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Autore: _Atlas_    28/05/2016    6 recensioni
Tre momenti fondamentali nella vita di Tony Stark, tutti segnati da un'assenza fin troppo dolorosa che nel corso degli anni è stata colmata in tanti e differenti modi.
[Pre e post Captain America: Civil War]
Genere: Drammatico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, Tony Stark, Virginia 'Pepper' Potts
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
- Questa storia fa parte della serie 'Demons'
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Echoes
 
 
 
If you ever feel like something's missing
Things you never understand
Little white shadows sparkle and glisten
Part of a system, a plan

White shadows - Coldplay
 
 
 
 
Malibu - Febbraio, 1999
 
 
 
Tony si portò con foga la bottiglia alle labbra e bevve.
Bevve come aveva continuato a fare nelle ultime due ore, incurante di quello che stava facendo e delle conseguenze che avrebbe avuto.
Bevve perché era il solo modo che gli consentiva di annebbiare i pensieri che lo tormentavano da sempre e che anche quella sera avevano deciso di penetrargli nel cervello con la violenza e l'intensità di un martello pneumatico.
Il sapore forte del whisky gli bruciò lo stomaco ma neanche allora si fermò.
Continuò a bere, perché  era la sola consolazione che sapeva di meritare e l'unica che avesse a disposizione.
Solo.
Ecco come si sentiva e l'alcol era un ottimo pretesto per non fare in conti con i suoi sporchi trent'anni, traboccanti di astio verso ciò che non avrebbe mai pensato di diventare e disgustati dall'assenza di un padre sempre troppo distante e calcolatore.
Osservò il proprio riflesso sulla superficie lucida del pianoforte e ne sfiorò i tasti, pensando a tutte le volte che sua madre gli aveva allietato i pomeriggi invernali con Try to Remember mentre lui fingeva di preferire le chitarre roventi dei Black Sabbath.
Pensò a quello e pensò che niente gli appartenesse più, così bevve ancora e ancora, sperando di affogare nell'alcol le sue inquietudini e magari anche se stesso.
 
«Signor Stark?»
 
La voce di una donna arrivò lontana alle sue orecchie distratte e per un istante pensò di essersela immaginata. Non era abituato ad avere compagnia a quell'ora tarda e gli fu difficile persino capire, date anche le sue condizioni, da che punto della casa provenisse.
 «Signor Stark, io ho finito» mormorò Virginia Potts scendendo le scale dal piano superiore, tenendo tra le mani un plico di documenti da consegnare al proprio capo.
«Si sente bene?» chiese incerta una volta raggiunto l'uomo al pianoforte e constatando meglio il suo stato.
«Pepper?»
Virginia per una volta ignorò il nomignolo con cui Tony si divertiva a chiamarla e lo guardò seria in volto.
«È ubriaco...» disse più a se stessa, non sapendo bene come comportarsi.
Tony le rivolse un sorriso sghembo, quello di chi sa di aver commesso un grande errore ma ha già pronta la risposta per poterlo giustificare.
«Come mai è ancora qui?» le domandò tornando improvvisamente serio.
«Ho finito poco fa di lavorare, penso di tornare a casa adesso» rispose la donna posando i documenti sul pianoforte. «Ci sono delle pratiche che dovrebbe controllare» aggiunse vagamente a disagio.
Tony soppesò le sue parole e sembrò riflettere per qualche istante. Intanto la bottiglia di whisky era terminata ed era stata abbandonata sul pavimento.
«Posso farle una domanda...?» chiese a un tratto.
Virginia lo osservò ancora, indecisa su come comportarsi e domandandosi quanto effettivamente avesse bevuto quella sera.
«Mi dica» disse schiarendosi la voce.
«Lei...lei pensa che io sia un idiota?» la interrogò con sguardo penetrante «Insomma, so di essere, come dire...pesante a volte. Magari anche un po' stronzo. Voglio dire...sono un genio, ma sono anche...» si fermò qualche istante prima di terminare la frase «...sofferente. Sì, credo di essere molto sofferente, al momento.»
In sette mesi di lavoro Virginia ne aveva già viste di cotte e di crude a Villa Stark, moltissimi episodi in cui  non avere occhi e orecchie sarebbe stato decisamente un vantaggio per lei. Si può dire che in così poco tempo avesse già visto il peggio di Tony Stark, che oltre ad essere un genio e ad avere una mente brillante, a volte era anche e decisamente un idiota. E pesante. E stronzo.
Lo aveva più volte incrociato la mattina in preda a mal di testa post-sbornia e tutte le volte si era limitata a scuotere la testa e a rimproverarlo mentalmente di quel comportamento; dopotutto era il suo capo e la pagava anche troppo bene per essere solo una segretaria.
In ogni caso non aveva mai pensato che dietro a quell'arroganza ci potesse essere altro e sebbene Tony in quel momento fosse ubriaco e probabilmente non avesse neanche idea di quello che stava dicendo, qualcosa le fece capire che qualunque cosa intendesse doveva avere una grande importanza per lui.
«Penso che abbia bevuto molto, Tony. E che forse è il caso che vada a dormire...» disse infine.
«Mi mancano...» mormorò lui distratto, senza badare alla risposta della donna.
Virginia lo osservò senza capire e si avvicinò a lui di qualche passo.
«Chi?» chiese titubante.
«Mia madre. Questo pianoforte era suo...mi piaceva sentirla suonare anche se io non...Mio padre era uno stronzo, invece. Ma non so spiegare come faccia a mancarmi anche lui, io non so...» disse incespicando nelle sue stesse parole.
La donna rammentò qualcosa che aveva letto tempo addietro riguardo la famiglia Stark, dell'incidente avvenuto circa dieci anni prima che lei mettesse piede nelle Stark Industries e che aveva lasciato Tony orfano di entrambi i genitori.
Si accorse di provare compassione nei suoi confronti e di sentirlo vicino in qualche modo, anche se a lei il destino aveva deciso di strappare via solo l'amore di un padre.
Quasi senza accorgersene posò una mano sulla spalla dell'uomo e la strinse appena per trasmettergli un po' di conforto.
«Lei è una brava persona, Tony. Qualche volta si lascia un po' andare, ma sono sicura che abbia moltissime qualità nascoste» gli disse concludendo con un sorriso e credendo in fondo anche lei a quelle parole che non aveva mai detto apertamente a nessuno, tantomeno al diretto interessato.
«Lo pensa davvero?» le chiese l'uomo con un'espressione indecifrabile.
«Assolutamente.»
Tony parve rifletterci su e quando sembrò aver rielaborato il tutto strinse a sua volta la mano della donna.
«Grazie, Pepper.»
«Èsicuro di sentirsi bene?» chiese poi la donna pensando fosse meglio lasciare l'uomo ai suoi pensieri.
Tony d'altra parte annuì e si passò una mano fra i capelli «Sono stato peggio», disse sorridendo.
Dopotutto era vero, aveva passato notti ben più terribili di quella.
«D'accordo. È meglio che vada a casa adesso» concluse infine Virginia
«Buonanotte Tony, a domani.»
«Buonanotte, Pepper.»

 
 
 
* * *
 
 
 
Malibu – Maggio, 2016
 
 
 
Per l'ennesima volta quella sera Tony osservò le labbra di sua madre poggiarsi gentili sulla sua guancia e posarvi un bacio affettuoso.
Un bacio di addio, ma questo lo avrebbe saputo dopo.
Seduto sulla sua vecchia decappottabile, Tony non ebbe la forza di spegnere il proiettore e pensare ad altro.
Non ci riusciva.
Una volta avrebbe sopportato diversamente quel dolore, lo avrebbe ignorato, deriso o soffocato con i suoi vizi proibiti e lo avrebbe fatto da solo, perché nessuno aveva mai capito fino in fondo quanto fossero grandi l'odio e l'amore che lo legavano ad Howard e a Maria.
Una volta sarebbe stato diverso, ma adesso lasciarsi sommergere da ciò che lo aveva sempre tormentato era l'unica cosa che gli restava da fare.
Osservare inerme davanti a sé il riflesso di tutti i suoi rimpianti e di tutti i rimorsi.
Realizzare di essere stato vittima per anni di un inganno e infine di un tradimento non voluto davvero.
Per un istante Tony desiderò essere di nuovo un trentenne ingenuo che affogava i suoi dispiaceri in una bottiglia di whisky, senza doversi preoccupare delle conseguenze, ma non funzionava così ormai da molto e dopotutto non ne sarebbe neanche più valsa la pena.
I passi di Pepper gli arrivarono decisi alle orecchie mentre scendeva le scale del laboratorio e se ne restò fermo nell'auto, sentendosi vagamente a disagio.
«Ehi» mormorò la donna raggiungendolo.
Non si rese conto di che cosa l'uomo stesse facendo finché non vide proiettato sulla parete laterale della stanza il filmato della cerimonia al MIT.
Avevano speso ore per preparare quell'evento e Tony si era più volte concesso di ricordare con vaga nostalgia alcuni momenti vissuti con i genitori. Pepper aveva apprezzato il gesto, soprattutto perché l'uomo aveva sempre evitato di affrontare l'argomento e rivedendo quelle immagini - sapendo che avrebbe dovuto trovarsi anche lei su quel palco - non poté fare a meno di sentirsi in colpa.
Tuttavia l'espressione di Tony la convinse a mettere da parte quel pensiero.
Sospirò tristemente e si sedette al suo fianco nell'auto.
«Da quanto tempo lo stai guardando?» chiese titubante.
L'uomo fece spallucce senza osare osservarla «Da molto, immagino.»
Era una semplice constatazione, del resto tutte le volte che si fermava in laboratorio fino a notte fonda Pepper finiva per andare a raccattarlo, qualche volta addormentato sul banco di lavoro, altre volte in condizioni come quella.
A sua discolpa, nonostante tutto, si può dire che negli ultimi mesi fosse cambiato parecchio.
«Stai bene?» mormorò la donna osservando a sua volta le immagini sulla parete.
«Credo di sì. Avevo solo voglia di risentirla...» si giustificò Tony mentre nel filmato Maria Stark posava con eleganza le mani sul pianoforte.
«Try to remember» recitò Pepper riconoscendo le note della melodia.
«Già.»
Il resto del filmato lo guardarono in silenzio. Tony sfiorò appena la mano della donna in una timida carezza che in quel momento sapeva più di una richiesta di aiuto; la forza sembrava averlo abbandonato del tutto e quando si sentì avvolgere dalle braccia di Pepper gli sembrò di ritrovare la serenità che aveva perso ormai da tempo.
La donna lo tenne stretto a sé, percependo ancora una volta tutto il dolore che negli anni Tony aveva accumulato in silenzio.
Ora lo capiva, non era presunzione né arroganza quella che lo costringeva a isolarsi nei modi più sbagliati, o almeno non solo quella. Era paura, ed era solitudine.
Tony inconsciamente ne era sopraffatto da entrambe, insieme al risentimento che un figlio non dovrebbe mai provare verso il proprio padre.
Con il tempo e con la presenza di Pepper, ora più vicina che mai, aveva saputo sconfiggere la parte più fragile di sé. Se non del tutto, almeno una parte consistente.
«Andiamo a letto»  le mormorò infine all'orecchio, stringendola a sua volta e posandole un bacio sulle labbra.
 

 
 
* * *
 
 
Malibu – Dicembre, 2021
 
 
 
Maria Stark sfiorò con esitazione la superficie del pianoforte, lasciando che le sue manine vagassero curiose sulla lunga fila di tasti e schiacciandone uno di tanto in tanto.
«Oh!» esclamò puntando due occhioni azzurri sullo sguardo del padre e agitando le gambe che ancora non toccavano terra.
Tony rise dell'entusiasmo della figlia e con il sedile si fece più vicino al pianoforte «Brava, quello è un do.»
«Do» ripeté Maria e l'uomo sorrise di nuovo, compiaciuto di come una bambina di appena due anni riuscisse  a dargli già così tante soddisfazioni.
Il suo orgoglio si frantumò pochi istanti dopo, quando Maria prese a battere a caso le manine sui tasti dello strumento componendo una melodia decisamente originale.
«Ottimo! Dacci dentro, tesoro! Questo è Beethoven?» scherzò.
«...oven?» ripeté perplessa la bambina, trovando decisamente divertente il suo nuovo passatempo.
Tony la lasciò giocare, pensando che erano passati anni dall'ultima volta che qualcuno gli avesse trasmesso serenità suonando quello strumento. Certo, una volta le melodie erano più dolci ed eleganti, ma tutto sommato non gli dispiacevano neanche quelle del tutto sconclusionate.
Pepper forse non sarebbe stata d'accordo con lui, ma a giudicare dal sorriso che aveva appena rivolto alla figlia forse anche lei apprezzava segretamente quel genere di componimenti.
«Visto? Ha il talento del padre...non sei contenta?» chiese alla compagna.
«Sì, speriamo abbia ereditato solo questo» gli rispose lei con una linguaccia.
Tony si finse offeso e si accoccolò a Maria, posandole un bacio tra i capelli corvini e respirandone il profumo delicato.
Negli ultimi anni erano cambiate tante cose nella sua vita, ma mai avrebbe pensato che la nascita di sua figlia potesse cancellare ogni conto in sospeso che per anni lo aveva legato ai suoi genitori.
Il rancore cieco con cui di solito ricordava il padre adesso era lontano e finalmente capiva quanto, nonostante tutto, lui gli avesse voluto bene.
Maria aveva riempito un vuoto che si era portato dietro per anni, un vuoto con cui aveva combattuto da solo senza mai uscirne vincitore e che soltanto adesso riusciva ad avere senso.
«Papà, suona!» esclamò la piccola interrompendo il suo concerto e aggrappandosi al collo del padre.
Tony sorrise e decise di accontentarla, sapendo già quale melodia sarebbe andato a rispolverare.

 
 
 

NdA
Sta' storia dei genitori di Tony, della sofferenza di Tony e di Pepper lontana da Tony, proprio non mi va giù.
Così dopo With or without you ho deciso di scrivere questa one-shot che mi perseguitava da qualche giorno.
Continuo a ripetere quanto la "pausa" fra Tony e Pepper sia stata fondamentale per il film, però per quanto riguarda il mio headcanon siamo già oltre...decisamente oltre.
Spero abbiate apprezzato questo viaggio nel passato-presente-futuro nella vita di Tony, ammetto di essermi divertita (si fa per dire, ho sofferto come un cane) a scrivere la storia e spero che anche a voi sia piaciuta.
Un abbraccio e alla prossima!


_Atlas_
 
P.S. Try to remember è la canzone che Maria Stark suona al pianoforte in Civil War e il fatto che fosse un ricordo importante dell'infanzia di Tony l'ho ripreso da quel matto di Robert Downey Jr, che ha insistito ad inserire la canzone perchè faceva parte di un musical che adorava quando lui era bambino.
 
 
   
 
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