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Autore: determamfidd    27/05/2016    0 recensioni
Frerin aspetta.
Genere: Angst, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Frèrin
Note: Traduzione | Avvertimenti: nessuno
- Questa storia fa parte della serie 'Le Appendici di Sansukh'
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La storia si svolge prima dell'inizio di Sansukh. L'autrice originale è PunsBulletsAndPointyThings, che mi ha dato il permesso di pubblicare la storia. La storia originale può essere trovata qua

Quando Frerin apre gli occhi per la prima volta nelle Sale di Mahal, l'azione è accompagnata da un grande respiro, terrorizzato e brusco, la sua testa si volta rapidamente. Perché non poteva vedere?! Dov'era Thorin?!

«Pace, inùdoy, pace» disse una voce, dolce e più forte di qualsiasi altra cosa Frerin avesse mai sentito, così forte che sembrava riempire ogni angolo del suo corpo. Una mano, dalle dimensioni enormi, la pelle ruvida e callosa ma comunque gentile, si posò sulla sua schiena e Frerin si lasciò ricadere indietro, lasciandosi supportare. «Ataman, ataman. Sei al sicuro qui.»

Calde lacrime scesero lungo le guance di Frerin, perché improvvisamente seppe. Seppe cosa voleva dire, a chi apparteneva la voce, dove doveva essere. Non poteva esserci altra risposta. «Sono morto, non è così?»

Mahal, perché doveva essere lui a cui la voce apparteneva, rimase in silenzio per ciò che avrebbe potuto essere secondi, ma che per Frerin furono un'eternità. «Sì.»

Frerin si sentiva debole. Come poteva essere? Questo non era... lui non doveva... ma lui... Il suo respiro gli si mozzò in gola mentre lottava alla ricerca di parole che si rifiutavano di formarsi. Qualcosa simile alla paura gli affondò nelle ossa, e in quel momento il principe biondo desiderava suo fratello come non mai, non aveva mai voluto sentire la rassicurante presenza e il calore di Thorin al suo fianco, udire la sua voce, forte e seria, che gli diceva che “andrà tutto bene, nadad” tanto quanto lo voleva ora. Ma non poteva. Perché questa non era come le altre volte, non erano bulli, o un giocattolo rotto. Thorin non c'era. Questo non era qualcosa che il suo fratellone potesse sistemare. Perché Frerin era morto.

Le grandi mani del suo Creatore alzarono la sagoma di Frerin, i suoi piedi nudi barcollarono sulla pietra fredda, le sue ginocchia si piegarono sotto il suo stesso peso. «Vai ora, Abkundûrzud, vai dai tuoi cari. Vai a guarire.»

E poi scomparve, e la stanza parve vuota e tetra, come se fosse stata piena di persone che se ne erano tutte andate contemporaneamente. Solo, le lacrime che ancora gli coprivano le guance, Frerin fece l'unica cosa che poteva. Iniziò a camminare.

Si mosse lentamente, le gambe ancora deboli e tremanti, ma che diventavano più forti mentre camminava. Anche se la sua vista non gli era ancora tornata, Frerin sentì quando la pietra attorno a lui cambiò, riscaldandosi e riempiendosi di vita. Il solo pensiero gli riempì gli occhi di lacrime.

Un improvviso “La!” lo fece sobbalzare, ma prima che potesse aprire la bocca per rispondere ci fu il suono di stivali pesanti sulla pietra e Frerin era stato stretto al petto di qualcuno che riconobbe immediatamente. Il suo odore, il suo calore, la sensazione delle sue mani nei suoi capelli, le sue dita callose per l'arpa, a Frerin era mancato tutto così disperatamente, ma non fu finché non udì la voce di sua madre, bassa e piena di emozioni che sussurrava “Inùdoy, oh mio inùdoy” che lui iniziò a piangere. Frerin pianse, il suo intero corpo (troppo piccolo, troppo piccolo per essere della dimensione in cui sarebbe rimasto per sempre) tremava per la forza dei suoi singhiozzi. Più tardi, quando ripensò a quel momento, pensò che forse anche sua madre stava piangendo, ma le forti braccia di Frís non lo lasciarono mai, non allentarono mai la prese su suo figlio minore, mentre le sue urla di angoscia echeggiavano per le sale cavernose.

Frerin non parla molto i primi mesi. È... troppo difficile. Troppo difficile perché tutte le volte che apre la bocca, tutte le volte che sente la propria voce, si ricorda di quanto giovane lui sia. La sua è la voce di un bambino, o almeno di un Nano non da molto adulto. Rimane nelle sue stanze per lo stesso motivo, odiando la pietà che lampeggia inevitabilmente negli occhi dei Nani attorno a lui (ma non nei suoi genitori. Mai nei suoi genitori, e per questo Frerin è grato), odia che deve alzare lo sguardo per guardarli negli occhi.

Frerin scopre la Camera di Sansûkhul da solo, per sbaglio. Il giovane principe aveva deciso di esplorare le molte sale, camere, laboratori e forge che facevano parte delle Sale di Mahal. Quando entrò per la prima volta attraverso le grandi porte arcuate, si sentì come trasportato in un altro luogo. La camera era... magica, per quanto infantile fosse la parola. La vista dei pochi Nani giù lì, seduti su panche di pietra bianca lucide e meravigliosamente intagliate, che fissavano con occhi vuoti le acque di luce stellare era stata inquietante all'inizio, come la sensazione di entrare nella luce stellare in sé, ma Frerin presto si abituò alla sensazione, alle luci brillanti che lampeggiavano davanti ai suoi occhi.

Da quel momento, Frerin vistava spesso la Camera. Guardava i resti distrutti della sua famiglia, suo padre, suo fratello maggiore, la sua bellissima sorellina, che lottavano per riordinare le loro vite. A volte Thrór o Frís, o anche sua nonna Hrera si univano a lui. Thrór era sempre silenzioso, o una confusione di movimento, rabbia e senso di colpa forte come una tempesta e spesso come sangue di Orco guidavano le sue azioni. Frís e Hrera erano più stabili del nonno di Frerin, come lo erano sempre state in vita, ed erano state nelle Sale più a lungo, arrivate lì per circostanze diverse.

Era doloroso, guardare i suoi fratelli. Guardare Thorin che cresceva troppo in fretta, il fratello giù serio e stoico di Frerin che diveniva freddo e senza allegria. Ancora peggio era guardare Dís, la sua bellissima sorellina dalla voce di mithril, la piccola Nanetta che aveva masticato le trecce di Frerin e dormito fra lui e Thorin nelle notti di tempesta diventare fredda e seria, la sua pelle coperta di marchi di lutto. Faceva venir voglia a Frerin di urlare per quanto fosse sbagliato tutto ciò. Il giorno in cui Dís incontrò Víli, e la sua risata risuonò nuovamente, Frerin quasi pianse. Quanto gli era mancato quel suono.

Quando suo padre scompare, Frerin siede con sua madre, mentre lei lo cerca. Non hanno successo, e il vuoto negli occhi di Thráin quando infine arriva nelle Sale di Mahal angoscia Frerin per molti anni a venire.

Frerin ama Fíli e Kíli, anche se non ha mai incontrato i suoi nipoti in carne ed ossa. Li ama così tanto, perché hanno fatto l'impossibile. Hanno riportato vita nei suoi fratelli. Non c'è sempre abbastanza cibo, e i bambini sono più magri di quanto piaccia a chiunque li guardi, ma i piccoli Nanetti riescono a portare un sorriso persino sulle labbra di Thorin, per quanto piccolo sia, i bambini beatamente ignoranti di che incredibile cosa abbiano fatto. Quando Víli muore, Frerin teme che il sorriso di Dís, la sua risata di mithril, saranno per sempre perduti al mondo, ma è Kíli, cinque anni e innocente nella sua ignoranza, che assicura allo zio morto che non accadrà. Il bambino dai capelli scuri è tutto sorrisi e risa, vuole sempre essere preso in braccio, tira le trecce di suo fratello o strizza le guance di Thorin con le sue manine perché “no brutta faccia!” Porta risate persino alle labbra di Thorin, e Frerin ama suo nipote ancora di più per quello. Il giorno che Thorin permette ai ragazzi di unirsi alla sua missione per Erebor, Frerin vorrebbe fosse in suo potere toccare ancora i viventi, perché mai in tutta la sua vita e oltre ha mai voluto causare a suo fratello tanto dolore fisico quanto allora. «Sono solo bambini! Solo bambini!» aveva urlato, tirando rabbiosamente i suoi capelli dorati, i suoi “capelli fortunati”, bah, e come poteva Thorin pensare che fosse una buona idea quando loro non erano tanto più vecchi di quanto lo era stato Frerin quando era-

Frís trova suo figlio quando arriva alla Camera un'ora più tardi. Frerin è rannicchiato in una palla sul terreno, premuto contro una delle panche, le braccia avvolte attorno a sé, come per impedirsi di crollare. Lei non chiese, né disse nulla, si inginocchiò accanto a lui e lo strinse finché non fu calmo abbastanza per poter parlare.

Guardare la discesa nella follia dell'oro di Thorin e la battaglia che segue fu la cosa più dura che Frerin avesse mai fatto, ma si rifiutò di lasciare le acque di Sansûkhul anche solo per un momento, né per cibo né per sonno. Sua madre rimase con lui la maggior parte del tempo, Thráin, Thrór, Víli e Hrera con loro. Hrera è la prima a vedere i segni della follia nel suo nipote più grande, la sua inspirazione brusca e sibilante abbastanza per far capire agli altri adulti, ma Frerin non capisce, non subito. Non finché non vede quando è impallidito suo nonno, sente Frís che stringe la sua presa sulla sua mano, sente Thráin che sussurra: «No. Buon Mahal, ti prego, no.»

E poi capisce, e la paura gli stringe il cuore come una mano di ghiaccio. Il loro orrore cresce, mentre guardano la situazione di Erebor che peggiore sempre più. Quando Thorin impazzisce, tiene lo Hobbit sospeso sopra i bastioni, le mani strette attorno alla gola del Mezzuomo, la follia che lampeggia negli occhi blu – ormai vacui per il desiderio dell'oro – e urla parole di tradimento e morte, è troppo per Thrór. Il vecchio Re Sotto la Montagna svanisce dalla luce stellare, sua moglie lo segue dopo aver rassicurato i quattro Nani rimasti che si sarebbe presa cura lei di suo marito.

Frerin piange quando i suoi nipoti muoiono. Erano così giovani, così maledettamente giovani! Kíli a malapena aveva una barba! Víli svanisce dalla luce quasi prima che i suoi figli esalino l'ultimo respiro, e Frerin sa che starà correndo attraverso i cancelli per aspettarli.

La morte di Thorin fu la peggiore. Frerin dovette ingoiare le sue urla mentre guardava la luce che lasciava gli occhi di suo fratello perché non poteva finire così! Suo fratello aveva lottato tanto, per così a lungo, aveva sacrificato così tanto, e non avrebbe nemmeno potuto vivere per vedere la sua casa pienamente rinata sotto il suo regno e non era giusto! La presa di Frís sulla mano di suo figlio era dolorosamente stretta quando permisero alla luce stellare di farli tornare alle Sale, e poi Frerin stava correndo, le lacrime bruciavano i suoi occhi e annebbiavano la sua vista. C'era già una folla riunita, che aspettava Thorin e Frerin si fermò, rimanendo indietro per riprendere controllo. Non avrebbe pianto quando avesse incontrato suo fratello. Avrebbe sorriso, e l'avrebbe preso in giro perché lui era Frerin, figlio di Thráin, fratello di Thorin e Dís, Principe Sotto la Montagna e lui era quello che sorrideva sempre. Era quella la sua parte.

E poi i suoi nipoti (i suoi meravigliosi nipoti che amava tanto ma con cui non poteva parlare perché non lo conoscevano) stavano urlando e correndo e il gruppo li seguì e lui vide i suoi genitori che abbracciavano una figura, nuda e barcollante. Ricacciò indietro altre lacrime, un vero sorriso si allargò sul suo volto perché finalmente si rese conto che aveva di nuovo suo fratello con sé. Senza pensarci Frerin si ritrovò al fianco di Thorin, appena in tempo per sentire Fíli che parlava di Dís. Lui rise.

«La nostra piccola scontrosa Dís una madre. Che la Terra di Mezzo tremi»

Vide Thorin che si bloccava, gli occhi ciechi scattavano in giro, cercando. Il suo sorriso divenne un ghigno.

«Sono molto arrabbiato con te, nadadel» continuò «Ti sei preso tutto il tuo tempo. Che c'è, ti eri perso di nuovo? Mi hai fatto aspettare centoquaranta anni. Lo sai quant'è maleducato?» E il suo braccio era attorno a Thorin e quella presenza oh così familiare era nuovamente accanto a lui e Frerin stava sorridendo tanto che gli faceva male e tutto quello che poteva pensare era “Finalmente. Finalmente.”

FINE

   
 
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