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Autore: Juls18    10/06/2016    3 recensioni
una lettera misteriosa giunge nelle mani di un uomo. il giorno stesso la morte misteriosa di una donna sembra confermare la veridicità della lettera... un mistero sconosciuto, tranne che a pochi, sta per irrompere nelle vite dei blaider, anche con l'arrivo di una squadra tutta al femminile. riusciranno le ragazze a scoprire l'intreccio dei fili che avvolgono le loro vite?
Genere: Avventura, Romantico, Suspence | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Hilary, Julia Fernandez, Kei Hiwatari, Mao, Mariam
Note: Lime, OOC | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Nascondigli e segreti

 

C’era qualcosa che non andava. Qualcuno la stava inseguendo. Non sapeva dire dove fosse di preciso, ma stava correndo. E qualcuno la stava inseguendo, sempre più vicino. Aveva il respiro corto, affannato, si sentiva stanca, ma continuava a correre. Non poteva fermarsi, se lo avesse fatto, lui l’avrebbe presa. Ma il cuore correva troppo forte, all’impazzata, e lei sentiva che stava per cedere, era stanca. Correva da tanto, tantissimo tempo ormai. E l’uomo alle sue spalle era sempre più vicino. E più lui si avvicinava, più lei aveva paura. Ad un tratto si ritrovò per terra, ma non sapeva come ci fosse finita. Forse era inciampata, o semplicemente le gambe non avevano retto più. Si appoggiò allora ad una parete, non si era neanche resa conto di essere in una stanza, o che ci fossero dei muri attorno a lei, tanto era la paura che aveva in corpo. Ad un tratto, l’uomo era lì, davanti a lei. Non lo vedeva, era solo un’ombra, non lo vedeva bene, non ne vedeva il volto. Era un’ombra scura, che le si avvicinava, sempre di più. Poi, all’improvviso, una mano nera si allungò verso di lei. La stava quasi per raggiungere, e a quel punto, presa dal terrore, fece una sola cosa. Si mise ad urlare. Ma c’era qualcosa che non andava. La sua voce non usciva dalla sua bocca. Era muta, impotente, non aveva voce per parlare, o urlare. Aveva la bocca aperta, ma anche sforzandosi e provandoci, non ci riusciva. La sua voce era sparita, non riusciva ad emettere nessun suono. E più provava, e più falliva, più la paura cresceva, costante, sempre di più, e la paralizzava. La mano dell’uomo si muoveva come a rallentatore, come se l’uomo davanti a lei sapesse che più lentamente si muoveva, più lei tremava di paura. Ma anche se lentamente, la mano si avvicinava inesorabile, davanti a lei. Era sempre più vicina, ora riusciva a vederla. Le dita, lunghe, protese, il palmo aperto, come se fosse un artiglio pronta ad afferrarla. Non aveva più via di scampo, e allora si rannicchiò contro la parete, cercando di farsi più piccola, ultimo estremo tentativo di cercare di salvarsi. E mentre si portava le mani contro il petto, e rannicchiò le gambe, si accorse di avere qualcosa in mano. Era un oggetto piccolo, strano. Sembrava quasi una pietra, ma era stranamente liscia. Sopra era come se ci fosse inciso qualcosa, una figura, ma lei non riusciva a distinguerne la forma, non riusciva a capire cosa fosse. Sfiorò l’immagine con il dito, e all’improvviso, fu come se qualcuno avesse tolto la coltre di paura posta sopra di lei, e tutto divenne chiaro, e luminoso. Il suo cuore sembrò calmarsi, i battiti rallentarono, e la paura, piano piano, scese lentamente. Più la paura svaniva, più un nuovo sentimento si impossessò di lei, e non ci volle molto, prima che capisse di che sentimento si tratta. Eccitazione. La sua mentre sembrò risvegliarsi, e lei seppe esattamente cosa fare. Strinse forte nel pugno la pietra, e questa volta non urlò, ma parlò lentamente, e la voce, la sua voce, uscì forte e chiara, sicura. Non ebbe bisogno di parlare molto, le bastò pronunciare un nome. E in quel buio, all’improvviso, una luce accecante, irruppe, sprigionando una forza potentissima. L’uomo, l’ombra, ne fu avvolto, disorientato. Si allontanò da lei, portandosi una mano, quella mano che prima era protesa verso di lei, sul volto, a coprirsi gli occhi, e finalmente la ragazza si sentì al sicuro, e immensamente forte. Perché quella luce, quella forza, lei sapeva bene cosa fosse. Era venuta a salvarla, e sapeva che non l’avrebbe mai abbandonata. Non era più sola.

 

Hilary si svegliò all’improvviso. Aveva il corpo ricoperto di sudore, e le lenzuola erano tutte attorcigliate intorno al suo corpo. Il suo cuore stava battendo all’impazzata, e Hilary si accorse di avere il respiro corto e affannato. Istintivamente si portò la mano sinistra sul cuore, e nel fare questo, si accorse di stringere qualcosa nella mano. Hilary si tirò su a sedere e accese la lampada posta sul comodino di fianco al letto. La ragazza non aveva bisogno della luce per sapere cosa stava stringendo, ma aveva bisogno di vederlo con i suoi occhi. Lentamente aprì le dita, e il piccolo oggetto bianco rifletté la luce della lampada, accecandola per un attimo. Il cigno bianco era diverso da come se lo ricordava. Ora le sembrava più vivido, più nitido, più… reale. E soprattutto, aveva la sensazione di sentirlo vivo nella sua mano, era come se riuscisse a sentire il battito del cuore del cigno. E la cosa, in quel momento, non le sembrava strana, ma perfettamente normale

-Nemesis-

Disse semplicemente, ma le bastò dire quel nome, e tutto divenne reale. Sul volto della ragazza si aprì un sorriso. Nemesis, il suo beyblade. Non sapeva come, né tantomeno perché, ma lei lo sapeva. Quella notte era scattato qualcosa, un legame si era creato. Lei sapeva ora, di potere contare sul cigno, che lui l’avrebbe protetta. Si sentiva al sicuro, calma. Hilary sistemò le coperte e le lenzuola, si rimise sotto, e spense la luce. Per quella notte sapeva che non avrebbe avuto più incubi, che avrebbe dormito serena. Perché aveva Nemesis al suo fianco.

 

 

Kai non era abituato a tutto quel chiasso. Era in un’enorme stanza, piena di tavoloni su cui erano assiepati una quantità incalcolabile di bambini e ragazzi, urlanti che erano intenti a cenare. Kai si trovava con gli altri, in un tavolo in disparte, ma da cui era possibile avere una visuale completa di tutta la sala. In questo modo Yuri e gli altri potevano mangiare e sorvegliare contemporaneamente quella moltitudine.

-Ma non stanno mai zitti?-

Chiese ad un tratto Kai rompendo il silenzio del tavolo. Yuri fece un sorrisetto ironico, mentre Boris si era fermato con la forchetta in aria e lo fissava leggermente stupito.

-Sono ragazzi, e stanno mangiando. È ovvio che facciano rumore-

Kai non rispose, si limitò a scrollare le spalle. I ragazzi della Neoborg si guardarono, prima di tornare a concentrarsi sui loro piatti. Non parlarono, non aggiunsero niente altro, continuarono a mangiare in silenzio, pensando. Yuri si ritrovò a pensare che davvero le cose erano cambiate. Quando era lui un bambino, non c’erano tavolate a cui mangiare e chiacchiere da fare con altri bambini. Anzi, eri fortunato se riuscivi a cenare, perché molto spesso il cibo era la prima cosa che ti toglievano per punizione. Avere quel baccano intorno, certo, non era piacevole, e anzi, era leggermente irritante, ma era un segno, un segno che le cose erano cambiate. E se il rumore era causa di un fastidio per il blaider della fenice rossa, bè Yuri era disposto a sentire le sue lamentele che avere altro silenzio attorno. Yuri alzò lo sguardo e guardò Kai. Sapeva che era a disagio, lo poteva vedere. Era stranamente silenzioso, e rigido. E non era perché non fosse abituato alla confusione, insomma, Takao era certamente mille volte più rumoroso di tutti i ragazzi dell’orfanotrofio messi insieme. Non era una questione di chiasso, era il fatto che fosse lì, tranquillo a cena. Era l’orfanotrofio a metterlo in agitazione. Kai si sentiva in colpa, Yuri lo poteva vedere dietro lo sguardo del suo amico. Ed era vero. Kai si sentiva in colpa, si sentiva in colpa per non avere passato tutto quello che i ragazzi a quel tavolo avevano passato. Si sentiva in colpa, perché era stato suo nonno a farli soffrire, era stato lui che aveva scelto Vorkov, e lo aveva messo a capo di quel posto, torturando, punendo e portando alla disperazione tutti coloro che avevano avuto la sfortuna di capitare in quel posto. Mentre lui aveva avuto la possibilità di andarsene. Eppure, nonostante Kai sentisse questo, i ragazzi non lo avevano mai incolpato di niente, anzi. Lo avevano accolto senza problemi, erano rimasti lì al monastero volontariamente, dando una mano con i ragazzi, riportando il posto alla vita.                                                                                                            Kai si sentiva a disagio e allo stesso tempo accettato come non lo era mai stato in nessun altro posto prima d’ora, nemmeno al dojo di Takao. Forse era perché, nonostante tutto, lui e la Neoborg condividevano un peso uguale, e sapevano che, molto spesso, il silenzio era meglio di mille parole. E il silenzio a quel tavolo ne era la prova. Non era pesante, non era imbarazzante, era un silenzio piacevole, tutto sommato, e, inaspettatamente per Kai, era come se quel silenzio alleviasse, anche se per poco, la consapevolezza di sapere che suo nonno aveva fatto uccidere i suoi genitori, e anche quelli di Yuri. Suo nonno… come poteva un uomo, un padre, ordinare l’omicidio di suo figlio? Kai sapeva che razza di uomo fosse suo nonno, ma quello, quello era incomprensibile persino per lui. Quello che aveva scoperto in quello studio era incredibile, e allucinante. Sicuramente non sarebbe riuscito a dormire quella notte. Kai era talmente preso dai suoi pensieri, che non si accorse subito che il silenzio era calato sulla sala affollata di ragazzi. I membri della Neoborg erano fermi, immobili, e guardavano. Come tutti i presenti. Ad un tratto, Kai vide qualcosa di strano nel suo campo visivo, qualcosa che lo riscosse dai suoi pensieri. Una mano, una mano piccolina e paffutella, si muoveva davanti ai suoi occhi. Kai seguì la mano, e trovò un braccio, fino a che non vide, appoggiata vicino alla sua sedia, una bambina, una bambina piccola, doveva avere quattro o cinque anni. Lui la fissò interdetto. Non ci sapeva fare, lui, con i bambini. Non che non gli piacessero, ma preferiva tenersi a distanza, per sicurezza. E sapeva ancora meno come interagire con una bambina. Fu la piccola, però, a risolvere la situazione

-Tu chi sei?-

Con una voce per niente timida.

-Perché lo vuoi sapere?-

La piccola alzò le spalle

-Conosco tutti i grandi, ma tu no. E sei seduto con Yuri e gli altri, quindi devi essere qualcuno importante, anzi importantissimo. Allora chi sei?-

Kai fissò quella piccoletta dalla lingua lunga. Era una bambina carina, si ritrovò a pensare, con dei grandi occhi marroni e una cascata di ricci rossicci, che le incorniciavano il volto. Le sorrise, e poi si decise a rispondere

-Io sono Kai-

Le disse alla fine. La piccola ridacchiò

-Che nome buffo che hai…-

Al tavolo, Yuri e gli altri trattennero a stento una risata. Kai fissò con gli occhi sgranati la piccola, prima di sorridere. Non se la poteva certo prendere con una bambina

-E tu chi sei, criticona?-

Le chiese a sua volta, sorridendole. La piccola ci pensò un attimo prima di rispondere, come se fosse indecisa se dirglielo o meno.

-Io sono Diana-

Gli disse alla fine annuendo

-Ciao Diana-

Diana fissò ancora per qualche secondo Kai, prima di allungare entrambe le braccia verso il blaider. Kai la fissò un attimo perplesso. Diana lo fissò, granò poi gli occhi e poi aprì e chiuse le mani un paio di volte. Alla fine Kai capì, e senza esitazione prese la piccola con due mani e se la mise in grembo. Diana gli buttò le braccia al collo e lo guardò negli occhi

-Hai un nome buffo, ma hai gli occhi belli-

Kai le sorrise

-Grazie, anche i tuoi lo sono-

-Ma i tuoi di più. Sono viola, mi piacciono. Non ne ho mai visti così-

-Tu invece hai degli occhi molto simili ad una persona che conosco-

La piccola si fece attenta e curiosa

-E chi è? La conosco?-

Kai ridacchiò

-No, non la conosci-

-E chi è? Me lo dici?-

-Un’amica-

Diana lo fissò, poi gli fece un grande sorriso

-Vuoi dire la tua ragazza?-

Kai fu totalmente preso in contropiede, e fissò la piccolina con occhi granati. Insomma, aveva sì e no cinque anni, che ne sapeva lei di queste cose? Kai si ritrovò ad arrossire leggermente, più per l’imbarazzo di non sapere cosa dire che non per la domanda in se. Yuri, vedendolo messo in difficoltà da una bambina di quattro anni, e anche senza parole e totalmente sconfitto, non ce la fece, e scoppiò a ridere. Si alzò, e con una mano scompigliò i capelli della bambina

-Piccola Diana, tu sei una ragazza sveglia-

Diana sorrise, e le sue guance presero un bel colorito rosso.

-Allora ho ragione? Hai la ragazza? E come si chiama? Com’è, carina? Viene qui anche lei? E se viene… posso giocare con lei? Sono stufa di giocare sempre solo con dei maschi grandi…-

Yuri continuò a ridacchiare sentendo la mitragliata di domande della piccola, e poi come poteva non farlo, vedendo l’espressione assolutamente ridicola che aveva assunto Kai. Il balider, infatti, aveva la bocca leggermente aperta per lo stupore e la sorpresa per la piega presa da quella conversazione, e poi, soprattutto, era arrossito, ma nello stesso tempo, stava cercando di incenerire con lo sguardo Yuri, perché stava ridendo di lui.

-Non c’è nessuna fidanzata-

Disse alla fine.

-Non c’è nessuna fidanzata per ora…-

Lo corresse Yuri, sempre ridendo. Kai stava per ribattere, ma poi decise di agire diversamente. Si alzò, sempre tenendo in braccio la piccola, fece il giro del tavolo, e poi mise tra le braccia di Yuri la bambina. Guardò poi la piccola e le disse

-Perché non provi a chiedere a Yuri come mai una ragazza, che si chiama Julia, ed è una blaider, lo mette sempre in agitazione?-

Yuri fissò Kai sconvolto, poi si ritrovò a dire

-Chi è che mi metterebbe in agitazione scusa?-

Kai non gli rispose, semplicemente gli lanciò uno sguardo, come per dire, vendetta. Nel frattempo, gli altri ragazzi della Neoborg si voltarono verso Yuri, meravigliati, ma fu Boris a parlare

-Ti piace la Fernandez?-

-Non mi piace nessuno, chiaro?-

-Oddio… Yuri, la Fernandez? Sul serio?-

-Boris, sta zitto. E a me non piace nessuno, figuriamoci la Fernandez-

Kai nel frattempo si era avviato verso la porta, e anche se sapeva di avere gli occhi di quasi tutti i presenti addosso, non gli importava. Stava pensando, pensando alle parole dette dalla bambina, e dal fatto che Yuri le avesse dato corda. Lui non aveva una ragazza. E poi, aveva pensato solo ad Hilary per via degli occhi di Diana. Cosa ci poteva fare lui se Diana aveva gli occhi terribilmente assomiglianti a quelli di Hilary, anche se, doveva ammettere, quelli della ragazza erano decisamente molto più luminosi, brillanti e anche ammalianti di quelli della bambina. E poi, gli occhi di Hilary avevano una luce quando sorrideva che li rendevano ancora più luminosi ed era sicuramente, una delle cose più belle che lui avesse mai visto. Ma questo a Yuri non lo avrebbe mai detto.

 

 

Yuri trovò Kai in palestra, intento ad allenarsi. Erano da poco passate le 10 di sera, ed il convento era diventato ormai molto silenzioso. I ragazzi che abitavano lì, ormai erano nelle loro camere, a dormire per la notte. Almeno una parte era a dormire l’altra…. Sinceramente a Yuri non interessava troppo di quello che succedeva. Finché tutti restavano al convento e non combinavano guai e non lo venivano a disturbare, lui era a posto. Certo, c’era il problema che alcuni ragazzi più grandi tentavano di intrufolarsi nelle stanze delle ragazze, ma per ora aveva trovato un modo per tenere tutto sotto controllo. E il fatto che un’ala del convento fosse dedicata alle ragazze e un’altra ai ragazzi, e che le loro camere si trovassero nel mezzo, in modo da potere controllare tutto, aveva aiutato ad evitare incidenti. Almeno per ora… per questo Yuri non aveva avuto problemi a raggiungere a quell’ora Kai in palestra per un po’ di allenamento. Il blaider della fenice rossa era lì, in una pista, da solo. Senza pensarci Yuri tirò fuori il suo bey, il lupo alato, Wolborg, e lo lanciò contro quello di Kai.

-Vuoi perdere Ivanov?-

-Non sono così debole Hiwatari-

-E io non sono più lo stesso di qualche mese fa-

-Puoi allenarti quanto vuoi, ma tanto lo sai che sono io il più bravo, vero Hiwatari?-

Kai gli sorrise ironico

-Allora stiamo a vedere Ivanov. Ma di solito chi parla troppo, vuol dire che non se la cava poi così tanto bene-

Sul volto di Yuri si dipinse un sorriso molto simile a quello di Kai

-E tu mi stavi più simpatico quando non parlavi mai-

Kai guardò Yuri negli occhi, e tra i due passò lo stesso pensiero. Non ci fu bisogno di dire altro, lasciarono parlare i loro beyblade. La sfida era iniziata.

-Ti farò vedere che il ghiaccio può spegnere il fuoco quando vuole-

-Non aspettavo di meglio-

E i due bey, si lanciarono all’attacco.

 

Alla fine, l’allenamento con Yuri non si rivelò stancante, né si rivelò nemmeno una battaglia all’ultimo sangue. Forse era perché tutti e due non volevano rivelare le loro mosse segrete, dopo tutto il torneo era alle porte, o forse era perché avevano rispetto l’uno dell’altro e non avevano bisogno di duellare fino allo stremo delle loro forze. Ma anche se non era un allenamento che richiedeva l’utilizzo dei loro bit-power, Yuri non era un avversario da sottovalutare, e allenarsi sulle basi era sempre un bene, anche per dei campioni come loro. Era ormai da una ventina di minuti che andavano avanti così, in silenzio, attenti e concentrati, quando una voce di ragazzo, anzi, di bambino, li colse di sorpresa.

-Volete fare qualcosa di emozionante, invece di fare girare quelle trottole a vuoto?-

Yuri e Kai si voltarono sorpresi verso un angolo della palestra. Seduto su una panchina, a pochi metri da loro, c’era un bambino di sei anni, che aveva di fianco a se un quaderno da disegno, in quel momento chiuso, con sopra appoggiato un astuccio colorato.

-Alexander! Dovresti essere a letto da un pezzo! Che ci fai qui?-

Chiese arrabbiato il rosso. Il bambino, imperturbabile, alzò un dito e lo puntò su Kai

-Sono qui per lui-

Kai richiamò Dranzer, che volò nella sua mano, e si voltò a fissare il bambino. Anche Yuri aveva richiamato wolborg, e si avvicinò a grandi passi ad Alexander, arrabbiato.

-Dovresti essere nella tua camera, a dormire. Come hai fatto a sgusciare via?-

Alexander alzò le spalle, per niente intimorito da lui.

-Non è poi così difficile fregare Sergei-

Yuri si lasciò andare ad un’espressione di rabbia nei confronti del suo compagno di squadra, cosa che fece arrossire il bambino.

-Non si devono dire quelle parole. Lo dici sempre a noi, ma vale anche per te-

Il blaider fulminò con lo sguardo Alexander, cosa che lo fece zittire e raggelare sul posto. Gli occhi azzurri di Yuri avevano il potere di terrorizzare tutti quanti, quando era arrabbiato. Persino Kai, qualche volta, ne aveva avuto timore. Il blaider del ghiaccio si voltò verso Kai, indeciso. Fu il blaider della fenice a risolvere la situazione

-Cosa vuoi da me, pulce?-

Alexander si alzò, prese il suo blocco da disegno, e si avviò verso Kai. Era un bambino piccolo, si rese conto Kai, era alto quanto una sua gamba, ma anche se aveva sei anni o poco meno, aveva uno sguardo deciso e sicuro di se. A Kai piacque subito

-Ho un nome, ed è Alexander, non pulce-

Kai gli fece un piccolo sorriso ironico.

-Allora cosa vuoi?-

-Voglio vedere il tuo beyblade-

Kai lo guardò perplesso, ma vedendo lo sguardo del bambino, così determinato, allungò una mano, e permise al piccolo di prendere il suo bey. Yuri, intanto, si era avvicinato ai due e fissava confuso il bambino, che si era buttato per terra, aveva aperto il suo blocco da disegno e, con una mano lo sfogliava, con l’altra teneva in mano Dranzer.

-È la prima volta che ti vedo interessato ai beyblade Alexander-

-Non sono interessato a queste cose infatti,,.-

-Non sono cose, pulce. È un beyblade, e si chiama Dranzer-

Gli disse Kai, leggermente infastidito.

-Infatti…-

Gli fece eco Yuri. Poi, vedendo che il bambino continuava a girare l’album da disegno, il rosso si inginocchiò per terra vicino a lui, curioso

-Si può sapere cosa stai cercando?-

Anche Kai si era inchinato verso il bambino, per vedere il blocco da disegno. Ad un tratto, Alexander lanciò un grido di soddisfazione

-Eccola! Avevo ragione, è lei!-

Disse sorridendo ai due blaider. Kai e Yuri si lanciarono uno sguardo perplesso, ma fu Yuri a parlare.

-Cosa è lei?-

-L’uccello! Quello della trottola di Kai. Guarda, è lo stesso. È una fenice, giusto, ho ragione?-

Kai guardò il disegno che indicava il bambino e in effetti, dovette ammettere, che riprodotta, e anche piuttosto bene per essere stata disegnata dalla mano di un bambino di sei anni, e soprattutto piuttosto fedele all’originale, c’era l’immagine della fenice rossa, la stessa riprodotta sul bit-power di Kai, esattamente nella stessa posizione.

-Alexander, lo so che sei bravo a disegnare. E se volevi comparare il tuo disegno all’originale bit-power di Kai, potevi dirlo tranquillamente, senza fare tutte queste storie. Ma ammetto che sei stato bravo, insomma, averlo visto alla tv e poi averlo disegnato così bene, sei veramente…-

-Non l’ho visto alla tv-

Disse di rimando il bambino.

-Su un giornale allora, quello che è-

Il bambino scosse la testa.

-No, niente tv o giornale. L’ho visto qui, nel monastero, su un muro-

Kai e Yuri si scambiarono uno sguardo, all’improvviso seri. Intanto Alexander aveva allungato una mano per restituire Dranzer a Kai, e si era alzato dal pavimento, chiudendo il suo blocco da disegno con un colpo secco. Poi si voltò verso Yuri

-C’è anche il tuo lì vicino. Se vuoi te lo faccio vedere, l’ho disegnato-

Yuri annuì, e il bambino riaprì il blocco da disegno, e girò velocemente le pagine, fino a che non si fermò, e voltò il quaderno per permettere al ragazzo di vedere. Yuri non ebbe bisogno nemmeno di un secondo per riconoscere il suo Wolborg, disegnato a matita su quel foglio di carta. Non ci fu bisogno di parlare con Kai, perché il rosso capisse e sapesse già cosa l’amico stava pensando. Yuri mise una mano sulla spalla del bambino, serio

-Alexander, portaci dove li hai visti-

Il bambino fissò il russo negli occhi, e per la prima volta, un lampo di paura lo percorse.

-Non sono nei guai, vero?-

Chiese impaurito, improvvisamente piccolo. Yuri si lasciò andare ad un sorriso, anche se durò per poco più di un secondo

-No, non sei nei guai. Ma portaci dove li hai visti, e forse, ascoltami bene, dico forse, mi dimentico del fatto che sei fuori dalla tua stanza, quando sai bene che dovresti stare proprio lì-

Alexander annuì, chiuse il blocco da disegno e si diresse veloce verso la porta della palestra. Kai si avviò subito dietro al bambino, e quando passò di fianco al blaider del lupo, gli diede una pacca su una spalla. Yuri gli lanciò uno sguardo perplesso

-Per cos’è questo tuo raro e vagamente imbarazzante gesto di affetto?-

-Stai facendo un ottimo lavoro-

Yuri rimase per un attimo senza parole. Non lo avrebbe mai ammesso, ma da qualche, dentro di lui, sentì qualcosa di piacevole scaturire da quelle parole. Apprezzamento per il suo lavoro, il suo arduo, difficile e complesso lavoro, visto che aveva solo diciassette anni, e tutto era molto più grande di lui, ma ci stava provando, dando tutto se stesso, per fare sì che le cose non fossero più come quando lui era bambino. E anche se le parole di Kai lo resero felice e soddisfatto, non lo avrebbe mai ammesso, almeno ad alta voce.

-Hiwatari, la prossima volta ti disintegro il beyblade-

Kai si voltò, sorridendo sarcasticamente

-Come se avessi qualche possibilità, Ivanov!-

Dal fondo della porta, a quel punto, Alexander si fece sentire

-La volete smettere di dirvi queste cose vagamente imbarazzanti e ambigue? Ci vuole un po’ per raggiungere il posto, datevi una mossa, non ho mica tutta la nottata-

Vedendo quel bambino di sei anni, fermo sulla porta, leggermente arrabbiato, sia Kai che Yuri scoppiarono a ridere. Alla fine, incamminandosi insieme, Yuri si ritrovò a mormorare

-Si, sto facendo un ottimo lavoro. Stiamo facendo un ottimo lavoro-

Perché mai, quando lui era piccolo, avrebbe potuto permettersi di parlare così ad un suo superiore, mai avrebbe potuto sgattaiolare fuori dalla sua stanza di notte, mai avrebbe potuto fare tutto quello che aveva fatto Alexander quella sera. Certo, Alexander doveva ancora sapere che tipo di punizione lo avrebbe aspettato per le prossime due settimane, dopotutto doveva pur dargli una punizione per fargli capire che aveva esagerato, ma avere anche solo la possibilità di vedere un bambino di sei anni dare degli ordini a degli adulti, in quel posto, senza subire punizioni estreme o torture terribili come quelle che aveva subito lui, ne valeva la pena. Preferiva avere tutto il peso delle responsabilità sulle sue spalle, ma avrebbe fatto di tutto per tutelare quei bambini. Il suo lavoro valeva anche solo per il silenzio che regnava nel monastero in quel momento. Non c’erano urla di terrore, nessun incubo. E andava bene così.

 

Alexander si diresse sicuro verso una porta. Kai e Yuri lo seguivano, a pochi passi di distanza, in silenzio. Dopo cinque minuti di giri, corridoi e porte, Yuri iniziò a capire dove il bambino lo stesse portando, e iniziò a perdere la pazienza. Conosceva meglio di chiunque altro il monastero, lui e i ragazzi lo avevano perquisito da cima a fondo, per cercare delle trappole o prove del passato lasciate da Vorkov dopo la sua fuga, e si erano assicurati, nei limite del possibile, di cancellare ogni segno di sofferenza passata. Per questo Yuri aveva capito dove Alexander li stesse portando.

-La cantina?-

Disse semplicemente. Alexaner annuì

-Tu non puoi scendere in cantina, nessuno può, a parte noi, o la cuoca-

Alexander si fermò, e poi si volse verso i ragazzi.

-Hai detto che non ero nei guai, non puoi punirmi adesso per avere infranto una regola un po’ di tempo fa…-

Yuri era sul punto di dire qualcosa, ma poi si fermò. Per quanto gli costasse molta fatica ammetterlo, quel ragazzetto era furbo

-Non ho detto che sei nei guai. Ho detto che non puoi scendere in cantina. Anzi, voglio proprio saperlo, come hai fatto a scendere in cantina?-

Alexander alzò le spalle

-La porta era aperta-

Yuri sgranò gli occhi per la sorpresa, e poi lanciò una maledizione, nella sua testa, a Boris. Quell’idiota, come aveva potuto lasciarla aperta? Poi si ricordò che era lì che tenevano le scorte di vodka, e che l’idiota era lui, alla fine, per avere dato la chiave, e quel compito, al suo amico. Alla fine, lo strano trio era arrivato a destinazione. In fondo ad un corridoio, una semplice porta marrone scura chiusa nascondeva l’accesso alla cantina.

-Fai strada, pulce-

Disse Kai al piccolo. Alexander allungò piano la mano e poi afferrò la maniglia, tirandola verso il basso. La porta si aprì con un leggero scricchiolio, cosa che fece per un attimo, rabbrividire il piccolo. Una volta che la porta fu aperta, Alexander guardò la stanza buia davanti a se, e fece un passo indietro. Yuri lo passò, entrò nella stanza, e con mano sicura, si allungò verso la parete di destra, in cerca dell’interruttore. Non appena Yuri spinse l’interruttore, tutta una serie di luci si accesero, rivelando una stanza piena di scaffali contenenti agni genere di cose. Kai era la prima volta che andava lì, in quella stanza. Non vedeva niente di strano in quella stanza, gli sembrava una normale stanza dove venivano riposte ogni genere di cose, tra cui, in un angolo, la scorta poi non tanto segreta di vodka dei ragazzi, e ovviamente, tutto ciò che di commestibile si poteva conservare in una cantina. Yuri e Kai, non notando niente di strano ed insolito, ne tantomeno la fenice o il lupo dei loro bit power, si voltarono verso il bambino. Alexander lì guardò, sostenendo il loro sguardo.

-Posso farveli vedere, allora?-

I due annuirono e Alexander si mosse. Si avviò veloce verso il fondo della stanza, e ad un tratto si infilò dietro ad uno scaffale posto contro il muro di fondo e sparì. I due si affrettarono dietro di lui, seguendolo. Come aveva fatto a sparire? La risposta gli si rivelò presto. Alexander non era sparito, era semplicemente andato in un’altra stanza, da cui era entrato da una porta nascosta. Kai si fermò e si voltò verso Yuri, che aveva uno sguardo più meravigliato di lui sul volto. Il blaider della fenice stava per parlare, quando Yuri alzò una mano e lo fermò, anticipandolo

-Giuro, non ne avevo la minima idea… insomma, la cantina?-

Kai dovette ammettere che Yuri non aveva tutti i torti. Perché avere una porta segreta… nella cantina? A quel punto, Alexander sbucò dalla porta nascosta

-Vi volete muovere ad entrare?-

Kai si avvicinò allo scaffale e osservò lo spazio che correva dal muro alla porta. Era stretto, troppo stretto per lui, o Yuri. Alexander non aveva avuto problemi, piccolo e gracilino com’era, ma ne lui ne Yuri ci sarebbero mai passati. Senza dirsi niente, lui e il blader dai capelli di fuoco si misero dallo stesso lato, e con forza tirarono lo scaffale, scostandolo dal muro. Il suono del metallo contro il pavimento fu così forte e stridulo, che Kai pensò che tutto il monastero si sarebbe svegliato. Una volta che ci fu abbastanza spazio perché i due potessero infilarsi, si fermarono.

-Prego Hiwatari, prima tu-

Gli disse Yuri, malcelando un sorrisetto ironico. Kai non gli diede peso, e si avviò. Appena arrivò alla porta, anche se era meglio definirla fessura nascosta nel muro, si fermò sulla soglia, indeciso. Poi si mosse. Una volta entrato, si fermò sul limite della stanza, e osservò. C’era qualcosa di strano in quel posto. Sembrava un luogo rimasto chiuso per molto tempo, e non sembrava assolutamente un luogo in cui suo nonno, o Vorkof, avessero mai messo piede. Kai si spostò solo quel tanto che bastava per far si che Yuri potesse entrare. Anche il blaider si fermò sulla soglia, incerto. Sembrava che gli stessi pensieri che affollavano la mente di Kai si fossero congiunti a quelli di Yuri. I due si voltarono, e si scambiarono uno sguardo che diceva già tutto. Fu Yuri, però a spezzare il silenzio

-Come hai trovato questo posto Alexander?-

Il ragazzo era poco più avanti di loro, i suoi piedi erano fermi nello specchio di luce che entrava dall’apertura sul muro. Per il resto, era tutto buio, ma anche se in ombra, Kai vide il bambino tentennare, prima di rispondere

-È stato un caso. Stavo cercando un posto tranquillo dove potere disegnare e… e sono capitato qui-

Yuri lo guardò perplesso, per niente convinto da quella spiegazione.

-Vuoi dirmi che per caso ti sei ritrovato dietro lo scaffale? Che cosa pensavi di disegnare, scusa, il dietro dei barattoli di conserva di pomodoro?-

Kai non poteva vedere bene il volto del bambino, ma lo vide spostare il peso del suo corpo da una gamba all’altra, e con le mani stava tormentando il suo blocco da disegno. Lo sentì trattenere il fiato, per poi lasciarsi andare ad un sospiro, e improvvisamente si fece piccolo piccolo. Solo allora si rese conto Kai, di quanto fosse piccolo quel bambino. Alla fine Alexander parlò

-Ok… mi stavo nascondendo da Ivan, va bene?-

-Ivan?-

Chiese titubante Yuri. Il piccolo annuì

-Si Ivan. Quindici anni, grosso quattro volte me... lui mi tormenta sempre quando non lo vedete e mi prende in giro per il fatto che disegno. Ogni volta che disegno cerca di strapparmi dalle mani il quaderno e se mi rifiuto qualche volta mi da qualche pugno. Uno per ogni volta che gli ho detto di no. Così un giorno mi stava inseguendo e io stavo scappando e cercando un posto dove nascondermi sono capitato qui. Lui mi ha inseguito qui dentro, e io per nascondermi mi sono infilato dietro a quello scaffale. Mi sono spostato più possibile lontano dal bordo e mi sono appoggiato al muro e ad un tratto, il muro ha ceduto e la porta nascosta si è aperta. Senza pensarci sono entrato dentro e ho sentito Ivan cercarmi e chiedere dove fossi. Non mi ha visto, e ho aspettato che se ne andasse. Sono stato fermo e immobile per un po’, prima di accorgermi dove fossi veramente. Così ogni volta che voglio stare in pace e tranquillo vengo qui-

-Ora capisco perché delle volte sei introvabile…-

Disse Yuri, più a se stesso che al bambino. Kai osservò il bambino, e lo vide stringersi forte al petto il suo album da disegno. Si fece avanti, e gli mise una mano sui capelli, scompigliandoglieli in po’.

-Ehi…-

Disse Alexander, mezzo infastidito e mezzo imbarazzato. Kai fece finta di non averlo sentito

-Toglimi una curiosità pulce… uno che ha paura del buio come te, come fa a nascondersi in una stanza così buia?-

Alexander alzò lo sguardo verso Kai, stupito

-Come fai a sapere che non mi piace il buio? E poi c’è la luce. È lì vicino a Yuri-

Kai si voltò verso Yuri, e lui, istintivamente si voltò alla sua destra, sorpreso. Il blaider però non vide niente e si rivoltò verso il bambino. Alexander sbuffando, si avviò verso il blaider, e con mano decisa, spinse un bottone. Ci volle qualche secondo prima che qualcosa succedesse. Una lampada, posta al centro della stanza, si accese, ronzando un poco, e i ragazzi poterono vedere l’interno. La stanza era piccola ma… accogliente. C’era un tavolo appoggiato in un lato, con tre sedie attorno, e doveva essere lì che Alexander si sedeva a disegnare. Un’altra sedia era posta in un angolo, ma la cosa più sorprendente era un camino. Proprio di fronte alla porta, c’era un immenso camino in muratura, grande, occupava quasi tutta una parete, ed era necessario per riscaldare tutta la stanza in inverno. Kai si avvicinò al camino, perché gli era sembrato di vedere qualcosa inciso sopra la cappa. Era scolpita nella parte alta, ma non c’erano dubbi. Era la sua fenice, Dranzer. Chi l’aveva incisa la doveva conoscere bene, perché era identica a quello del suo bit power. Era ad ali spiegate, come quando lui la evocava, non c’erano dubbi, era proprio lei. Yuri si avvicinò piano, stupefatto.

-Wolborg…-

Disse solo. Kai spostò lo sguardo più in basso e lo vide. Il lupo, il bit power di Yuri, era scolpito nella parte bassa della canna fumaria. Ma non c’erano dubbi che fosse proprio lui. Ma c’era anche un terzo animale scolpito. Oltre al lupo e alla fenice, inciso c’era un altro volatile.

-Sembra un animale del collo lungo. Un fenicottero o…-

-Un cigno-

Disse Kai. Yuri si voltò a guardarlo

-Ne sei sicuro?-

Kai annuì. Non c’erano dubbi

-Ne sono sicuro-

-Come fai a…-

-L’ho tenuto in mano, e l’ho visto. So a chi appartiene-

Yuri lo fissò meravigliato. Poi un lampo gli attraversò la mente, e un pensiero si insinuò in lui.

-Non mi vorrai dire che…-

-Si. Quello è il suo bit power… Quello è Nemesis-

 

 

 

Julia osservava Hilary, indecisa su cosa fare, o dire. Quella mattina, quando aveva dato appuntamento alla brunetta alla sede della BBA, non si immaginava certo di trovare una pazza scatenata con le sembianze della sua amica. Perché quella ragazza, che non stava ferma, e che parlava da dieci minuti come una macchinetta, non poteva certo essere Hilary.

-Chica, calmati ora. Non sto capendo niente, e lo que dices no tiene sentido (quello che dici non ha senso)-

-Si invece! Julia, è tutto così chiaro finalmente-

-Claro? ¿Cómo puede estar claro? ESTÁS DICIENDO COSAS SIN SENTIDO (come può essere chiaro? STAI DICENDO COSE SENZA SENSO)

-Julia, non mi stai ascoltando…-

-Ci sto provando!-

-No invece!-

-Si, invece. Parece un loco en ese momento (Sembri una pazza in questo momento), e dici cose senza senso. Hora calmados y hablamos (Ora calmati e ne parliamo), va bene?-

-Non riesco a calmarmi Julia. Per la prima volta da tanto tempo io mi sento…-

Hilary alzò le mani e la guardò sorridendo.

-Parece feliz, como no el seis desde hace mucho tiempo tiempo (sembri felice, come non lo sei da tanto tempo)-

-Si Julia, lo sono. Sono feliz-

E detto questo la castana si buttò addosso alla blaider.

-Piano chica…-

Ma Julia si lasciò andare alla risata di Hilary. Sempre con le braccia al collo dell’amica, Hilary si fece seria

-Ok, forse mi sono lasciata leggermente andare dall’entusiasmo ma… so di essere pronta ora-

-Per cosa chica?-

-Per duellare come si deve-

Julia prese l’amica per le spalle e la scostò da se, in modo da guardarla negli occhi.

-Tu sei pronta per… cosa?-

-Duellare come si deve-

-Intendi dire che…-

-Nemesis contro Thunder Pegasus. Sono pronta-

Julia sgranò gli occhi

-Tu vuoi fare… COSA?-

Hilary la guardò, un sorriso sulle labbra e un’aria di sfida negli occhi

-Voglio sfidarti, seriamente-

-NO-

-Si, sono pronta-

-NO che non lo sei! Hilary, duelli da meno di due settimane… e non hai mai, e sottolineo mai, evocato Nemesis. Cosa ti fa credere di riuscirci ora?-

Hilary la guardò, calma.

-So di potercela fare. Mettimi alla prova Julia, e poi vedremo-

Julia la fissò a bocca aperta e senza sapere cosa dire. Ma guardando la sua amica così seria e decisa, si ritrovò a sospirare.

-E va bene. Ma se ti batto e non ci riesci, non darmi la colpa, claro chica?-

Hilary si lasciò andare ad un urlo di gioia e si ributtò tra le braccia dell’amica.

-Vedrai, non te ne pentirai!-

-Me ne pentirò eccome invece… vamos muchaca (andiamo ragazza)-

-Let’s go-

 

Julia era per l’ennesima volta, quella mattina, a bocca aperta. Osservava il suo bey, Thunder, fuori dal cerchio della pista, e non sapeva cosa dire. Hilary invece, era tutta sorridente, con Nemesis che ruotava ancora al centro.

-Visto? Te lo avevo detto-

-No es posible…(non è possibile…)-

-È possibile, è appena successo-

-No es posible…-

-È tutto vero-

-Come hai fatto? Tu hai… hai…-

-Evocato Nemesis, si. L’ho fatto-

-Come ci sei riuscita?-

Hilary sollevò le spalle

-Come ci riesci tu…-

-No no, muchaca, sai cosa intendo! Come hai fatto a stabilire il legame? ¿Qué ha sucedido? (cosa è successo?)-

-L’ho sognata-

-¿Soñado?-

-Si, non so come spiegarti io… stavo facendo un incubo, un uomo o un ombra mi inseguiva e… lei è apparsa, e mi ha salvata. Non so spiegartelo a parole ma, è successo e basta e quando mi sono svegliata, sapevo che potevo contare su di lei. Non so come sia successo, so solo che è successo. E l’hai visto anche tu-

-Si l’ho visto. Ma ancora non ci credo…-

-Nemmeno io se proprio vuoi la verità-

Julia la guardò a bocca aperta, prima di scoppiare a ridere.

-Hilary, siempre me deja sin lengua (tu mi lasci sempre senza parole). Ma ora, rivincita. Mi hai colta alla sprovvista, ma ora si fa sul serio. Pronta ad una sfida seria?-

-Non vedo l’ora-

-Allora in posizione, chica. Un… dos… tres, listos…-

-Hilary!-

Le due ragazze si bloccarono, e si voltarono verso la porta. Stagliato nella cornice, c’era Rei.

-Oh, Kon! ¿No ves que hemos empeñados? (non vedi che siamo impregnate?)-

Ma Rei non le diede retta, e corse verso Hilary. La ragazza, vedendo lo sguardo preoccupato del ragazzo si fece seria.

-Rei, che succede?-

-Mi ha chiamato Kai-

-Sta bene? Gli è successo qualcosa?-

-Forse abbiamo trovato qualcosa…-

-¿Se ocupas sobre la suprema esencia?- (si tratta della Suprema Essenza?)

Rei scosse la testa.

-Non lo so, forse può essere ma… veramente ha trovato qualcosa che riguarda Hilary-

-Me?-

Chiese meravigliata Hilary. Rei annuì.

-Si, ma ora devi venire con me. Riunione al dojo, con tutti, tra venti minuti. Sono venuto a prenderti-

-Vamonos-

Hilary annuì. I tre non si dissero altro, si avviarono veloci verso la porta.

“Cosa vuol dire qualcosa che riguarda me?” si ritrovò a pensare la castana. Istintivamente, si ritrovò a stringere Nemesis nella sua mano.

 

 

Il dojo era nel caos quella mattina, o per meglio dire, il suo proprietario lo era. Takao infatti era nervoso, agitato, arrabbiato e preoccupato nello stesso momento. Era nervoso, perché il torneo si stava avvicinando, agitato, perché non sapeva cosa stava succedendo, arrabbiato, perché sembrava che ognuno dei suoi così detti amici, non che compagni di squadra, non pensava minimamente ad allenarsi a e prepararsi per il torneo imminente e preoccupato perché Rei gli aveva detto che c’era una cosa che riguardava Hilary di cui dovevano parlare. E lui, se c’era una cosa che detestava più di qualsiasi cosa, era sapere che c’era qualcosa, sicuramente un problema, che riguardava la sua migliore amica, quasi sorella, e lui non sapeva minimamente cosa fosse. E poi, anche il fatto che ultimamente, qualsiasi cosa che riguardava Hilary, era sempre legata a Kai, lo infastidiva leggermente. Anzi molto. Perché alla fine Rei glielo aveva detto, che Hilary si stava occupando del gatto di Kai, e che lei aveva le chiavi di casa di lui. Casa che, a quanto pare, era il solo a non sapere dove fosse. E poi, c’era quella faccenda che lei aveva dormito lì, con Kai una sera… ora, sapeva che Kai era una persona su cui si poteva contare, insomma al russo non interessava niente altro che non fosse il bey, mai, mai, si era interessato minimamente a delle ragazze… quindi non poteva essere successo niente tra i due, quella sera, da soli nella stessa casa… ma allora perché l’idea lo mandava letteralmente in bestia? E poi, andiamo, due ragazzi, da soli, dopotutto Kai era un ragazzo, e Hilary non era proprio una brutta ragazza e poi… erano da soli, senza nessuno… era sicuramente successo! Takao non ci voleva credere, ma doveva essere successo. Insomma se lui si fosse trovato da solo, di notte, con una ragazza in casa… ci avrebbe provato. Tutti lo avrebbero fatto, anche Kai doveva averlo fatto. Anzi, lo aveva sicuramente fatto, perché doveva avere quelle stesse pulsioni che aveva lui nei confronti delle ragazze… E poi Hilary doveva essere sconvolta quella sera, una facile preda per uno sicuro come Kai, che qualsiasi cosa facesse la sapeva fare bene… e quindi ormai Takao non aveva più dubbi. Era sicuramente era successo.

-Kai giuro che ti faccio un occhio nero quando torni!-

-E perché mai gli dovresti fare una cosa simile?-

Takao si voltò, e si ritrovò a guardare gli occhi della sua migliore amica. Vedendola lì, leggermente corrucciata, pronta per fargli una qualche ramanzina, Takao si sentì subito sollevato, e senza pensarci, si buttò sulla ragazza, stringendola forte a se in un abbraccio. Hilary si irrigidì un attimo, prima di lasciarsi andare ad un sorriso, subito coperto da una finta rabbia nei confronti di quel troglodita del suo migliore amico

-Takao, lasciami subito!-

Takao non se lo fece ripetere due volte, ma senza aggiungere altro, le afferrò una mano, e la trascinò verso la palestra del dojo.

-Takao, ma che…-

-Io e te dobbiamo parlare, da soli, subito-

-Ma io…-

Takao non aspettò altro, e trascinò la ragazza attraverso la porta della cucina, scomparendo. Del tutto rimasti inosservati e non notati, Rei e Julia si lanciarono uno sguardo, perplessi. Ma poi Julia guardò il ragazzo, e lo stesso pensiero attraversò la mente dei ragazzi.

-Li seguiamo vero?-

-Ciertamente! No quiero en absoluto perder me Takao hecho a trozos de Hilary!- (Certo! Non voglio mica perdermi Takao fatto a pezzi da Hilary!)-

Rei si ritrovò ad annuire

-Chiamo anche Max allora-

Julia ridacchiò.

-Kon, tu inizi a piacermi, sai?-

 

 

-Takao, lasciami, mi stai facendo male-

Ma Takao non la stava minimamente ascoltando. La portò nella palestra che lui e il nonno usavano per allenarsi, e solo a quel punto si fermò e lasciò andare la castana.

-Si può sapere che ti prende? Tutti gli anni passati a prendere botte in testa da tuo nonno hanno finalmente prodotto alla rottura delle tue poche cellule celebrali?-

Takao si posizionò davanti a Hilary, e le mise le mani sulla spalla, serissimo in volto.

-Takao… che sta succedendo? Si può sapere cosa…-

-Tu e Kai-

Hilary si bloccò di colpo, interdetta.

-Io e Kai?-

Takao annuì.

-Si, tu e Kai-

Hilary sgranò gli occhi, indecisa

-Io e Kaicosa?-

Takao si ritrovò ad arrossire leggermente.

-Bhe, so che tu hai dormito da Kai…-

Hilary annuì

-Si, infatti-

-Eh tu…-

Hilary sembrò capire cosa volesse chiederle Takao. Sicuramente stava pensando che lei doveva essere stata sconvolta quella sera, rivivere quello che era successo a sua madre e tutto. Così si ritrovò a sorridere.

-Non ti devi preoccupare Takao. È stato doloroso si ma… Kai è stato gentile e premuroso. Certo non mi immaginavo succedesse così, ho pianto forse più del dovuto ma… è andato tutto bene, credimi!-

Hilary si ritrovò a sorridere al suo migliore amico, rassicurandolo. Certo, Takao certe volte era un vero idiota, ma ci teneva a lei, e questo le faceva piacere. Ma Takao, invece, era letteralmente sconvolto. Non ci poteva credere. Non poteva credere alle sue orecchie… aveva veramente capito bene? Eppure non c’erano dubbi. La frase di Hilary aveva confermato qualsiasi suo sospetto. Era successo, Kai lo aveva fatto sul serio. E Hilary… Ma come aveva potuto, tra tutti, proprio Kai? Uno dei suoi migliori amici, come aveva potuto fargli una cosa del genere… alla sua migliore amica, a sua sorella! E lei, come aveva potuto anche lei fargli una cosa simile! Con uno dei suoi migliori amici, compagno di squadra e suo rivale da sempre?

-Hilary… ti credevo una ragazza diversa!-

Hilary lo guardò sconvolta. Aveva capito bene?

-Takao, che vorresti dire, scusa?-

-Non fare la finta tonta! Ho capito benissimo. Certo, tu eri sconvolta e tutto, e non ti preoccupare, appena vedo Kai gli faccio due occhi neri, ma tu… come hai potuto!-

-Scusa? Guarda che è una cosa che riguarda me e solo me. Ma chi ti credi di essere, razza di troglodita che non sei altro. Sono io a decidere, con chi e dove farlo. Hai capito?-

-Quindi non mostri nemmeno un briciolo di vergogna? E tutti i bei discorsi che facevi allora? Cos’è, ti basta uno sguardo dagli occhi viola di Kai che come qualsiasi fan urlante ti sciogli e fai tutto quello che ti dice?-

Hilary sentì la rabbia montarle addosso.

-Vergogna? Perché dovrei provare vergogna?-

-Perché lo hai fatto con il primo che passava!-

-Con chi scusa? Il primo che passava? Conosco Kai da ben tre anni, non è uno a caso!-

-Ma è comunque una cosa immorale!-

-Immorale? Ma ti sei bevuto il poco cervello che avevi?-

-No, sei tu quella che si è bevuta il cervello! E tutto per un paio di occhi viola…-

-Per tua informazione sono ametista, e non viola! Ma poi, si può sapere di cosa diavolo stai parlando?-

-Lo sai benissimo!-

-Ma ti sembra normale fare una storia del genere per una cosa così?-

Takao a quel punto esplose.

-Una cosa così? Una cosa… così? Hilary, ci sei andata a letto, e la definisci una cosa… così?-

-Io veramente non capi…-

Hilary si bloccò di colpo, mentre la frase appena pronunciata da Takao le si insinuava in testa.

-Io avrei… Aspetta che?-

Takao la fissava, rosso in viso per l’imbarazzo.

-Guarda che l’ho capito. Insomma tu e lui… da soli in casa, di notte. Posso capire che lui ci abbia anche provato ma tu… andarci così! Non ti riconosco più-

Hilary aveva la bocca spalancata per lo stupore. Lui aveva veramente detto quello che aveva detto?

-Takao, sei un grande imbecille, lo sai? Come puoi avere pensato che io… con Kai…-

Hilary era arrossita terribilmente, e abbassò lo sguardo sul pavimento. Lei e Kai fare… insomma, ma come gli era passato per la testa? Lei e Kai? A letto insieme per…

-Aspetta, mi vuoi dire che tu non hai…-

-NO!-

Urlò Hilary, arrabbiata, imbarazzata e sconvolta allo stesso tempo.

-Ma allora di cosa stavi parlando prima?-

-Stavo parlando, razza di idiota cerebroleso che non sei altro, del fatto che avevo parlato con Kai di quello che era successo a mia madre. E scusami se mi sono addormentata e hai un amico che è un vero cavaliere che mi ha ceduto la sua camera da letto, mi ha lasciato riposare nel suo letto, mentre lui ha preferito dormire sul divano-

-Quindi voi due non…-

-No-

Takao si lasciò andare ad un sospiro di sollievo

-Grazie a dio… mi sono tolto un peso!-

Hilary granò ancora di più gli occhi, prima di buttarsi addosso al ragazzo, riempiendolo di schiaffi sulle braccia.

-Ti sei tolto un peso? Razza di babbuino idiota che non sei altro! Ora te lo faccio vedere io cosa vuol dire “togliersi un peso”-

Hilary iniziò a colpire sempre più forte il ragazzo, che si mise automaticamente sulla difensiva

-Hilary, ahi, mi fai male.… ragazzi, aiutoooo-

 

 

Da dietro la porta, Rei, Max e Julia non sapevano se ridere o essere sconvolti. L’unica cosa di cui erano certo, è che non avrebbero mai aiutato Takao… se l’era cercata, e anche alla grande.

-Ma come si fa ad essere così idioti?-

Disse Julia, più a se stessa che non agli altri. Rei alzò le spalle, mentre scuoteva la testa.

-Stiamo parlando di Takao… non esiste spiegazione logica!-

-Ma come avrà potuto pensare poi ad una cosa del genere… insomma, Kai? Il freddo e asociale russo, che ci prova con Hilary e se la porta a letto?-

Rei e Max si lanciarono un’occhiata, prima di ritrovarsi ad annuire.

-You’re right, Julia. Kai non avrebbe mai fatto niente del genere, non è quel tipo di ragazzo-

-Kai non avrebbe mai fatto una cosa del genere ad Hilary, non dopo tutto quello che le aveva raccontato. Voi non l’avete vista… era sconvolta. Anche se…-

Julia e Max si voltarono verso Rei incuriositi.

-Anche se?-

Chiesero in coro. Rei li guardò, indeciso. Poi si decise a condividere il suo dubbio

-Max, hai presente quando l’altra mattina siamo andati da Kai per chiedergli spiegazioni?-

Max annuì.

-Of course. Non ho mai corso così tanto velocemente come quella mattina. Mariam era un fulmine e…-

-Si si, e ti ricordi quando Kai ha aperto la porta?-

- ¿Qué ha sucedido cuando ha abierto la puerta? (che è successo quando ha aperto la porta?)-

-Nothing. Kai ha aperto la porta, Hilary era dietro di lui…-

-Non hai notato lo sguardo di Kai?-

-No cosa avrei dovuto…-

-Era arrossito. Kai era rosso in faccia-

Julia e Max lo guardarono senza sapere bene cosa dire.

- ¿Seis seguro? (sei sicuro?)-

Rei annuì.

-Conosco Kai da troppo tempo e… giurerei che anche Hilary fosse arrossita. E poi, quando ho provato a chiederle qualcosa, lei ha evitato la mia domanda e… secondo me qualcosa è successa, anzi penso anche di sapere cosa. Secondo me si sono baciati e…-

Julia non lasciò continuare Rei. Si voltò veloce verso la porta della palestra del dojo, e l’aprì veloce. Non badò al fatto che Takao era steso per terra con Hilary seduta sopra di lui che lo stava ancora menando. Non fece neppure caso al fatto che i due si voltarono a guardarla, e che Hilary rimase con le mani alzate, sospese a mezz’aria.

-Julia, che…-

-Ti sei baciata con l’Hiwatari e non mi dici niente?-

Nel dojo regnò per qualche attimo un silenzio di tomba. Poi si sentì solo la voce di Takao

-Lui ha fatto… COSA????-

Hilary si mise una mano sulla faccia, sconsolata. Ma perché doveva avere degli amici così idioti?

 

Dopo circa venti minuti, la situazione era tornata alla calma. Cioè, Takao aveva smesso di urlare, Hilary aveva dichiarato che nessuno aveva baciato nessuno, e il discorso era finito lì, anche se Julia continuava a lanciare uno sguardo ammiccante alla castana, che diceva solo una cosa “appena siamo da sole poi ti interrogo”. Takao era in un angolo, seduto per terra, che sbuffava e imprecava, probabilmente contro il russo che non c’era e che era la causa di tutto quello scompiglio e che non appena avesse messo piede di nuovo in Giappone le avrebbe prese, e come se le avrebbe prese. Rei e Max avevano cercato di smorzare un po’ la tensione, con scarsi risultati, e ora stavano in silenzio, aspettando. Il suono del campanello non fu accolto mai con tanta gioia come quella mattina. Rei scattò in piedi

-Vado io-

E corse veloce verso la porta. Quando aprì, si ritrovò a fissare una cascata di capelli rosa, e non dovette pensare nemmeno per un secondo chi fosse la persona appena arrivata

-Ciao Mao-

-Guarda che ci sono anche io…-

Disse un’altra voce femminile. Mariam era dietro la rosa, leggermente scocciata

-Ciao anche a te, Mariam-

-Rei-

-Che ci siamo perse?-

Rei si girò indietro, poi si rivoltò verso la ragazza.

-Meglio se non chiedi…-

Mao lo fissò, prima di ridacchiare.

-Un’altra delle follie di Takao?-

Rei annuì, poi si scostò dalla porta, in modo da fare accomodare le ragazze.

-Allora, si può sapere cosa sta succedendo? Non mi piace che siano i russi a portare avanti questa situazione-

Disse Mariam, mentre si incamminava lungo il corridoio. Rei fissò la ragazza sparire, poi si voltò verso Mao

-Non farci caso… credo che abbia provato a comunicare con i suoi capi al villaggio, ma non le hanno detto niente. Sa che possono sapere qualcosa, anzi, è certa che sappiano qualcosa ma l’hanno tagliata fuori-

-Perché non mi stupisce?-

Mao annuì alle parole di Rei, anche lei concorde.

-Credi che anche i nostri saggi del villaggio possano sapere qualcosa di tutta questa storia?-

-Ci ho pensato, ma sinceramente non saprei, anche se…-

Mao lo guardò, aspettando che il ragazzo continuasse. Rei non aveva ancora detto a nessuno del ricordi riaffiorato nella sua memoria quando aveva sentito pronunciare da Daitenji il nome “Suprema Essenza”. Sua madre, e suo padre, la lettera, la litigata, quel nome pronunciato e il fatto che erano spariti poco dopo… ma non aveva ancora delle prove, era solo una sensazione eppure…

-Rei?-

Il ragazzo si riscosse dai suoi pensieri sentendosi chiamare da Mao.

-Scusa Mao, stavo solo pensando ad una cosa…-

-Ok…-

Le rispose la ragazza, poco convinta.

-Andiamo, ho alcune cose da dirvi e sarà il caso di muoverci-

 

Riuniti tutti sotto il portico del dojo, dato che la cucina era troppo piccola per ospitare tutti e sette, Rei si mise a raccontare quello che Kai gli aveva detto

-Yuri e gli altri della Neoborg hanno trovato, nel monastero, lo studio segreto di Vorkov-

La notizia lasciò tutti sorpresi.

-Con studio segreto intendi…-

-Da quello che ho capito, uno studio segreto in piena regola. L’accesso era nascosto dietro una porta nascosta, azionata da un qualche meccanismo. E lì dentro hanno trovato delle notizie sconvolgenti, come il fatto che il nonno di Kai ha ordinato l’assassinio di suo figlio e della nuora- 

-Éste lo sabemos ya! (Questo lo sappiamo già)-

-Julia!-

Dissero in coro le tre ragazze. Julia alzò gli occhi al cielo, ma non commentò, e fece un cenno a Rei come a dire “continua pure”

-E anche i genitori di Yuri sono stati uccisi, sempre per ordine di Hito Hiwatari. Ma il fatto è un altro… ci sono state altre vittime, un’altra coppia di sicuro. Erano amici dei genitori di Kai e di Yuri, ma non sanno chi possano essere. Nei documenti di Vorkov il loro nome non compare-

-E come fanno a sapere che anche loro sono morti? Magari potrebbero essere ancora in vita e…-

Rei scosse la testa, bloccando la frase di Hilary

-Non ci sono dubbi sulla loro fine. Nello studio c’era una foto, di loro sei e sopra ognuno di loro è stata tracciata una x e questo…-

Rei non finì la frase, perché non ce n’era bisogno. Tracciare una x su delle persone voleva dire solo una cosa, erano tuti morti.

-Ma perché ucciderli?-

Chiese Mao.

-Insomma, so che gran bastardo è il nonno di Kai, c’ero in Russia tre anni fa ma… uccidere il suo stesso figlio? Rendere orfano suo nipote? Perché?-

-A quanto pare Kai e Yuri hanno la risposta anche di questo-

Tutti tornarono a prestare attenzione a Rei. Il ragazzo era in piedi, nel giardino, mentre gli altri erano seduti sul portico. Rei fece qualche passo avanti e indietro, poi si fermò

-Erano tutti membri della Suprema Essenza-

La notizia lasciò tutti senza parole. Erano tutti membri della Suprema Essenza?

-Aspetta…-

Disse ad un tratto Mao.

-Vuoi dire che i genitori di Kai e di Yuri erano membri della Suprema Essenza, la stessa che ha mandato la lettera a Daitenji? Quella che stiamo cercando anche noi? Quella Suprema Essenza?-

Rei annuì semplicemente.

-Ma non è tutto…-

-¿Qué nos puede ser todavía? (che ci può essere ancora?)-

-Dentro la stanza, i ragazzi hanno trovato due scatole…-

-¿Cajas? (scatole?)-

-Si, delle specie di scrigni, con una chiusura particole ciascuno-

-Chiusura particolare?-

Chiese Max, cercando di capirci qualcosa

-Si esatto. Erano delle scatole con una apertura a meccanismo particolare. La chiave era una specie di incisione… una diversa per ogni scatola. E, molto probabilmente, anzi, sicuramente appartenevano ai loro genitori-

-Fammi indovinare, la chiave di quella dell’Hiwatari era per caso a forma di fenice?-

Chiese Mariam, sarcastica, non aspettandosi una risposta vera e propria. Tuttavia Rei decise di non darci troppo peso, e continuare

-Si Mariam, esatto. È stato facile indovinare quale fosse quella appartenente agli Hiwatari. Ma la parte più sorprendente, era ciò che c’era dentro alla scatola-

-Cosa c’era?-

-Un pazzo di una lastra di pietra-

I sei ragazzi rimasero interdetti.

-Una… cosa?-

Chiese Takao, parlando per la prima volta da quando Rei si era messo a parlare.

-Una parte di una lastra di pietra incisa. E nell’altra scatola che era presente lì dentro, c’era un altro pezzo della stessa lastra-

-Due pezzi di un unico pezzo…-

Mormorò Hilary

-Esatto Hilary. Secondo Kai, suo nonno e Vorkov stavano cercando di riunire tutti i pezzi-

-E per quale motivo?-

-Se ci pensate non è poi così difficile da capire… insomma, una volta le civiltà antiche usavano incidere su pietra le loro tradizioni, le leggi, o semplicemente ciò che non poteva essere solo tramandato per via orale. Incidere sulla pietra era un modo per essere sicuri che una determinata informazione o evento venisse tramandato alle generazioni future. Quindi non è poi così strano che si tratti di una pietra incisa. Se, da quello che mi avete detto, la Suprema Essenza è una società segreta che può avere un sacco di anni, non è una cosa così strano pensare che i loro antenati abbiano usato una lastra di pietra per tramandare le loro tradizioni o segreti…-

Tutti guardarono basiti Takao. Era stato, infatti, il blaider del drago azzurro a fare un’analisi praticamente perfetta e, soprattutto logica, il che rendeva assurdo il fatto che fosse uscita dalla bocca di Takao. Il ragazzo, sentendosi osservato in quel modo, incrociò le braccia al petto e li guardò con aria di sfida

-Si può sapere che avete da guardare così?-

-Hai appena detto una cosa molto intelligente, my friend-

Gli rispose Max, guardandolo come se fosse un ufo. Takao sentì una vena della sua testa iniziare a pulsare, ma cercò di dominare la rabbia che gli stava affiorando

-È sempre bello quando i tuoi amici ti elogiano in questo modo…-

Disse, offeso.

-Oh, andiamo Takao, non fare il bambino. Ma devi ammettere che sentire certe cose da te è….strano-

Gli disse Hilary.

-Vi siete forse dimenticati che mio padre e mio fratello sono archeologi? Ho a che fare con cose del genere fin da quando sono piccolo! È logico che sappia questo tipo di cose!!!-

Si ritrovò a dire, giustificandosi.

-Almeno questo vuol dire che quella tue enorme zucca non è poi così vuota come fai pensare…-

-Hilary!!!-

Hilary stava per ribattere, quando la voce di Rei li interruppe

-Ragazzi, abbiamo cose più importanti di cui parlare che non della testa vuota di Takao-

I due si lanciarono uno sguardo di sfida, ma poi tornarono a fissarsi su Rei.

-Grazie. Ora, come giustamente ha detto Takao, molto probabilmente la lastra contiene informazioni sulla Suprema Essenza, informazioni che il nonno di Kai e Vorkov volevano ma che non hanno ottenuto. Mancano dei pezzi-

-Quanti?-

-Non lo so, e nemmeno Kai lo sa. Lui e Yuri hanno unito i due pezzi in loro possesso, e si uniscono, formando la parte iniziale della lastra. Purtroppo però non sanno in che lingua sia scritta. Credo sia quello che inizieranno a fare in questi giorni, cercare di capire che lingua è-

-Quindi ci sono degli altri pezzi mancanti, che non si sa dove sono, e non si sa nemmeno come leggerli… mi sembra che non abbiamo assolutamente niente su cui indagare-

Disse Mariam, visibilmente scoraggiata.

-But, there must be something else! (ma ci deve essere qualcos’altro!) insomma, come minimo il nonno di Kai e Vorkov ci stavano lavorando da quando… dieci anni?-

-Max ha ragione! Ci deve essere per forza qualcos’altro in quello studio! Qualche altra informazione-

Disse Hilary, concordando con il suo amico Max.

-Si, c’è dell’altro in effetti. E ha a che fare con te Hilary-

Hilary si sentì fremere un attimo. Cosa poteva avere a che fare lei con la Russia e la Suprema Essenza? La stessa domanda passò per la mente anche di Mariam, che la espresse ad alta voce

-Cosa ha a che fare Hilary con tutto questo? Cosa ci può centrare lei?-

-Infatti! Rei come è legata Hilary a tutto questo?-

-Nemesis-

Disse semplicemente il ragazzo. Hilary istintivamente portò la mano dentro la tasca dei suoi pantaloni, dove c’era il suo bey.

-Nemesis? Cosa c’entra il mio bey?-

-Non hanno trovato solo lo studio segreto di Vorkov. Nel monastero c’era un’altra stanza segreta. E, so che può sembrare assurdo ma, inciso sulla cappa di un camino c’era il bit power di Yuri, Wolborg, quello di Kai, Dranzer e… il tuo cigno alato Hilary. Inciso lì sopra c’è anche Nemesis-

Hilary lo fissò a bocca aperta. Il suo beyblade

-Kai e Yuri credono, anzi, sono convinti, che la donna che ha scritto la lettera, la stessa che ha consegnato Nemesis al presidente Daitenji, sia la donna che compare nella foto che hanno trovato. Lei conosceva i genitori di Kai e di Yuri, erano membri della Suprema Essenza e…-

-E sono tutti morti ora-

Finì di dire Hilary. Improvvisamente, tutti i ragazzi dentro di loro si sentirono gelare il sangue nelle vene. Tutti coloro che avevano avuto a che fare con la Suprema Essenza, e con il nonno di Kai, erano morti. E loro, iniziarono a pensare, che la stessa sorte poteva accadere a tutti loro.

 

 

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Pavlov non amava particolarmente il Giappone. Forse perché era l’unico posto dove aveva fallito. Era l’unica volta dove, durante un lavoro, aveva permesso alle sue emozioni di prevalere, e aveva sbagliato. Ma succedeva sempre così quando vedeva lei. Bella, con il suo sorriso, l’unica che lo aveva sempre ammaliato, con quei suoi occhi grandi e profondi. Lei, che gli era sfuggita già una volta, lei, l’unico membro della Suprema Essenza che lo aveva osato sconfiggerlo. Lui, che era sempre stato due passi davanti alle sue vittime, si era ritrovato indietro. Fregato da lei. Era per quello che quando era andato in Giappone per la prima volta, molti anni fa ormai, aveva deciso che si sarebbe divertito con lei, che l’avrebbe presa, torturata, fatta pagare per esserle sfuggita una volta. Aveva tutto pronto, il luogo, gli attrezzi, i mezzi e invece… aveva agito da stupido, e da principiante. L’aveva uccisa, certo, ma troppo in fretta, accecato dalla rabbia, rabbia che lei gli aveva fatto tirare fuori. Perché lei lo conosceva e sapeva ciò che aveva fatto. E glielo aveva rinfacciato, chiamandolo assassino, traditore e… codardo. Era stato al codardo che aveva ceduto, il coltello nella sua mano, e prima ancora di rendersi conto di quello che stava facendo… lei era ferita, il sangue che colava dalla ferita che gli aveva inflitto. Era finito per fare il suo stesso gioco, era riuscita a farlo agire velocemente, senza darle il tempo di torturarla e senza farle dire niente. Era morta così, rapidamente, portandosi il suo segreto con se, portando il segreto di dove aveva nascosto la chiave nella tomba assieme a lei. Ma anche se aveva agito in fretta senza ottenere niente, qualcosa aveva visto. Ci aveva messo anni a ricordarsi di quel dettaglio, ma se ne era ricordato. L’anello che la donna portava al dito anulare sinistro, una fede, segno che la donna si era sposata, di nuovo. Era stata una mossa furba, perché così aveva fatto perdere le sue tracce per molto tempo, ma non lo spaventava quello. Lui sapeva come era morta, sapeva dove, c’era, non sarebbe stato difficile ritrovare il nome che quella donna aveva assunto in quel paese. E dal di lì, avrebbe fatto presto. E non appena avesse trovato lei, avrebbe trovato anche la bambina. Per quello si trovava lì, in Giappone. Doveva trovare la chiave, lo scrigno lo aveva recuperato dalla villa in rovina, e poi avrebbe dovuto anche trovare il bit-power. Serviva al suo padrone, dopotutto. La figlia, quella non era un problema. Non serviva al loro progetto, l’avrebbe uccisa. E avrebbe fatto in modo che la piccola pagasse per le colpe della madre. Le torture che avrebbe voluto fatto subire ad Elisabeta, le avrebbe riversate sulla figlia, e si sarebbe divertito un mondo nel farlo. Dopotutto, ormai, la piccola doveva essere cresciuta ormai, doveva avere all’incirca diciassette anni, la stessa età che aveva sua madre quando lui l’aveva conosciuta per la prima volta. Sperava che le assomigliasse molto, e che non avesse preso troppo dal padre. BirkofNicolai Birkof, non aveva mai capito come lei avesse preferito quell’essere insignificante a lui. Lui era più intelligente e molto più interessante di quell’insignificante… bastava pensare a quanti uomini aveva ucciso senza mai essere stato preso, a come la sua intelligenza avesse fatto si che si trovasse sempre cinque passi davanti all’FBI o all’Iterpol che ancora lo stavano cercando. Lui era migliore, lo era sempre stato, ma lei lo aveva respinto, umiliato. Ma almeno aveva avuto la sua vendetta, su lui prima, e su lei dopo. E ora l’avrebbe fatta pagare anche alla figlia.                                                                                      Pavlov si portò alla bocca il bicchiere di scotch, gustandosi il sapore dell’alcool giù in gola. Aveva perso il conto di quanti già ne aveva bevuti, non che gli importasse, dopotutto. Una volta riempito ancora il bicchiere, prima di portarselo alle labbra, fece un piccolo brindisi

-Mia cara Elisabeta… vedremo alla fine chi aveva ragione. Vedrai cosa farò alla tua bambina, e questa volta, nessuno ci sarà a proteggerla come hai fatto tu. Saremo solo io e lei… e credimi, io mi divertirò molto nel farlo.  На здоровье!-  (n.a. si pronuncia na sdarovie, ed è ciò che i russi dicono quando fanno un brindisi

 

 

 

 

 

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Era notte. Il suono del vento entrava prepotente nel tempio, facendo tremare violentemente il fuoco delle mille candele accese. La donna, inginocchiata davanti ad un altare, si riscosse al suono di passi. Non dovette voltarsi per sapere a chi appartenevano. Aveva sempre saputo riconoscere i passi dei suoi amici. Il sorriso si disegnò sul suo volto. Si alzò lentamente, e si voltò. Agli occhi della donna si parò la figura di un’altra donna. Era invecchiata dall’ultima volta che si erano viste, ma erano passati molti anni ormai, più di una decina. Anche lei doveva essere invecchiata agli occhi dell’altra donna

-Questo posto non è cambiato molto dall’ultima volta che l’ho visto. Tu, invece, si-

-Anche tu sei invecchiata, mia cara-

Le due amiche si guardarono ancora qualche secondo, prima di buttarsi l’una tra le braccia dell’altra.

-Almeno il tuo abbraccio è sempre lo stesso-

-Sarò anche invecchiata, ma non sono mica una vecchia rincretinita-

Le due donne si lasciarono andare ad una risata liberatoria.

-È bello vedere che il tuo spirito è sempre lo stesso, Jun Kon-

-È bello rivedere una vecchia amica, Terry-

Terry, una donna dai lunghi capelli blu, la guardò prima sorridente, poi si fece subito scura in volto

-Si stanno muovendo Jun. Sta per succedere qualcosa-

Jun annuì

-Lo so. Ho contattato Judy, l’ho avvertita-

Terry sgranò gli occhi

-Perché? Avevamo decise che…-

-Non lascerò che quell’uomo metta le mani addosso agli altri pezzi. E non permetterò che i nostri figli ci vadano di mezzo. Abbiamo perso troppi amici Terry, l’unica cosa che posso fare per loro ora, per onorare la loro memoria e il loro sacrificio, è proteggere la nuova generazione di custodi. E l’unico modo per farlo è fargli iniziare il percorso-

-Il percorso va scelto, non imposto! Lo sai meglio di me. Non si sceglie di essere guardiani, lo si diventa perché si viene scelti-

-Ma loro sono già stati scelti! Anche l’ultimo guardiano è già apparso. Un nuovo legame è stato stretto. Nemesis ha trovato un nuovo compagno-

Terry granò gli occhi, meravigliata.

-Non è possibile! Nemesis è inattivo da più di dieci anni, e con la morte di Elisabeta, quel legame è andato perso!-

-È stato ristabilito. Nemesis ha trovato un nuovo cuore con cui associarsi. Ora il numero è formato, sono stati scelti, devono intraprendere il percorso. Solo così sapranno come difendersi e cosa cercare-

-Ma senza una guida…-

-L’avranno. Ci sarà chi li guiderà-

Terry e Jun si guardarono, e Terry improvvisamente seppe cosa doveva fare

-Vuoi che vada io…-

-Potrai stargli accanto, senza destare troppi sospetti. Dopotutto, tu sei l’unica che può farlo-

-Ma Judy? Lei potrebbe farlo meglio di me e…-

-Judy non va bene. Desterebbe troppi sospetti, alcune cose non potrebbe spiegare come fa a saperle senza rivelare che appartiene alla Suprema Essenza. Mentre tu…-

-In quanto membro degli Scudi Sacri, non avrei problemi-

Jun annuì.

-Potrai stare così vicino a tua figlia, e saprai proteggerli anche. Sei la scelta migliore-

-E tu? Non vuoi andare da tuo figlio?-

Il volto di Jun si oscurò, e distolse lo sguardo dalla sua amica.

-Rei ormai è un uomo, e io l’ho abbandonato troppi anni fa. Non saprei neanche cosa dirgli, come fare a spiegargli la mia scelta, perché non mi potrei confidare. Se mai il destino lo vorrà, io e lui avremmo modo di parlare, ma non posso fargli io da guida. Tu sarai sicuramente migliore di me-

Terry si avvicinò a Jun, e le mise una mano sulla spalla

-Veglierò su di lui per te-

Jun annuì. Le due donne si portarono poi davanti all’altare, e si misero a pregare. Non avevano bisogno di dirsi altro, e quando Terry si alzò e si avviò veloce verso l’uscita del tempio, Jun non sentì il bisogno di fermarla, o di salutarla, o di dirle altro, perché si erano dette tutto quello che dovevano dirsi. Quando fu certa di essere totalmente sola, Jun si alzò, e si avvicinò ad una parete del tempio, dove incisa nella pietra c’era la figura di una tigre. Lì davanti, si lasciò andare ad una preghiera

-Veglia su di lui Driger. Fagli sapere che non è solo, ti prego-

Due calde lacrime scesero dagli occhi della donna. Sperava solo che la sua preghiera arrivasse a suo figlio, e gli facesse sapere che anche se lei non era con lui, era sempre nei suoi pensieri e non lo abbandonava mai. Perché anche se era una guardiana, una custode, un membro della Suprema Essenza a cui aveva dato la sua vita, era pur sempre una madre. e questo era più potente di qualsiasi altra cosa.  

 

 

 

 

 

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Buonasera a tutti!

Mamma mia, quanto è stato difficile scrivere questo capitolo! Ci vado dietro da mesi…. L’ho iniziato a gennaio, e finalmente, solo ora ce l’ho fatta!!! Ogni volta che ci provavo, mi rendevo conto che mancava qualcosa. Non riuscivo a trovare il giusto equilibrio, tra cosa dire e non dire. Delle volte non svelavo nulla, altre praticamente mi mancava di scrivere solo il finale perché avevo detto tutto. L’importante, però, alla fine, sono riuscita a trovare un buon risultato, che mi ha fatto dire, si sono contenta di come è uscito. E certo, questo vuole anche cercare di scusarmi per il ritardo dell’aggiornamento… si, lo so, faccio pena da questo punto di vista, ma mi sono terribilmente affezionata alla mia storia che la voglio fare uscire bene. Spero riuscita a perdonarmi ancora e soprattutto, spero che il capitolo vi sia piaciuto!

Piccola cosa: io semplicemente adoro i personaggi di Diana e di Alexander. Li amo alla follia, e torneranno spesso nella storia. Quindi spero vivamente che vi siano piaciuti, e che vi abbiamo regalato un sorriso, come hanno fatto con me.

Una piccola precisazione: vi vorrei avvisare di una cosa. Sta diventando molto difficile per me trovare dei bei titoli per i capitoli, quindi credo che, in alcuni casi, metterò semplicemente il numero, tipo “Capitolo 13” o simile. Spero di non farlo, ma temo che capiterà. Però volevo avvertirvi prima, così lo sapete già.

Ok, altra piccola cosa: la scena tra Takao e Hilary, è praticamente avvenuta sul serio! È successa tra me e un mio carissimo amico, che non aveva capito niente di quello che era successo una volta… per cui lo ringrazio per l’ispirazione, per una volta la sua proverbiale capacità di non capire niente è servita a qualcosa XD

Come sempre, grazie a chi legge, a chi perde cinque minuti per lasciare una recensione, e fatemi sapere cosa ne pensate. Se trovate errori, o se avete delle critiche, fatevi pure avanti. Io vi aspetto, vi ringrazio, come sempre, per la pazienza, e grazie a tutti quelli che hanno a cuore questa storia e nonostante il tempo che passa, la continuano a seguire. Ci vediamo alla prossima, un bacione grande grande, dalla vostra

Juls

 

 

  
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