Capitolo 8
E cosi il mio
allenamento comincio, mi sedetti nell’acqua e chiusi gli
occhi. Mi concentrai
sul rumore dell’acqua mentre sbatteva sulle sponde. Aqua non
mi aveva dato
molti indizi su come trovare la fonte del nostro potere, dentro il
nostro
animo, ma volevo fare un tentativo. Usai una tecnica di meditazione dei
Lycan,
che veniva impiegata per facilitarci le trasformazioni parziali.
Non funziono
molto, dopo due giorni non avevo ancora fatto nessun progresso. La
meditazione
dei Lycan consisteva nel concentrarsi su una parte specifica del corpo
e
provare a farla cambiare. In quel momento io dovevo sprofondare nel
profondo
del mio animo.
Non mi aresi e
ci
riprovai. Questa volta svuotai la mente e rimassi immobile
nell’acqua. La
lasciai fluire intorno a me, coprirmi e bagnarmi le gambe. Dovevo
diventare
tutt’uno con quel lago e con quell’elemento, e allo
stesso tempo scendere nei
meandri della nostra essenza.
Stavo ormai
meditando da un mese ormai senza sosta giorno e notte. Non ero ancora
riuscito
ad arrivare alla fonte del mio potere, ma avevo scoperto alcune
novità sul mio
corpo. Immerso nell’acqua il mio corpo rallentava. Il mio
metabolismo, respiro
e persino il mio cuore, funzionavano a livelli minimi. Mi bastava
mangiare
qualcosa una volta a settimana per essere sazio. Il mio respiro e i
battiti del
mio cuore erano così lievi, che chiunque mi avesse visto in
quel stato avrebbe
pensato che fossi morto. Ma grazie a queste caratteristiche riuscivo a
rimanere
in meditazione per giorni interi senza mai distrarmi, e i frutti del
mio
allenamento sarebbero arrivati presto.
In una notte
candida e senza luna, riuscì ad arriva in fondo al mio
essere. Quello che
trovai era un’immensa stanza bianca. Dentro questa stanza ero
isolato, non
riuscivo più a sentire niente al fi fuori di essa. Il mondo
al di fuori era
scomparso, e li dentro regnava un incredibile silenzio e pace. Non
tutto li
dentro era bianco, al centro di ogni parete cera un enorme runa di
colore rosso
sangue. Ogni parete aveva una runa diversa, ma tutte e tre erano
circondate
dalla stessa frase che si trovava sulla mia daga e sui orecchini. La
stessa
cosa valeva anche per il soffitto e il pavimento.
Intorno alle
rune
sul soffitto e sul pavimento, la frase intorno ad esse era sistemata in
modo
diverso dalle altre. Sul soffitto la frase era ripetuta in cerchio e
intorno
alla runa per ben sei volte. Mentre quella sul pavimento due volte, una
vicina
all’altra e tagliavano la stanza a metta. Dava
l’impressione che il pavimento
fosse fatto da due porte e in quel momento erano chiuse, e che serviva
un
innesco per aprirle.
Intuì
al volo
quello che stavo osservando con tanta attenzione. Le quattro pareti
erano i
rami e i poteri derivati dall’elemento acqua. Mentre il
pavimento era il
limitatore del mio potere che si trovava nella daga. Infine sul
soffitto si
trovava il sigillo che bloccava la maggior parte del potere di Aqua.
Su una delle
pareti la scritta era sbiadita, e stava scomparendo. Mi diressi nella
sua
direzione, e quando li fui vicino toccai il muro con una mano. Dove
avevo
toccato il muro con la mano, parti una sottile linea azzurra e
andò a sbattere
contro la scritta intorno alla runa. La scritta al contatto con la
linea
esplose, lasciando la runa scoperta.
La runa si
illumino di un azzurro chiaro, e dal centro di essa comincio a scendere
un
fiume d’acqua. più che un fiume, era un piccolo
ruscello, che cadeva sul
pavimento come se fosse una cascata. Per poi proseguire fino al centro
della
stanza dove si fermava e si accumulava, cominciando a dare vita a
quello che
sarebbe potuto diventare un lago.
Mentre osservavo
come scendeva l’acqua sulla parete, alle mie spalle senti
apparire una
presenza, e girai subito la testa. Dietro di me cera Aqua. Non era
piccola come
al esterno, ma immenso e possente come il suo vero corpo infondo al
lago.
·
Vedo
che finalmente sei riuscito ad arriva qui.
Sei stato molto bravo, pensavo che ci avresti messo più
tempo. Mi disse lei con
una voce contenta.
·
Devo
dire che non e stato così facile come
immaginavo. Ed una volta arrivato ho trovato questa stanza un
po’ spoglia.
Quelle rune e le scritte sono i sigilli che avete messo su di me, dico
bene? Le
chiesi serio.
·
Proprio
cosi, ci vorrà un po’ di tempo per
toglierli tutti. E dipenderà tutto dal tuo impegno.
·
Adesso
quale il passo successivo?
·
Vedo
che sei impaziente, ma non hai ancora
completato ancora questa prima parte dell’allenamento. Ti
devo ricordare che ci
hai messo un mese interno per arrivare qui. Per usare il tuo potere al
meglio
dovrai trovare questo posto in un istante. Arrivare in questo posto ti
deve
risultare facile come respirare. Deve essere un’azione del
tutto involontaria,
come il battito del cuore. Solo cosi potrai usare il potere in modo
rapido e
senza distrarti durante un combattimento. Parleremo della prossima fase
quando
sarai in grado di raggiungermi qui in soli pochi attimi di
concentrazione.
Quando apri gli
occhi, mi vidi galleggiare sopra l’acqua, ma basto solo il
pensiero di sorpresa
per farmi cadere. Avevo il corpo indolenzito per tutta
l’inattività, ma era
riposato e pieno di energia. La stessa cosa non potevo dirla della mia
mente.
La testa mi stava scoppiando per tutto lo sforzo che avevo fatto, e la
mia
pancia chiedeva qualcosa da mangiare. Erano giorni che non mettevo
qualcosa
sotto i denti, e visto che dovevo sgranchirmi tutto il corpo, decisi di
andare
a cacciare qualcosa nella foresta.
Essere diventato
un deva, le mie doti fisiche non erano diminuite. La forza era rimasta
la
stessa, ma la velocita e l’agilità che prima avevo
nel mio stadio selvaggio,
adesso riuscivo a richiamarle anche quando ero in forma umana. Sentivo
ancora
la mancanza nel trasformarmi in un Lycan, e mi mancava terribilmente.
Non
riuscire a trasformarmi mi dava una sensazione incompletezza, come se
mi
mancasse un braccio o una gamba. Ma cominciavo ad abituarmici a quel
idea, e ad
accettare il mio nuovo corpo.
Continuai i miei
allenamenti con la meditazione, e ogni volta riuscivo a ritrovare
quella stanza
sempre più veloce. Impiegai più di quattro mesi a
raggiungerla solo
concentrandomi per un istante. Non era ancora ad un livello adatto per
un
combattimento, ma per Aqua basto per cominciare la fase successiva del
mio
allenamento.
La fase
successiva
consisteva nel rimanere in contato con la mia fonte di potere, e usarla
per
esercitare un controllo sull’acqua del lago. Non era un
principio molto
difficile, perché lo facevo incoscientemente ogni volta che
meditato. Era per
questo motivo che ogni volta che aprivo gli occhi galleggiavo sulla
superfice
dell’acqua. ma questa volta dovevo rimanere cosciente nella
realtà, e applicare
quel controllo con la mia volontà. Un compito che si rivelo
tutt’altro che
facile.
Le prime volte
che
ci provavo, succedevano due cose. Se ero troppo concentrato
nell’attingere il
potere, la mia coscienza veniva risucchiata in quella stanza e io
perdevo i
contatti con l’esterno. Invece se mi concentravo troppo sulla
manipolazione
dell’acqua, perdevo il contatto con la sorgente del mio
potere e non succedeva
niente.
Riuscivo a
tenere
in equilibrio le due parti per pochissimi istanti, nei quali se ero
fortunato
riuscivo a sollevare qualche goccia d’acqua.
Quell’allenamento richiedeva uno
sforzo mentale tremendo. Ogni sera avevo dei terribili mal di testa,
che pero
venivano alleviati dalle mie amiche ninfe.
Ormai ero
cresciuto, ed ero un ragazzo con un fascino unico, e io di sicuro non
riuscivo
a resistere al loro. Cosi una sera quando stavo riposando, la Driade
decise di
sedurmi ed insegnarmi la bellezza dei rapporti carnali. Da quella
notte, ogni
sera in cui non ero troppo esausto, una di loro mi insegava nuovi
metodi di
dare e ricevere del piacere.
Le settimane e i
mesi passavano, e io cominciavo a prenderci la mano con i miei
allenamenti.
Aqua aveva sempre avuto ragione. Fu solo quando, entrare in quella
stanza e
attingere alla fonte del mio potere, divenne un’azione
involontaria e ormai automatica
come un battito di cuore, o un respiro che cominciai veramente la
seconda fase
del mio allenamento.
Esseno diventato
un gesto automatico attingere al mio potere, ormai potevo chiamare
quella forza
quando volevo e senza sforzi. Questo mi diede la possibilità
di concentrarmi
totalmente sulla manipolazione dell’acqua.
Al inizio
riuscivo
a controllare solo piccole sfere d’acqua e mantenerle in
aria. Ma grazia agli
eserciti e alla persistenza, le sfere diventavano sempre più
grosse. Per
aumentare la difficolta, Aqua mi ordino di dare delle forme a quelle
sfere.
Provare a farle assumere le sembianze di foglie, fiori e persino
animali. Più
miglioravo più i dettagli che Aqua mi chiedeva erano
dettagliati, e non mi
molava finché non facevo tutto alla perfezione.
Quando diventai
abbasta discreto nel manipolare che prendevo dal lago, mi mise
ulteriormente
alla prova. Questa volta dovevo addentrarmi nella foresta, e provare a
raccogliere l’umidità e ogni goccia
d’acqua che avevo nei dintorni. Era una
maestra tremendamente severa e instancabile. Ogni giorno mi spingeva
sempre
oltre i miei limiti. E io grazie alla sua insistenza miglioravo sempre
di più.
Dopo circa dieci
mesi dalla mia trasformazione in un deva. Stavo diventando abbastanza
discreto
nel controllare il mio elemento. Aqua ormai mi aveva tutte le basi di
quel potere,
spettava a me migliorarlo e diventare più forte. Per questo
ogni giorno provavo
a mischiare i miei esercizi di combattimento con quelli
sull’acqua. Dovevo
imparare a combattere al massimo e allo stesso tempo manipolare il mio
elemento. Era una bella impresa, molto difficile, ma con il tempo
cominciavo a
prenderci la mano.
Alla fine passo
un
anno, e io cominciavo a sentirmi pronto ad abbandonare quella foresta.
Fu un
anno molto impegnativo, ma anche molto bello e sereno, gli allenamenti
mi
avevano permesso di non pensare ad altro, che non fosse diventare
sempre più
forte. Con l’arrivo della primavera arrivo anche il momento
che io cominciassi
a intraprendere il mio viaggio.
Nel
corso dell’ultimo anno ho discuso molte
volte con Aqua sui nostri piani futuri, su quello che avemmo fatto o
dove
saremmo andati. Alla fine tutti e due siamo giunti a una conclusione
sensata. Visto
che ero diventato un Deva era logico che io andassi a Drarress. Li con
un po’
di fortuna, sarei riuscito a trovare alleati o un aiuto di qualche tipo.
Sarei partito
quella primavera, e mi aspettava un lungo viaggio. Non sapevo da che
parte era
Drarress, e nemmeno quanto tempo ci avrei impiegato nel arrivarci.
Avevo alcune
mappe, che avevo raccolto nel villaggio. Ma erano un po’
vecchie, e io non
sapevo leggerle. Erano scritte in due lingue diverse, e io non ne
conoscevo
nemmeno una. Questo sarebbe stato il mio primo e il più
grande problema,
imparare le lingue dei umani e dei deva.
Per il mio
viaggio
avevo tenuto solo una sacca con i vestiti che mi stavano meglio, e con
le cose
che mi sarebbero potuto servire. Per ricordare i miei genitori, avevo
tenuto
solo il bracciale di mia madre e il cappotto di mio padre, anche se era
un po
lungo.
Lasciai il lago
di
mattina presto, ma non prima di aver salutato le mie amiche. La Driade
mi
avrebbe accompagnato fino al confine della foresta, mentre con le altre
dovetti
salutarmi li. Sui loro visi si poteva vedere un’ombra di
tristezza per la mia
partenza, ma i loro occhi erano fieri del uomo che ero diventato. In
tutti quei
anni da quando le avevo conosciuto, il mio animo era rimasto puro. Non
ero
cambiato nemmeno quando avevo perso tutto, non avevo macchiato il mio
animo con
la rabbia, il odio oppure con la sete di vendetta.
Dopo tante
parole
di conforto e di speranza, e dopo lunghi abbracci e baci ci separammo.
Io misi
la mia sacca sulla schiena e accompagnato dalla Driade ci inoltrammo
nella
foresta. Quando stavo studiando la mappa con Aqua e le ninfe, la Driade
aveva
individuato con facilita la sua foresta e le strade che ci passavano
vicine. Ci
avrebbe accompagnato ad una di esse, e da li sarei stato completamente
solo.
Comminare con la
Driade al mio fianco nella foresta, mi riportava alla mente moltissimi
e
bellissimi ricordi, di quando ero più piccolo e lei si era
preso cura di me.
Sembrava essere passato una vita da quei tempi, e il ragazzino che
passeggiava
con lei mano nella mano, sembrava essere morto. E al posto su era nato
un
giovane ragazzo, con ferite ancora aperte nel cuore.
Ci misi una
settimana per attraversare la foresta ed arrivare alla strada che
indicava la
mappa. Per tutto il tragitto mentre la driade mi ripeteva fino allo
sfinimento
di non fidarmi mai dei umani e dei deva, io avevo continuato i miei
piccoli esercizi.
Ormai li facevo ogni volta che potevo, erano esercizi semplici come
accumulare
l’acqua presente nell’aria e giocarci.
Era pomeriggio quando uscimmo in strada, e io
non sapevo ancora se ero pronto a salutare la mia amica. Lei e le altre
ninfe,
erano le uniche creature a quel mondo che mi conoscevano, o che io
conoscevo.
Fuori da quella foresta sarei stato da solo, in un mondo a me
sconosciuto, e
con nessuno a guidarmi o da considerare amico.
Prima di
separarci, mi diede un lungo abbraccio per poi mettermi una mano sulla
guancia.
·
Abbi
sempre cura di te, e non dimenticare mai
chi sei. Il mondo qui fuori potrà anche essere crudele e
spietato, ma tu hai la
forza di superare ogni avversità. Gli orecchini che io e le
mie sorelle ti
abbiamo, sono un simbolo per tutte le ninfe di questo mondo. Se mai ti
trovassi
in difficolta e avrai bisogno di un aiuto, grazie agli orecchini tutte
le ninfe
che incontrerai saranno disposte ad aiutarti. Mi disse lei con un
sorriso
radioso.
·
Non
so che cosa dire. E un dono stupendo, e
ogni volta che li toccherò penserò sempre a voi.
In tutti questi anni per me
siete state delle amiche, delle amanti e persino una nuova famiglio.
Non saprò
mai come sdebitarmi con voi.
·
Non
essere sciocco, non ci devi niente. Anche
tu per noi sei molto importante, sei un figlio della mia foresta, cosi
come
tutte le creature che la popolano. Prima di separarci io e le mie
sorelle,
abbiamo pensato di farti donno di un altro regalo. Spero che ti
ricorderai di
lui. Mi disse prima di indicare una parte della foresta.
Dal punto da lei
indicato, usci un enorme e bellissimo stallone nero. Era il cavallo
più grosso
e più imponente che io avessi mai visto. Al garrese arrivava
benissimo a un
metro e novanta, mentre la testa mi superava di un bel po’.
aveva una criniera
molto lunga e liscia, cosi come la coda. E i suoi occhi, erano qualcosa
che io
non avevo mai visto in natura. Erano di un verde simili a quelli della
Driade,
e da essi si percepiva un’intelligenza fuori dal comune. Fu
quando vidi le sue
zampe che capi chi era quel stallone. La pelliccia intorno alle zampe
era
finca, e mi ricordai subito del piccolo puledro con cui giocai quando
ero
piccolo.
·
Dalla
tua faccia vedo che l’hai riconosciuto. E
il piccolo puledro con cui giocavi da piccolo, ma come puoi vedere
ormai e
diventato uno stallone. Mi disse lei sorridendo alla faccia che io
stavo
facendo.
·
Come
mai e qui? Chiesi a lei, mentre lo
stallone si avvicinava a noi.
·
Non
ti ha mai dimenticato in tutti questi anni.
Tra voi due, si e creato un legame molto stretto, per questo e qui. Non
molto
tempo fa, il guardiano di questa foresta e morto, e questo giovane
stallone e
venuto da me per prendere il suo posto.
·
Che
cose un guardiano della foresta? Chiesi io
curioso.
·
Il
guardiano della foresta, e un animale che io
scelgo. Lui ha il compito di mantenere la pace e proteggere tutti gli
animali,
di queste terra. io non posso essere da per tutto, per questo ho
bisogno di un
aiuto ogni tanto. Diventare guardiani della foresta, vuol dire
assumersi quel
compito. E per farlo la foresta ti da un aiuto. Come vedi e molto
più grande di
un cavallo normale, ma e anche più intelligente e
vivrà molto di più,
all’incirca come te.
·
Certo
che e sorprendente. Non avevo mai visto
un animale emanare questa presenza opprimente e reale. Li dissi mentre
accarezzavo il muso del cavallo.
·
E
difficilmente ne vedrai altri. Li ho chiesto
di seguirti e di accompagnarti nel viaggio che intraprenderai nella tua
vita.
Spero che lo tratterai come un compagno fedele, e lo considerai un buon
amico.
Perché lui per te ci sarà sempre. Nella sua
assenza ci occuperemo io e le mie
sorelle dei suoi doveri, quindi spero apprezzerai il nostro regalo.
·
Non
so che dire, e più di qualunque cosa io
potessi mai desiderare. Come si chiama?
·
Lui
e Thalion, abbine cura per me. Mi disse
prima di darmi un ultimo bacio e scomparire tra gli alberi.
Rimasi da solo
con
lui, li accarezzavo il muso e la criniera finché lui non mi
diede un piccolo
colpo con la testa invitandomi a salire. Con un salto, li saltai in
groppa, e
misi la sacca davanti a me. Con le mani mi tenevo alla sua criniera, e
quando
fui pronto lui comincio a galoppare.