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Autore: HeywelGalwine    03/06/2016    1 recensioni
Avete mai immaginato di viaggiare in terre dove nessun uomo ha mai messo piede prima d'ora?
Heywel si, e per questo lui e la sua giovane compagna Gwen intraprenderanno una lunga a pericolosa avventura, per esplorare e scoprire la loro amata terra: Tohlann. Un territorio ostile, freddo, ma pregno di eroi e leggende, che il nostro Heywel ci descriverà e racconterà attraverso i suoi occhi.
Genere: Avventura, Fantasy | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna, Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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I giorni seguenti passarono rapidamente. La mattina presto lasciavo Gwen sola nel letto e uscivo dalle mura per cogliere le mele profumate e succose che crescevano in un piccolo frutteto. Durante il pomeriggio fino a sera suonavo l'arpa per la corte menre all'imbrunire giravo per la Rocca, scrivevo sul mio taccuino e esaminavo attentamente le carte.
Persi spesso di vista Gwen. La vedevo solo di rado, ed era sempre accompagnata da Fynnian. Questo la portava a cavallo e la riempiva di doni: fiori colti in alta montagna, anellini d'oro e pietre colorate di Lochlann. 
Il capitano la guardava sempre e insistentemente, con occhi desiderosi di compiacere la fanciulla.
La cosa di certo non mi piaceva: Fynnian aveva almeno 40'anni, e Gwen era solo una ragazzina che non conosceva il mondo e tantomeno gli uomini.
Ma non potevo dirle cosa fare dal momento che aveva l'età per prendere le sue decisioni. Tuttavia mi assicurai che passasse ogni notte nella stanza che ci era stata assegnata. Non mi fidavo di quell'uomo e il mio compito da gentiluomo e suo tutore era quello di vegliare su di lei finché non fosse diventata una donna a tutti gli effetti. 
Uno di quei giorni le avevo detto "Gwen, guardati da quell'uomo, che è tanto più vecchio di te. Tuttavia fai ciò che vuoi fuorché disonorarmi poiché per la corte tu sei mia moglie".
Lei mi aveva rivolto uno sguardo disgustato e offeso e aveva risposto che non si sognava di sposare un uomo di 30'anni più vecchio se non costretta, e che Fynnian era solo un amico e un gentiluomo che vezzeggiava una dama per cortesia.
Ad ogni modo arrivò il giorno della partenza per Marghad.
Partimmo con una lunga carovana di carri, che trasportavano i nostri bagagli, la dote, che consisteva in monete d'oro, il dono di nozze e il corredo. La fila di mezzi era scortata da uno stuolo di cavalieri, tra i quali spiccava Fynnian, che cavalcava un grosso stallone bianco di nome Bagwine, domato per esserere portato in dono al re Kein do Marghad
La prinicipessa Celbion,  si spostava in lettiga mentre a me e a Gwen erano stati offerti due cavalli. Per arrivare sino al punto dove la gola del lupo diventava una pianura verdeggiante impiegammo dall'alba alla notte. Dovemmo piantare le tende per trascorrere le ore buie.

-Gwen, hai fame?- dissi porogendo alla fanciulla un pezzo di formaggio stagionato.
Lei scosse distrattamente la testa
Era una bella notte piena di stelle.
-Vedi, mia fanciulla, la costellazione del Dio Cervo, il Gwython?-
Dissi rivolgendomi a Gwen.
La ragazza seguì il mio braccio e guardò dove puntavo il dito.
-Non mi sembra...oh aspettate...si la vedo!-.
-Li sotto a destra c'è la costellazione del Re, la cui "corona" è rappresentara dalla stella Ygerna, la stella più luminosa del firmamento-
Spiegai.
Gwen guardò il cielo a lungo con aria sognante.
-Questa terra sembra così grande fuori le mura della cittá. Fa così paura l'immensitá di questo cielo!-
Disse chiudendo gli occhi con un'espressione sofferente.
Cercò la mia mano con la sua, e la strinse. 
-Cosa facciamo qui fuori, lontani da casa?-
Mi interrogò poi continuando a guardare il cielo. Per un momento tornai agli anni dell'infanzia di Gwen. All'epoca avevo 23'anni e quella bambina graziosa e silenziosa mi venne affidata da un padre che non poteva permettersi di mantenere la figlia più piccola. Lei aveva 7 anni.
La accolsi subito come sorella, e come allieva: le insegnai a leggere e a scrivere. Nel lunghi pomeriggi invernali, Martha le insegnava come prendersi cura della casa, e io all'imbrunire le facevo leggere testi in Ravinh e le insegnavo la geografia. Spesso in quel periodo le portavo dei piccoli doni e di tanto in tanto le offrivo una leggera carezza sulla guancia pallida. 
Così allungai la mano e le sfiorai il viso delicatamente.
Lei si ritrasse e arrossendo si strinse nel mantello.
-Sono stanca, se permettete vado a coricarmi-
Disse freddamente allontanandosi. 
Io rimasi lì sotto la volta stellata, Confuso, e piccolo.
Un naufrago che annaspa in un mare di stelle.
Passeggiai muovendomi alla cieca nella prateria buia, sicuro di muovermi in un terreno pianpo e regolare.
Scorsi una grande sagoma scura, che nella notte mi apparve come un  gigante silente e sottile.
Mi avvicinai a tentoni con un senso di angoscia crescente.
Quando fui vicino alla sagoma allungai la mano e mi sentii rassicurato quando tastai un'antica pietra ruvida coperta di muschio. Continuai a tastare pietra per pietra camminando lungo il perimetro della costruzione fino a quando la mia mano non incontrò più alcuna parete. Varcai quella che sembrava una porta , scostai le rampicanti e all'improvviso, nel buio, colsi un barlume di luce.
Una piccola fiammella bianca ardeva al centro di un focolare di pietra cesellato. L'interno del piccolo edificio era illuminato solo dalla luce delle stelle e della luna che filtrava attraverso le parti mancanti del soffitto a crociera. 
Rimasi affascinato e meravigliato, e nacque in me un'insoddisfabile curiosità. Cautamente mi inginocchiai e passai la mano sui bordi del focolare pulendolo dalla polvere. La fiammella guizzò improvvisamente, sobbalzai e caddi all'indietro, mentre la timida scintilla esplodeva in una grande fiamma di un bianco intenso, contornata da un'aurea celeste incandescente. Intorno al focolare il pavimento era completamente ghiacciato. 
Sbalordito fissai la luce eterea del fuoco e noncurante del pericolo mi avvicinai nuovamente: non sentivo alcun calore anzi dal focolare proveniva un gelo pungente, tanto che il mio respiro affannoso produceva una spessa condensa. Ora sul focolare potevo scorgere chiaramente dei simboli e delle scritte in antico ravinh. Presi il taccuino e le annotai rapidamente.
L'incisione recitava:


Che tradotto nei nostri caratteri sarebbe "Cash Seth Hoolhud Shrinhud Toe Wirneh", ovvero "Qui si trova il sacro tempio del dio Wirneh", il dio dell'Inverno, la Grande Volpe bianca. Ammirai a lungo quell'incredibile manufatto nato dalla magia druidica e dalla lavorazione della pietra poi rivolsi una rapida preghiera al dio. Esplorai ancora la struttura, e trovai sul retro un piccolo locale diroccato nel quale
Il tempo pareva essersi fermato: l'arredamento era costituito da circa 8 letti e altrettante cassapanche di legno annerito dagli anni. Le finestre presentavano delle imposte marce e senza decorazioni e su un rozzo tavolino c'erano una forma di pane e dei boccali che dovevano aver contenuto birra, o sidro. Tutto lasciava presupporre che si trattasse di un'abitazione di monaci custodi del tempio che, durante qualche incursione, avevano abbandonato la casa senza poter completare il frugale pasto.
Potevo immaginare quegli uomini segnati dagli anni e dal lavoro, da una vita dedicata alla preghiera e alla difesa del tempio. Una vita passata tra gesti semplici e quotidiani e...battaglie cruente. Gli appartenenti all'ordine dei Monaci Custodi non erano affatto uomini deboli e estranei al mestiere delle armi. Erano infatti guerrieri austeri e fieri, addestrati a difendere i tempi da piccoli assemblamenti di invasori delle Tribù: probabilmente avevano lasciato la struttura non in un impeto di fuga, ma per combattere, e probabilmente erano morti nel farlo. Annotai altri dettagli rilevanti, esaminai qualche rotolo che conteneva preghiere e spartiti e lasciai l'abitazione per poi uscire dal complesso templare grazie all'illuminazione della fiamma bianca. 

La mattina seguente smontammo le tende e riprendemmo la Strada dell'Oro.
Questa lunga arteria che si dirama nel sud-est di Tohlann deve il suo nome all'ingente quantitá di minerali di Lochlann che venivano trasportati in tutta la regione grazie a queste vie. 
Dopo qualche ora Raggiungemmo il passo D'Inverno, che era l'unica breccia nella massiccia barriera montuosa che univa la regione civilizzata di Tohlann ai Boschi Selvaggi dove vivevano le tribù Waxh.
Alla nostra sinistra una sconfinata prateria erbosa si estendeva fino alle rive del fiume Lwyn, mentre alla nostra destra i giganti di roccia torreggiavano austeri su di noi.
Le montagne calcaree della catena orientale di Gwynterald erano sovrastate da formazioni sottili e senza vegetazione, bianchissime, che riflettevano la luce del mattino.
Gwen cavalcò accanto a Fynnian per gran parte del viaggio, mentre io stetti in silenzio ad ammirare i paesaggi come un fanciulletto davanti a uno stuolo di soldati dalle armature scintillanti. Fui ancora più felice quando vidi dei verdi pascoli, puntellati da soffici sbuffi di bianco, che erano le pecore dalla lana più calda e sofficie della regione, allevate solo qui da secoli.
Ci dirigemmo verso ovest per attraversare il Guado dell'Acque passando vicino a innumerevoli fattorie e piccoli villaggi di pastori. 
Ogni tanto questi si avvicinavano curiosi alla vista del vessillo della Rocca che un cavaliere di nome Gylfur teneva alta su una lunga asta: molti avevano saputo del matrimonio di Kein avvertiti dagli altri pastori che andavano al pascolo da Marghad, che avevano visto il castello decorato a festa e molti padiglioni colorati in allestimento.
Le montagne si allontanarono e il candore della roccia viva sfumò verso i toni del rosa e del rosso, e divenne sera. 
Passammo il ponte di pietra che collegava la prateria al castello isolano del re Kein e ci trovammo di fronte a una moltidutine di padiglioni colorati appollaiati sulle pendici della collina sulla quale torreggiava la fortezza, che appariva ancora più imponente sovrastata dalla luce del tramonto. 
Galloppai adagio destreggiandomi tra la folla sulla collina: i soldati cuocevano qualcosa con fuocherelli improvvisati, i dignitari venuti da tutta l'isola e le rispettive consorti passeggiavano discorrendo, alcuni operai montavano un'arena di legno in uno spiazzo sulla sponda del fiume...
Gylfur mi affiancò a cavallo.
-Sir Heywel, pianteremo il nostro padiglione lì- disse indicando una piccola macchia erbosa libera a ridosso delle mura.
-Prego mi segua-
-Non dobbiamo presentare la sposa al Signore?- protestai io perplesso.
Gylfur alzò le spalle.
-La Signora si è espressa chiaramente, non è buon costume, secondo lei, presentarsi con gli abiti del viaggio e al tramonto, quando le nozze si celebreranno domani prima di pranzo-
Alzai le spalle a mia volta e seguii il cavaliere. I carri furono condotti dentro atteaverso una strada sgombera sul retro del castello, e tutta la compagnia consegnò i cavalli agli scudieri mentre i soldati della scorta procedevano a montare la tenda.
Il padiglione di canapa rossa e gialla fu eretto velocemente dopo aver assemblato una struttura in legno, poi quando furono fissate le funi di canapa cerata e picchetti nel terreno, vennero portate dentro delle stoffe e dei materassi per passare la notte.
Il ciambellano del re ci fece portare alcune vivande come gesto di favore per la futura consorte di Kein.
Mangiai con modesto appetito senza mai prendere parola, e ripensai ai giorni appena trascorsi: questo viaggio era appena cominciato, eppure mi sentivo pieno di vita, di giovinezza e di sogni.
Fantasticai immaginando tutti i luoghi che avrei potuto conoscere durante la mia avventura, e vi anticipo, cari lettori, che neppure nelle mie più remote fantasie presero mai forma meraviglie come quelle che io vidi con i miei occhi terreni.
Ma ci arriveremo piú avanti...
Tuttavia quando ancora avevo gli occhi pieni di sogni incontrai lo sguardo del capitano, e vidi la sua mano sulla gonna di Gwen...piegai la testa da un lato come un animale che guarda una preda e Fynnian ritrasse lentamente il braccio come per dimostrare che non lo stava facendo perché aveva paura di me.
"Suono l'arpa, ma alla cintura porto una spada proprio come te, e per Blodwyn se la so usare!" Pensai in un impeto d'ira e i miei occhi divennero due fessure. Fynnian tenne lo sguardo ma poi cedette e dissimulò la sconfitta girandosi a conversare con Gylfur. Bevvi un sorso di vino senza celare un sorriso orgoglioso.
Celbion stava in piedi davanti all'entrata della tenda, e con la mano pallida teneva un lembo di stoffa per guardare fuori.
Fui preso da un senso di amarezza, così mi alzai e mi avvicinai a lei.
La fanciulla mi vide solo 
dopo un po', e sussultò un poco trovandosi dietro un uomo che non conosceva molto.
Feci un inchino portandomi il berretto al petto. I capelli sciolti mi ricaddero davanti gli occhi. Con un piccolo gesto li riportai all'ordine e sorrisi.
Celbion mi squadrò e alzò gli occhi per guardarmi in viso, dal momento che ero più alto di lei. 
I suoi capelli corvini e lisci, legati in una treccia, e il suo corpo formoso denotavano la sua discendenza, seppur parziale, da una famiglia dell'est mentre io, sottile e non molto alto, con i capelli bruni, rappresentavo il perfetto archetipo di uomo del sud.
-Signora, si sente bene?- domandai progendole un calice di vino che avevo riempito apposta.
-Sto bene-
Disse seccamente e con un gesto nobile prese il calice. Ma il suo sguardò angosciato tradì la sua sicurezza.
Quando notò che la stavo guardando negli occhi il viso le se increspó in una sorta di sorriso patetico.
-Sei spaventata Signora?- 
Non mi resi subito conto di essere stato diretto e troppo confidenziale, passando al tu.
Celbion mi guardò sdegnata e gli occhi le si gonfiarono di lacrime.
-Come ti permetti bardo!-
Le sue parole suonavano imperiose eppure era appena un sussurro strozzato.
Non mi scomposi e abbozzai un sorriso. 
-Signora sono stanco di essere chiamato bardo dalla tua corte, sono un veterano e un uomo di cultura, non un druido-
Dissi sempre sorridendo, ma non nascondendo una nota di sdegno a mia volta.
-Non intendevo offenderti assolutamente, e chiedo venia, e anzi, le propongo di accompagnarla a prendere aria, perché la vedo angosciata e sofferente-
Aggiunsi con una voce gentile.
Avevo davvero voglia di passeggiare al chiaro di Luna. 
Celbion parve fingere indecisione ma vidi nei suoi occhi che non era in collera e che aveva accettato appena avevo pronunciato la proposta.
Dissi ai cavalieri della scorta, che mi guardavano giá con sospetto, che la principessa desiderava prendere aria e che aveva accettato di farsi accompagnare fuori e uscimmo. Inaspettatamente la notte era priva di stelle. Mi allontanai dai padiglioni e portai Celbion verso il fiume, dove il terreno era sgombero.
-Cosa ti tormenta, mia Signora?-
La interrogai dolcemente.
La fanciulla non rispose e guardò con aria sconsolata verso l'acqua sulla quale lingueggiavano i riflessi delle torcie. 
-Posso immaginarlo- dissi rassegnandomi.
-Non posso e non voglio darti lezioni di vita mia signora, perché come dicevano gli antichi "i maestri di vita sono coloro che ignorano maggiormente, perché i veri sapienti tacciono quando non sanno".
Tuttavia posso indirizzarti verso una prospettiva più piacevole.
Si dice che Kein sia bello, e virtuoso.
È un abile condottiero e combattente, e si dice sia un uomo gentile e piacevole come pochi-
Aggiunsi.
Celbion annuì silenziosamente.
Una lacrima furtiva le scese lungo la guancia bianca e io finsi di non notarlo.
L'acqua del fiume si increspò leggermente poi molti anelli concentrici si formarono sulla superficie illuminata dalle torcie, e cominciò a piovere.
L'acqua scese con incredibile violenza e io e Celbion fummo costretti a ripararci sotto una tettoia dove veniva raccolta la legna da ardere.
-Appena spiove un poco la accompagnerò al padiglione-
la rassicurai.
La ragazza tremò fregandosi le spalle con le mani, così sfilai la fibula d'argento che avevo sulla spalla e misi il mantello cremisi sulle spalle di Celbion.
-Fuori e fradicio, ma dentro è asciutto e caldo...hai i capelli e la tunica bagnati, così non prenderai un malanno-
La ragazza vi si strinse ringraziandomi sottovoce, e di nuovo una lacrima le rigò il viso.
-non voglio passare il resto della vita con un uomo che non ho scelto, e vivere come la sua schiava, secondo la legge di queste terre-
Disse ed eruppe in un pianto sommesso.
Si giró verso me, nell'oscuritá non potevo vedere altro se non il bagliore dei suoi occhi.
-Questo lo voglio scegliere, Heywel-
Si alzò in punta di piedi e mi baciò.
   
 
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