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Autore: Giulia K Monroe    13/04/2009    5 recensioni
E se Harry Potter avesse avuto una sorella minore?
E se Sirius Black non fosse stato catturato e portato ad Azkaban?
Cosa sarebbe successo alla storia più amata di tutti i tempi? Scopritelo leggendo!
***
All'improvviso lo sguardo opaco, grigio metallo sporco, si accese. Luminoso e carico di rabbioso odio, si riversò su quello della ragazza, che trasalì spaventata.
Alexis fece per indietreggiare, ma lui non glielo permise: lasciata scivolare la mano da sotto le sue, le aveva artigliato le spalle con una presa tanto violenta da farla gemere per il dolore; l'aveva quindi trascinata contro l'armadio e l'aveva sbattuta furibondo contro lo specchio, facendole mancare il respiro.
«Perché non ti sei fidata di me?!» ruggì Draco e alzò il braccio con una mossa così repentina che lei, per un attimo, temette che stesse per colpirla; lui invece scaraventò il pugno al di sopra della sua spalla e il suo viso venne sfiorato solo dall'aria smossa: le nocche pallide avevano cozzato con lo specchio al quale era poggiata, incrinandolo.

[IN FASE DI REVISIONE]
Genere: Angst, Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Draco Malfoy, Famiglia Malfoy, Harry Potter, Nuovo personaggio, Sirius Black | Coppie: Harry/Ginny, Lucius/Narcissa, Ron/Hermione
Note: Movieverse, What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Primi anni ad Hogwarts/Libri 1-4
Capitoli:
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Salve a tutti!
Rieccomi qui con un nuovo capitolo!
Innanzitutto Buona Pasqua e Pasquetta a tutti!
In questa settimana mi sono impegnata per riuscire a sfruttare il tempo libero che avevo a disposizione, per mandare avanti questa storia, ma purtroppo questo capitolo si è rivelato più lungo del previsto e così ho dovuto tagliarlo a metà, spero non me ne vogliate ç___ç
Tuttavia, quello seguente è già in fase di scrittura, quindi credo che non dovrete aspettare molto per leggerlo!
Intanto vi lascio a questo, che è piuttosto lungo (il più lungo di questa ff, ben 20 pagine word!)
Anche qui, ancora una volta, mi sono cimentata nel cambiare punto di vista e ho esaminato un po’ tutti i personaggi, spero quindi vi piaccia, perché mi sono impegnata molto per scriverlo e vorrei dedicarlo a tutti voi che mi seguite!

Alle fantastiche ragazze che mi recensiscono e mi tirano su il morale con quelle loro parole così belle!
A coloro che inseriscono la mia storia tra i preferiti.
E anche a quelli che leggono “di nascosto”, senza sbilanciarsi.
Grazie a tutti, siete fantastici!

Ora vi lascio alla lettura!
Un bacione immenso

Ada Wong








~Un Particolare In Più~






























[ Now I will tell you what I've done for you,
50 thousand tears I've cried.
Screaming, decieving, and bleeding for you,
And you still won't hear me.
Going under.

Evanescence – Going Under ]



Da quando era scappata dall’aula di Pozioni, per rinchiudersi nella sua stanza, non aveva più smesso di piangere. Era lì, ferma, appallottolata sul letto, mentre luccicanti gocce d’acqua le rigavano il viso e macchiavano il cuscino. Si stringeva, con forza, le gambe al petto, cercando di reprimere il dolore e di cacciare indietro quelle maledette lacrime.
Ma era tutto inutile.
Le parole di Malfoy le rimbombavano nella testa, continuando ad aprire una voragine dolorosa, dove avrebbe dovuto esserci un cuore, che batteva furioso, in cerca di vendetta.
Non meritava quel trattamento. Non lo meritava affatto.
Pensava che Malfoy avesse capito il suo stato d’animo, dopo la strigliata di Piton e l’ennesimo fallimento scolastico. E invece niente. Se ne era fregato e l’aveva persino rimproverata, facendole intendere che per lui, contava meno del Quidditch, uno stupido sport che lei aveva sempre odiato.
Ma infondo, cosa si aspettava? Che la tranquillizzasse? Che la prendesse tra le braccia e la consolasse, dicendole che tutto sarebbe andato per il meglio?
No, Malfoy non era quel tipo di persona, e lei lo sapeva bene.

“Non è nella mia natura cercare di tranquillizzare le persone, Black…”
Le aveva detto una volta. E aveva ragione. L’unica cosa che era capace a fare era metterla in difficoltà e farla sentire a disagio.
Stava solo giocando lei, doveva metterselo in testa!
Eppure, anche se cercava di convincersi di ciò, non riusciva a levarsi dalla testa il suo viso, le sue parole, i suoi occhi, la sua voce, il suo respiro freddo, che le sfiorava il viso ogni volta che, per parlare, si avvicinava troppo.
Voleva andare via.
Voleva tornare da Sirius e lasciarsi coccolare dalle sue braccia.
Non chiedeva nient’altro.

Quella scuola – e quelle bugie – la stavano soffocando.

Erano ormai le due passate e il pranzo era finito da un pezzo. Eppure, Diamond non aveva visto Alexandra alla tavola dei Serpeverde. Preoccupata che l’amica avesse saltato un pasto – sempre la solita lei - si diresse nell’aula di Pozioni, a vedere se fosse ancora lì – e magari, a darle anche una mano.
Ma non c’era.
Il tavolo dove avevano lavorato insieme era perfettamente pulito, anche se un banco ed una sedia erano rovesciate in terra.
Chissà cosa era successo.
Si affrettò a rimetterli a posto con un incantesimo e poi uscì dall’aula, alla ricerca dell’amica.
Forse, era già andata alle lezioni del pomeriggio. Controllò l’orario: Trasfigurazione con i Grifondoro. Ma si, doveva essere già in aula.

Alexandra diventava stranamente di buon umore, quando si facevano lezioni con la casa rosso-oro.
Così, senza pensarci due volte, si diresse al quarto piano e come una furia, entrò nel bel mezzo della lezione.
Era in ritardo, come al solito.
Senza dare troppo peso all’occhiataccia della McGranitt, che la scrutava da dietro quegli occhialetti fini, poggiati sulla punta del lungo naso, e al bisbigliare pettegolo dei compagni di classe, si guardò intorno, cercando una figura dai capelli scuri e gli occhi di smeraldo.
Non era neanche lì.
Dove diavolo si era cacciata?

Restò in piedi nel bel mezzo dell’aula, come un’idiota, lo sguardo perso in mille pensieri tragici sulla fine dell’amica. Borbottava qualcosa su morti causate da pozioni o da un banco che, casualmente, le si era rovesciato contro.
- Ha intenzione di disturbare ancora a lungo la mia lezione, signorina Cherin?-
Domandò indispettita la McGranitt, incrociando le braccia al petto e osservandola con sguardo severo, che si trasformò in pura rabbia quando la ragazza la zittì con un gesto della mano, che ricordava tanto il movimento dello scacciare degli insetti fastidiosi.

Se solo gli sguardi avessero potuto uccidere, quel giorno ci sarebbero già stati ben due omicidi.
La McGranitt sembrava diventata una teiera bollente, rossa come un pomodoro, fumava dalla testa e dalle orecchie, le labbra arricciate e gli occhi che mandavano fulmini e saette. Se non avesse avuto abbastanza autocontrollo, la bacchetta che stringeva nelle mani si sarebbe irrimediabilmente spezzata. O nella peggiore delle ipotesi, avrebbe semplicemente schiantato quella piccola impertinente.
Quando Diamond si rese conto di quello che stava succedendo – e soprattutto di quello che aveva appena osato fare – sbarrò gli occhi e osservò una furiosa donna, dall’espressione che la invecchiava ancora più di quanto non lo fosse già, avvicinarlesi con passo lento e misurato, fin troppo calmo. Trattenne il fiato insieme a tutti i suoi compagni di classe, in attesa della sua morte. La McGranitt le si posizionò davanti, sovrastandola e facendola diventare piccola piccola. Le sorrise forzatamente e…
-FUORI DA QUI!!!!-
Le urlò con tutto il fiato che aveva in corpo, tanto da spettinarla con la sola forza dell’ugola, e farla volare via fuori dall’aula.
La porta si chiuse con violenza, facendo crollare a terra in quadri appesi sulla parete interna dell’aula – con conseguenti lamenti da parte dei dipinti.
Diamond osservò la porta chiusa sconvolta, mentre un brivido le percorreva tutta la colonna vertebrale.
Da dentro l’aula, sentiva ancora la McGranitt gridare infuoriata sull’indecenza, la maleducazione e i punti che avrebbe tolto a Serpeverde a causa di quell’impertinente.
La biondina si allontanò all’indietro, lentamente, quasi avesse paura di fare rumore, e poi, appena svoltato l’angolo, si allontanò come una furia,lasciandosi una scia di fumo alle spalle.

Harry James Potter e i suoi due migliori amici – Ronald Bilius Weasley ed Hermione Jane Granger – stavano passeggiando per il giardino di Hogwarts, dopo essere usciti – miracolosamente indenni – dalla lezione di Difesa Contro Le Arti Oscure. Quell’idiota del loro nuovo professore – Gilderoy Allock, un mito sui libri, un disastro nella realtà – aveva ben pensato di fare una lezione un po’ più movimentata, per non annoiare troppo i suoi studenti con lunghi monologhi sull’argomento del giorno. E così, aveva catturato – o meglio, aveva fatto catturare – un numeroso gruppo di simpatici Folletti Della Cornovaglia e aveva avuto la splendida idea di scatenarli in classe, lasciando loro il delizioso compito di distruggergli l’aula e lo studio.
Non c’era che dire, una genialata unica nel suo genere.
Inoltre, combinato il disastro, non si era neanche degnato di dare una mano a rimettere tutto a posto, ma aveva incaricato tre tipi a caso di riordinare il casino che lui aveva prudentemente scatenato.
Un amore di professore, senza alcun dubbio.
E così, con i capelli tutti scompigliati e le divise strappate, avevano deciso di prendere una boccata d’aria, tanto per quel giorno, non avevano altre ore di lezione, fortunatamente.
Ma Hermione, come suo solito, era contraria a quel bighellonare senza meta e senza scopo, e li stava rimproverando, spiegandogli che avrebbero fatto meglio ad andare in Sala Comune e cominciare i compiti.
-Vi ricordo che dobbiamo stilare un tema di trentacinque centimetri sugli effetti positivi e negativi della Mandragola, per Erbologia; poi dobbiamo studiare la Storia della nascita degli Elfi per Storia Della Magia e in più, imparare l’incantesimo di Difesa Contro Le Arti Oscure che oggi, per quel piccolo inconveniente, non siamo riusciti a praticare e…-
Stava enumerando la brunetta, tenendo il conto dei compiti sulle dita della mano.
Harry e Ron si scambiarono uno sguardo disperato.
Amavano Hermione come se fosse una sorella – o meglio, Ron ne era segretamente cotto da un anno ormai, anche se non l’avrebbe mai ammesso – ma quando cominciava a tormentarli con i compiti, l’avrebbero volentieri spedita a fare un bel bagno nel Lago Nero.
- Avanti Herm! Siamo appena usciti da una fuoriosa guerra contro dei dannati Folletti, abbiamo il diritto di riposarci un po’!-
Esclamò esasperato Ron, alzando le braccia con un gesto molto teatrale.
Ma Hermione sospirò e scosse la testa.
- Se non vi mettete di impegno fin dall’inizio dell’anno, vi ritroverete alla fine, con troppe materie da recuperare. E non vi aspettate che quest’anno sia io ad aiutarvi! –
Proferì decisa, guardandolo dal basso con occhi severi, le mani sui fianchi.
- Harry! Diglielo anche tu che ci meritiamo una pausa! –
Ron interpellò l’amico, nella speranza di ricevere man forte contro quegli scuri occhi severi che non ammettevano repliche.
Harry sorrise mesto all’indirizzo dell’intransigente amica e stava per rispondergli che Ron aveva ragione, ma non fece in tempo. Infatti, appena aprì le labbra per pronunciare parola, una piccola furia dai corti capelli biondi, lo investì in pieno, facendolo ruzzolare in terra come un sacco di patate.
Rotolarono entrambi per qualche metro, e quando si fermarono, Harry si trovò disteso con la schiena in terra, un corpo non esageratamente pesante sdraiato sul suo.
Diamond si puntellò sui gomiti e si alzò a sedere, massaggiandosi il fondoschiena dolorante.
-Ahia, accidenti! Ci mancava anche questa!-
Imprecò a denti stretti, massaggiandosi la nuca e scompigliandosi ancora di più i capelli.
-Ti dispiacerebbe levarti? Non sei un peso piuma…-
Sentenziò il Bambino Sopravvissuto, sotto di lei. La biondina sbarrò gli occhi e abbassò lo sguardo fino ad incontrare quello smeraldino del ragazzo.

Incredibilmente simile a quello della persona che stava cercando con tanta fretta.
Quando l’alba della comprensione sorse nella sua mente, e si rese conto di chi aveva appena investito, balzò su in piedi con la velocità di un felino e si distanziò dal “Trio Miracoli”, quasi essere a contatto con loro facesse venire l’urticaria.
Hermione la guardava con un sopracciglio alzato, indispettita da quella reazione.

Neanche avessero avuto il vaiolo di drago!
Ron, decisamente più lento di comprendonio, la osservava senza capire.
Harry fece leva sulle braccia per tirarsi almeno su a sedere, e si sistemò gli occhiali sul naso, che gli si erano storti nella caduta. Riacquistata la vista, osservò la ragazza che aveva davanti. Aveva una strana espressione: un misto tra angoscia, fretta e fastidio.
Ora che la guardava bene, le sembrava di conoscerla.
Aveva corti capelli biondi, tutti scompigliati, che le incorniciavano il viso pallido e trafelato dalla corsa. Gli occhi scuri, si muovevano irrequieti, passando da Hermione a Ron, poi a lui stesso, che la osservava dal basso. La cravatta verde-argento era storta e allentata e la gonna della divisa, troppo corta, ne lasciava scoperte le belle gambe.

Ma certo! Non era la ragazza che stava sempre con Alexandra?
Assottigliò gli occhi, per guardarla meglio e stava per proferire parole, quando questa riprese a correre, oltrepassandoli, senza degnarli di ulteriori attenzioni.
Aveva perso fin troppo tempo.
Hermione la seguì con lo sguardo, allontanarsi, mentre Ron aiutava Harry a rimettersi in piedi.
- Poteva almeno scusarsi! Tutte uguali queste serpi! –
Dichiarò arrabbiata la brunetta, con tono di voce abbastanza alto, quasi avesse voluto che la ragazzina la sentisse. Harry si limitò a guardarla e a sospirare, scuotendo la testa.
E quasi l’avesse veramente sentita, Diamond arrestò la sua corsa e si fermò di botto, con un pensiero baluginante nella mente.

Alexandra stava sempre con quell’imbranato del mito dei Grifoni!
Si voltò velocemente e tornò sui suoi passi, fermandosi a qualche metro di distanza – non fosse mai che si avvicinasse troppo a dei Grifondoro.
-Potter!-
Lo chiamò, quasi urlando.
Harry si voltò, con le sopracciglia inarcate in un’espressione confusa.
Hermione imitò l’amico, solo che il suo cipiglio era scocciato.
Ron seguì gli altri, ma non è che ci stesse capendo molto.
-Hai per caso visto la Black?-
Gli domandò tutto d’un fiato, così velocemente che persino quel genio della Granger dovette pensarci su prima di capire.
Ma appena Potter aveva sentito il cognome “Black”, un campanello d’allarme gli si era acceso nella mente. Corrugò la fronte, preoccupato, mentre gli occhi di smeraldo si facevano improvvisamente seri.
-No, perché?-
Chiese a sua volta, ma Diamond si limitò a lanciare qualche maledizione a bassa voce e scappare di nuovo via, in tutta fretta, seguita da uno sguardo sempre più irritato della Grifoncina e da uno sempre più confuso del rosso.
-Ma che le è preso a quella? Non solo ti investe come una furia e se ne va senza nemmeno scusarsi, ma pretende anche che tu sappia dove sia quell’altra serpe della sua amica! –
Sbottò Hermione con uno sbuffo, scuotendo la testa contrariata.
- Sembrava avere una certa fretta…-
Cercò di giustificarla Ron, che, finalmente, cominciava a capirci qualcosa.
Ma un’occhiataccia dell’amica lo fece tacere.
- Chissà per quale strana idea quella là credeva che tu sapessi dov’è la Black, eh Harry? –
Domandò la brunetta, ma il ragazzo non sembrava averla sentita.
Continuava a fissare, con sguardo vacuo, il punto in cui era sparita Diamond, e a rimuginare mentalmente.
In effetti, non aveva visto a pranzo Alexandra, quel giorno.
Di solito era sempre vicina a quella biondina o a Zabini, ma quel giorno non c’era.
L’aveva cercata, come sempre, per scambiarsi l’occhiata d’intesa che concordava il loro incontro giornaliero alla Quercia, sul Lago Nero, ma non l’aveva trovata.
Lì per lì, non aveva dato molto peso alla cosa. Magari era in ritardo o aveva avuto altro da fare.
Ma lo sguardo preoccupato di quella ragazza, l’espressione agitata che aveva il suo viso e la fretta con cui era scappata, avevano innescato un sensore d’allarme all’interno della sua testa.

Che le fosse capitato qualcosa?
Hermione e Ron si scambiarono un’occhiata d’intesa e la ragazza lo scosse leggermente, tirandolo per un braccio.
- Ehi Harry, tutto bene? –
Gli chiese Ron, con voce tesa.
Non gli piaceva per niente l’espressione seria che aveva assunto così all’improvviso.
Come se fosse stato risvegliato nel bel mezzo di un sogno ad occhi aperti, Harry scosse la testa e si voltò verso gli amici.
- Devo controllare una cosa, ci vediamo in Sala Comune! –
Disse sbrigativo, prima di lasciare in terra la cartella con i libri e correre via, seguendo la ragazzina di poco prima.
- Harry! –
Cercò di chiamarlo Hermione, ma non lui la sentì e sparì esattamente come Diamond. La riccia si voltò ad osservare Ron, con un cipiglio misto tra confusione e rabbia.
- Ma che gli è preso? –
Il rosso si limitò a stringersi nelle spalle e a scuotere la testa.
- Non ne ho idea. –

Camminava con passo lento e strascicato, l’espressione impassibile, i muscoli del viso così contratti, da indurirne i lineamenti solitamente eleganti. Il pallore lunare del suo viso d’angelo, era scurito dall’ombra rabbiosa che gli colorava quella maschera di marmo che teneva sul volto. Solo gli occhi davano la sensazione di qualcosa di incredibilmente vivo.
E furioso.
Due monete argentee, due frammenti di diamante ghiacciato, due fredde pietre lunari.
Immobili, impassibili.

E pericolosamente serie e luminescenti di ira.
Era probabilmente colpa – o merito – loro, se ogni persona che lo incontrava per i corridoi, si zittiva immediatamente e si ritraeva contro la parete, lasciandolo passare.
Perché se quel giorno ti fossi trovato sul cammino di Draco Lucius Malfoy, nemmeno Merlino e tutti i maghi più potenti avrebbero potuto salvarti da una visita all’Ospedale San Mungo.

Se ti andava bene.
Sembrava appena uscito da un furioso duello contro Lord Voldemort in persona.
I capelli biondi e fini, solitamente trattenuti da una mano di gel, gli ricadevano, disordinati e arruffati – tanto che avrebbero potuto far concorrenza a quelli di Harry Potter – sul viso, nascondendo in parte quegli occhi di ghiaccio, che brillavano pericolosi. Il mantello della divisa giaceva su di una spalla, trattenuto da due dita, tutto polveroso e lacerato, e andava a coprire lo strappo sulla manica della camicia, che penzolava inerme sul suo braccio. Anche sui pantaloni, solitamente stirati e inamidati, c’erano tracce di polvere e di strappi.
Cos’era, i professori di Hogwarts si erano messi d’accordo per farlo innervosire, quel giorno?
Non bastava che avesse problemi suoi per la testa?
Già gli ordini e le minaccie di Piton gli avevano rovinato la giornata.
Ora ci si era messo anche quell’imbecille del nuovo professore di Difesa Contro Le Arti Oscure.

Che andassero a morire, lui e i suoi maledetti folletti!
Non appena quel pazzo scervellato li aveva lasciati liberi per l’aula, aveva approfittato della confusione per sgattaiolare via, aveva altro a cui pensare che a quei cosi minuscoli e bluastri. Aveva scaraventato in terra i libri per scacciare qualche folletto ed era corso all’uscita, così veloce che neanche Blaise Zabini, compagno di banco, l’aveva visto.
Alcuni folletti però non se lo erano lasciato sfuggire e si erano divertiti a tirargli i capelli e a strappargli i vestiti.

Con un furioso colpo di bacchetta, li aveva spediti nel giusto posto.
Inoltre, come se non bastasse tutto ciò, non riusciva a togliersi dalla mente l’espressione arrabbiata – e ferita – della Black. Il modo in cui quegli occhi sinceri, quelle pozze di smeraldo nelle quali stava imparando a perdersi, l’avevano guardato, gli avevano fatto più male di una Maledizione Cruciatus. E se poi ripensava alle calde lacrime che gli scorrevano sul viso e al tono rotto della sua voce quando gli aveva detto di lasciarla in pace, rischiava di perdere il controllo e di spaccare qualsiasi cosa gli fosse capitato sotto mano – oggetto o uomo che fosse.
Così, con un diavolo per capello e un’espressione a dir poco spaventosa, si stava dirigendo verso i dormitori, per darsi un’aggiustata e prepararsi per il Quidditch.
Aveva decisamente bisogno di distrarsi un po’, e un allenamento sulla sua fedele Nibus 2001, lo avrebbe aiutato a scaricare in nervi.
Arrivato finalmente in camera, gettò il mantello polveroso e rovinato sul pavimento e poco dopo, la camicia andò a fargli compagnia. Si stava slacciando la cintura, quando qualcuno entrò nella sua camera, aprendo la porta di botto.
Lo sguardo infuriato che lanciò alla soglia della porta, avrebbe pietrificato chiunque.

Tranne lui, ovviamente. Blaise Zabini.
- Eccoti finalmente, sono ore che ti cerco! –
Esagerò il ragazzo, chiudendosi la porta alle spalle e osservando il biondino, che gli restituiva l’occhiata, con uno sguardo in tralice. Poi si voltò e si tolse le scarpe.
- Sarebbe buona educazione bussare, prima di entrare nella stanza di qualcuno – mormorò Draco, abbandonando le eleganti scarpe polverose, accanto agli altri indumenti. Gli elfi domestici avrebbero avuto un bel po’ di lavoro da fare - Specialmente nella mia. –
- L’ho mai fatto? –
Rispose tranquillo Blaise, stendendosi sul grande letto a due piazze e incrociando le mani dietro la testa.
- Dovresti imparare allora –
Rimbeccò il Principe delle Serpi, mentre si spettinava i capelli ancora di più, per togliere la polvere.
- Se non ti conoscessi bene, oserei dire che i folletti hanno avuto la meglio su di te! –
Sogghignò il moro, per poi sbadigliare e stiracchiarsi.
L’unica risposta di Draco fu un’occhiataccia molto espressiva.
- E se non ti conoscessi bene, direi anche che la mia presenza qui non è gradita.-
Aggiunse Zabini, alzando le sopracciglia, con espressione pensierosa, quasi offesa.
- L’hai detto tu, non io. –
Si limitò a replicare il biondo, prendendo la divisa di Quidditch dall’armadio.
Blaise smise di sorridere e i suoi occhi di zaffiro si fecero improvvisamente seri. Scattò su a sedere, incrociando le gambe e ricambiò lo sguardo, con espressione dura.
- Che è successo? –
Gli domandò. Nella sua voce, così come sul suo viso, non c’era più aria di ilarità.
Draco si limitò a ricambiare l’occhiata per qualche secondo, con espressione fredda e tagliente, apparentemente indifferente.

Solo nei suoi occhi di ghiaccio, bruciava la fiamma della rabbia che lo stava consumando voracemente dall’interno.
Si voltò, senza rispondere, e prese ad infilarsi la maglia della divisa.
- Draco… -
Lo chiamò, con seria dolcezza, lo sguardo che non lasciava andare la schiena che il ragazzo gli dava.
- Lasciami in pace Blaise, non mi va di parlarne. –
Rispose secco Malfoy, con voce dura, rabbiosa, che disorientò l’amico.
Blaise Zabini era un tipo che amava scherzare, ma sapeva quando era il momento di ridere e quando quello di stare seri. E soprattutto, sapeva quando era il momento di andare via e di lasciare il suo migliore amico, Draco Malfoy, da solo.
- Come vuoi, amico…-
Si limitò a dire, alzandosi dal letto e imboccando l’uscita della stanza.
- Se hai voglia di parlare, sai dove trovarmi. –
Aggiunse con tono sottile, prima di chiudersi la porta alle spalle.
Draco rimase immobile per qualche secondo, poi prese in mano il libro di incantesimi, aperto sulla scrivania, e lo lanciò forte contro il muro, scalfendo la calce e lasciando un buco sulla parete.
- Maledizione… -
Mormorò con rabbia, prima di emettere un profondo ringhio liberatorio e appoggiarsi con la schiena al muro, prendendosi la testa tra le mani.

Ma che diavolo gli stava succedendo?

Si allontanava, pensieroso, dalla Sala Comune dei Serpeverde, le mani in tasca, l’espressione corrucciata, gli occhi di zaffiro seri e concentrati.
Chissà cos’era successo per far imbestialire così tanto Draco.
Non lo aveva mai visto così arrabbiato.
Così frustrato.

Così triste.
Perché lui, Blaise Zabini, che lo conosceva fin da quando era alto un calderone o poco più, aveva visto il suo sguardo.
Ed era uno sguardo, sì infuriato, pericoloso.
Ma infondo, all’interno di quello specchio che nessuno riusciva mai ad oltrepassare, c’era anche una nota ferita.

Ed era quella, a scatenare tutte le altre reazioni.
Si ritrovò a sospirare, con espressione stanca, mentre si passava una mano sugli occhi e se li stropicciava.
Quei dannati folletti, uniti agli strilli incontrollati delle Mandragole e aggiunti alle ragazzine che gli stavano sempre alle calcagne con sguardo adorante, lo avevano sfinito.
Forse avrebbe fatto meglio a tornare nel dormitorio e a stendersi un po’ sul letto. Aveva bisogno di riposo.
Fece dietro front, ma qualcuno gli andò a sbattere contro, rischiando di farlo cadere in terra.
Per fortuna, lui era più robusto di Harry Potter, e questo evitò una nuova caduta alla ragazza, che venne intrappolata da un paio di robuste braccia e un petto caldo ed ampio.
- Ehi, attenta a dove vai! –
Esclamò Blaise, sciogliendo lentamente l’abbraccio e assicurandosi che, dopo la botta, la ragazza riuscisse a stare in piedi.
Diamond scosse la testa, leggermente disorientata e si portò una mano sulla fronte.
Quando i suoi occhi scuri incontrarono quelli gentili e profondi di Blaise, arrossì fino alla punta dei capelli e rischiò di cadere di nuovo in terra, se il ragazzo non l’avesse sorretta.
Scosse ancora una volta la testa, lasciando che i corti capelli – ormai senza più forma ne ordine – le ricadessero davanti al viso.
- Scusami Zabini! –
Esclamò leggermente imbarazzata, mentre si riportava indietro, con un gesto della mano, quella chioma corta, ma indomabile.
- Tranquilla, è tutto ok! –
Sorrise lui, con tono gentile, che la fece arrossire di nuovo.
- Dove andavi così di corsa? –
Diamond sbarrò gli occhi, come se avesse visto un fantasma e sbiancò.
- Accidenti, non posso perdere tempo, devo trovarla! –
Esclamò agitata, sfuggendo alla stretta di Blaise, che la stava ancora sorreggendo. Fece per scappare, ma il ragazzo la fermò, prendola dolcemente per un braccio.
- Aspetta! Chi devi trovare? –
Domandò, piegando il viso su di un lato. Lei non si preoccupò neanche di arrossire, questa volta, e si limitò ad agitarsi.
- La Black! L’ho cercata ovunque, ma non riesco a trovarla! –
Blaise assottigliò lo sguardo, assumendo un chiaro cipiglio preoccupato, che si manifestò con la leggera ruga d’espressione che solcò lo spazio tra le sue sopracciglia.
- Alexandra? –
Mormorò, così a bassa voce che sembrava si stesse riferendo più a se stesso, che alla ragazza.
Diamond annuì energicamente.
- L’hai vista per caso?-
Blaise scosse la testa e lei sbuffò, angosciata.
- Hai controllato bene dappertutto?-
Lei annuì di nuovo, convinta.
- Sei passata anche in Sala Comune? –
Dal colorito bianco che assunse il suo viso, Blaise intuì che quello era l’unico – ovvio – posto in cui non era andata a cercarla.
Sghignazzò, mentre vide le guance di Diamond passare da un bianco smorto ad un rosso vivo, in una frazione di secondo.
Le lasciò andare il braccio divertito, mentre lei si lanciava letteralmente sulla strada che portava ai dormitori, lasciandosi dietro una scia di polvere e un “grazie” urlato.
Blaise si limitò a guardarla scomparire e con un sorrisetto incrociò le braccia al petto.

Alexandra era sparita.
Draco era incazzato.
Le cose cominciavano ad avere un senso.

Doveva essersi addormentata, perché quando riaprì gli occhi, si sentì decisamente disorientata. Li strinse un paio di volte, per abituarli alla luce artificiale della stanza e vi passò una mano sopra, stropicciandoseli.
Erano ancora umidi di lacrime.
Sbadigliò, mentre tendeva un braccio verso il comodino accanto al letto, e lo tastava, alla ricerca del cassetto. Lo aprì e prese un grazioso specchio, incornicato da intarsi argentati. Se lo portò davanti al viso, e quasi sussultò.
Aveva un aspetto terribile.
I capelli, solitamente folti e lucenti, erano un nodo unico, impastati ancora della sostanza giallastra che aveva fatto esplodere a Pozioni. Il viso era di un bianco smorto, che la faceva somigliare pericolosamente ad un cadavere. Cosa accentutata dalle profonde occhiaie che scurivano gli occhi, stanchi e ancora umidi di lacrime. Le guance arrossate e le labbra gonfie – aveva il vizio di mordersele, quando piangeva – completavano quell’orrenda figura.
Chiuse gli occhi, sospirando e posò lo specchiò sul letto, tirandosi su a sedere, con una fatica immane, quasi il suo corpo fosse diventato improvvisamente di cemento.
Lo sguardo, arrossato dal pianto, andò a posarsi sulla camicetta sporca e poi percorse il poco spazio che la separava dal bagno.
Avrebbe fatto meglio ad andare a farsi una doccia, magari riusciva a risvegliarsi e a levarsi quella maschera cadaverica che aveva al posto del viso.
Fece per alzarsi, ma poi sbuffò.
Era terribilmente stanca che anche alzarsi le costava una fatica immane.
Abbandonò la testa sul muro e socchiuse gli occhi, stringendosi le gambe al petto. Stava quasi per riaddormentarsi, tanto era stanca, ma un rumore di passi frettolosi che percorrevano il corridoio, la costrinse a destarsi. Si affacciò oltre la spalliera del letto, per vedere la porta della camera spalancarsi e lasciare entrare la figura trafelata e agitata di Diamond.
Sembrava aver appena finito una maratona. Era rossa in viso, con il fiato corto, la fronte imperlata di sudore, i capelli scombinati e la divisa tutta storta.
- TU! –
Le urlò contro, indicandola con un dito tremante.
Alexis sbarrò gli occhi e si fece piccola piccola, nascondendosi dietro la spalliera del letto, solo gli occhi che spuntavano da quella protezione improvvisata..
La biondina si chiuse la porta alle spalle e le si avvicinò, con passo lento e controllato.

In quel momento, le ricordava tanto la McGranitt.
Si affiancò al letto e la osservò dall’alto, minacciosa.
- Dannata…! –
Sibilò a denti stretti, guardandola con sguardo incandescente.
Si chinò verso di lei, con un gesto così brusco, che le sembrò volesse picchiarla.
Alexis chiuse gli occhi, per reazione, ma non avvertì alcun dolore.
Trannè quello pressante di due braccia che la stringevano, decisamente troppo forte, e le toglievano il respiro.
- Mi hai fatta preoccupare tantissimo! –
Esclamò Diamond, cominciando a stritolarla in un abbraccio troppo impetuoso, che le spezzava le costole.
- Coff! Coff! Dia…Diamond! Non riesco a respirare…!-
Rantolò la Black, dandogli dei deboli colpetti alla schiena. La ragazza sciolse immediatamente l’abbraccio e sorrise imbarazzata.
- Scusa… -
Proferì, scompigliandosi i capelli. Poi il suo sguardo si riaccese in una nuova furia.
- Anzi no! Niente scuse! Non te le meriti! –
Esclamò additandola con espressione accusatoria.
Alexis sbattè più volte le palpebre, senza capire.
- E’ tutto il giorno che ti cerco! Non sei venuta a pranzo! –
La rimproverò, sventolandole l’indice davanti al viso.
La mora abbassò lo sguardo, con espressione colpevole.
- Non avevo fame… -
Si limitò a rispondere, accompagnandosi con delle spallucce.
- E che mi dici della lezione di Trasfigurazione? Non eri neanche lì! –
- Non ci sei andata neanche tu, se è per questo…-
Fece notare, indicandola con un gesto del capo. Lei le sventolò la mano davanti al viso, con aria frettolosa e incurante.
- La McGranitt mi ha cacciata…-
Rispose, con tono indifferente.
-Ti ha cacciata? –
Chiese l’altra, sgranando gli occhi.
- Si, sono piombata nel bel mezzo della lezione per cercare te… Devo aver fatto qualcosa che l’ha infastidita…O forse è solo mancanza di sesso!-
Sbottò, sedendosi con modi poco eleganti, sul suo letto.
- Diamond! –
Protestò Alexis, ma quella la zittì di nuovo, con un gesto della mano.
- Ma si, si! Piuttosto, non cambiare argomento: perché non sei andata a lezione?-
Puntualizzò, mentre cercava di ravvivarsi i capelli e incrociava le gambe, sul letto.
Alexis si morse il labbro inferiore, abbassando lo sguardo e osservando in maniera particolarmente interessata lo specchio sul letto, che rifletteva il bianco soffitto.
- Non avevo finito i compiti… -
Mentì, con una scrollata di spalle, ma Diamond la guardò con espressione dura.
- Non mentire: li avevamo fatti insieme –
Alexis si voltò ad osservarla e lei ricambiò il suo sguardo con seria compostezza.
Ancora una volta si morse il labbro inferiore e poi sbuffò.
Lo sguardo di Diamond si addolcì e la ragazza si alzò dal suo letto, per sedersi su quello dell’amica e osservarla con espressione preoccupata.
Ora che la guardava bene, aveva una pessima cera.

Sembrava quasi che avesse…pianto.
- Qualcosa non va, Alex? –
Le domandò ansiosa, tendendo una mano e accarezzandole un braccio.
La mora la guardò, indecisa, e poi si limitò a sorridere mesta e a scuotere la testa.
- No, sto bene, sul serio. Sono solo un po’ stanca, tutto qui…-
- Sicura? –
Alexis annuì e l’altra si limitò a sospirare, per poi sorriderle a sua volta.
- Ascolta, non ti fa bene rimanere chiusa qui dentro. Fuori è una giornata bellissima, perché non ti dai un’aggiustatina e non vieni con me?–
Le domandò in tono gentile, portandole una ciocca di capelli dietro le orecchie.
La moretta sospirò e la guardò indecisa.
- Dove andiamo? –
Le domandò poi, e lo sguardo di Diamond si accese, insieme ad un sorriso. Balzò in piedi e le prese le mani, entusiasta.
- Ti ricordi di Kain Montague? –
Le chiese, gli occhi nocciola che brillavano come stelle.
- Mmm…Credo di si…-
Rispose Alexis, aggrottando le sopracciglia, nel tentativo di ricordare.
- Non è quello del quarto anno? –
Diamond annuì energicamente.
Si, forse aveva capito chi era. Un ragazzo alto e muscoloso, dalla carnagione bronzea, i capelli scuri, lunghi e disordinati e un paio di occhi neri come carbone, che l’avevano sempre messa a disagio, ogni volta che li incontrava.

Sembravano così terribilmente vuoti.
Anche se, tutto sommato era…
- Davvero uno schianto di ragazzo, non trovi? –
Esclamò la bionda, arrossendo leggermente e scuotendo la testa con fare emozionato.
- Vedi, ci ho parlato un po’ e mi ha detto che gioca nella squadra di Quidditch! –
Aggiunse, entusiasta. Poi, cominciò ad elencare una serie di aggettivi per definire lui e tutti gli altri ragazzi della squadra, ma Alexis non la sentiva più.
Era diventata impercettibilmente rigida e il suo sguardo si era perso nel vuoto, mentre un peso le aveva schiacciato il cuore, riportandola alla realtà.

E al suo dolore.
Non intendo saltare il Quidditch per te, chiaro?
Le aveva detto, con voce tagliente e carica di rabbia.
Le mani si strinsero attorno a quelle di Diamond, ma riuscì a controllarle e a non stritolarle.
All’improvviso, la voglia di uscire dalla stanza le era passata.
- Allora, andiamo? –
Le domandò la ragazza, risvegliandola e cercando di tirarla su, per le braccia.
- Cosa? –
Proferì Alexis disorientata, scuotendo la testa e tornando alla realtà.
- Ma mi ascolti quando parlo? –
Sbuffò esasperata Diamond, inarcando le fine sopracciglia.
- No, scusa…-
- Ti stavo dicendo che Montague mi ha invitata a vedere il primo allenamento di Quidditch di Serpeverde dell’anno! Accompagnami! Inoltre, ho saputo che Malfoy è stato scelto come nuovo Cercatore, sarà contento di vederti! –
Esclamò, aggiungendo un tono e un sorrisetto malizioso, sull’ultima frase.
Ma lei non ci fece nemmeno caso. Aveva di nuovo lo sguardo perso nel vuoto.
Lentamente, si ritrasse contro il muro e lasciò andare le mani dell’amica, scuotendo la testa.
- No, scusa…Non ho voglia di venire…-
Mormorò, portandosi le gambe al petto e fissando un punto imprecisato al di sopra della spalla di Diamond.
- Ma coooome! –
Si lamentò la biondina, spalancando gli occhi e la bocca, con un’espressione mista di delusione e stupore.
- Ho altro da fare, scusa…-
Ripetè la mora, senza tono.
Diamond sbuffò e si avvicinò al suo letto, prendendo una spazzola dal comodino e cominciando a pettinare i capelli, per dargli un aspetto più presentabile.

Non riusciva a capire cosa ci fosse di più importante – e interessante – di guardare la squadra di Serpeverde giocare a Quidditch.
Guardò in tralice la Black, con espressione imbronciata e con un colpo di bacchetta di sistemò trucco e capelli.
- Allora sei sicura di non voler venire? –
Tentò ancora, sbattendo le ciglia, allungate a regola d’arte dal magico mascara.
Alexis sorrise e scosse la testa.
- No, preferisco riposarmi ancora un po’ e farmi una bella doccia –
Diamond sporse il labbro inferiore e poi si strinse nelle spalle.
- Come vuoi! Guarderò anche per te! –
Esclamò, facendole un occhiolino e poi uscì dalla stanza con la stessa velocità con la quale era arrivata.

L’aveva persa di vista quasi subito. E da allora, si era limitato a girare a vuoto per i corridoi della scuola, specialmente in zona Sotterranei, nella speranza di incontrarla per chiederle spiegazioni.
Sperava solo che Alexandra stesse bene.
Stava ripercorrendo per la quinta volta il corridoio davanti alla Sala Comune di Serpeverde, quando, finalmente, l’aveva vista uscire, con un aspetto un po’ meno caotico di prima.
- Cherin! –
La chiamò avvicinandolesi. Lei si fermò di botto e si irrigidì, squadrandolo da capo a piedi.
- Potter. –
Si limitò a rispondere, alzando un sopracciglio. Harry le sorrise imbarazzato, leggermente a disagio.
- Ehm…ecco…finalmente ti ho trovata…-
Disse, grattandosi la nuca con fare nervoso.
Non sapeva come chiederglielo. Infondo, non era normale che un Grifondoro si preoccupasse tanto per una Serpeverde.

E soprattutto, che un Potter si preoccupasse tanto per una Black.
- Una mossa Potter, avrei da fare! –
Sibilò Diamond, evidenziando la fretta con un continuo picchiettare del piede sul pavimento. Sbuffò, vedendo che non riceveva risposta – infondo era passata solo una manciata di secondi – e si rincamminò, superandolo.
- Ehi no! Aspetta! –
La richiamò, deciso. Era davvero insopportabile quella ragazzina! Come faceva Alexandra a considerarla la sua migliore amica?
Diamond si limitò ad alzare un braccio e a sventolare la mano con fare frettoloso.
- Sta bene. –
Si limitò a dire, prima di salire le scale e scomparire alla vista del maghetto.

Non capiva proprio perché si preoccupasse tanto per Alexandra.
Harry sospirò, sollevato e sorrise.
Menomale.

Il pomeriggio passò in fretta – molto di più della mattina – e l’ora di cena sembrò arrivare in un baleno.
La Sala Grande era già gremita di gente, che si affollava intorno alle quattro tavolate e si rifocillava dopo la giornata, più o meno impegnativa che fosse stata.
Quella sera, il cielo incantato della Sala, mostrava una bella volta stellata, e una pallida luna piena, che brillava così potente e maestosa che sembrava quasi che i suoi soffusi raggi raggiungessero davvero i volti degli studenti impegnati a mangiare.
Blaise Zabini – stranamente non in compagnia di Draco Malfoy – se ne stava seduto in mezzo ad un gruppo di primine, che lo guardavano con sguardo adorante e pendevano letteralmente dalle sue labbra, ad ogni gesto o movimento che facesse.
Un coro di sospiri si levò quando si versò del succo di zucca nel calice dorato.
Gridolini eccitati esplosero quando se lo portò alla bocca per bere.
Fremiti corsero lungo le piccole schiene, quando posò di nuovo il calice sul tavolo.

Ok, si stava decisamente innorvosendo.
Lui amava essere adorato e tutto, e questo non era certo un segreto.
Ma quella sera, non era dell’umore giusto.
Era impaziente, frustrato, pensieroso.
Rischiò di perdere la calma quando si passò una mano fra i capelli e udì un coretto di approvazione schiamazzante.
Chiuse gli occhi, cercando di controllare l’impulso di Avada Kedavrizzare qualcuno, che si manifestava nella vena che, pericolosa, pulsava sulla sua tempia.
Blaise Zabini era un ragazzo tranquillo e pacato, che difficilmente si lasciava andare a manifestazioni di rabbia o a scenate. Era sempre così posato ed elegante, con quello sguardo profondamente sereno e quelle labbra sempre dispiegate in un sorriso di apprezzamento verso la popolazione femminile.
Ma quando era preoccupato per qualcosa – o per qualcuno – diventava incredibilmente irrequieto e gli effetti dello stare troppo tempo con Malfoy junior, cominciavano a farsi vedere.
Per fortuna, arrivò in suo aiuto una biondina che ormai aveva imparato a riconoscere e un sorriso gli distese le labbra, facendo sospirare di nuovo le sue ammiratrici.
Cercò di ignorarle e le fece cenno di avvicinarsi. Lei sorrise e diede un bacio a fior di labbra al ragazzo che l’accompagnava – un certo Montague, se non sbagliava – e lo raggiunse, mentre quello si accomodava con gli altri ragazzi della squadra di Quidditch.
- Ehilà Diamond! –
La salutò, mentre lei cercava di farsi largo tra la folla di fan che circondavano Blaise. Lui ridacchiò, vedendola in difficoltà e guardò le sue ragazze con uno sguardo che avrebbe sciolto anche l’acciaio.
- Scusate ragazze, potete lasciarci un attimo soli? –
Domandò con gentilezza, mandando un bacio in loro direzione. Queste sospirarono adoranti e si allontanarono, continuando a guardarlo da lontano – ma non prima di aver imbruttito Diamond, che finalmente riuscì a sedersi di fronte al ragazzo.
- Ma quante te ne porti dietro? –
Sospirò la biondina, lisciandosi la camicetta con un gesto teatrale.
- Non abbastanza…-
Ridacchiò Zabini, lanciando una fugace occhiata alle primine, che esplosero in gridolini esagerati. Diamond alzò gli occhi al cielo, con uno sbuffo divertito.
- Tu invece ne hai scelto uno a quanto pare –
Sghignazzò il ragazzo, indicando Montague con il mento. Lei seguì il suo sguardo e sorrise al Cacciatore di Serpeverde.
- Non esattamente… -
Rispose vaga, con una stretta di spalle.
- Che vuoi dire con “non esattamente” ?-
Blaise alzò un sopracciglio, con espressione divertita e Diamond lo guardò un po’ disorientata. Da quando avevano tutta questa confidenza? Non si parlavano spesso, di solito. Solo qualche saluto di circostanza quando stava con Alex… Ma certo, si ritrovò a pensare con una fitta di gelosia, voleva sapere di lei e stava cercando di metterla a suo agio.
- E’ un tipo carino. –
Si limitò a dire, concentrando lo sguardo su una coscia di pollo che si era appena messa nel piatto.
Lui si guardò attorno, leggermente a disagio e mangiò una mollica di pane – altro coro di sospiri – cercando di prendere tempo.
- Era in camera… -
Proferì all’improvviso Diamond, lo sguardo fisso su di una patata al forno che aveva appena infilzato con la forchetta. Iniziò a mangiucchiarla, quando Blaise alzò lo sguardo su di lei e annuì con il capo.
- Stava bene? –
Le domandò, improvvisamente serio.
- Non lo so…Lei ha detto di star bene e che è solo un po’ stanca…Ma aveva una faccia stravolta…Non era solo stanca…No, c’era di più…-
Rispose, posando la forchetta sul piatto e guardandolo con occhi preoccupati, che si specchiavano in gemelli zaffiro, della stessa espressione. Non disse nulla, e lei lo prese come un incitamento a continuare.
- Aveva gli occhi umidi e le guance arrossate…Sembrava essere appena uscita da una crisi di pianto…Le ho proposto di uscire dalla stanza e di venire con me, per vedere gli allenamenti di Quidditch. Ma appena ha sentito quella parola, è diventata improvvisamente rigida e triste e ha detto di voler restare a riposare…Per me c’è qualcosa sotto…-
Concluse, con un sospirò stanco, ravvivandosi i capelli.
- Ha saltato anche la cena…-
Aggiunse preoccupata, guardandosi intorno.
- Anche Draco. –
Si limitò a riflettere Blaise, stringendo lievemente gli occhi e studiando la cosa.
- E’ successo qualcosa! –
Esclamarono insieme e poi balzarono in piedi, quasi fossero uno lo specchio dell’altra.
- Vado a cercarlo! –
- Vado a cercarla! –
Proferirono all’unisono e si gettarono verso la porta della Sala Grande, sotto lo sguardo scioccato delle fan di Blaise e di Kain Montague.

Dopo che Diamond se ne era andata, Alexis si era ristesa sul letto, di nuovo stanca e si era riaddormentata. Si era svegliata solo verso sera, quando la luce artificiale della stanza si era spenta e aveva lasciato posto ai pallidi raggi di luna, magici.
Le sfiorarono il viso, con una fredda carezza che la fece trasalire.
Così dolce, così lenta, così piacevole.
Spalancò gli occhi, che brillarono nel buio della camera. Si sfiorò la guancia.
Non era stato lui a toccarla.
Sospirò, asciugandosi un’altra lacrima che era sfuggita al suo controllo. Si mise a sedere sul letto e si stiracchiò, guardando l’ora sulla sveglia magica posata sul comodino. Erano le 6.00. Sbadigliò e si alzò, dirigendosi in bagno con passo lento e svogliato. Si spogliò e si infilò sotto la doccia. Dovette stare un’oretta buona sotto il getto dell’acqua, per togliersi la sostanza appiccicosa che aveva tra i capelli. Ma quando uscì, era come nuova. Prese una divisa scolastica pulita, limitandosi a indossare la camicetta e la gonna, senza il maglione. Infondo, doveva andare a combattere con una pozione, era sicura che avrebbe sudato sette camice – e non solo quella che indossava.
Si asciugò i capelli, che lisci e vaporosi, le incorniciarono quel viso ormai rinato. Solo il rossore degli occhi ne segnava ancora la stanchezza e il lungo pianto.
Prese il libro di Pozioni e lo mise nella tracolla in jeans. Fece per prendere la bacchetta, e con orrore, si ricordò che Piton gliela aveva sequestrata e gliela avrebbe restituita solo in caso fosse riuscita a raggiungere almeno la Sufficienza con la pozione.
Sospirò, affranta, ed uscì dalla stanza, senza nemmeno prendere la mantella.
Quando Diamond sarebbe entrata in camera, l’avrebbe trovata irrimediabilmente vuota.
Solo un biglietto sulla scrivania

“ Sono fuori. Non preoccuparti per me. Ci vediamo domani. Notte.”


Gli allenamenti di Quidditch erano finiti da un pezzo, ma lui aveva preferito continuare ad allenarsi da solo, nonostante fosse ormai buio. Aveva lasciato andare il resto della squadra, poi aveva liberato di nuovo il boccino d’oro, era salito calvacioni alla sua scopa ed era partito all’inseguimento. Aveva dovuto catturarlo circa una decina di volte prima di essere completamente sicuro di aver scaricato i nervi.
Quando toccò terra, si sentì rinato.
Era di nuovo lui. Forte, determinato, freddo, ma di certo non meno pericoloso.

Solo più controllato.
Ora doveva andare dalla sua piccola Black e fargli capire chi comandava.
Draco Lucius Malfoy non amava ricevere ordini, figuriamoci seguirli.
Lasciami in pace
Gli aveva urlato con disprezzo. Ghignò a quel ricordo e si leccò le labbra con la punta della lingua, mentre si incamminava verso il castello.
Se avesse ancora osato trattarlo come quella mattina, e farlo stare così male tutto il giorno, ne avrebbe pagate care le conseguenze.

Ci avrebbe pensato lui a farla piangere e a farla urlare, ma non nel modo che credeva lei.
Perché mai, come quel giorno, Draco Lucius Malfoy si era sentito così debole e vulnerabile.
Arrivato al castello, erano le 6 passate. Non aveva fame, per cui si diresse nel dormitorio e si fece una bella doccia ristoratrice, pensando a quale punizione avrebbe potuto infliggere alla sua bella Black.
Indossò la divisa scolastica e si asciugò i capelli, lasciandoli liberi dalla solita mano di gel. Fini e lisci gli ricaddero sul viso, andando a coprirgli elegantemente lo sguardo, tornato freddo specchio di ghiaccio. Si mise la bacchetta nel cinturino dei pantaloni ed uscì dalla stanza. Mentre si dirigeva verso l’aula di Pozioni, si ricordò di aver lasciato i libri di Difesa Contro Le Arti Oscure in aula, dopo averli scaraventati in terra. Così, cambiò metà e si diresse prima lì.

Almeno, avrebbe avuto più tempo per pensare ad una punizione da infliggere alla sua piccola preda.

Quando arrivò nell’aula di Pozioni, quasi sperò di vederlo.
Ma lui non c’era.
Doveva aspettarselo, infondo lei stessa gli aveva detto di lasciarla in pace.
Eppure, covava ancora la speranza di vederlo già lì, con quell’espressione irrisoria – tipicamente sua - dipinta sul viso, gli occhi freddi, che le bruciavano sulla pelle, le labbra perfette, dispiegate in un ghigno dannatamente sensuale. Era per quello che, anche se aveva avuto il pomeriggio libero, aveva preferito fare la pozione di sera.
Faremo tutto stanotte e non mi importa se sarai stanca o cosa
Aveva detto. E lei, nella futile speranza di vederlo, aveva seguito quel suo ordine.

Ma Draco Malfoy non era lì, quella sera.
Strinse con forza la bretella della borsa, tanto che le mani le tremarono violentemente. Chiuse gli occhi, per combattere contro la voglia di piangere ancora.
Uno sbuffo fioco lasciò le sue labbra, mentre si imponeva di restare calma e mantenere la concentrazione.

Non poteva permettersi di sbagliare, quella sera.
Si sistemò sul suo banco e fece per prendere la bacchetta dal cinturino della gonna, per accendere qualche candela e il fuoco sotto il calderone.
Con orrore, ricordò ancora una volta, che non l’aveva.
Sbuffò di nuovo, cercando di trattenere la crisi di nervi che l’avrebbe costretta ad urlare.
Tremando leggermente, girò lo sguardo in cerca di una torcia. L’unica fonte di luce proveniva dal freddo corridoio. Uscì dall’aula e staccò una fiaccola dal muro per poi metterla sul tavolo e fare un po’ di luce. Notò che gli ingredienti per la pozione erano tutti sulla cattedra, ma imprecò, quando vide che non c’era l’etichetta sulle ampolle.

Come diavolo faceva a riconoscerle?
Già le sarebbe stato difficile di giorno, figurarsi con quel buio.
Si ficcò un pugno in bocca e lo morse così forte da lasciare una rossa impronta di denti. Sentiva che le lacrime stavano tornando a pizzicarle gli occhi, fastidiose e frettolose di uscire. Si lasciò cadere su di una sedia e abbandonò la testa all’indietro, chiudendo gli occhi respirando piano, per calmarsi.
Lo aveva fatto apposta, quel bastardo di Piton. Le aveva tolto le etichette e la luce, perché sapeva che da sola non ce l’avrebbe mai fatta e che sarebbe stata costretta a chiedere aiuto al suo pupillo.

Ma lui non era lì.
Sbuffò e riaprì gli occhi solo quando fu sicura di riuscire a controllare le sue azioni. Si piegò e prese il libro di pozioni dalla tracolla che giaceva in terra. Lo aprì e si mise la torcia quanto più vicino potesse per leggere.
- Pozione del Ghiaccio…-
Lesse con voce tremante. Respirò lentamente, reprimendo un singhiozzo.
- Ingredienti…Dieci litri di acqua fredda….Sette cubetti di ghiaccio…Alghe Marine congelate…-
La luce della fiaccola era così tenue, che leggere le richiedeva un grande sforzo e già aveva mal di testa.
Un vento maligno le si infilava nella maglietta e la faceva rabbrividire, facendole maledire il momento in cui era uscita dalla stanza senza maglione e cappotto.
Ma la goccia che fece traboccare il vaso, fu una folata d’aria più forte, che si accanì contro la torcia, spegnendola e lasciandola al buio.
Fu allora che il dolore formicolante che provava alla bocca dello stomaco esplose con un ringhio carico di frustrazione e che le lacrime si affollarono, cadendo in tempesta sulle pagine del libro.
Senza avere la forza di alzarsi, chinò il viso sul banco, nascondendolo tra le braccia e pianse ancora.
Pianse così tanto, da stancarsi.

E addormentarsi.

Aveva stretto il biglietto tra le mani, stritolandolo ed era uscita fuori dalla stanza, correndo via come una furia. Era uscita dalla Sala Comune, veloce come un razzo – era incredibile quante energie avesse in corpo quella ragazza – e si era messa alla sua ricerca.
Quando lo vide svoltare un angolo, accellerò e lo raggiunse con un grido.
- Zabiniiiii!!! –
Blaise si voltò e la guardò, preoccupato, corrergli incontro.
- Cherin, che è successo? –
Le domandò, offrendole un braccio come appoggio, che lei accettò.
- Questo! –
Proferì ansante, mostrandogli il foglietto che aveva tra le mani. Il ragazzo lo prese e lo lesse velocemente.
- Devo trovare Draco… -
Disse lapidario, con un sospiro. Diamond alzò il viso, con espressione ansiosa e lui le sorrise, scuotendo la testa.
- Sta tranquilla, vedrai che non è nulla di grave… -
La rassicurò, prima di darle un’affettuosa carezza sulla testa e sorpassarla, alla ricerca dell’amico.

Era maledettamente tardi!
Era questo che pensava Draco Malfoy mentre, con passo svelto, si dirigeva verso i sotterranei.
Di tutte le sere disponibili, quella doveva decidere di rompere proprio quella sera?

Che andasse al diavolo!
Imprecando una maledizione dopo l’altra, scendeva rapidamente le scale, saltando agilmente alcuni gradini. Si sarebbe messo a scivolare sui corrimano, se questo non lo avesse reso troppo ambiguo. Spintonava, senza preoccuparsene, tutte le persone che gli impedivano il passaggio, ammucchiate sulle scale in attesa di arrivare ai loro dormitori.
Era dannatamente in ritardo!
Sì, voleva punire la sua piccola preda, lasciandola ad attendere, ma non intendeva fare così tardi!
Era solo andato a riappropiarsi dei suoi libri di Difesa Contro Le Arti Oscure, cosa ne poteva sapere che lì, in agguato, lo attendeva qualcuno?
Era entrato tranquillo nell’aula, con passo lento, pregustando già le piccole – e dolci – torture che avrebbe inflitto alla Black, e aveva trovato lei.
Una lunga chioma fiammeggiante, deliziose efelidi sulle guance, occhi di ghiaccio e decisamente un bel corpo. Che un tempo, gli avrebbe fatto piacere esaminare, se non avesse avuto per la testa quel paio di occhi smeraldini, feriti.
La ragazza gli aveva confessato il suo amore e in poche parole si era offerta a lui. Rifiutarla, non era stato così difficile come avrebbe pensato. E quegli occhi di ghiaccio, che lo avevano osservato feriti, non lo avevano scalfito minimamente.

Non era stato neanche lontanamente paragonabile all’effetto che gli aveva fatto un altro sguardo.
Si era girato, con i libri sotto braccio e aveva imboccato l’uscita dell’aula, con ghigno tutto da dedicare alla sua bella Black.
Ma il movimento sinistro che aveva sentito provenire dalle sue spalle, non gli era piaciuto per niente.
Si era voltato appena in tempo, per vedere la ragazza puntargli la bacchetta contro e, con le lacrime agli occhi, gridare.
“ Diffindo! “
Colto di sorpresa, Malfoy non aveva potuto fare altro che scartare di lato, ma l’incantesimo era riuscito a colpirlo in viso, lasciandogli un profondo graffio sulla guancia sinistra.
Lo sguardo che le lanciò successivamente, avrebbe gelato anche l’inferno.
E con lei, non aveva di certo avuto effetto diverso.
Era rimasta immobile, solo la mano che tremava convulsivamente, stretta attorno alla bacchetta. Le lacrime continuava a scendere copiose, mentre un lieve singhiozzare le abbassava e alzava il petto freneticamente.
E piangeva non solo più per la rabbia o per il dispiacere.

Piangeva per la paura.
Paura di quello che Malfoy avrebbe potuto farle, dopo un simile affronto.
Ma quello si limitò a inchiodarla con uno sguardo molto eloquente e a ghignare, poi si era voltato ed era scappato via, così veloce che sembrava strano che un secondo prima si trovasse nella stanza.

Solo una goccia di sangue sul terreno, confermava la sua presenza.
La ragazza si era accasciata al suolo e aveva cominciato a piangere e ad urlare senza sosta.
Doveva ringraziare il cielo, che Draco Lucius Malfoy avesse altro per la testa, quella sera, o non se la sarebbe cavata così a buon mercato.

Ma gliela avrebbe pagata. Malfoy avrebbe pagato per l’umiliazione che le aveva inferto!
E ora, lui correva, diretto nei sotterranei, con un unico pensiero fisso nella mente: Alexandra Black. Sperava con tutto se stesso, che fosse ancora lì, ad aspettarlo.
Che diavolo le aveva fatto, quella piccola impertinente, per ridurlo in quello stato?
Aveva appena svoltato l’angolo che lo conduceva dritto ai Sotterranei, quando era stato fermato da una voce.
- Draco! –
Aveva urlato quel tono familiare. Si era voltato, ansante e aveva visto la figura di Blaise avvicinarglisi a grandi passi.

Sperava proprio che non volesse fargli una paternale sul suo comportamente, perché era leggermente di fretta.
- Che c’è? –
Domandò impaziente e quello gli scoccò uno sguardo stufo, che poi si trasformò in seria e composta preoccupazione.
- Alexandra è…-
Cominciò a spiegare, ma si dovette fermare, quando lo vide sorridere. In modo strano. Non era un ghigno. No, era qualcosa di molto di più.
- Sto andando… -
Gli sussurrò con voce calma, prima di dargli una leggera pacca sulla spalla e correre di nuovo via.
Blaise lo guardò confuso, poi scosse la testa e cominciò a ridere da solo.

Non aveva mai visto Draco con un espressione così serena in volto.
Merlino solo sapeva, quello che aveva in mente, ma la cosa non lo preoccupava. Quel sorriso era stata una chiara comuncazione per lui.
E soprattutto, ora aveva la certezza che Alexandra stava bene.

Quando era entrato nell’aula di Pozioni, aveva sentito il mondo crollargli addosso.
Lo sguardo argenteo brillò nell’oscurità, furioso e ferito, mentre le labbra – dalle quali uscivano veloci fiotti d’aria – perdevano la piega del ghigno sfrontato e sensuale, per lasciare il posto ad un espressione seria, scalfita nel marmo che era diventato il suo viso, indurito dai muscoli della mascella, contratti.
Lei non era lì.
Strinse la mano in un pugno, così forte che sentì le unghie perforargli il palmo della mano, ma non se ne preoccupò.
Chiuse gli occhi per calmarsi ed evitare di distruggere l’aula di Pozioni.

Piton non avrebbe gradito.
Respirò lentamente e quando riaprì gli occhi, questi scintillarono pericolosamente.
Prese in mano la bacchetta e la strinse forte.
-Lumos.-
Recitò e la punta della bacchetta brillò, rischiarando leggermente la stanza.
Avanzò lentamente e si avvicinò alla cattedra, per controllare il contenuto della fiala, con la pozione che la Black aveva – probabilmente – preparato il pomeriggio. Non si fidava molto del risultato, visti i precedenti.
Non che – a quel punto – gli interessasse qualcosa dell’andamento di quel piccolo impiastro, ma non voleva perdere la faccia con Piton.
Inoltre, se la pozione non era ben fatta, poteva dire addio alla prima partita del Campionato di Quidditch, cosa che non poteva assolutamente permettersi.
Illuminò la cattedra, facendo luce sugli ingredienti ancora intatti sulla scrivania.

Non si era neanche presa la briga di provarci, allora!
Si ritrovò a pensare, mentre un ringhio profondo, proveniente dal petto, lasciava le sue labbra, rabbioso. Tutta quella situazione stava vanificando il suo lungo allenamento di Quidditch.
Doveva averlo fatto come sorta di vendetta per come l’aveva trattata.
Infondo, forse, a lei un altro voto insufficiente a pozioni non le cambiava molto.
Mentre sapeva che per lui era fondamentale che lei raggiungesse un voto decente.
- Maledetta… -
Mormorò, fuori di se dalla rabbia. Un altro ringhio e poi si voltò di scatto verso il pentolone.
A quanto pare, doveva fare tutto da solo!

Ma questa, non gliela avrebbe fatta passare liscia.
Le avrebbe dato lui un valido motivo per piangere, stavolta.

Si avvicinò a grandi passi all’unico calderone rimasto nell’aula e illuminò il tavolo della proprietaria.
E quando la punta della bacchetta illuminò una figura poggiata al banco, sentì il suo cuore mancare un colpo.
Era una ragazza, dall’aspetto minuto e così fragile, che non provare il desiderio di proteggerla era impossibile.
Una lunga cascata di capelli corvini si riversavano sulle braccia conserte e sul viso, abbandonato su di esse.
La carnagione così diafana, era resa quasi trasparente dalla luce fioca della bacchetta.
Lunghe ciglia nere coprivano quei due smeraldi che sapevano incantare, andando a sfiorare leggermente la pelle sotto l’occhio, umida e arrossata.
Senza controllo, sentì il suo braccio muoversi e la sua mano andare a sfiorarle il viso con gentilezza, raccogliendo tra quelle dita sottili e affusolate, lacrime amare, che gli strinsero il cuore e gli provocarono una serie di fitte che si diffusero per tutto il petto.
Tracciò il profilo di quella guancia liscia – e incredibilmente morbida al tatto – fino ad incontrare le sue labbra con lo sguardo.

Piccoli spicchi di albicocca, socchiusi e invitanti.
Sentiva il suo corpo muoversi senza controllo alcuno, mentre, ancora una volta, si ritrovava ad avvicinare il suo viso a quello di lei. Così vicino, da sentire il dolce respiro di albicocca entrargli in bocca e riempirgli il petto, guarendolo da dolorose fitte.
Dio solo sa cosa quella sera fermò Draco Malfoy dal rubare un bacio ad Alexandra Black.
Forse la sua espressione dolcemente addormentata.
Forse le lacrime che ancora le bagnavano le guance.

Forse, perchè voleva baciarla solo quando anche lei avrebbe potuto ricordare.
Fatto sta che, in quel momento, Draco Malfoy riuscì ad avere così tanto auto-controllo, da allontanarsi lentamente e lasciarla dormire, autoinfliggendosi un dolore assurdo.
Si limitò ad accarezzarle ancora la guancia e a scostarle i capelli da viso, per riporli, con gentilezza, dietro le orecchie.

Era stranamente fredda.
Il suo sguardo scese a controllarle il vestiario e notò che era coperta solo da una camicetta troppo leggera.
Sospirò, quasi intenerito da quella sbadataggine, e si levò il maglione, posandoglielo delicatamente sulle spalle. Poi, riprese a sfiorarle il viso con morbide carezze.
Mentre un sorriso sincero dipingeva quelle labbra che erano abitutate a piegarsi solamente in ghigni sprezzanti e altezzosi, abbandonò di malavoglia quei piccoli gesti, per accendere, con un gesto di bacchetta, alcune fiaccole e rischiarare la stanza.
Rimase ad osservarla, ma non avrebbe saputo dire per quanto tempo.
Guardava il suo profilo dai lineamenti delicati – e ancora un po’ da bambina – teneramente rischiarati dalla luce tremolante della candela che aveva affianco.
Controllava, con serenità, il petto e le spalle alzarsi e abbassarsi al ritmo di un respiro regolare.
Il suo sguardo cadde sulla mano destra, chiusa leggermente a pugno. Assottigliò gli occhi per vedere meglio, e notò che sul dorso c’era una rossa impronta di denti, che ne scalfivano la pelle delicata.
Tese una mano e accarezzò la sua che, immediatamente, si dischiuse e andò ad intrecciarsi, con naturalezza, a quella del ragazzo.
Lo sguardo argenteo corse sul viso della Black, e la vide ancora dolcemente addormentata, solo che adesso la sua espressione si era fatta più rilassata.
Respirò piano, avvertendo uno strano dolore al petto, stranamente piacevole.
Restò a guardarla ancora, prima di districare con gentilezza le loro dita e cominciare a preparare la pozione, lanciandole, di tanto in tanto, qualche occhiata, quasi avesse paura di vederla scomparire sotto i suoi occhi.

Era sua, e non l’avrebbe lasciata a nessun altro.

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x HermioneForever92: Ciao!^^ E così, eccoti qui un nuovo capitolo, spero ti sia piaciuto^^ Mi fa piacere che tu abbia notato il riferimento al basilisco, in quella frase, perché era quello il mio intento, anche se non tutti potevano capirlo! Bhe, come al solito, grazie mille per i complimenti e continua a farmi sapere che ne pensi ^.-
Un bacione, Ada =*


x elita: Ehilà!^^ Giuro che mentre leggevo la tua recensione, mi sbellicavo da sola dalle risate, tanto che i miei mi avranno presa per matta xD Hai visto, comunque, stavolta ho postato presto!^.- Come al solito, grazie per i complimenti, riescono sempre a sollevarmi il morale! Comunque si, dovrai aspettare così tanto prima che qualcuno lo scopra, mi dispiace *diventa piccola piccola davanti alla parcella dello psicologo* Non è colpa mia!ç___ç Sono i capitoli che se ne vanno per i cavoletti loro *li rincorre* xD
In ogni caso, spero che continuerai comunque a seguirmi, anche se dovrai frequentare uno psicologo xD Mi farebbe piacere anche scambiare due chiacchiere via msn, così magari ti faccio io da psicologa e non devi pagare nessuno xD
Bhe, spero come al solito che questo capitolo ti sia piaciuto! Fammi sapere che ne pensi, un bacione, Ada =*


x _bambolina_: Ciao!^^ Eccoti il nuovo capitolo, hai visto che stavolta non ci ho messo tanto? ^.- Grazie mille per i complimenti che mi fai *///////* *si inchina, onorata*
Bhe, spero che questo capitolo ti sia piaciuto, fammi sapere che ne pensi!
Un bacione, Ada =*


x alice brendon cullen: Ehi!^^ Ecco qui il nuovo capitolo, questa volta sono riuscita a postarlo in un tempo decente! Spero ti sia piaciuto, fammi sapere che ne pensi!
Un bacione, Ada =*


PS: Per tutti coloro a cui andasse di parlare via msn con me, per scambiare due chiacchiere da scrittore a scrittore ( o lettore xD) il mio contatto è: juja_heart@hotmail.com
Aggiungetemi, se vi va ^.-

Al prossimo capitolo!
Ada

   
 
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