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Autore: Tsuki82    02/06/2016    0 recensioni
...le si era scagliato contro come un lupo affamato...e finalmente seguì l'incoscienza, l'oblio...e rimase solo il nero ignoto del nulla...
Non si può mai sapere quando il caso giocherà la sua ultima carta ma ciò che ci rende migliori alla fine sono i ricordi e se questi vengono a mancare che cosa potrà mai succedere? Si può vivere vagando tra la gente come uno sconosciuto e non capire perché tutti si voltano a guardare? E quanto è vicina la pazzia in questi casi?
Scopritelo con me, in un viaggio che sconvolge le regole di un uomo e di una donna che si cercano all'infinito. Buona lettura.
Genere: Azione, Drammatico, Erotico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Kaori/Greta, Ryo Saeba/Hunter
Note: Lime, OOC, What if? | Avvertimenti: Contenuti forti | Contesto: City Hunter
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Mick se ne stava seduto sul davanzale della finestra, guardando dritto di fronte a lui. Un sorriso triste gli si affacciò sul volto, poi scomparve appena le finestre dell’appartamento davanti a lui vennero chiuse.
“Kaori è appena andata via?” domandò Kazue, avvicinandosi e mettendogli una mano sulla spalla. La bloccò in un abbraccio molto intimo e accennò un sì con la testa, “Non doveva finire così!” esclamò pieno di tristezza.
“Lo so.” Disse la dottoressa, massaggiandogli la schiena con la mano, cercando di consolarlo, “ tutti speravamo in un finale diverso.”
Anche lei era triste. Sapeva che quello non era un addio definitivo eppure era come se un muro si fosse appena alzato tra tutti loro. Mick la baciò dolcemente sulle labbra, ridestandola dai suoi pensieri, “Darling, vado a farmi un giro, non mi aspettare sveglia!”
Kazue sorrise comprensiva, “Fammi sapere dove vive, così le farò una sorpresa!” rispose dolcemente. L’uomo uscì accennando un ok con la mano e  s’incamminò ripercorrendo i passi della donna.

Kaori camminava assorta nei suoi pensieri. Quando finalmente rimase sola con Ryo cercò di spiegargli cos’era successo, ma quello non volle ascoltarla.
“Non so se ti tenessi con me per pietà o per altro, ma non sono più quell’uomo e restare qui non ti è possibile!”
Il linguaggio del corpo parlava meglio di lui. Era nervoso, infastidito e deluso. Non solo si era cacciata in un guaio che li poteva far morire tutti ma, cosa ancora più importante, aveva permesso che qualcuno violasse incontrollato quella csa e per chi faceva quel ‘tipo’ di lavoro, la casa era fondamentale.
Kaori non aveva proferito parola, si era limitata ad abbassare la testa, contrita e costernata. Non aveva neppure provato a discolparsi e aveva fatto bene. Le bombe scoppiate aveva distrutto mezza casa risparmiando giusto la cucina e la camera da letto di Ryo, ma salone, bagno e le altre stanze erano praticamente distrutte.

Andando via, gli aveva lasciato sul tavolo un libretto bancario, in cui aveva versato tutti i soldi guadagnati in quell’anno. Non erano molti ma di sicuro, servivano più a lui che a lei ed in fondo era giusto che pagasse per il suo errore.
Non le aveva permesso di spiegare nulla ed in silenzio, com’era arrivata, se n’era andata dalla sua vita, per sempre. Adesso percorreva tacita la strada verso il parco, da lì, ritornare al vecchio appartamento di suo fratello richiedeva solo pochi minuti di cammino e in quel momento camminare era un sollievo.  Poteva ripercorrere tutta la sua vita senza essere disturbata da inutili domande. Neppure lei sapeva dire se era terribilmente triste o tremendamente infelice, ad ogni modo quella fine era la sola cosa di cui era sicura.

L’aveva sempre immaginata come unica soluzione di quel rapporto. I sogni e le speranze che aveva accompagnato le sue più rosee aspettative finiva sempre in quel modo. Ma le sembrò meno doloro di quanto immaginava. Adesso non le restava che rimettere insieme i pezzi di ciò che era e andare avanti.
Entrò in quella vecchia casa, sfitta da quando era morto Hideyuki, ed iniziò a sistemarla affinché fosse di nuovo abitabile. Mick la osservò da un vicolo. Non era molto lontana dalla zona dei piaceri di Shinjuku ma almeno lì sarebbe stata al sicuro e, se lui e gli altri, non si fossero più immischiati nella sua vita, avrebbe potuto trovare la felicità di una vita normale che le aveva sempre auspicato Ryo.
Attese qualche altro minuto e, spegnendo in terra la sigaretta, le fece lo stesso cenno d’addio di quel giorno, quando il suo aereo esplose nel cielo. Anche lui, come Ryo, Umibozu, Miki e Kazue, aveva i suoi demoni, non poteva occuparsi pure di quelli di Kaori, ma era certo che non ci sarebbero stati grandi problemi per lei.

Sospirò, indeciso e un po’ preoccupata, poi tornò sui suoi passi, per riferire alla dottoressa ciò che sapeva.
Kaori lo vide andare via e sorrise. Almeno aveva ancora degli amici.
Passarono alcuni giorni di silenzio. Tutti avevano ripreso le loro vite, solo Saeko continuava ad indagare spasmodicamente. Voleva delle risposte e stavolta le voleva complete.
Ryo si era rimesso a lavorare come City Hunter, aiutato da Mick e una sera, tornando da un bar a luci rosse, affrontò quella questione che prima lo aveva ricondotto a Tokyo.
“Mick….” Iniziò con voce seria ma l’altro l’interruppe con un gesto.
“Non farmi domande, Ryo. Quel passato che abbiamo condiviso a Los Angeles non esiste più e non ti dirò nulla di ciò che accadde all’epoca. Fatti bastare ciò che abbiamo adesso. Il vecchio duo è tornato. City Hunter non cesserà mai di esistere.” Gli rispose con voce stanca.
“Perché non vuoi parlare?”  incalzò lo sweeper.
L’americano sorrise, “Hai deciso di non voler ricordare lei, ma vuoi ricordare il resto? Impossibile! O tutto il pacchetto o niente!”
Ryo sembrò riflettere a quelle parole, ma il significato gli sfuggiva di mente.
“Non ti scervellare troppo!” esclamò divertito Mick, “Se vuoi ricordare quel passato un modo c’è. Ricordati di Kaori e vedrai che il resto tornerà da solo.” Lo salutò con la mano e, bava alla bocca, salì le scale per andarsi a prendere il premio dei suoi sforzi giornalieri.
Ryo sorrise e per un attimo s’immaginò fare lo stesso con Kaori. Rientrare in casa e trovarla sola, preoccupata, in sua attesa, pronta a riceverlo con….. dolore!
Le si solito a quel punto gli tirava in testa un martello pesante. Scoppiò a ridere. Ma come gli era venuto in mente che quella ragazzina così esile e delicata avesse forza abbastanza per brandire cosi del genere?

Si passò una mano tra i capelli e sentì al tatto la cicatrice, altro ricordo legato a lei, da quel che sapeva. Sospirò, deluso di non poter ricostruire quella parte di passato legata a Mick, e si diresse verso casa, ma si fermò vedendo dei fari arrivare.
L’auto inchiodò a pochi centimetri da lui e Uragami, vestito di tutto punto, scese per fronteggiarlo. Ryo si stupì. Era come guardarsi allo specchio e riscoprirsi con un’altra identità.

“Possiamo parlare?” domandò l’altro, la voce ferma.
Lo sweeper accennò un sì e gli fece cenno di seguirlo.
La casa non era ancora del tutto sistemata, lui, Mick e Umibozu lavoravano a ritmi serrati ma ci sarebbe voluto del tempo per finire. Fece accomodare il suo ospite su un divano nuovo e poggiò davanti a lui due bicchieri e una bottiglia di whisky di gran marca.
“Vedo che state ristrutturando. Anche questo tavolino è nuovo?” domandò, guardandosi intorno.
“Mercatino dell’usato, in effetti. Comunque sì. Il tuo amico mi ha distrutto l’appartamento.” Rispose duramente. Uragami tacque e abbassò il capo.
“Cosa ti porta da me? Vuoi offrirmi un lavoro per farti perdonare?” lo prese in giro.
L’umo si alzò di scatto e si mise in ginocchio abbassando la testa, “È stata solo colpa mia!” esclamò contrito, “Sono stato io a rivelare la posizione di questa casa a Iwadate. Mi minacciava da più di un anno usando mi figlia come ostaggio. Kaori non ha colpe, davvero!”
Ryo accavallò le gambe, bevve un sorso di whisky e si accese una sigaretta, “Tu credi?” chiese ironico “Ma non si è accorta che qualcuno aveva violato questa casa. Ha colpa, invece! Chi fa questo lavoro deve avere un luogo sicuro a cui tornare.” Fece un altro tiro e rilasciò il fumo verso il suo ospite, “Comunque anche tu hai le tue. Già una volta ho salvato tua figlia, mi hanno detto e mi hai tradito. Come posso essere sicuro che non lo farai di nuovo?”
Uragami sollevò il volto, “Non lo farò. Dopo quello che è successo puoi star sicuro che non accadrà ancora!”
La voce era decisa, anche se tradiva ansia. Si squadrarono un attimo e poi gli fece cenno di tornare a sedere.
“Che cosa volevi dirmi, davvero?” domandò Ryo incuriosito.
“Volevo…” tentò quello ma si bloccò. Non era facile parlare di certe cose. Sospirò e cercò dentro di sé il coraggio per continuare, “Volevo sapere se sei interessato a lei.” Non ottenne risposta, adesso che aveva iniziato non poteva fermarsi, “Lei ti ama, o almeno ama quello che eri prima dell’amnesia e lottare contro qualcuno come te è difficile se non impossibile. Ci vorrà del tempo ma potrebbe anche dimenticarti….”
“In pratica ne sei innamorato, giusto?” chiese stoico.
“Sì, la voglio per me!” rispose Uragami.
“Ma l’hai già avuta!” fece Ryo prendendolo alla sprovvista. Uragami abbassò la testa e accennò un no, “Era solo una farsa. Dovevamo fare quell’impressione per ingannare Iwadate ma non l’ho mai toccata in quel senso. Ammetto che per un secondo sono stato tentato, ma non potevo, non a lei e men che meno a te. Non per paura di una tua ritorsione, ma per rispetto. Rispetto di ciò che rappresenti per lei.”
“Ovvero?” chiese sorseggiandon il suo whisky.
Uragami sorrise tristemente, “Il più grande amore della sua vita, l’unico per cui venderebbe volentieri l’anima, il solo che le resterà nel cuore per sempre.”
Ryo lo fissò inespressivo, “E tu vorresti una donna che ama un altro?”
L’uomo abbassò il capo, “Ho già messo in conto che potrebbe tornare da te in qualsiasi momento. Non so perché ma penso che io sia il solo con cui potrebbe essere felice davvero.” Fece una pausa, con voce carica di dolore e amore misti insieme, continuò, “Perché, somiglio a te. Non ti potrà mai dimenticare.”

Cadde il silenzio dopo quel discorso. Uragami finì il suo drink e si avvicinò alla porta ma si fermò un secondo in più sulla soglia, “Forse mi chiamerà con il tuo nome mentre faremo l’amore, ma fa niente. Il fatto che siamo così uguali gioca a mio favore, perché col tempo il tuo ricordo potrebbe fondersi con il mio e allora saprò che è finalmente  e solamente mia. Volevo dirti questo.” E se ne andò, ignaro di aver gettato un’ombra scura sul suo interlocutore.
  
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