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Autore: Pandora_2_Vertigo    31/05/2016    1 recensioni
La storia di Kristina non è terminata. Seguito di Sangue Misto. Caldamente consigliato leggere la prima parte per poter capire Chiaro di Luna e i suoi personaggi.
Dal capitolo III
"...
Quel profumo ha risvegliato in me una catasta di emozioni.
Gioia, so a chi appartiene, lo riconosco ancora nonostante sia passato un secolo dall’ultima volta che l’ho sentito;
Rabbia, per come quella persona è svanita dalla mia vita, all’improvviso;
Preoccupazione, non so come si sia salvato, se stava bene, se era ferito…se è ancora come lo ricordo;
Curiosità, è davvero lui? O mi sto sognando tutto?
Paura, se mi sto sbagliando? Se non è lui, ma un volgare vampiro affamato? E se anche è lui, se è cambiato?
..."
Genere: Azione | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Kristina'
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7.

Il lavoro al bar è terminato, che bello rincasare, rilassandosi.
Subito indosso qualcosa di più comodo: tuta.
Mi infilo i pantaloni blu, felpati, tolgo la camicia che indossavo al lavoro. Passano davanti allo specchio sorrido al mio riflesso, un bel corpo modellato dall’allenamento costante. Accarezzo i ricami del mio reggiseno, adoro quel capo intimo.
Suonano insistentemente alla porta. Corro subito ad aprire, non ricordandomi di essere mezza nuda.
Per fortuna è Will, indossa la divisa da poliziotto che tanto gli dona.
- Ciao, dimmi tutto – dico facendolo accomodare.
Lui entra, richiude la porta dietro di se. Mi prende per un braccio e mi trascina a se, cercando di baciarmi.
Mi scanso evitando le sue labbra.
Lo vedo indispettirsi.
- che ti prende Kris? Non ti vado più?
- Forse è il caso di smetterla, non ti pare? In fondo sei sposato!
- Non è da oggi che lo sono.
- Lo so, appunto per questo. Diamoci un taglio.
Allenta la presa, mi allontano di un paio di passi.
- è per il ragazzo che c’era stamattina al bar? – riprende dopo qualche secondo.
- Si…no… anche. Dovresti cercare di essere felice con Monica. – dico un po’ titubante.
Si lascia andare sul divano, mettendosi le mani tra i capelli. Sbuffa.
- con Monica ormai è finita da un bel po’…
- ma non è mai troppo tardi William! Riconquistala. – lo incito inginocchiandomi affianco a lui.
Lo vedo sorridere amaro, sarcastico. Mi prende il viso tra le mani, accarezzandolo.
Conosco quell’atteggiamento in lui, è quello arrendevole di quando si lascia convincere, ed è facile, basta fare gli occhioni dolci.
Suona di nuovo al campanello.
Distolgo lo sguardo dal mio amico, mi rialzo agile e vado ad aprire.
Quando inquadro Julian, rimango a bocca aperta.
A pare la sua solita bellezza abbagliante e l’impeccabile abbigliamento che lo contraddistingue, lo vedo squadrarmi dalla testa ai piedi, così mi ricordo di essere ancora senza maglia, con un ospite in casa. Lo faccio entrare e subito vado a recuperare qualche indumento.
- forse sono arrivato nel momento sbagliato – comincia con la sua voce calda e bassa.
Mi volto verso di lui. È girato in direzione di Will, lo sta osservando mettersi la giacca.
- No tranquillo, Will se ne stava giusto andando, vero? – dico indicando al mio amico la porta, con un gesto impercettibile della testa.
Lui cupo annuisce e si defila.
Una volta chiusa la porta mi rivesto, sono imbarazzatissima. Mi ha trovata mezza nuda con un uomo che Erika gli ha rivelato essere stato un mio compagno.
- chissà cosa starai pensando di me, ora – esordisco.
Sono nervosa, non riesco a stare ferma, mi torturo le mani in continuazione.
Cerco di spiegarmi, ma non mi lascia parlare, cambia poi discorso, mentre si avvicina al tavolo e vi getta qualcosa sopra, ma non vi presto molta attenzione.
- So chi sono gli emissari. – lo sento concludere.
Mi concentro su quelle ultime parole. Ecco la parte buia della mia vita che torna a ripresentarsi.
Subito mi dirigo verso di lui, guardo sul tavolo e scorgo un piccolo libricino nero, in pelle. Lo raccolgo, lo apro. Ogni pagina è ricoperta da una scrittura minuta, fine, un po’ obliqua, ma non riesco a decifrarla.
- ma che lingua è?
- Italiano – risponde prendendomi il libricino dalle mani – Lucio aveva origini mediterranee.
- e cosa dice?
- Ci sono molte informazioni utili.
Parlando si avvicina al sofà e vi si accomoda, accavallando leggermente le gambe. Rimango appoggiata al tavolo in attesa di una spiegazione che non arriva. Sfoglia le pagine, vedo i suoi occhi muoversi rapidi a destra e sinistra, leggendo fulmineo.
L’impazienza e la curiosità mi divorano, non riesco a stare zitta.
- Quindi? Spiegami!
- Si certo. Ti ricordi di Samuel?
A sentire quel nome, mi passa un brivido lungo la schiena, scuotendomi tutta. Come dimenticare quell’essere spregevole. Annuisco.
- Faceva parte di un clun.
Lo guardo senza capire.
- Kris sai cos’è un clun?
Faccio segno di no con la testa.
- non sei molto esperta allora. Si tratta di una….congregazione. Un’associazione, una famiglia. Chiamala come preferisci. In sostanza un insieme di vampiri che collaborano per sopravvivere al meglio.
- Ma lui era solo…
- In quel periodo si….ma a quando sono riuscito a tradurre, era uno dei fondatori di questo clun.
- Ah. Questo cosa significa?
- Che i suoi amici reclamano un capo. Il capo è morto, così reclamano vendetta.
Mi rivolgo subito al passato, a quella sera, lo scontro, il dolore, la perdita.
Ma soprattutto lo sparo, partito dalla pistola di mio fratello, quello che mi aveva salvato la vita.
Quello che ha condannato la sua.
- cosa possiamo fare?
- Ben poco, se non ucciderli tutti, ma questo lo vedo difficile.
Mi incupisco.
- quanti sono? Ce la potrei fare?
- Dubito.
- E se tu mi aiutassi?
- Sono troppi.
- Quanti?
- Nessuno lo sa con certezza.
- E se ci ragionassimo? Troveremmo un compromesso?
- Tu vuoi ragionare con un clun? – scoppia in una fragorosa risata.
- È così assurdo?
- Abbastanza – dice ritornando serio.
Rimango pensierosa. Ci sarà pur una via d’uscita. Lo vedo alzarsi, prendermi la giacca e porgermela. Lo guardo sbattendo le palpebre un paio di volte.
- dobbiamo andare, è buio, è tardi.
Guardo l’orologio. Sono le 11 passate, si è tardi.
- aspetta, che mi cambio.
Prendo dei vestiti dall’armadio. Aspetto si giri, invece si accomoda nuovamente sul divano.
- ti dispiacerebbe uscire?
- In effetti si.
- Fuori!
- Perché? Non vedrei niente di nuovo!
Afferro una scarpa dal pavimento e gliela lancio. La blocca con la mano e ride. Si alza, mi si avvicina. Arretro, fino a scontrarmi col muro. Storta la bocca in un sorriso, si appoggia a me, lo sento vicino, adeso, il suo profumo che intorpidisce la mente. Mi appoggia delicatamente la scarpa sui vestiti che tengo in mano.
Allunga il collo e posa le labbra sotto il mio orecchio. Respira freddo sulla mia pelle calda, bollente. Il battito aumenta, il respiro pure.
Tengo gli occhi fissi sulla pelle chiara del suo collo. Una fitta allo stomaco, la gola secca.
No, non di nuovo.
Con una mano cerco di allontanarlo da me.
È sorridente, ma quando incrocia il mio sguardo capisce che qualcosa non va, la sua espressione muta, ritorna serio.
Corro in bagno, mi cambio. Quando ne esco la stanza è deserta, solo Titty che dorme nella sua cesta. Chiudo la porta e scendo le scale.
Lo trovo che mi aspetta davanti alla moto. Infilo il casco, accendo il motore e parto, senza nemmeno guardarlo negli occhi: troppa vergogna.
Accelero schivando le poche macchine in giro a quest’ora.
Poi un ombra, rapida, mi taglia la strada. Per evitarla sterzo, troppo. Non riesco a controllare il mio mezzo, che si imbarca, cerco di non cadere, ma l’asfalto si avvicina inevitabile.
Vedo le scintille della carena della moto sulla superficie dura della strada.
Riesco a frenare abbastanza prima di cadere, in modo da non farmi troppo male.
Striscio per un paio di metri, riparata dal giubbotto in pelle con le protezioni. La moto ferma la sua corsa addosso ad un palazzo, io poco distante.
Un po’ stordita mi metto seduta, tolgo il casco, lo appoggio per terra e scuoto la testa.
Che fortuna esser così resistente. Muovo gli arti, niente di rotto. Solo i jeans stracciati e qualche graffio, guariranno in fretta.
Mi guardo attorno.
Vedo la moto, qualche graffio pure lei, ma tutta intera. Poco distante una figura nell’ombra, scorgo solo i jeans e le scarpe, di marca.
- sei tutta intera? Non volevo farti cadere, davvero.– dice una voce allegra, maschile.
Non rispondo, ma vedo quelle gambe muoversi, un corpo uscire dall’oscurità.
Un ragazzo, no un uomo. Non riesco a dargli un età. Folti capelli castani, una cicatrice rossastra gli solca il volto, dalla fronte, passando per il sopracciglio destro, fino a metà guancia. L’occhio sembra non risentirne, iridi verdi e luminose.
Mi si inginocchia affianco, mi sorride e mi porge una mano. La afferro e mi aiuta a sollevarmi. Lo fa con estrema facilità, come fossi una piuma.
- Perdonami, non sei ferita, vero?
Ancora un po’ frastornata dalla botta ricevuta, faccio segno di no con la testa, ma non riesco a parlare. Lo osservo, ha qualcosa di strano.
I tratti delicati del suo volto sembrano attorniati da un alone di …normalità. Sembra la persona più pacifica del mondo eppure mi ha tagliato la strada mentre andavo in moto e non sono riuscita a vederlo.
- Bene. Davvero, non volevo che cadessi. Le mie intenzioni erano altre.
- C-come?
Mi si avvicina, mi annusa e storce il viso. Forse puzzo? Lo imito, strano eppure profumo.
- Sai di vampiro.
Faccio un passo indietro, sbalordita.
- Cosa!?!?!
- Hai capito bene. Eppure – mi afferra il volto e me lo sposta a destra e a sinistra – tu non lo sei, e non hai morsi sul collo.
Mi libero dalla presa delicata e retrocedo di un passo.
- Ma chi sei?
- Non temere. Sono un collega.- mi dice rassicurandomi con un sorriso.
- Collega?
- Un cacciatore?
- Ah. Che ne sai che io sono…
- So riconoscere chi è come me. Non mi credi?
- No...cioè, non ne ho mai conosciuti altri, oltre a mio fratello.
- Mai conosciuti? Com’è possibile? Siamo centinaia, forse migliaia.
- Davvero?
Veniamo interrotti da un rumore di passi.
Lui veloce, estrae una pistola dalla giacca e la carica.
Io mi volto in direzione del suono. Riconosco Julian che si avvicina.
Mi metto davanti allo sconosciuto e gli blocco la visuale.
- Fermo – gli urlo.
- Scansati, è un vampiro.
- Lo so benissimo, non sparare.
- E perché?
- È un amico.
- Non esistono vampiri amici.
- Kris. – entrambi ci voltiamo verso Julian. – tutto ok? Non arrivavi e sono tornato indietro a vedere che combinavi.
- Si tutto bene. Arrivo.
Guardo negli occhi il cacciatore, e muovo lentamente la testa facendo segno di no. Un lampo passa nei suoi occhi verdi, rabbia.
- lui è il nemico. – urla.
- No!
- Non puoi essergli amica. Ti ucciderà, berrà il tuo sangue!
- Lui non mi ucciderà. Ora metti giù la pistola. Posso fidarmi?
I suoi occhi si muovono veloci da me a Julian alle mie spalle. Alla fine sospira e ritira l’arma.
- grazie – gli sussurro. Riprendo il casco e lo infilo.
Vedo Julian partire, lo seguo.
Arriviamo in poco tempo da mio fratello. Con le chiavi apro il portone, salgo le scale e busso alla porta. Julian mi è dietro.
È Fred ad aprire. Quando vede me si incupisce, ma quando il suo sguardo si posa oltre le mie spalle vedo la sua fronte aggrottarsi.
- ciao Fred, facci entrare, abbiamo delle novità
- Lui non entra a casa mia.
- Perfetto, allora esci tu, o stiamo a parlare sul pianerottolo.
- Arrivo.
Rientra, lo sento parlare un attimo con Erika e poi esce con indosso una giacca.
Saliamo le scale fino al tetto del palazzo.
Ci disponiamo a cerchio e ci guardiamo in faccia, tutti e tre.
- cosa c’è di così urgente da disturbare la gente a quest’ora – brontola.
Da quando Erika aspetta un bambino è diventato insopportabile, manco fosse lui incinto.
- julian ha scoperto qualcosa.
- Non mi fido di quello che dice lui. – grugnisce.
Testardo!
- dovresti invece! Stanno cercando di vendicare Samuel, per quello cercano te!
- Non gli credo.
- Per favore, non fare il bambino! Tu più di tutti dovresti capire la gravità della situazione.
- La ragazza ha ragione Fred.
Una voce dalla porta delle scale. Ci voltiamo. Una nuvola di fumo aleggia nell’aria. Una figura maschile appoggiata allo stipite della porta.
Si risolleva, fa n ultimo tiro alla sigaretta e la butta via. Camminando entra nel cono di luce che la luna dal cielo proietta sul tetto del palazzo. Capelli castani, occhi verdi, cicatrice.
- tu che ci fai qui!?!? – gli urlo contro.- mi hai seguita!
- Kris, ma che dici – mi rimprovera mio fratello. – Josh è una vita che non ci vediamo!
Josh? Vita? Vediamo?
Mi sono persa qualcosa?
Si stringono la mano e si danno pacche sulla schiena, come vecchi amici. Sbalordita mi volto verso Julian, che è rimasto impassibile alla scena. Su di lui ora non posso contare.
- scusate, vorreste spiegare anche a noi? Chi sarebbe?
- Lui è Josh.
- Grazie ne so quanto prima – sbuffo.
- È un vecchio amico e collega, ci siamo salvati la vita a vicenda un paio di volte.
- Ah, ecco.
Mi porge la mano, come per stringerla. Allungo la mia, ma con grande eleganza, la afferra, si inginocchia e me la bacia.
- scusa, non ho avuto il tempo di presentarmi prima. Incantato da tanta bellezza.
A sentire queste parole avvampo di rossore, mentre si rialza leggiadro per accostarsi un po’ di più al mio volto.
- posso sapere il tuo nome? – aggiunge lieve.
Continuo a fissarlo negli occhi, ammaliatori, come i suoi modi gentili.
- lei è mia sorella Kristina.
- molto lieto.
Sorride. Un sorriso candido e puro. Luminoso, come i suoi occhi.
- e il simpaticone chi sarebbe?- dice Josh in direzione del vampiro.
Mi volto verso di li, sguardo serio, impenetrabile. Impossibile sapere cosa pensi. Di sicuro non è a suo agio con tre cacciatori.
- lui è Julian! – urlo isterica.
Perché sono così nervosa?
I due si salutano con un cenno della testa, segno che non vi saranno ulteriori manifestazioni di affetto.
 
 
L’odore che emana non è certo dei migliori.
Sa di fumo, dovuto alla sigaretta appena gettata, e di…benzina.
Com’è possibile?
Certo non è un buon odore.
Si solleva dalla porta a cui è appoggiato e si avvicina al gruppo. I suoi compagni lo riconoscono solo quando illuminato dal chiaro di luna. La cicatrice rossastra spicca sul suo volto ovale, quasi quando gli occhi smeraldo, luminosi e svegli.
Non gli piace.
A parte essere un cacciatore, il che basta a causargli una normale repulsione, ha qualcosa che lo infastidisce.
A pelle, non lo sopporta.
Kristina urla a vederlo, la scena è quasi comica, gli viene da ridere, ma si trattiene e rimane impassibile.
Lo sorprende però che i due cacciatori si conoscano. Questo non se l’aspettava. Cerca comunque di non mutare la sua maschera di estraneità. Eppure l’odore ora è ancora più forte.
Dà fastidio alle narici, quasi brucia.
Smette di respirare.
Forse è un bene che sia così concentrato, altrimenti si sarebbe scomposto alla scena successiva.
Un baciamano.
Cosa gli tocca vedere. Ma da dove arriva? Dall’ottocento?
E lei? Arrossisce, diventa paonazza.
Si sente subito indispettito, ma non vuole darlo a vedere.
La maschera che porta sul volto, quell’espressione così anonima ed estranea, si indurisce ancora di più, mentre dentro di lui il fuoco arde.
Un braciere che si consuma piano piano, lentamente. Che sia gelosia? No, non vuole ammetterlo a se stesso.
È quell’odore. È quello che gli provoca fastidio, che non sopporta.
È tentato di fare un passo indietro, per diminuire il fastidio. Ma poi lei si volta a guardarlo, a studiarlo. Ogni muscolo si blocca, la copertura ora riguarda tutto il corpo, deve resistere e sopportare.
Vengono presentati, si salutano con un gesto della testa. Già si odiano.
Come dal primo momento che si sono visti: lui l’ha minacciato con una pistola. Avrebbe reagito, ma Kris si è subito messa in mezzo.
Se non ci fosse stata lei, sarebbe stato un bello scontro, non c’è che dire. Se fosse stato umano l’adrenalina avrebbe pervaso il suo corpo. Invece, in qualità di non morto, ha percepito la sete del suo sangue, quella bramosia di ucciderlo, le mani gli prudevano, sentiva quasi i denti affinati dolergli.
Poi l’istinto ha avuto la peggio e la ragione ha vinto.
Josh, così si chiama il nuovo venuto, ora è al centro dell’attenzione. Gli altri due pendono dalle sua labbra, lui si gode il momento, gli piace comandare il gioco, si vede.
Sbruffone, pensa.
In fondo si assomigliano.
Lo ascolta parlare. La voce è allegra, vivace, troppo alta.
Nemmeno questo gli piace.
- Sono venuto qui da Los Angeles, perché ho sentito strane voci. Si parlava di una cacciatore nei guai qua a Denver. Sapevo che tu, amico mio, bazzicavi nei dintorni, e siccome ti sono ancora debitore di un favore, ho deciso di venire a controllare.
- In effetti la situazione non è rosea. Lo cercano.- commenta lei.
- Ora vediamo di non esagerare - il fratello si intromette.
- Non sto esagerando! Sei in sei guai.
- Calma calma. – sorride mellifluo l’altro.
Vede lei lasciarsi abbindolare.
Di nuovo quel fuoco dentro. Stringe il pugno, per sfogare un po’ di energia, poi si rilassa. Meglio.
Nota lei studiarlo, con la coda dell’occhio puntata proprio verso la sua mano.
Si maledice, si è fatto vedere arrabbiato, nervoso.
I loro occhi si incrociano, si legano, quelli di lei sembrano chiedergli qualcosa. Distoglie lo sguardo. Prende la parola.
- Si tratta di un clan molto potente. – dice cupo.
Ora anche gli altri due lo stanno guardando, scorge diffidenza nei loro occhi. Come non biasimarli. Rappresenta il loro principale nemico, la fonte dei loro guai.
Invece se lo ritrovano come alleato. Bizzarro se non altro.
- Sentiamo, quale? – lo sfida il nuovo venuto.
Quanto vorrebbe ringhiargli contro, saltargli addosso e stenderlo. Il suo sangue non lo vuole, anzi. Ma un pugno in faccia glielo darebbe volentieri.
Invece si trattiene, ancora.
Più tardi dovrà sfogarsi in qualche modo.
- I Takeda.
Lo vede accigliarsi, sorpreso.
Anche Fred mostra segni di nervosismo.
Un sorrisino sarcastico gli compare sul volto, un punto a suo favore.
- Scusate, navigo nell’ignoranza, spiegate anche a me? – dice timidamente Kris
- Si tratta di un clan di New York – cominciasuo fratello – che spazia tra Chinatown e Little Italy. Ormai le due comunità sono molto cresciute, e così il clan di vampiri a loro connesso. Anche se ai vertici trovi personalità che non centrano molto.
- Infatti – interviene l’altro – I Takeda fondatori ormai si sono estinti, ne rimangono solo poche tracce in alcuni vampiri di sangue misto, comandanti indegni di questa organizzazione. L’altro capo…
- L’ho ucciso io.
- Vampiri di sangue misto? – chiede lei.
- Generati da vampiri di sangue puro.
Conosce già tutte queste cose, il discorso lo annoia. Si concentra su altro mente i suoi compagni continuano a parlare.
Studia il volto di lei, le espressioni buffe che cambiano in continuazione. La vede focalizzata su suo fratello che le spiega cose a lei ignote. È concentrata, gli occhi brillano di voglia di conoscere, di sapere. Li vede muoversi in direzione delle voci che le illustrano la situazione. Da uno all’altro dei suoi oratori.
- Quindi secondo voi cosa dovremmo fare?
- Siamo 3 - comincia Josh poi si volta nella sua direzione – o quattro. Non possiamo attaccarli noi.
- Siamo tre – risponde lei – Fred non parteciperà.
- Non decidi tu per me!
- Invece sì, visto che tu non pensi alla tua famiglia lo farò te. Tu non fai proprio nulla.
Una risata riempie l’aria, vitale, energica.
Proviene da Josh.
Nemmeno questo riesce a sopportare, l’ha distratto dai suoi pensieri.
Infastidito si volta, comincia a camminare attratto da un rumore impercettibile. Gli altri non lo considerano al momento, meglio così. Si affaccia di sotto e guarda in strada.
Nessuno.
Guarda il palazzo di fronte. Un ombra proprio davanti a se. Si irrigidisce.
Si espone alla luce della luna. Si tratta di un vampiro. Sta sorridendo.
Male, molto male.
Lo vede rigirarsi qualcosa tra le mani, riflette la poca luce che proviene dal cielo. Poi alza la testa come a indicare qualcosa, segue il suo sguardo. È diretto agli altri tre.
Si sente come se il sangue gli si ghiacciasse nelle vene.
I suoi compagni stanno parlando tra di loro, non si sono accorti di nulla.
Si rivolge nuovamente al vampiro. Ora riconosce cosa tiene in mano: un pugnale.
Vede il suo ghigno deformarsi, portare il braccio con cui tiene l’arma dietro la testa.
Sta per lanciare.
- A terra !– grida.
Ma sa che non sarà sufficiente.
L’arma è stata scagliata nello stesso istante in cui a urlato. Cerca di essere altrettanto rapido. Si getta sugl’altri per levarli dalla traiettoria del lancio.
Josh si è allontanato in tempo, riesce a proteggere Fred e a dare uno spintone a Kris, facendola cadere poco distante.
Il pugnale si conficca nella porta delle scale, con un rumore sordo.
Si rialzano, aiuta Fred e poi Kris che si massaggia la testa, l’avrà battuta nella caduta.
- Che peccato vi ho mancato! Non importa, sono qui solo a portare un invito.
L’ombra si avvicina sempre più a loro, ha saltato il vuoto tra i palazzi come niente e ora cammina indisturbato sul terrazzo. Gli stilavi che porta causano un forte rimbombo sul cemento.
- Di che si tratta? – dice josh.
- Siamo affascinati dalle vostre capacità umane, per questo, a nome del clan Takeda, vi invito a farvi trovare domani a mezzanotte esattamente qui. Vi condurrò ad un incontro molto speciale. Tutti e quattro ovviamente. Si tratta solo di un colloquio, nessuno si farà del male.
Si guardano tra di loro.
- D’accordo. – sentenzia Fred.
L’ombra si allontana con una risata sommessa.
Kris subito si lancia verso la porta. Con una certa fatica estrae il coltello conficcato e lo osserva.
Rimane ammirata dall’intarsiatura, ne segue i contorni con un dito. Li fa suoi.
Estrae dalla borsa che porta a tracolla la sua arma.
La confronta con questa.
L’elaborazione dell’elsa è identica.
Guarda suo fratello, poi di nuovo le armi che stringe tra le mani.
Lui si incupisce, lei lo guarda, gli occhi persi, non capisce.
- Vieni in casa Kris, dobbiamo parlare.
Chiedo perdono per il ritardo, buona lettura. Pandora
  
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