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Autore: FreienFall    18/05/2016    1 recensioni
Ho fatto una scelta e ora sono come sono.
Ho abbandonato il superfluo, eliminato l'indispensabile, per dedicarmi solo alle cose importanti. Non ho tempo per niente e per nessuno.
"Qualcosa non mi torna, qualcosa mi sfugge, c’è qualcosa di quel ragazzo che mi attira; non riesco a capire, più ci penso e più rimango incatenato al dubbio."
Genere: Introspettivo, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Bill Kaulitz, Nuovo personaggio, Tom Kaulitz
Note: Lime | Avvertimenti: nessuno
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Ciao a tutti, finalmente ho postato il nuovo capitolo, spero che vi piaccia e che lasciate un commento. Ringrazio chi legge la mia storia e chi ha commentato i precedenti capitoli. Un bacio, Chiara.

6.

 

Le settimane trascorrono identiche tra scuola e musica, Michaela che mi evita e Ari che mi guarda da lontano senza poi avere il coraggio di parlare con me. Sono entrambe deluse da me: l'una ha gli occhi pieni di dolore l'altra di disprezzo, l'una si nasconde dietro una maschera sorridente, credibile per tutti ma non per me, l'altra mi fissa stizzita come se avessi straziato il suo di cuore. L'una è costretta a fingere per causa mia, l'altra non sa fingere a causa mia. Non so se mi sconvolge di più la verità cruda dell'odio di Ari o la rassegnazione con cui Mich cela il suo cuore sanguinante. 

Io sono il re della finzione, della maschera, e sono imperturbabile: il viso rilassato, un fare tranquillo, un gesticolare moderato, un passo misurato, ma lo sguardo, quello mostra una strana e segreta malinconia. Questo velo non sono mai riuscito a toglierlo. Fingo disinteresse, fingo che non mi importi del dolore di Mich, fingo che non mi tocchi l'ostilità di Ari, fingo e basta. 

Bill mi individua mentre siedo in un angolo del cortile, precisamente sulle scale al lato più remoto della palestra. Mi raggiunge e siede affianco a me "Ti ho trovato finalmente" esordisce con un sorriso. Rispondo con un cenno della testa e un mezzo sorriso, "A cosa stai pensando?" mi domanda ora teso. "Niente di importante" espiro profondamente, "È per Michaela?" mi guarda come si guardano gli sconfitti. "Non solo, è un po' per tutto, ero riuscito a trovare un equilibrio e poi non so come ho rovinato tutto" parlo cauto, con la consapevolezza di chi si ritrova a dover ripartire da zero, di nuovo.

Bill sospira rumorosamente "Sai Tom io sono convinto che una ragione ci sia, forse non guardi attentamente, forse volevi solo un cambiamento, non vuol dire che hai rovinato tutto". Lo guardo senza rispondere, non capisco cosa intenda. "Pensa a cosa vuoi in realtà, è così chiaro, la ragione è davanti ai tuoi occhi" continuo a non capire. "Non capisco Bill, ho solo buttato tutto all'aria, questa è la realtà". 
"Ok Tom, ma perché? Te lo sei chiesto?" incalza ma la mia espressione interrogativa è così eloquente da farlo scoppiare a ridere. "Per Ari! Come fai a non capirlo, non sai cosa vuoi da lei ma vuoi lei" il suo sorriso è così sincero, naturale, mi trasmette chiarezza. È davvero per lei che ho fatto tutto questo? È il legame impalpabile con lei che mi ha portato a rompere tutti gli altri? Mio fratello ha ragione. È per lei. 

Bill mi guarda compiaciuto, "E adesso?" gli domando come se avessi trovato una verità così chiara da lasciarmi inerme. È come quando capisci cos'è il vento, sai che esiste, lo senti, ma poi stringendo le mani non puoi prenderlo. "E adesso cosa Tomi?" ride ancora. "Non posso fare nulla, ho le mani legate, è fidanzata e ha fatto capire chiaramente che non vuole me".
"A me è sembrato il contrario, cerca di capire cosa vuole davvero" è tutto così facile per lui. "Se non lo avessi capito, mi detesta in questo momento!" rido anch'io ora. "Parlale Tom, riprendi i rapporti con lei, fatti perdonare".
Non so cosa voglio, non so se dovrei, non so se è giusto, ma voglio farlo. Voglio provare. Allora perché mi sento così incatenato? 
Bill sembra cogliere i miei pensieri "Lasciati andare Tomi, concediti la possibilità di provare, di sbagliare anche, di sentirti libero da ogni tuo condizionamento, fallo, fallo e basta!".
Sento come un uragano in fondo allo stomaco, come elettricità nelle gambe, sento, provo qualcosa. Non è paura, non è rabbia, non è tristezza, è qualcosa di nuovo. Qualcosa di puro, naturale. Mi sento come sul ciglio di un burrone senza fine: non ho paura di rovinare a terra, ho solo voglia di lanciarmi.

La giornata prosegue senza che io riesca a tenere a bada l'elettricità che si spande ovunque nel mio corpo. La campanella, molto attesa, suona la fine dell'ultima ora, trascorsa fingendo di ascoltare la lezione del professore di storia. Esco di fretta dall'aula e corro per tutto il corridoio verso l'uscita ma qualcosa attira la mia attenzione. 

Vedo una folla incurante della pioggia sulle scale appena fuori dalla porta, rallento il passo e mi avvicino cauto, le persone bisbigliano tra loro con sguardi preoccupati. Mi avvicino ancora e riesco a scorgere una figura sdraiata a terra sotto la pioggia, gli occhi chiusi e le membra abbandonate. Una figura che conosco fin troppo bene. Istintivamente mi getto a terra urlando "Mich, Mich, o mio dio, svegliati! Michaela, Michaela ti prego svegliati!". Mi guardo attorno attonito, la gente sembra immobile con lo sguardo vuoto, la bocca aperta in una smorfia senza voce. 

"Chiamate un'ambulanza! Che aspettate!" continuo ad urlare sbracciando. Di fianco a me una ragazza piange "Che è successo? Dimmi come è successo?" grido verso di lei, odiando quel pianto inutile. "Non lo so stavamo parlando ha detto che non si sentiva bene e poi è caduta a terra" risponde mugolando. Metto insieme le poche nozioni di pronto soccorso che conosco, provo a sentire il battito dal polso, seppur flebile c'è, "Alzati e tirale su le gambe, sbrigati!" ordino con fermezza e la ragazza esegue, mentre io continuo a chiamare per nome la ragazza bionda a terra, senza ricevere risposta. La mia voce è sempre più disperata e risuona ovunque, qualcuno chiama il mio nome, è Bill che dietro di me sta in piedi con gli occhi spaventati incapace di muoversi e al suo fianco c'è Ari con le guance rigate da dense lacrime. 

Torno a guardare Michaela e vedo un rivolo di sangue partire dalla sua nuca e disperdersi giù per le scale. Sembra che il tempo si sia fermato, che il mondo abbia smesso di girare, che l'aria sia immobile e gelida. "Dove cazzo è l'ambulanza?" la mia voce è rotta. Finalmente sento il suono ripetitivo dell'ambulanza rimbalzare sui palazzi che costeggiano la strada e poco dopo vedo i paramedici fiondarsi giù dalla vettura portando una barella. Resto immobile in ginocchio mentre cautamente la prendono e la adagiano sulla barella; mi fanno delle domande ma non so rispondere, continuo a ripetere che non lo so, che sono arrivato dopo, che non so se abbia mangiato, non so nulla. La portano via mentre qualcuno si preoccupa di chiamare i genitori. 

Intontito mi guardo intorno, mi sembra di essere in un sogno, in uno di quelli brutti, in cui tutto sembra così reale da farti male. "Tom sbrigati andiamo all'ospedale" Bill è concitato e sembra divincolarsi tra una crisi di nervi e una calma e una praticità impeccabili. Lo seguo verso la macchina di Gustav, come al solito i ragazzi sono venuti a prenderci a scuola per andare a casa nostra a suonare. Bill sale per primo e spiega velocemente l'accaduto e la direzione da prendere. Dopo un attimo di sgomento da parte di Georg e Gustav, quest'ultimo ingrana la marcia e percorre a velocità sostenuta la strada fino all'ospedale. 

Ci fanno sedere in sala d'attesa, insieme alle altre persone che sono venute e a quelli che immagino siano i genitori di Mich. Non li avevo mai visti prima, ma sono certo che una tale angoscia non l'abbiamo mai provata in vita loro. Aspettiamo un tempo interminabile senza che io dica una parola, seduto con i gomiti sulle ginocchia e lo sguardo su una mattonella del pavimento. Finalmente escono i medici e tutti i presenti accorrono, i genitori per primi. "La ragazza ha subito un trauma cranico a seguito di una sincope la cui causa è probabilmente dovuta a un calo di pressione, ma non possiamo saperlo con certezza. Abbiamo messo dei punti sulla ferita alla testa, per il resto dobbiamo aspettare che si svegli" è il resoconto del medico. 

La madre piange tra le braccia del padre, ma io non capisco, "Che vuol dire per il resto dobbiamo aspettare?" intervengo. Il medico mi guarda incerto "Non lo sappiamo con certezza, ma può darsi che la caduta abbia provocato dei danni, per ora non sembrano esserci emorragie, dobbiamo attendere ancora un po' per esserne certi ma continuiamo a monitorarla in ogni momento. In ogni caso quando si riavrà potrà accusare capogiri, afasia, disturbi sensoriali, perdita di memoria, ma con ogni probabilità sono sintomi che dovrebbero passare in poche settimane". Lo guardo mentre un leggero tremore scorre nelle mie mani e una strana sensazione attanaglia il mio petto. Niente certezze, nulla di nulla.

Torno a sedere al mio posto scombussolato, devo aspettare, devo aspettare che si svegli, devo capire cosa è successo, devo farmi perdonare. Io non la amo, ma le voglio bene come a poche persone, so di non averlo dimostrato, so di essere stato uno stronzo. Lei non lo ha mai meritato, non merita uno come me, le chiederò di perdonarmi e troverò un ragazzo a posto, uno giusto per lei. 
"Tomi io e i ragazzi andiamo a prendere da mangiare, tu aspetti qui?" Bill interrompe il filo dei miei pensieri, annuisco e lo ringrazio. 

Le ore trascorrono e piano piano la gente torna alle rispettive case, anche Gustav e Georg vanno via, mentre Bill resta con me. Anche lui ha un buon rapporto con Mich, sono molto amici, lui è sempre stato l'interprete dei miei atteggiamenti con Michaela, ha fatto da mediatore e per questo lei si è legata a lui. Bill le ha fatto da confidente, ha fatto la parte di me che le dava attenzioni, la portava al cinema, a prendere il gelato, a fare shopping, le dava tutto quello che io non potevo, non riuscivo a darle. 

Il medico torna ad avvisarci che si è svegliata e comunica che le visite per ora sono concesse solo ai familiari. I genitori accorrono dalla figlia e scompaiono dietro una porta per molto tempo. Non appena rientrano in sala d'attesa Bill non resiste "Come sta? Vi prego ditemi che sta bene" gli esce una voce accorata, sinceramente preoccupata. "Sta abbastanza bene, ha dei forti mal di testa e non sa cosa sia accaduto, ma ci ha riconosciuti e questo è già molto" risponde la madre. Il padre interviene "Voi siete i gemelli di cui parla sempre, Bill e Tom, sono certo che sarà felice di vedervi entrambi, andate pure" il viso pallido ma cordiale adornato da un sorriso. "Ma signore l'orario di visita è finito e noi non siamo parenti" rispondo. "Uno strappo alla regola non danneggerà nessuno, anzi vedere visi familiari farà sentire solo meglio Michaela" replica e con gesto ci invita ad andare nella stanza. 

Bill bussa piano ma poi entra senza aspettare risposta, ci accoglie un viso stanco e pallido ma incredibilmente sorridente. "Ciao ragazzi, che bello vedervi, venite qui" la sua voce è stanca ma emozionata. Bill corre al suo capezzale mentre io chiudo la porta dietro di noi. La sommerge di domande, iniziando da un generale come stai, ad un'analisi approfondita di ogni cosa che sente. Lei ride della sua apprensione e gli stringe la mano. Dice di essere un po' confusa e di avere mal di testa da quando si è svegliata. Io resto poco distante, in silenzio, vederla sveglia, che ride mi ha tolto quel carico d'ansia che avevo addosso dall'uscita di scuola, quella paura insistente ma non il senso di colpa. 

Ecco cos'era quell'ombra che avevo addosso, che preme e stringe e schiaccia il mio intero essere. Mi sento colpevole.
D'un tratto Mich mi guarda con un sorriso genuino e negli occhi la brillantezza, la limpidezza, la trasparenza del suo amore. Per la prima volta lo vedo davvero. Un amore puro, candido, palese. "Puoi avvicinarti Tom, non mordo mica!" mi sbeffeggia, così mi siedo di fianco a lei mentre Bill va al bagno, intenzionalmente.

"Ciao Mich, è così bello vederti davanti a me con gli occhi aperti e cosciente, mi è preso un colpo quando ti ho vista a terra" sono leggermente imbarazzato. "Dai fortunatamente è stato solo un brutto incidente ma sto bene, giuro". "Mich io devo chiederti scusa, mi sono comportato come un idiota e tu non meriti questo da parte mia, non meriti proprio uno come me" la mia voce si fa densa e le parole escono lente e fin troppo vere. 
Lei mi guarda interrogativa "Scusa per cosa?". La sua espressione mostra perplessità, non posso crederci, non ci credo, mi rifiuto di pensarlo. "Per ieri sera, non ti ricordi?" insisto, "No, cosa dovrei ricordare?" mi domanda a sua volta. Per un attimo vedo la stanza girare vorticosamente attorno a me, accompagnata da un senso di nausea, paura e preoccupazione. Non ricorda nulla.

Non faccio in tempo ad aprire la bocca che la porta si apre e l'infermiera grida che non dovremmo essere lì a quell'ora, tanto forte da far uscire mio fratello dal bagno sgomento. "Andate via, immediatamente! Tornate quando è orario di visita". La prego di farmi rimanere ancora un po', dovevo finire quel discorso, capire effettivamente, ma non c'è verso. 

Siamo fuori dalla porta, mi accascio a terra, la testa tra le mani.
   
 
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