Anime & Manga > Lupin III
Segui la storia  |       
Autore: evelyn80    27/05/2016    2 recensioni
Michelle Duval è una giovane donna che, durante la sua adolescenza, ha trascorso alcuni anni con Lupin e la sua banda, innamorandosi perdutamente di Jigen. Quando viene abbandonata nelle mani di Zenigata, giura a sé stessa di vendicarsi del pistolero.
Genere: Avventura, Comico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Jigen Daisuke, Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: Missing Moments, What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
Capitolo uno – Dieci anni dopo



Tre colpi secchi, battuti con decisione sulla porta, fecero alzare gli occhi all’ispettore Zenigata che abbandonò temporaneamente la lettura del rapporto che aveva davanti. L’uomo sapeva già chi stava per entrare, aveva riconosciuto l’inconfondibile modo di bussare.
«Avanti!» disse con voce chiara.
La porta si aprì ed una giovane donna in uniforme entrò, mettendosi rigida sull’attenti. Il poliziotto trattenne a stento un sorriso.
«Riposo, Michelle. Sai che non sono necessarie tutte queste formalità, nei miei confronti.»
La donna rilassò leggermente le spalle prima di parlare. «Sono pronta, ispettore!»
«Ne sei proprio sicura?» chiese l’altro, col tono di voce più dolce del solito.
«Certo che lo sono. Sono dieci anni che mi preparo per avere l’opportunità di seguirla ed aiutarla ad arrestare Lupin e la sua banda. Non posso più attendere oltre.»
«Lo so…» ammise a malincuore Zenigata, chinando lo sguardo. All’improvviso, senza volerlo, si ritrovò perso nei ricordi. I suoi pensieri corsero a quando Michelle era stata catapultata nella sua vita, proprio da Lupin & Company.
 
Passò tre giorni con lei, chiuso in una sala per interrogatori del commissariato di polizia più vicino. All’inizio tutto ciò che ottenne furono insulti, rivolti principalmente ai suoi ex compagni; poi, con un tatto che non credeva nemmeno di possedere, riuscì a farla aprire. Tra lacrime e singhiozzi, Michelle Duval gli raccontò la sua vita, il modo in cui aveva conosciuto Lupin e come si era unita alla sua banda. Mentre lei parlava anche lui stesso aveva ricordato quell’episodio, perché anch’egli era stato presente quando era successo.
La storia fu lunga e dettagliata: quattro anni in compagnia della banda di ladri più famosa del mondo non sono certo pochi e la ragazza non trascurò nessun particolare, spinta dalla rabbia cocente che ancora le fremeva in corpo.
Poi, subito dopo aver pianto tutte le sue lacrime e sfogato la sua frustrazione, Michelle lo sorprese.
«Deve proprio arrestarmi, vero ispettore?» chiese, tirando su rumorosamente con il naso. Quando lui esitò, aggiunse. «Mi faccia diventare una poliziotta, la prego!»
Zenigata la guardò sgranando gli occhi, temendo di non aver capito bene. «Che cosa hai detto?!»
«La scongiuro, mi dia la possibilità di vendicarmi!»
L’ispettore si grattò il mento, riflettendo intensamente. Doveva accontentarla, oppure avrebbe fatto meglio a spedirla dritta dritta in gattabuia? Ma quando alzò nuovamente lo sguardo per fissarla, nei suoi occhi vide una scintilla di determinazione che lo spinse ad esaudire la sua richiesta.
La prese sotto la sua protezione, portandola con sé alla sede dell’ICPO e facendola studiare ed allenare con i migliori maestri a disposizione. E Michelle si rivelò un’ottima studentessa. Superò brillantemente tutti i corsi di studi, e si rivelò la tiratrice migliore di tutta l’accademia. Di quell’abilità, Zenigata non si stupì affatto: era stato proprio Jigen a donargli la sua prima pistola e ad insegnarle ad usarla.
Durante gli anni trascorsi l’ispettore si era affezionato molto alla ragazza, al punto da tenerla il più lontano possibile dal centro dell’azione, benché lei avesse vivamente protestato più volte. Erano cinque anni, ormai, che Michelle gli chiedeva insistentemente di poter partecipare alla “caccia al ladro”, ed ora era arrivato al punto da non poter fare più niente per rimandare ulteriormente il suo ingresso in scena. Lui la considerava la sua pupilla, la sua degna discendente e lei lo sapeva.
Un po’ come gli era già successo con Oscar diversi anni prima, si era trovato a riflettere. E, proprio come Oscar, anche Michelle aveva la sua fissazione: lui era ossessionato da Fujiko, lei da Jigen…

 
«Ispettore?! Mi ascolta?»
La voce alterata di Michelle strappò Zenigata dalle sue riflessioni. Si passò una mano sugli occhi, come per ritrovare la concentrazione, poi alzò di nuovo lo sguardo su di lei.  «Scusami, ero distratto… Cosa mi stavi dicendo?»
«Le ho chiesto dove colpirà Lupin, questa volta.»
L’ispettore raccolse un biglietto da visita dalla scrivania e lo porse alla ragazza.
«Ecco, questo è il biglietto che ha ricevuto il direttore del Museo Nazionale di Rio de Janeiro» spiegò, mentre Michelle lo esaminava attentamente, gli occhi ridotti a due fessure. «Stando a quello che scrive il nostro amico comune, lui e la sua banda hanno intenzione di rubare il diamante Blue Hope che sarà esposto la prossima settimana, in occasione di uno scambio interculturale tra lo Smithsonian, dove normalmente è custodito, ed il Museu Nacional.» L’ispettore si interruppe per riprendere il biglietto, per poi farlo scivolare nella tasca della giacca. «Com’è logico, il direttore ha chiesto immediatamente il nostro intervento. Partiremo per Rio stasera stessa. Laggiù potremo contare sul supporto della polizia locale.»
Michelle annuì brevemente, poi fece l’atto di voltarsi e lasciare la stanza, ma Zenigata la bloccò.
«Michelle, aspetta» disse, aprendo un cassetto chiuso a chiave della sua scrivania. 
Lo sguardo interrogativo della giovane donna divenne quasi spaventato quando si accorse di ciò che il suo superiore stringeva tra le mani. Non la vedeva da dieci anni, ma non avrebbe mai potuto dimenticarsene. Era la sua vecchia pistola. 
«Credo sia giunto il momento di restituirti questa» riprese l’uomo. «Se vuoi veramente vendicarti di Jigen, quale arma migliore di questa per farlo?»
Michelle allungò una mano che tremava vistosamente. Riuscì a chiudere le dita sul calcio di legno lucido solo grazie ad un enorme sforzo di volontà. «Credevo che fosse andata perduta…» biascicò, fissandola come se stesse vedendo un fantasma.
«L’ho conservata io, per tutti questi anni. Pensavo che ti avrebbe fatto piacere riaverla.»
Cercando di darsi un contegno la ragazza annuì, facendola scivolare nella cintura dei pantaloni, dietro la schiena.
«Dentro ci sono ancora i proiettili originali» aggiunse Zenigata, alzandosi dalla poltroncina e dandole un’ulteriore involontaria scossa. «Non temere, li ho conservati con cura. Non faranno cilecca al momento di sparare. Ci vediamo in aeroporto tra due ore» concluse infine, dandole un’amichevole pacca sulla spalla mentre le passava accanto e lasciava la stanza. 
Sconvolta, Michelle si lasciò scivolare sulla sedia di fronte alla scrivania, prendendo nuovamente in mano la pistola. Se la posò in grembo e si mise a carezzarla lentamente, i polpastrelli che – nonostante i lunghi anni ormai trascorsi – riconoscevano ogni singola asperità della canna. Chiuse gli occhi e, per un attimo, tutto divenne buio.

Le braccia di Jigen la cinsero da dietro mentre, con le mani, le correggeva la posizione dei gomiti. Michelle sentì le narici riempirsi dell’odore del pistolero: un misto di tabacco, polvere da sparo e shampoo alla camomilla.
«Tieni le braccia più morbide» le disse l’uomo all’orecchio, solleticandole il lobo con la lunga barba appuntita. 
La ragazza si sentì quasi svenire e dovette mordersi l’interno delle guance per resistere alla tentazione di voltarsi e saltargli addosso. Probabilmente lui si sarebbe schernito e se ne sarebbe andato, come già era successo altre volte, ma in quell’occasione Michelle non poteva permetterselo: finalmente il pistolero aveva acconsentito a darle lezioni di tiro, anche se forse solo perché esasperato dalle sue continue richieste.
«Raddrizza la schiena» continuò ad istruirla Jigen, mettendole una mano al centro del dorso e premendo contro la spina dorsale per spingerla nella posizione corretta. «Divarica le gambe» aggiunse, dandole dei colpetti alle caviglie con la punta della scarpa. Quando il pistolero fu finalmente soddisfatto si allontanò di qualche passo, poi estrasse un piccolo revolver dalla tasca della giacca e lo mise in mano a Michelle. 
La ragazza lo guardò con tanto d’occhi.
«Perché mi guardi così?» chiese Jigen, con un mezzo sorriso sulle labbra.
«Mi… mi stai regalando una pistola?! Credevo che, all’inizio, mi avresti fatto usare la tua…»
La frase di Michelle fu troncata dalla risata roca dell’uomo. «Io non cedo mai la mia pistola» le disse subito dopo aver smesso di sghignazzare. «Perciò ho deciso di prendertene un’altra. È una Smith & Wesson .38 special. Abbine cura.»
Dopodiché le indicò la fila di bottiglie di birra già debitamente sistemate a quindici metri di distanza. Michelle si mise di nuovo in posizione e sparò, mancando clamorosamente il bersaglio. Sparò gli altri quattro colpi in rapida successione, ma sempre senza alcun successo.
«Devi abbassare le spalle» la riprese Jigen, appoggiato al muro con l’inseparabile cicca spiegazzata tra le labbra. «Ricarica e riprova.»
La stessa scena si ripeté per varie volte finché Michelle non sbottò, frustrata. «Non ce la farò mai! Sono una schiappa!»
«Non demoralizzarti. Nessuno nasce maestro» le rispose il pistolero, sputando via il mozzicone e mettendosi di nuovo dietro di lei. Fece aderire il petto contro la schiena di Michelle, strappandole un singulto smorzato. «Prendi la mira» le disse, facendole di nuovo scivolare le mani lungo le braccia, «Allinea il mirino con la tacca di mira e prendi un bel respiro… ecco, così…»
La ragazza si lasciò sfuggire un altro gemito mentre il corpo di Jigen continuava a sfregarsi contro il suo. “Se non la pianta, stavolta lo violento sul serio!” pensò convulsamente. 
La barba dell’uomo solleticò Michelle di nuovo, questa volta sulla guancia, mentre le sue dita si stringevano sui polsi sottili della ragazza. «Ed ora spara» le sussurrò all’orecchio.
Mordendosi la lingua Michelle premette il grilletto, senza quasi guardare. La prima bottiglia della fila si frantumò, seguita dalle altre in successione.
«Hai visto? È solo questione di concentrazione» concluse il pistolero, allontanandosi di nuovo.
Lei si voltò a guardarlo in faccia, ansimante. Avrebbe voluto guardarlo negli occhi ma, come sempre, quelli erano nascosti dalla tesa del cappello. Come in risposta al suo desiderio inespresso, Jigen lo sollevò col pollice, fissandola intensamente. La ragazza si sentì letteralmente sciogliere da quello sguardo e, ormai incapace di controllare i suoi istinti, si gettò con impeto tra le sue braccia.
Colto di sorpresa, l’uomo fu costretto a fare un passo indietro per non perdere l’equilibrio. Michelle si strinse forte a lui, poggiandogli la testa contro il petto. Il suo profumo delicato salì a solleticare le narici del pistolero, facendogli quasi girare la testa. Involontariamente si ritrovò a carezzarle dolcemente la schiena, mormorando il suo nome.
Lei alzò lo sguardo su di lui. «Mi hai regalato una pistola» mormorò, fissandolo ancora negli occhi, quei profondi pozzi neri che riusciva a vedere solo di rado. «Allora provi qualcosa per me?» aggiunse, speranzosa.
Jigen si mosse a disagio. «Michelle, ne abbiamo già parlato…» ma non fece in tempo a concludere la frase che le labbra della ragazza si posarono dolcemente sulle sue, leggere come una farfalla. Il corpo del pistolero fu percorso da un lungo brivido di piacere, ma con grande sforzo di volontà si costrinse a prenderla per le spalle e ad allontanarla da sé. «Michelle, lo sai come la penso. Punto primo: sei ancora minorenne. Punto secondo: sono tanto più vecchio di te che potrei essere tuo padre.»
La ragazza incrociò le braccia, offesa. «Parli come se fossi un vecchio bacucco! In fondo hai solo quindici anni più di me. Io ne ho diciassette e tu trentadue. Non mi sembra poi una cosa così grave!» Jigen fece per replicare ma lei continuò. «E poi smettila di dire che sono ancora minorenne! Fra tre mesi e mezzo compirò diciotto anni, e allora? Cambierà qualcosa, forse?»
«Ne riparleremo più avanti» borbottò lui cercando di cavarsi di impiccio, voltandole la schiena ed allontanandosi.
«Io ti amo, Daisuke» lo incalzò Michelle, rivolta alla sua nuca. «Non dimenticarlo.»
Attese che l’uomo fosse rientrato in casa, poi riprese ad esercitarsi con la pistola, la
sua pistola, il dono di Jigen. Tenendola stretta tra le mani, giurò a sé stessa che non l’avrebbe mai abbandonata…

Michelle riaprì gli occhi con un singhiozzo. Non si era nemmeno accorta di aver cominciato a piangere. La vista di quella pistola le aveva scatenato un tumulto di emozioni quasi incontrollabile. Ora più che mai, la voglia di vendicarsi dell’uomo che l’aveva tradita si fece strada nel suo animo, soffocandola. Si alzò dalla sedia con gambe tremanti e, dopo aver rimesso la pistola nella cintura dei pantaloni, lasciò l’ufficio dell’ispettore.
Aveva poco tempo a disposizione e doveva ancora preparare le valige. Se tutto fosse andato come previsto, nel giro di pochi giorni avrebbe finalmente portato a termine il suo scopo, ciò che aveva guidato la sua vita da dieci anni a quella parte. 
Quel pensiero le fece riprendere il controllo di sé. Scese nel garage del distretto e sfrecciò via sulla sua Ford Capri color arancione dinamite.



Spazio autrice:
Se siete arrivati a leggere fino alla fine (cosa che spero vivamente) vi sarete accorti che questa storia si basa principalmente sui ricordi, di Michelle ma anche di altri personaggi, che vengono presentati sotto forma di flash back. I ricordi non seguiranno un ordine cronologico, e spero di non aver creato confusione.
Evelyn

 
  
Leggi le 2 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Anime & Manga > Lupin III / Vai alla pagina dell'autore: evelyn80