Film > La Sirenetta
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Autore: Guerildor    24/05/2016    2 recensioni
Avevo scritto questo racconto partecipando a un concorso che richiedeva la rielaborazione di una favola famosa. Un po' ho rubato dal film, un po' dalla favola, un po', spero, di averci messo del mio.
Una rivisitazione che sposta il punto di vista da Ariel a Aquata, sorella della Sirenetta, sorella che nutre un amore particolare per la sorellina, un rapporto impossibile, sbagliato, doloroso.
Genere: Angst, Drammatico, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Crack Pairing | Personaggi: Ariel, Nuovo personaggio, Re Tritone, Sebastian, Ursula
Note: Otherverse | Avvertimenti: Incest
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Melodia triste


Aquata e Ariel


La voce di Ariel riempiva il giardino del palazzo reale.
Di solito la piccola sirena deliziava un pubblico piuttosto vasto, composto da pesciolini, polipi, crostacei e tritoni innamorati, piroettando in mezzo a loro mentre intonava soavi melodie composte sul momento. Spesso qualcuno le richiedeva questa o quella canzone e allora Ariel esplodeva in una risata prima di dire “quella non me la ricordo più, ma se vuoi ne ho una nuova”.
Aquata, nascosta dietro una colonna del giardino, osservava Ariel percependo tutta la tristezza della sorellina. Da giorni Ariel cantava sempre la stessa canzone. Una melodia triste, lenta, che parlava di amori impossibili e desideri irrealizzabili.
Lo sguardo di Aquata si perse negli occhioni blu della sorellina, occhi più blu del mare, più blu del cielo della superficie, più belli del più bello dei gioielli. Ariel era così dolce, così allegra, così innocente…
Una mano sfiorò la spalla di Aquata che trasalì, accarezzandosi d’istinto i lunghi capelli biondi.
Aquata, cosa sta succedendo ad Ariel?” chiese Re Tritone, facendo una piccola pressione sulla spalla della sirena.
Non lo so, padre” mentì Aquata. “È da un po’ che canta sempre questa canzone”.
L’ho notato. Questo pezzo è stupendo, più di tutti gli altri, ma è così triste… Magari le parlerò stasera. Dev’esserle successo qualcosa, non l’ho mai vista così spenta”.
Potrei parlarle io, padre”.
Forse è meglio, voi due avete un così bel rapporto… Torno dentro, stamattina il cadavere di un marinaio è entrato nella mia stanza. Sto pensando di mettere una copertura sopra il palazzo…” borbottò il Re Tritone prima di allontanarsi.
Aquata continuò ad accarezzare la sua magnifica chioma. Se Ariel era famosa in tutto il regno per via della sua voce, Aquata era rinomata per i suoi capelli. Lunghissimi fili dorati che brillavano nonostante l’oscurità del fondo marino. Una cornice perfetta per il suo viso delicato, gli occhi chiari e le labbra rosa. Li sfiorava pensando alle parole di Ariel, al suo sfogo di qualche giorno prima.
Aquata aveva trovato la sorellina in singhiozzi, nel suo nascondiglio preferito, una caverna a qualche ora di nuoto dal palazzo.
La grotta era ricca di oggetti della superficie sprofondati nell’oceano che Ariel trattava con gran cura. Al centro della caverna spiccava una gigantesca statua di marmo che raffigurava un umano in posa da combattimento.
Tra i singhiozzi senza lacrime, vista l’impossibilità di piangere delle sirene, Aquata aveva estrapolato qualche informazione dalla sorella.
Era riuscita a capire che una tempesta aveva infuriato sulla superficie mentre Ariel nuotava a pelo d’acqua. Una nave era stata praticamente distrutta, e Ariel aveva salvato il proprietario della stessa, un principe bellissimo, l’umano raffigurato nella statua. A quel punto Ariel non era riuscita a proseguire, limitandosi a gridare “io lo amo”, così Aquata l’aveva accompagnata nella sua stanza dove l’aveva accarezzata fino a farla addormentare.
Aquata avrebbe pianto tante lacrime da far annegare l’oceano stesso se solo avesse potuto. La vista di Ariel così triste, così distrutta, così innamorata, le dilaniava il cuore.
L’aveva coccolata per ore. Quando le diede un bacio sulla fronte si sentì arrossire. La sua coda ebbe uno spasmo. Senza staccare le sue labbra dalla pelle di Ariel, Aquata scese fino alle guance, baciandola piano. Stava per avvicinarsi alla bocca della sorella quando sentì un rumore in lontananza. Spaventata si portò le mani ai capelli, si guardò intorno e scappò nella sua stanza, dove non riuscì a dormire.
Tre giorni dopo l’umore di Ariel non era migliorato. Mangiava pochissimo, parlava ancora meno. Passava gran parte del suo tempo nella sua caverna, o in giardino a cantare.
Aquata, che dedicava diverse ore al giorno alla cura della sua chioma, aveva chiesto a Sebastian, un suo amico paguro, di seguire Ariel di nascosto. Il piccolo Sebastian aveva svolto con cura il suo compito. Aveva scelto il più piccolo e anonimo dei gusci dalla sua collezione e aveva seguito stoicamente la sirenetta nel suo rifugio e durante le sue nuotate, pronto a riferire ogni novità ad Aquata.
Ariel terminò la sua canzone con una lunga nota bassa. Lo sparuto gruppo di pesciolini che era rimasto ad ascoltarla, nonostante l’insolita monotonia delle esibizioni, si allontanò nuotando, e così fece lei.
Aquata notò dietro Ariel quella che sembrava una pallina biancastra. Sebastian si era messo al lavoro.


La Strega del Mare


Ariel nuotò per più di tre ore. Sebastian faceva fatica a starle dietro e ogni tanto si attaccava a qualche pesciolino di passaggio per avvicinarsi alla sirenetta. Con circospezione riuscì ad agganciarsi ai capelli rossi di Ariel e a farsi trasportare.
Arrivarono in una zona del regno che Sebastian non aveva mai visitato, una zona terribilmente buia e deserta che terrorizzava il piccolo paguro.
Ariel si fermò davanti a una caverna. Indugiò per qualche secondo, prima che una voce stridula, proveniente dal fondo della grotta, dicesse: “Entrate pure, miei cari”.
Delle alghe, nere come il petrolio, adornavano le pareti della grotta. Ariel nuotò per qualche minuto prima che una di esse le afferrasse il braccio. La sirena provò a strattonare per liberarsi, ma intanto altre alghe le si avvinghiarono alla coda e al collo. Ariel urlò. Sebastian tremava nel suo guscio.
FERMATEVI!”. La stessa voce di prima, ma stavolta minacciosa oltre che fastidiosamente acuta, riempì la caverna. Le alghe, come spaventate, lasciarono andare Ariel che senza aspettare un secondo corse via, addentrandosi sempre di più nelle profondità di quel luogo.
Giunsero a una sala circolare in cui un gigantesco calderone colmo di un fluido verdastro sbuffava grosse volute di fumo scuro. Nascosta dal fumo una sagoma li salutò con calore.
Benvenuti, benvenuti”. Una creatura sbucò da dietro al paiolo, una creatura a metà tra un’umana e una piovra. Sebastian sbirciava attraverso i capelli di Ariel. Gli occhi del paguro incontrarono quelli della donna-piovra, che gli sorrise mostrando denti aguzzi e giallognoli. La sua pelle era viola, i capelli bianchi e stopposi, i tentacoli neri. Era bella, ma di una bellezza innaturale, l’opposto di Ariel.
Sono venuta da sola come mi avevi chiesto, Strega del Mare” annunciò la sirena.
Sebastian trasalì. La Strega del Mare era l’essere più temuto del regno dopo il Re Tritone, ma nessuno ne sentiva parlare da anni.
Mi tocca contraddirti, mia cara. Ma non importa, anche le creature più insignificanti possono tornarmi utili”.
Non capisco” rispose Ariel, sinceramente confusa.
Lasciamo perdere queste sciocchezze, piccola mia” rispose la Strega avvicinandosi ad Ariel. “Hai preso la tua decisione?”
Sì”.
Come sai c’è un prezzo da pagare…”.
Le darò tutto quello che possiedo, lo giuro”.
Ma no, ma no. Non esageriamo. Tutto? Mi sembra eccessivo. No potrei mai chiederti tutto. Da te voglio solo una cosa, piccola sirenetta innamorata. La tua voce”.
La mia voce?”
Esatto, la tua voce. Una volta che me l’avrai offerta ti donerò due bellissime gambe. Avrai un anno di tempo per conquistare il tuo amato principe. Se riuscirai a farti baciare da lui, ma bada, dovrà essere un bacio vero, il bacio dell’Amore, entro un anno, otterrai un’anima e diventerai una vera e propria umana. Ti sto offrendo contemporaneamente il sogno di ogni creatura marina e quello di ogni ragazzina. Dovrebbero chiamarmi la Benefattrice del Mare…”.
Ma come farò a far innamorare il principe di me se non potrò nemmeno parlare con lui?” chiese Ariel.
Ma guardati, figliola!” esclamò la Strega facendo comparire uno specchio con uno schiocco delle dita. “Guarda questi occhi!” gridò entusiasta accarezzandoli con la punta delle lunghe unghie nere. “E guarda questo seno!” continuò, strizzando gli acerbi seni della sirena. “Faresti impazzire qualsiasi umano!”.
Ariel abbozzò un piccolo sorriso, ma all’improvviso, colpita da un’idea, sgranò gli occhi e chiese: “cosa succederebbe se non riuscissi a far innamorare il principe entro un anno?”.
Piccola mia, questa è un’assurdità bella e buona! Non ci sono possibilità che quell’umano non si innamori di te. In ogni caso, se per qualche inspiegabile motivo non dovessi riuscirci… Be’, tecnicamente moriresti. E ritorneresti in acqua sotto forma di spuma di mare. Ma non capisco proprio perché stiamo perdendo tempo con queste sciocchezze. È un’eventualità che non contemplerei nemmeno. Qualsiasi uomo capace di apprezzare le donne si innamorerebbe all’istante di te!” Sorrise. “Allora, procediamo?”.
Sebastian sognò per ogni notte della sua vita l’urlo di dolore che Ariel lanciò mentre la Strega le tagliava via la lingua.


Melodia triste


Erano passati trecentosessantaquattro giorni da quando Sebastian era tornato affannato da Aquata per raccontarle tutto. Trecentosessantaquattro giorni di dolori e singhiozzi senza lacrime, di sconcerto e rabbia nel regno del Re Tritone. Aquata era l’unica abitante del regno marino rimasta in contatto con Ariel. Andava a trovarla, ogni volta che ci riusciva, sulla riva della spiaggia personale del principe.
Sebastian rimaneva con Ariel tutto il tempo, così era lui a riferire i dettagli ad Aquata.
Vedere le nuove gambe di Ariel per la prima volta era stato uno shock. Tuttavia gli abiti umani le stavano a pennello, le acconciature elaborate che le domestiche del palazzo si divertivano a creare con la sua folta chioma erano uno splendore, e così era anche il leggero trucco che le esaltava i lineamenti.
Nonostante Ariel apparisse felice, Sebastian aveva riferito ad Aquata che in superficie circolavano strane voci riguardo al principe. Trattava Ariel con estrema gentilezza, l’aveva persino baciata sulle labbra un paio di volte, ma era convinzione comune che il principe non fosse attratto dalle donne. Se quelle voci si fossero rivelate fondate Ariel non avrebbe avuto alcuna possibilità di rimanere in vita.
Aquata aveva valutato tutte le soluzioni possibili. Aveva chiesto persino aiuto a suo padre, che la cacciò via sbraitando che non voleva più sentire nemmeno il nome di “quella sporca traditrice”.
Si aggiustò da sola la splendida chioma dorata prima di recarsi dalla Strega del Mare.
Benvenuta, mia cara” salutò gioviale la Strega. Aquata si sentì morire. La voce che la salutava era quella di Ariel. “Come posso servirti?”.
Voglio che la maledizione di Ariel venga annullata. Voglio che ritorni una sirena e che si innamori di me” disse tutto d’un fiato la sirena. Sentì le sue guance infiammarsi all’istante.
Tesoro, non posso far innamorare qualcuno di qualcun altro. Non ti nego che mi piacerebbe. E non ti nego che ci ho provato più volte. Non posso farlo, però posso annullare la maledizione della tua adorata sorellina, questo sì. E posso farla anche ritornare sirena. Non sarà costretta a vivere da sola e senza voce in un mondo che le sarà sempre estraneo. Potrà tornare ad essere parte del suo mondo”.
Bene, chiedimi tutto quello che vuoi”.
Sono una persona onesta io. Mi hai chiesto due cose, e io in cambio te ne chiederò solo due. Non una di più. Voglio i tuoi capelli” rispose la voce di Ariel, ovvero la nuova voce della Strega del Mare.
Aquata se li toccò istintivamente prima di annuire con vigore: “va benissimo. E la seconda cosa?”.
Voglio tutti i tuoi ricordi riguardanti Ariel”. Un ghigno scoprì i denti aguzzi della Strega.
Aquata esitò. Tremò per qualche secondo prima di sussurrare “Accetto”. Una lacrima le rigò il viso. La Strega del Mare spalancò gli occhi, incapace di nascondere lo stupore. La lacrima si trasformò in una piccola pietra, di un azzurro così splendente da far lacrimare gli occhi, che Aquata afferrò.
Trascorse il resto della sua lunga vita da sirena nuotando senza meta nelle profondità dell’oceano.
Di notte stringeva la pietra. Quando la stringeva con tutta sé stessa le sembrava di ascoltare una melodia. Una melodia triste, lenta, che parlava di amori impossibili e desideri irrealizzabili.
Si addormentava felice. Felice di non essere la protagonista di quella canzone.

   
 
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