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Autore: BibyD95    26/05/2016    2 recensioni
"Lucy? Vieni Lucy, seguimi..."
Davanti a lei la bambina sorrideva. I capelli castano chiaro cadevano in morbidi boccoli sul corpetto rosso.
Lucy fece un passo avanti e lei le tese la mano. 
"Vieni con me..."
"Chi sei?"
La bambina si girò e iniziò a correre. 
La seguì mentre la nebbia densa si trasformava in una strada e intorno a loro si innalzavano ricchi palazzi signorili....
“...c'è una storia che devi sapere...”
 
Genere: Avventura, Romantico, Storico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Cristina Calfucci, Federico Auditore, Lucy Stillman, Nuovo personaggio, Quasi tutti
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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Premessa
Concepii questa storia nella ormai lontana estate del 2010 basandomi solo su quanto narrato in Assassin’s Creed 2, quindi vi anticipo che non terrò conto di molti eventi presenti nel romanzo Rinascimento e di almeno tre delle Memorie di Cristina di Assassin’s Creed  Brotherhood.
Detto ciò, buona lettura e arrivederci alla fine del primo capitolo ;)
 
 
 
Prologo
 
Un piccolo sospiro, poi un altro più profondo, poi ancora altri silenziosi rapidi e irregolari…
 
Il ragazzo ispirò l’aria densa di un odore acre ed intenso che quasi lo soffocava, poi aprì gli occhi all’oscurità e batté lentamente le palpebre.
Sentiva il corpo pesante, la stessa sensazione che si prova quando si rimane a letto troppo a lungo e poi non si ha più la forza di alzarsi.
Con uno sforzo enorme riuscì a mettersi a sedere, facendo scivolare il telo di stoffa grezza che lo copriva, e si guardò attorno.
Era su un carro coperto dalle assi superiori filtrava la grigia luce della luna e quella giallastra,  più fioca, della lanterna del conducente.
Appena i suoi occhi si furono abituati alla semioscurità, intravide poco distanti da lui due lenzuoli rigonfi. Subito un forte capogiro lo costrinse ad appoggiarsi alle assi del telaio, ma nello stesso istante il carro sobbalzò a causa di una buca facendo scivolare la sua mano nel vuoto e facendolo rovinare giù dalla vettura, oltre il ciglio della strada.
Il carro accelerò, per poi rallentare di nuovo qualche metro più avanti, proseguendo placido il suo viaggio.
Il ragazzo restò per qualche secondo immobile nel terrapieno.
Con grande fatica riuscì ad issarsi sulle braccia per poi ricadere supino.
L’aria gli mancava. Iniziò a tossire convulsamente, poi la tosse scemò in profonde boccate d’aria finché non si placò del tutto ed il respiro tornò ad essere quasi regolare.
Non ricordava nulla: nella sua mente c’era solo un grande vuoto.
La sua attenzione venne richiamata da una fitta al braccio destro, attorno al quale serrò istintivamente la mano sinistra. La sensazione che gli diede il calore del sangue sotto le dita lo riportò parzialmente alla realtà: doveva alzarsi, andare via da lì se non voleva morire dissanguato. E doveva farlo subito.
Prese un respiro profondo e, stringendo i denti ed aiutandosi come poteva con il braccio sano, riuscì a mettersi in piedi. La testa gli girava ancora, ma le gambe sembravano reggerlo.
La luna faceva capolino tra le nubi illuminando la strada che, da una parte si perdeva nelle campagne, mentre dall’altra procedeva dritta verso la luce della lanterna appesa sotto la porta ovest di Firenze.  Continuando a stringersi la ferita iniziò a camminare in direzione della luce.
Fortunatamente era caduto solo a poche decine di metri dalla porta e non impiegò molto a raggiungerla. Nella guardiola il soldato assopito non lo vide passare e lui poté sparire nei vicoli della periferia.
Man mano che avanzava, nella sua testa un mulinello di immagini che turbinavano freneticamente,  senza alcun nesso logico, aveva preso il posto del vuoto iniziale.
La testa non gli girava più tanto, ma iniziava a sentire un lieve ronzio nelle orecchie.
Era solo l’istinto a guidarlo per le strade deserte. 
Non incontrò anima viva.
Cosa strana perché di solito, anche a quell’ora, le vie non erano mai  del tutto vuote.
All’improvviso un rumore, proveniente da un vicolo non lontano da lui, lo costrinse a nascondersi dietro una grande cassa.
Vide passare un piccolo gruppo di soldati mezzi ubriachi,  in compagnia di alcune cortigiane.
Attese che si dileguassero nella notte, e quando fu sicuro di essere di nuovo solo, uscì e si incamminò nella direzione opposta a quella delle guardie.
Continuò a proseguire, stando attento a non incrociare le ronde notturne, tra le vie della città addormentata.
Fu dopo aver imboccato l’ennesimo vicolo per evitare una pattuglia,  che si ritrovò sulla piazza deserta di Santa Trinità.
I ricordi nella sua mente iniziarono a riordinarsi: era li che meno di due sere prima aveva accompagnato suo fratello dal dottore per una ferita al labbro,  dopo una rissa, e si era fatto stupidamente battere nella gara a chi raggiungeva per primo il tetto della chiesa.
Suo fratello aveva poi deciso di far visita alla sua ragazza,  Cristina,  mentre lui,  dopo essersi goduto per un'po' il cielo stellato,  era tornato a casa e,  inventata una scusa per tranquillizzare sua madre, era andato a dormire.
La mattina dopo si era svegliato presto ed aveva svolto delle commissioni per suo padre.  
Nella tarda mattinata aveva fatto un salto al mercato,  dove aveva incontrato Cristina.
Non resistendo alla tentazione, si era messo a prenderla in giro per essersi fatta sorprendere quella mattina in dolce quanto equivoca compagnia. Lei,  sicuramente non dell’umore giusto per reggere alle provocazioni,  lo aveva mandato al diavolo senza troppi complimenti e se ne era andata via stizzita seguita dalla governante.
Dato che non aveva alcuna voglia di tornare a casa per ricevere altro lavoro da fare,  il resto del pomeriggio lo aveva passato in giro per Firenze abbandonandosi al dolce far nulla.
Soltanto quando il sole iniziava a sparire dietro la grande cupola di Santa Maria del Fiore si era deciso a dirigersi verso casa. Appena aveva varcato il cancello,  due guardie lo avevano bloccato,  mentre una terza gli aveva mollato un pugno nello stomaco,  facendogli perdere i sensi.
Dopo tutto era confuso:  ricordava a malapena la notte passata in una cella di Palazzo della Signora.
Poi più nulla.
Era come se da quel momento in poi la sua mente si rifiutasse di richiamare le memorie per dispetto…
O per paura.
Forse quello era solo un sogno,  e tra poco si sarebbe svegliato nel suo letto,  magari con le grida di Annetta  che sbraitava per rimettere a posto la sua camera…
Per un attimo si illuse che potesse essere davvero così.
Dentro di lui però continuava a crescere una strana inquietudine, una paura insensata, insieme alla consapevolezza che era successo qualcosa.
Qualcosa che la sua mente aveva rimosso ma che comunque sapeva.
Qualcosa di brutto.
Mentre camminava assorto nei suoi pensieri,  davanti a lui si aprì deserta Piazza della Signoria.
Al centro, oscuro e impassibile, c’era il patibolo.
Fu un attimo.
Il ricordo lo colpì come una frustata: la piazza gremita di gente. La voce di suo padre. Quella lontana di suo fratello.
Il vuoto.
Il buio.
L’aria gli mancò di nuovo, prese a tossire. Iniziò a correre.
Correva lontano da lì nella speranza di fuggire anche da quello che era successo.
 
“No,  no,  non è vero, non può essere vero, questo deve essere un sogno,  deve essere solo un stupido orribile incubo!”
 
Continuava ad inciampare e a sbattere contro muri e contro le casse. 
Sentiva le forze scivolare via ed il ronzio nelle orecchie aumentare fino a diventare assordante.
Rallentò: la vista gli si stava offuscando.
Era in un vicolo.
Forse.
Si sentì chiamare.
Alzò lo sguardo distinguendo a malapena una figura scura nella cornice di luce di quella che doveva essere una finestra.
Poi tutto piombò nell’oscurità: si accasciò vicino al muro come un sacco vuoto, mentre dei passi veloci e concitati venivano verso di lui...
  
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