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Autore: Adeia Di Elferas    11/06/2016    5 recensioni
Jeanne Valois è appena stata messa in carcere, dopo essere stata marchiata con la V di 'voleur'. I suoi pensieri la portano a meditare una terribile e inattesa vendetta nei confronti della famiglia reale e di tutti gli abitanti di Versailles. [Storia partecipante al contest "Per quando il dizionario non basta" indetto da Achernar_Ari sul forum di efp]
Genere: Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Jeanne Valois
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
- Questa storia fa parte della serie '...ma in un attimo il silenzio c'è'
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~~ L'avevano chiamata ladra, l'avevano flagellata, avevano cercato di redimerla, avevano fatto di tutto, pur di metterla a tacere, ma Jeanne non avrebbe mai smesso di dire la sua verità al mondo.
 Sentiva ancora bruciare la pelle, mentre il ferro incandescente le imprimeva il marchio dei ladri, la V di 'voleur', una delle più infamanti delle condanne. Si era tanto agitata che il boia non era nemmeno riuscito a marchiarla a dovere, sulla spalla, come tutti gli altri.
 Ella portava il suo marchio sul petto, come una medaglia, non come un'infamia. Se essere una ladra era essere come lei, allora bisognava essere fieri di quella V scavata nella pelle.
 Si passò un dito sulla cicatrice, profonda e indelebile, che ingombrava quasi per intero il suo petto e se ne sentì orgogliosa. Era sopravvissuta a molte cose, a un'infanzia nella povertà, a una vita di sotterfugi, a una corte spietata e perfida, dunque sarebbe sopravvissuta anche a quel dolore.
 Appoggiò una mano alla parete fredda di pietra e si chiese quanto tempo avrebbe passato tra quelle pietre. Era come essere già sepolti. A che serviva, pensò, una medaglia al valore come quella V marchiata a fuoco sulla sua pelle bianca, se non poteva mostrarla a nessuno?
 Si accasciò in terra, e, mentre nel silenzio che la circondava sentiva un paio di topi squittire in lontananza, le venne un'idea. Avrebbe scritto tutto, ogni cosa, dalla verità, fino ai pettegolezzi più fantasiosi, purché potessero passare per credibili.
 Avrebbe scritto le sue memorie e così tutti avrebbero saputo che Jeanne Valois, la donna che era stata marchiata contro la sua volontà, portava quella V come un segno della propria forza e non come un simbolo della sua fine.
 La V di 'voleur' sarebbe stata la sua firma, e tutti, col tempo, avrebbero pensato che quel marchio altro non era che il riaffermarsi della sua nobiltà repressa, della sua forza d'animo e della sua grandezza di spirito.
 Quella non era più la V si 'voleur', ma la V di 'Valois'.
 
   
 
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