia a piacermi"
"Ti prego, sta' zitto..." mormorò quello tra sé e sé.
Ma Ydan non lo sentì.
I due continuarono ad avanzare in silenzio nel sottobosco, mentre i rami dei faggi nella grigia atmosfera parevano protendersi a tentare di fermarli.
Improvvisamente la testa di Ydan cominciò a dolere in modo violento. Era come se qualcosa dentro al suo cranio stesse cercando di uscire; sentiva le tempie pulsare a intervalli regoari, e il dolore rimbombare in ogni punto della testa...
Si guardò attorno, e si ritrovò solo; ad eccezione dei suoi due guardiani, il ragazzo non riusciva a scorgere nessun altro nelle ombre indistinte che iniziavano ad avvolgere come una tetra nebbia le sagome degli alberi circostanti.
Non si era accorto che fosse scesa la nebbia. Una nebbia molto fitta, che si addensava ogni secondo di più.
Cominciò a chiamare il nome di Luxis, ma nessuna risposta arrivò dal bosco.
Sentiva una pesante debolezza sfiancargli le ossa e fargli cedere le gambe, e dovette mettersi a sedere sul bordo del sentiero.
Le estremità del suo corpo iniziavano a perdere la sensibilità, il suo respiro si tramutò rapidamente in un annaspare disperato; finalmente arrivò il compagno, che con grande calma lo fece sdraiare sull'erba e gli sollevò il mento, agevolandogli la respirazione.
Gli occhi di Ydan, spaventati, rimasero spalancati a fissare il volto del mezzo demone, finché i loro sguardi si incrociarono un'ultima volta.
Luxis gli sorrise impercettibilmente, come per rassicurarlo.
“Va tutto bene, non è niente” sembrava sussurrargli silenziosamente...
E prima che i sensi lo abbandonassero del tutto, Ydan percepì delle labbra morbide sulle proprie, un contatto tanto lieve da poter essere paragonato al tremolio dei raggi del sole primaverile, in un pomeriggio trascorso a contemplare il cielo azzurro...
Ma non c'era il sole, quel giorno.
L'oscurità stava avanzando. Un'oscurità amara, fredda, che gli lasciò come ultimo regalo una lacrima non sua a rigargli una guancia.

   
 
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