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Autore: Selhin    03/06/2016    6 recensioni
Questa è una AU che tiene presente solo FF XIII e il suo finale ( perciò niente FF 13-2 né Lightning Returns ). E' una storia sviluppata in un ipotetico post game. Ogni capitolo sarà una One Shot e potrà anche essere letto singolarmente poiché non è solo una long ma anche una raccolta.
Tema: le Stagioni.
Pairing [ HopexLight ]
Cap 1 - Autunno - Wait for me
Cap 2 - Inverno - Decisions ( for the future )
Cap 3 - Primavera - Happy Birthday
Cap 4 - Estate - Can I have this dance?
Cap 5 - Nessuna Stagione - The Right Choice
Genere: Fluff, Sentimentale, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Hope, Lightning
Note: AU, Raccolta, What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'The Passing of Time'
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Premessa : per la lettura di questo capitolo è pressochè indispensabile aver letto anche il precedente poichè sono profondamente legati.
Detto questo, ci si rilegge alla fine, nelle note d'autore.
Buona lettura!



Fandom: Final Fantasy XIII

Pairing: Hope/Lightning

Personaggi: , Serah Farron, Lightning Farron, Hope Estheim

Tipologia: One Shot ( 3147 parole )

Genere: Sentimentale, Triste, Romantico

 

8° Argomento: Stagioni
40. Nessuna Stagione

 

 

 

The Right Choice

 

 

 

 



"
Remember the way things used to be
Four seasons with your love, will stay within me "




  Quando più tardi, quella sera, Snow e Serah rientrarono a casa trovarono Lightning sdraiata sul suo letto, nella sua stanza, completamente al buio. Sulle prime pensarono dormisse ma la mattina seguente, quando si alzarono, lei era ancora lì nella stessa identica posizione. Se ne stava rannicchiata su un fianco, una mano stringeva con forza il cuscino, il viso rivolto verso il muro, immobile.

Era strana, dannatamente strana.

Non l’avevano mai vista in quello stato e si spaventarono.

Serah le si avvicinò dolcemente, in silenzio le posò una mano sulla spalla. La sorella non reagì. Le parlò piano, le chiese cosa fosse successo ma l’altra si rifiutò di rispondere. Dopo parecchi minuti d’insistenza la più giovane delle Farron uscì dalla stanza chiudendosi la porta alle spalle.

Snow aveva in braccio la loro figlioletta di appena un anno e la guardò sinceramente preoccupato. Lei scosse la testa e sospirò.

Non avevano idea di cosa fosse accaduto fino a che non squillò il telefono.

Serah afferrò il ricevitore, alle sue orecchie arrivò la voce stanca e avvilita di Hope.

  - Posso parlare con Light? -

La ragazza rimase silenziosa per un po’, scrutando attenta la porta della stanza della sorella come se potesse attraversarla con lo sguardo. Scosse la testa anche se il ragazzo non poteva vederla.

  - Ho paura non sia un buon momento, è da ieri che è strana. Tu sai cosa le sia accaduto? -

Certo non poteva immaginare che fosse proprio lui la causa di tutto. Lo sentì sospirare preoccupato.

  - Sì, è colpa mia. Serah, devo parlarle, ho fatto un casino. -

Oltre ad apparirgli chiaramente preoccupato le sembrò anche spaventato. Cosa poteva mai aver fatto? Non credeva possibile che potessero litigare, Hope era sempre così premuroso e gentile, avrebbe fatto di tutto pur di non far soffrire Lightning, lo sapeva bene.

  - Ascolta, non so cosa sia successo ma se anche adesso te la passassi non ti ascolterebbe. Lasciale qualche giorno, va bene? -

Il ragazzo rimase in silenzio, Serah poteva avvertire tutta la sua ansia attraverso il ricevitore.

  - Sono sicura che si risolverà tutto, stai tranquillo. - lo rassicurò premurosa, passò qualche altro secondo di silenzio fatto di respiri pesanti, poi le sembrò quasi di poterlo vedere annuire poco convinto.

  - Va bene. - le rispose mentre si passava una mano sulle tempie e chiudeva la conversazione. Non aveva chiuso occhio quella notte e adesso era tormentato dall’emicrania. Un senso di colpa gli gravava sul cuore. Perché non l’aveva capito, perché si era lasciato trasportare? Doveva saperlo che lei non era pronta, non ancora.

Forse non lo sarebbe mai stata.

 

 

  Lasciò passare tre giorni consumandosi tra il senso di colpa, la paura di perderla e la voglia di correre da lei. Il telefono non squillò mai, nemmeno una volta. Non sapeva più cosa pensare, non sapeva più com’era giusto comportarsi. Serah gli aveva detto di darle tempo ma quanto ancora avrebbe dovuto aspettare?

Forse se si fosse precipitato da lei sarebbe stata costretta ad ascoltarlo. L’avrebbe persino implorata se glielo avesse chiesto. Non sarebbe mai riuscito a cancellare quello che provava, ma avrebbe provato a seppellirlo purché lei lo perdonasse. Ma poi, perdonarlo per cosa? Per essere innamorato di lei? Dentro di sé imprecò.

Voleva vederla, voleva sentire la sua voce, aveva bisogno di vedere quel sorriso appena accennato che riservava solo a lui. Lo avrebbe visto ancora? Sarebbe stato ancora lì per lui quel sorriso?

Riaprì gli occhi ritrovandosi a fissare il soffitto della sua stanza, ancora.

No.

Non poteva permettere che accadesse.

Non voleva rinunciare a vederla sorridere per una sua momentanea debolezza, per aver ceduto al desiderio di stringerla a sé. Si alzò e si vestì in fretta. Non l’avrebbe persa, non poteva aver faticato e aspettato tanto per rinunciare al primo ostacolo. Lightning era una che si teneva tutto dentro, che non si sfogava mai con gli altri, che non esternava mai il suo malessere. Era una di quelle persone che alla fine cedeva e crollava. Doveva fare qualcosa prima che fosse troppo tardi.

Con questi pensieri raggiunse Nuova Bodhum quasi senza accorgersene, tormentato dal conflitto che covava dentro. Parlarle a cuore aperto, dirle la verità oppure tacere?

Raggiunse la sua abitazione e bussò, era terrorizzato. Serah gli aprì, la figlia fra le braccia, lo guardò ma non sembrava sorpresa di vederlo lì. Abbassò lo sguardo e sospirò.

  - Ti avrei chiamato questa sera. -

Perché? Perché avrebbe dovuto essere lei a chiamarlo? Non riuscì a rispondere e rimase immobile a fissarla mentre gli voltava le spalle e spariva all’interno dell’abitazione. Tornò poco dopo, una busta fra le mani. Gliela porse.

  - Non l’ho letta ma so che è per te. -

Il ragazzo prese la carta, la mano gli tremava mentre estraeva un unico foglio.

 

Hope,

non mi dilungherò in frasi di circostanza.

Sono stata spostata d’istanza con la mia squadra,

devo recarmi nella parte più interna di Pulse.

Non ho idea di quando tornerò.

Non so cosa sia successo l’altro giorno,

ma qualsiasi cosa fosse va dimenticata.

Prima o poi so che capirai.

Per favore, non cercarmi.

A presto.

 

Lightning

 

No.

Non poteva capire.

Strinse il foglio nella mano, la carta si strappò in più punti. Sentì le lacrime pizzicargli gli occhi mentre fissava quelle parole nella speranza che mutassero. Che scomparissero. Non poteva essere vero, aveva sicuramente capito male. Continuava a leggere quelle parole ma non poteva fare niente per cambiarne il significato. Perché era stata così dura?

Perché non aveva cercato lei di capirlo?

Perché non lo aveva aspettato?

Era scappata. Aveva avuto paura ed era scappata.

Lei che avrebbe affrontato il Sanctum da sola una volta, lei che lo aveva addestrato a combattere, lei che si era buttata in battaglia mille volte.

Era scappata da lui.

  - … codarda. - la parola gli sfuggì dalle labbra.

Si voltò senza dare alcuna spiegazione a Serah che era rimasta lì a fissarlo e se ne andò.

Non aveva fatto in tempo.

Non era riuscito ad afferrarla.

 

 

  Aprì il cassetto con forza, prese alla svelta alcuni indumenti senza curarsi di quali fossero e li gettò quasi con rabbia all’interno di una grossa borsa scura. Fece la stessa cosa per il cassetto successivo e per quello dopo ancora. Nemmeno l’armadio fu risparmiato.

Sentiva qualcosa pungerle gli occhi, una rabbia incontrollata la pervase. Non poteva farsi sopraffare così, doveva reagire e fare quel che andava fatto. Sapeva che era la decisione più giusta eppure qualcosa dentro di lei sembrava volerle dire il contrario.

Forse si era sbagliata.

Strinse una maglietta color lavanda come se quel gesto potesse darle conforto. A Hope piaceva quella maglietta, le diceva sempre quanto le donasse quel colore anche se lei non era d’accordo.

Forse poteva ancora rimediare.

No, non era il momento per i ripensamenti, oramai aveva deciso. Era per il suo bene e prima o poi l’avrebbe capito anche lui. Lo sperava davvero.

  - Vai da qualche parte? -

La donna si voltò di scatto presa in contropiede. Avrebbe preferito non incontrare nessuno ma sua sorella aveva deciso di tornare a casa prima dal lavoro. Serah se ne stava sulla porta della sua stanza, immobile, negli occhi quasi un’accusa verso di lei.

Lightning si girò sospirando, non poteva sopportare quello sguardo, e riprese ad armeggiare con i vestiti in silenzio. Ripose nel cassetto la maglietta color lavanda, quella era meglio se restava lì.

  - Rispondimi Lightning! -

La rabbia nella voce della sorella minore la costrinse a voltarsi nuovamente. Sospirò.

  - Amodar ha deciso di spostare me e la mia unità. A quanto pare ci sono alcuni mostri che infestano non so quale parte di Pulse e… -

  - Stronzate. -

Lightning guardò la sorella incredula, non le si era mai rivolta in quel modo, mai.

  - Come scusa? -

Serah alzò le spalle. - Hai capito benissimo. Credo siano tutte stronzate, ammetti che stai scappando. -

La maggiore scosse il capo e non rispose tornando ad occuparsi del suo bagaglio. Non aveva affatto voglia di discutere con lei in quel momento.

  - Credi quel che ti pare, ma io devo andare. -

La ragazza la raggiunse, il tono della voce sempre più alto - Perché? -

  - Come perché? E’ il mio lavoro, sono un soldato ricordi? Vado dove mi dicono di andare. -

L’altra sospirò scuotendo il capo. - Cazzate, se volessi restare Amodar non te lo impedirebbe. Ma invece ti torna comodo andare, non è vero? Così puoi scappare da tutti, puoi evitare di affrontare i problemi. -

Il rumore sordo dell’impatto della propria mano sul viso della sorella irruppe per tutta la stanza. In tutta la sua vita, in anni di litigi mai, mai l’aveva colpita. Perché non era riuscita a trattenersi?

La guancia della ragazza si arrossò, gli occhi le si riempirono di lacrime ma non abbassò lo sguardo nemmeno per un secondo.

  - Sai Light, io non so cosa sia successo con Hope e francamente, non mi importa. Sono affari vostri. Ma quel ragazzo si sta corrodendo a causa di questo e credo si meriti delle spiegazioni da parte tua. Dimmi cos’ è che ti fa così tanta paura? Dici sempre che sei sola eppure quando qualcuno cerca di avvicinarsi tu lo cacci via. Perché? -

La donna tremò, sentiva gli occhi inumidirsi ma non avrebbe pianto.

  - Non lo so, va bene? So solo che sono io il problema. Per questo devo andare, è la cosa più giusta che possa fare, credimi. Devo farlo soprattutto per lui, questa cosa non va bene, non porterebbe nulla di buono. Anche se non vorrei, non vorrei proprio ma devo, devo andare! E’ per lui… -

Serah la guardò con tenerezza. Lightning le apparì fragile come non lo era mai stata e spaventata. Non l’aveva mai vista così indifesa. Istintivamente si allungò ad abbracciarla e si sentì per un momento come fosse lei la maggiore. La donna ricambiò la stretta ancora tremante incredula per quella confessione inaspettata.

  - Light, se adesso te ne vai lo rimpiangerai. Questo lo sai, non è vero? -

 

 

  Lightning sospirò appoggiandosi ad un muretto mentre osservava il sole tramontare dietro il mare. Stava aspettando il resto della sua squadra che ormai doveva arrivare a momenti. Avrebbero preso dei Chocobo e sarebbero partiti per chissà dove.

Non sapeva nemmeno tra quanto sarebbe tornata.

L’idea che partendo avrebbe definitivamente distrutto la sua amicizia con Hope la faceva impazzire ma continuava a ripetersi che quella era sicuramente la cosa migliore che potesse fare, come fosse stato un mantra per la sua salute mentale.  Chissà se sarebbe mai riuscito a perdonarla.

  - Così, è questa la tua decisione. -

Si voltò sorpresa da quella voce inaspettata. Era la seconda volta che si faceva cogliere alle spalle in quella maniera, doveva proprio essere la sua giornata no.

Hope la guardava fisso ad un paio di metri di distanza, l’espressione indecifrabile non le permetteva di capire cosa stesse pensando.

  - Pensi che tornerai? -

Lei abbassò lo sguardo, non riusciva a guardarlo direttamente negli occhi. - Probabilmente. -

  - Probabilmente. - ripeté lui lasciandosi sfuggire un sospiro.

Dopo un lunghissimo minuto di silenzio le si avvicinò, la lieve brezza che soffiava dal mare agitò i suoi capelli rosati nella sua direzione portando con sé il loro profumo. Avrebbe voluto poterli toccare per sentirne la consistenza morbida sotto alle dita ma si trattenne. Non sapeva cosa dirle, ogni frase che gli passava per la testa finiva in un’imprecazione o in un goffo tentativo di trattenerla. Non voleva apparirle ancora come un ragazzino immaturo. Fu lei a interrompere il silenzio.

  - Perché sei qui? -

Aveva cercato di mantenere la voce ferma e distaccata come sempre ma non era certa di esserci riuscita. Gli istanti di silenzio che preannunciavano una sua risposta le sembrarono infiniti. Voleva solo andarsene a porre fine a quella tortura.

  - Potrei farti la stessa domanda. -

Lightning ebbe un fremito. Credeva di esser stata chiara nella sua lettera, gli aveva scritto di non cercarla eppure lui era lì. Che fosse venuto per trattenerla? Non osava nemmeno pensarlo.

Che stupidaggine, perché dovrebbe?

Sospirò alzando le spalle senza guardarlo direttamente negli occhi, non trovando una risposta decente alla sua replica.

  - Hope, va’ a casa. -

Il ragazzo inclinò leggermente la testa corrucciando la fronte.

  - No. Non ti libererai di me così facilmente Light. -

Lei arrossì un po’ ma si voltò in fretta nascondendo il viso. Perché era così testardo? Non lo capiva che più faceva così più peggiorava la situazione?

Hope rimase a fissarle le spalle immobile, poteva sentire il suo sguardo su di sé.

  - Senti, non ho voglia di discutere anche con te. Dammi retta e tornatene a casa. -

Ma lui scosse la testa deciso. - No, adesso ascoltami tu. Forse vuoi delle scuse da parte mia e sono anche pronto a fartele. Mi scuso per essere stato avventato. Ma non ho alcuna intenzione di scusarmi per il gesto perché lo rifarei. -

Lightning rimase immobile, sorpresa per quella confessione che non si sarebbe mai aspettata di ascoltare. Si sentiva infuriata eppure, da qualche parte dentro di sé, provava uno strano miscuglio di sentimenti contrastanti. Era felicità quella?

Scosse la testa scacciando via quel pensiero.

  - Non mi interessa, ti sei comportato come un ragazzino. -

Doveva essere fredda, tagliente. Era l’unico modo, l’unica soluzione che aveva trovato.

  - Non capisco… - disse lui abbassando un po’ il tono della voce. -… sei arrabbiata con me per averti quasi baciata o lo sei con te stessa per aver quasi risposto? -

Come faceva a leggergli così dentro? Non era riuscita nemmeno ad ammettere con sé stessa il perché di quel suo atteggiamento e adesso lui pretendeva di capirla. Si voltò e finalmente alzò lo sguardo ad incontrare i suoi occhi verdi. L’azzurro dei suoi risaltava con il sole al tramonto e, nonostante lo sguardo duro, Hope non poté fare a meno di pensare per l’ennesima volta a quanto fosse bella.

  - Vuoi sapere quello che penso? - disse lei trattenendosi. Strinse le dita facendo sbiancare le nocche delle mani. - Penso che sei ancora un ragazzino nonostante ti atteggi ad adulto. Penso che non sai un bel niente di me né di quello che mi passa per la testa. Penso che dovresti crescere e trovarti una ragazza della tua età perché, francamente, questo tuo attaccamento nei miei confronti inizia a preoccuparmi. -

Lightning prese fiato, sentiva le lacrime pungerle gli occhi ma le ricacciò indietro. Avrebbe creduto a quelle bugie? Avrebbe capito che le diceva solo per allontanarlo?

  - E sai cos’altro penso? Penso che sono affari miei quello che faccio con la mia vita e se ho deciso di andarmene non è per causa tua, non sei il centro del mio mondo. Perciò fammi un favore, vattene a casa e lasciami in pace Hope. -

Lo guardò negli occhi e capì di aver ottenuto ciò che voleva, lo aveva ferito.

Ecco, adesso è tutto finito.

Dietro di loro, in lontananza, vide gli altri membri della sua squadra arrivare in groppa a dei Chocobo. Era il momento per lei di partire.

E poi, senza che potesse quasi accorgersene, Hope la attirò a sé e la baciò.

Una mano sulla vita, l’altra dietro la nuca, le dita affondate nei suoi capelli. Era un bacio lieve ma allo stesso tempo quasi disperato, un sapore familiare si aggiunse a quello delle sue labbra. Era il sapore amaro delle lacrime. Lightning dischiuse le labbra rispondendo a quelle del ragazzo, non sapendo più se era lui a piangere oppure se era lei. Provava così tanti sentimenti contrastanti che si sentì sul punto di esplodere.

Rabbia, felicità, tristezza, paura. Erano tutte mescolate assieme e per un istante le sembrò che fosse tutto così stupido, così insensato.

Fu lui il primo a rompere quel contatto, la guardò attraverso occhi velati di lacrime e poi la strinse in un abbraccio che diceva più di qualsiasi parola che fosse mai esistita. Lei si sentì incapace di fare qualsiasi cosa che non fosse rimanere immobile fra quelle braccia. Ma se era così difficile separarsi da lui perché lo stava facendo?

Perché non è giusto.

Hope le sussurrò piano continuando a tenere il viso fra i suoi capelli.  - Resta. Non andare ti prego. -

Lightning sentì la disperazione nella sua voce, la stessa che aveva avvertito sulle sue labbra.

Non è giusto.

Chiuse gli occhi mentre, finalmente, si decideva a rispondere al suo abbraccio.

Lo sai che non è giusto.

Sospirò stringendosi a lui per un secondo di più. Poi, contro la propria volontà, sciolse l’abbraccio. Alzò gli occhi nei suoi, erano così verdi, così limpidi, così carichi di aspettativa. Come poteva deluderlo ancora?

Ma devo farlo, è per il suo bene.

Scosse la testa. - Non posso restare. -

Il ragazzo non nascose la sua delusione, abbassò gli occhi rassegnato staccandosi da lei completamente. Sentiva già mancargli quel contatto. Poi estrasse qualcosa dalla tasca della sua giacca e gliela porse a palmo aperto. Era una piccola scatola scura. Lightning lo guardò senza capire.

  - Ricordi quando dimenticai a casa il tuo regalo di compleanno? Bè, eccolo qua, un po’ in ritardo. Avrei voluto dartelo prima ma più lo guardavo più mi dicevo che non ti sarebbe piaciuto, così ho fatto passare un sacco di tempo. -

La giovane prese la scatola non senza esitazione, il contenuto la sorprese. All’interno, appoggiato su un tappeto di stoffa leggera, c’era un braccialetto argentato. Dalle maglie pendevano alcuni ciondoli di forme diverse. Una serratura, un fiore, un piccolo fulmine.

Alzò lo sguardo verso di lui, non sapeva cosa dire.

  - Puoi anche non indossarlo se non ti piace, ma vorrei che lo portassi con te. Come ricordo di casa. -

Lei annuì senza parlare e ripose la scatola nella borsa che portava a tracolla. Il suo sguardo vagò oltre le spalle di Hope, soffermandosi sui suoi compagni d'armi. Stavano aspettando solo lei. Arrossì.

  - Devo andare adesso. -

Il ragazzo annuì appena senza smettere di guardarla, i loro occhi sembravano non volersi staccare l’uno dall’altra.

  - A presto, Hope. -

Lightning si allontanò da lui che era rimasto in silenzio, montò sul suo Chocobo e s’incamminò dietro la sua squadra. Non si voltò nemmeno una volta ma sapeva che lui era rimasto a guardarla fino a che non sparì dall’orizzonte. Fu allora che permise ad una singola lacrima di scenderle lungo la guancia. Non un lamento uscì dalle sue labbra.

Prese la piccola scatola ed osservò ancora il braccialetto al suo interno, poi se lo agganciò al polso. Non se ne sarebbe separata, mai.

 

 

- Light, se adesso te ne vai lo rimpiangerai. -

 

 

Si, forse lo avrebbe rimpianto per tutta la vita, ma era ancora convinta di star facendo la scelta giusta. Non sarebbe tornata indietro sui suoi passi.

Sperava solo che lui, un giorno, potesse capirla e magari perdonarla.

Lo sperava con tutto il cuore.

 

 

 

 

 

 

Fine…

 

 

 

 

Note Autrice : Ohibò, non so cosa dire.

La storia era partita seguendo uno schema ben preciso ma poi, come già mi era capitato, i personaggi hanno agito di testa loro così ho dovuto accantonare l’idea con la quale ero partita ( anche perché avevo iniziato a scriverla ma a 2500 parole mi son resa conto che la cosa sarebbe stata troppo lunga per un capitolo solo ). In realtà questo finale molto angst non mi dispiace ( e lo so che voi in compenso mi odierete ) ma state tranquilli… non è finita qua!

Cioè, è finita la prima parte u.u

Ebbene sì, siccome non mi piace l’idea di accantonare le cose ho deciso di fare un “sequel” chiamiamolo così… ma solo se vi interessa! ( perciò fatemelo sapere >< )

Altrimenti la storia finirà così e CIAONE!

Detto questo, spero davvero con tutto il cuore che almeno un po’ vi sia piaciuta, anche con questo finale così triste ( ragazzi, avevo i lacrimotti IO mentre scrivevo ) e niente, da un lato spero mi chiederete di continuare, dall’altro ho paura perché non ho idea di cosa possa succedere XD

Vi lascio, così la smetto di assillarvi!

Ringrazio tutti coloro che si sono soffermati a leggere, e ringrazio tanto tutte le persone che hanno buttato via due minuti del loro tempo per scrivermi una recensione ç_ç

Grazie per il vostro supporto!

 

Selhin <3


The One Hundred Prompt Project
   
 
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