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Autore: Flos Ignis    21/05/2016    6 recensioni
Mavis e Zeref, un amore impossibile e immortale. Ed è per questo che vale la pena di raccontarlo.
Dal testo:"L’ho amato così tanto da star male. Fu solo un istante che ci fu concesso, un solo secondo in una vita immortale, ma mai più qualcuno avrebbe amato con una tale dolorosa intensità nel corso di un’intera vita mortale. In quell’abisso di disperazione in cui ci aveva gettati la Maledizione di Ankherasam, l’amore che mi ha donato mi ha fatta vivere di nuovo. Ed io ho ridato calore al suo cuore indurito dai secoli di solitudine. Ci siamo amati, noi, che proprio per aver troppo amato siamo stati puniti con una pena eterna… Un’atroce pressione sul cuore e il crudele destino ci colpì nuovamente, più duro ed inflessibile che mai."
Una riflessione sul capitolo 450 del manga: spoiler per chi segue esclusivamente l'anime.
Genere: Malinconico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Mavis, Zeref
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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La solitudine del lupo, l'amore della fata


 


 


 

Fin dalla prima volta che l’aveva visto, Zeref le aveva ricordato un lupo: aveva visto attraverso i suoi occhi tristi la grandezza del suo animo, il suo cuore nobile, fiero, solitario e feroce.

E dai libri che aveva letto, aveva appreso che i lupi sceglievano una compagna, una sola per tutta la loro vita, da amare e proteggere… con nobiltà, fierezza e ferocia.

Non aveva mai pensato di essere un lupo anche lei.

Proprio come due lupi si erano conosciuti, studiati, scelti.

E come due esseri umani maledetti, si erano persi.


 


 

*****


 


 

L’ho amato così tanto da star male.

Fu solo un istante che ci fu concesso, un solo secondo in una vita immortale, ma mai più qualcuno avrebbe amato con una tale dolorosa intensità nel corso di un’intera vita mortale. In quell’abisso di disperazione in cui ci aveva gettati la Maledizione di Ankherasam, l’amore che mi ha donato mi ha fatta vivere di nuovo. Ed io ho ridato calore al suo cuore indurito dai secoli di solitudine.

Ci siamo amati, noi, che proprio per aver troppo amato siamo stati puniti con una pena eterna…

Un’atroce pressione sul cuore ed il crudele destino ci colpì nuovamente, più duro ed inflessibile che mai.


 


 

Mi sentii di nuovo veramente viva in quel momento, viva e libera di amare nuovamente, perché al mio fianco c’eri tu, Zeref. In questo vasto mondo, di nuovo potevo stare con qualcuno che poteva capirmi, capire la sofferenza di essere crudelmente privati della gioia di amare la vita.

Eravamo destinati ad un’eternità priva di senso, ma poi le nostre strade solitarie si sono incrociate e ci siamo trovati, compresi, amati.

Le nostre anime hanno trovato pace per un momento. Le nostre due anime, maledette con quella benedizione che dovrebbe essere la vita, destinate ad assistere allo scorrere inesorabile del tempo fino alla fine del mondo. Ma quella non sarebbe stata vita, era la nostra maledizione: incatenati, spettatori passivi del miracolo di cui non potevamo far parte, pena la fine di quello stesso miracolo della vita in chiunque ci fosse vicino.

Un bacio. Grazie a quel piccolissimo contatto, il calore tornò dopo un anno di gelo a scaldare il mio corpo sciupato dal digiuno che mi ero autoimposta, e dal modo in cui il tuo corpo cercava freneticamente un qualsiasi punto di contatto tra noi, la cosa deve essere stata reciproca ed altrettanto intensa, se non ancor più bramata nel corso dei tuoi trecento anni.

Fu conforto, fu sollievo, fu gioia inattesa e per questo percepita ancora di più.

Con le nostre labbra a contatto, il peso e l’oppressione che mi avevano schiacciata passarono a te, alleggerendomi; mi sentii libera e leggera come una piuma. Poi avvertii il tuo dolore passare a me, tutta la tua solitudine e la tua rabbia, e io ne fui immensamente felice: stavo aiutando la persona che amavo.

Il dolore che dovevamo sopportare era raddoppiato, ma ora potevamo reggere quel peso in due, in parte mio ed in parte tuo, e tutto era più facile.

La nostra non era più una miserabile e solitaria esistenza senza fine, ma una vita da dividere in due, tutta concentrata in quell’istante, tutta concentrata sulle nostre labbra unite.

La solitudine si era dissipata, il mio cuore aveva di nuovo una ragione per battere, e il battito del tuo cuore così vicino al mio iniziava a sciogliere il ghiaccio che credevo avrebbe bloccato la mia anima per sempre. E “per sempre”, quando non si può morire, è davvero un tempo molto lungo, infinito come il tempo.

In mezzo a quel destino di solitudine, ci eravamo trovati per darci conforto, amarci, donarci la vita a vicenda. Ne avevamo a disposizione così tanta, di vita, che donarne l’uno all’altra era la cosa più giusta per noi in quel momento.

Pagammo a caro prezzo quella felicità, perché l’equilibrio del mondo doveva essere preservato.


 


 

*****


 


 

Ripensandoci, molti anni dopo, Mavis pensò che il destino, dopo essere stato così crudele con loro, avesse voluto far loro un dono: un istante di felicità, di amore, di vita lieta.

La Maledizione Contraddittoria impediva loro di morire, ma strappava la vita a chi amavano o stava loro intorno; più amavano la vita, più la toglievano alla gente. La scia di morte che si lasciavano dietro le spalle li avvolgeva come un lugubre mantello dallo strascico infinito, che li stringeva alla gola come un cappio, togliendo loro il respiro abbastanza da farli annaspare, ma non così tanto da porre fine alla loro agonia.

Mavis e Zeref poterono amarsi solo per pochi istanti, solo per il tempo di un intenso bacio, con cui riversarono l’uno nell’altro tutti i sentimenti che li travolgevano come fiumi dirompenti. La rabbia, l’angoscia, la speranza, la gioia… l’amore.

Quell’amore che fu, ancora una volta, la loro maledizione.

Con quel bacio riversarono l’uno nell’altra sia il loro amore che la loro maledizione, e più si amavano più si maledivano, mentre le due magie ancestrali si scontravano come impetuose tempeste tra di loro, dentro di loro: lottavano per prevalere, troppo legate per separarsi, troppo diverse per non lottare ferocemente.

Mentre i due amanti riscoprivano l’importanza di vivere per una ragione, la magia dell’Amore dichiarava guerra alla Maledizione; amore e guerra, vita e morte. Le quattro magie fondamentali del mondo erano concentrate tra di loro in quell’istante, scatenando tanta di quella magia ancestrale da far fuggire qualunque forma di vita nel raggio di chilometri.

Nessuno dei due se ne accorse però. Né della lotta in corso tra le Magie Originarie, né del fatto che, senza minimamente essersene resi conto, avevano riportato l’equilibrio del mondo ai suoi fasti originari: la Magia Unica si era ricreata dopo secoli, di nuovo integra e perfetta. Sulle loro labbra unite, la magia perfetta aveva appena preso vita.

Ma poi il momento finì.

In seguito, Mavis avrebbe capito che in quel momento la perfezione era precaria. Il suo amato aveva convissuto per tre secoli con quei sentimenti distruttivi e logoranti che lei aveva scoperto appena un anno prima. In lui la morte aveva messo radici troppo profondamente, mentre l’amore di lei era appena sbocciato, solo un fragile bocciolo annaffiato con la scalpitante voglia di vivere che in Mavis ancora non si era spenta.

E quando quell’istante fragile e perfetto finì, l’equilibrio si infranse e la Magia che avevano evocato senza volerlo si ritorse interamente contro di lei. La Morte aveva vinto. E si era scagliata contro la creatura più fragile.

La Maledizione Contraddittoria la fece morire tra le labbra di Zeref. Ed il dolore che lui patì in seguito, lei lo visse tutto, in ogni momento sentì il dolore del suo amato nella sua anima, che imperterrita continuava a camminare su questa terra, separata dal suo corpo congelato nel tempo e privo del soffio vitale.

La più alta forma di contraddizione che insieme avevano creato, aveva tolto la vita ad una creatura immortale.

Mavis si sentì profondamente in colpa per non poter più stare al suo fianco, soprattutto perché la sua perdita aveva aggiunto l’ennesimo, insopportabile fardello sul cuore del mago oscuro.

Poteva quasi leggere la mente del suo amato: “lei mi è stata portata via per il mio peccato, perché un mago oscuro ha osato amare una fata, una creatura della luce?”

Se solo avesse potuto parlargli un’ultima volta, dirgli che non era stata colpa sua, che nonostante i decenni, la maledizione, la guerra, la morte, lei ancora lo amava…

Ed invece il prodotto delle loro maledizioni congiunte era stata la morte del suo corpo e la libertà della sua anima, che poteva vagare per il mondo, invisibile a chiunque non portasse su di sé il marchio delle fate; la attendeva un’eternità da passare come spettatrice passiva, impossibilitata a fermare l’inesorabile discesa verso la pazzia del suo amato, senza potergli dire quanto ancora lo amava, con tutta la sua oscurità ed il suo odio… lei lo accettava.

E proprio perché lo amava avrebbe fatto di tutto per frenare la sua follia.

 

  
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