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Autore: PeaceLove_girl    06/06/2016    3 recensioni
Arriva quel momento per tutti, una sorta di rito di passaggio, un evento che segna inevitabilmente la vita socio-culturale di un individuo. Arriva il momento per tutti di andare in discoteca. E io, quale comune essere umano (teoria che si sta cercando ancora di confutare), ho dovuto affrontare questo rituale.
racconto demenziale ispirato ad una storia vera.
Genere: Comico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Quando andai in discoteca.
 
 
Arriva quel momento per tutti, una sorta di rito di passaggio, un evento che segna inevitabilmente la vita socio-culturale di un individuo. Arriva il momento per tutti di andare in discoteca. E io, quale comune essere umano (teoria che si sta cercando ancora di confutare), ho dovuto affrontare questo rituale.
Caro lettore forse ti chiedi come mai dia importanza ad un semplice processo di formazione sociale o forse hai due dita di cervello e non c’è bisogno che io ti spieghi i motivi della mia avversione verso questi luoghi, o per essere più specifici verso le persone che li popolano. Non me ne voglia carissimo lettore, sono a conoscenza del detto ‘’non facciamo di tutta l’erba un fascio’’, so dunque che probabilmente non tutte le persone abituali di certe ubicazioni sono uguali, ma la mia storia si fa su esperienze personali, vissute in prima persona.
Fu Giulio, un mio compagno di studi, nonché amico, ad avere quest’idea, permettetemi il francesismo, di merda. Organizzare il suo 18esimo compleanno nella discoteca KissKiss, un nome che cominciai ad odiare solo in seguito.
Giunti a questo punto ti starai chiedendo il perchè. Cosa ha spinto una ragazza come me, in totale possesso delle sue capacita mentali e cognitive, con uno spiccato e sano senso della realtà e di ciò che la circonda ad accettare l’invito di belzebù per inferno?
Potrei ingannarti dicendoti che l’ho fatto per cortesia ed educazione o per il forte legame che unisce me e l’organizzatore della festa, ma non avrebbe senso mentire, non a te.
Fu una forza suprema a spingermi ad accettare, una specie di ente divino. No, non mi sto riferendo a Goku e nemmeno a Johnny Depp; ma bensì a delle scarpe col tacco.
Lo sai come la penso in proposito. Tacchi, borse, depilazione: invenzioni degli uomini per massificare la figura della donna facendola apparire materialista ed esclusivamente ossessionata dalla ricerca di una bellezza inculcata dalla società. Ma quando le vidi fu come un miraggio, amore a prima vista. Le presi e decisi cosi di confermare la mia presenza alla festa, unica occasione in cui avrei potuto sfoggiarle.
In meno di un batter d’occhio giunse il gran giorno. Ed ad un orario in cui io ero solita dormire mi preparai: vestito, trucco e le immancabili scarpe.
Seguii le coordinate per raggiungere la discoteca; seconda stella a destra poi dritti fino al mattino, quando approdai mi resi subito conto che ero finita Sull’Isola Che Non C’è, avevo impostato male il gps. Dovetti allora tornare indietro, ma non ci misi troppo e così riuscii ad arrivare in tempo.
Appena fuori dal locale, sul piazzale, mi aspettavano gli altri invitati e con loro anche le mie fidate compagne di disavventure, Lucia e Sara, non troppo entusiaste di partecipare.
Forse non sei a conoscenza, caro lettore, che i nostri ricordi mutano ogni volta che pensiamo ad essi, ma puoi fidarti quando ti dico che non dimenticherò mai l’insegna luminosa del KissKiss, che mi invitava ad entrare, facendomi promesse di bei ragazzi, fiumi di alcol e felicità eterna. Ma forse avrei dovuto seguire la voce nella mia testa che mi intimava di andarmene (sia maledetto il mio psicoterapeuta che ripete di non ascoltare le voci!).
E così entrammo accolti da giovani fanciulle che ci diedero la garanzia di un’entrata gratis e un drink omaggio.
La sala era ampia, la musica orecchiabile,i divanetti bianchi e i colori flou delle luci mi piacquero e mi diedero la strana sensazione di agio personale e di benessere.
Ma poi fu un attimo, in un secondo la situazione mutò, come quando sei tranquilla e la sindrome premestruale decide di bussare alla porta del tuo umore.
La stanza si riempi di persone e la musica si alzò ad un livello considerevole. Tutti cominciarono a muoversi in modo scomposto e ad urlare e io mi trovai intrappolata in quel vortice di sudore e rumore. Decisi allora di seguire i movimenti fino ad arrivare ad uno spazio libero e tranquillo dove trovai anche le mie amiche che cercavano, come me, un rifugio sicuro.
Pensavamo di averlo trovato, ma eravamo ancora troppo ingenue ed inesperte di simili luoghi.
L’aria si stava facendo rarefatta e pensavamo che il livello di disagio di massa fosse giunto al limite;ma fu in quel momento che li vedemmo, alla faccia dell’evoluzione: Homo neanderthalensis, comunemente detto Uomo di Neanderthal.
Un gruppo di ominidi che si apprestava alla composizioni di cori per ,suppongo, attirare il sesso opposto o segnare il territorio; comunicavano tra loro urlando: ‘’la figaaaaaa’’, ‘’viva la figa e chi la castiga’’ e altre frasi che preferisco censurare per il tuo bene, mio lettore.
Ahimé, tre di loro ci avvistarono e , vuoi che eravamo stra fighe o più probabilmente fiutarono la nostra paura, decisero di tentare l’approccio.
Stabilire un contatto diretto non fu per niente facile, più che altro per loro. Sembravano incapacitati di assimilare frasi di senso compiuto, si limitavano a dei grugniti in cui ci chiedevano un , e cito, ‘’limone duro contro il muro’’. Eravamo circondate. Allorché l’unica cosa da fare era dargli corda…nel senso che prendemmo una corda e li legammo per poi darcela a gambe. Rettifico tutto ciò che ho detto sulle borse, sono essenziali per sopravvivere in una giungla o in discoteca.
Nel mezzo del cammin di nostra serata mi ritrovai per una stanza oscura, che la dritta via era smarrita. Entrammo in un vortice di fumo e i nostri sensi si offuscarono. Eravamo nella sala fumatori. Cercammo una via di fuga ma la nebbia era troppo fitta per vedere, e allora fu la paura. Non saremmo più uscite da lì, non avremmo mai più rivisto le nostre famiglie, non avremmo mai saputo come finiva il trono di spade...
Il fumo impediva il nostro passaggio, ma poi eccolo, uno spiraglio di luce. Qualcuno aveva aperto la porta e con essa si era parata davanti a noi una via di fuga.
Presi per mano le mie compagne, ma sentii un peso, Lucia era a terrà incapace di qualsiasi movimento. Come Nina Moric è incapace di qualsiasi espressione facciale.
‘’andate avanti senza di me’’ sussurò senza forze.
‘’ah ok’’ si limitò a rispondere Sara, con la solita espressione menefreghista dipinta in volto.
Ma non quella sera, non con me lì. In quel momento ringraziai di soffrire d’asma e porsi il mio inalatore alla mia amica. ‘Non avrai nessuna di noi, Prodigioso Spaghetto Gigante, non ora’, fu l’unica cosa che pensai.
Uscimmo quasi incolumi dalla stanza, con la speranza che il peggio fosse ormai finito.
Ma i nostri compagni ci accerchiarono, avevano un aspetto orribile, una comitiva di corpi senz’anima condannati a muoversi in modo scoordinato; mi afferrarono e mi costrinsero a bere un elisir dal sapore amaro, ma allo stesso tempo piacevole.
Più il liquido scendeva, più io mi sentivo stordita. Tutto intorno a me appariva confuso, comincia a ballare, cercando di apparire sensuale, sempre che quello si potesse definire ballare. Un bradipo in preda a degli attacchi epilettici sarebbe più eccitante di me.
Non mi importava, ero lo spettro di qualcosa che non esisteva già più, parvenza di ciò che ero stata. Danzavo insieme a Bacco con un sorriso sornione dipinto in volto, in preda agli effetti dell'alcol; la musica rimbombava forte nelle orecchie e girandomi vedevo i miei amici ridere, pensai allora che fosse quello il sapore della felicità, vodka alla fragola.
Ma poi qualcosa cambiò, mi sembrava che qualcuno si stesse avvicinando a me, cominciai a sbattere le palpebre per cercare di vedere più chiaramente, e poi un lampo. Una luce mi colpì, diversa dalle luci al neon della stanza, un raggio divino, e piano piano lo vidi...Spock, che mi mostrò il tipico saluto vulcaniano.
''Come sapete, ho fatto voto di non dare informazioni che potrebbero cambiare il tuo destino. Il tuo percorso è quello di affrontare gli eventi che il destino ha in serbo per te'' disse in tono pacato.
Mi sembrava una frase già sentita, ma non potei far altro che annuire. Lo vidi allontanarsi piano con Yoda e Gesù al suo fianco.
Mi ripresi subito da quel trip mentale che avevo appena affrontato e capii che quel che stavo vivendo non era la felicità, ma solo un miraggio di essa, una visione creata dall'atmosfera per costringermi a rimanere.
Dovevo andarmene al più presto, i miei neuroni non potevano essere sprecati in quel modo, non sarei stata un'altra vittima del girone infernale delle discoteche; e per di più avevo il coprifuoco che scadeva tra meno di mezz'ora.
Mi sentivo accerchiata, sfuggii rapidamente alla presa dei miei compagni che mi pregavano di restare e a breve fui fuori dalla mischia. Mi girai e mi accorsi solo allora che Sara e Lucia erano rimaste indietro, ancora alle prese con balli, canti e continui snap. Il pensiero di lasciarle indietro mi attraversò la mente, ma non potevo, da chi avrei copiato i compiti?
Corsi verso di loro e, anche se a fatica, le recuperai.
La testa mi girava, continuavo a barcollare, il mio scarso senso dell'equilibrio era aggravato dagli effetti negativi dell'alcol, ma riuscii comunque a trascinarmi fino all'uscita. La parte più difficile di tutta la sera fu aprire la porta. Perchè quando vedi la scritta spingere devi inevitabilmente tirare? Sono queste le domande ultime.
Ma poi fummo libere e potemmo respirare ancora l'ossigeno inquinato dallo smog che tanto ci era mancato. La serata era conclusa e noi eravamo salve. Tornammo alle nostre case, orgogliose, e con lo spirito di Spock che ci sorvegliava dall'alto.
Caro lettore, non so se hai mai affrontato un'esperienza come questa, ma ricorda che ogni incubo che vivi finisce, e spero che leggendo questa storia ti passi la voglia di andare in discoteca.
  
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