Personaggi: Adrien Agreste, Marinette Dupain-Cheng, Altri
Genere: romantico, fluff, slice of life
Rating: PG
Avvertimenti: longfic, AU
Wordcount: 1.700 (Fidipù)
Note: Buonasera a tutti! Ed eccomi qua con il nuovo capitolo di Vuoi scommettere?! Bene, che posso dire? In verità, non c'è tanto da presentare come l'altra volta, quindi vi lascio immediatamente alla lettura, ma prima...
Beh, prima ci sono i ringraziamenti (e chi mi conosce da Miraculous Heroes, sa quanto sono fissata con i ringraziamenti! XD).
Grazie a tutti coloro che hanno commentato il primo capitolo (vi risponderò, non temete! Sono lentissima in questo, ma risponderò!) sia qui che su FB, un grazie a chi l'ha inserito in una delle sue liste un grazie anche a chi ha letto semplicemente.
Grazie di tutto cuore!
Marinette poggiò lo zaino sul banco,
cercando di ignorare le risatine di Chloé e Sabrina: «Lasciale perdere.»
dichiarò Alya, sedendosi nel posto accanto e osservando l’amica fare
altrettanto: «Sai come sono fatte, no?»
«So com’è fatta Chloé.» sbuffò Marinette, poggiando le braccia sul banco e
nascondendo il volto fra queste: «Quindi sta sicuramente trovando un modo
per rendermi la giornata l’ennesimo inferno.» sospirò la ragazza, sentendo
la sua migliore amica poggiarle una mano sulla spalla in segno di
solidarietà.
Aveva conosciuto Alya Césaire il primo anno alla Dupont ed erano subito
diventate amiche: fiera e decisa, Alya l’aveva presa sotto la sua ala
protettrice, salvandola molto spesso dalle mire di Chloé; si voltò,
incontrando lo sguardo dell’amica e vedendola sorridere: «Non capisco
perché glielo permetti…» dichiarò la ragazza, iniziando un discorso che
Marinette sapeva quasi a memoria.
Sei in gamba, Marinette.
Non dovresti farti mettere i piedi in testa da quella principessina
viziata.
Io sarò…
La voce dell’amica si tramutò improvvisamente in quella di un bambino,
nella mente di Marinette: Io sarò
sempre dalla tua parte, Marinette. Sarò sempre il tuo cavaliere
dall’armatura splendente.
La mora sorrise dolcemente, mettendo così fine al monologo di Alya:
«Perché stai ridendo adesso? Guarda che…»
«Sei seria, lo so.» dichiarò la ragazza, aprendo la borsa e prendendo il
tablet, sentendo addosso lo sguardo dell’altra: «E’ che le tue ultime
parole mi hanno ricordato quelle che mi diceva sempre un mio amico.»
«Il famoso Adrien di cui mi hai parlato?» le domandò Alya, ridacchiando:
«Noto anche come il tuo primo amore un po’ nanetto.»
«Proprio lui.» mormorò Marinette, accedendo l’apparecchio e guardando lo
schermo illuminarsi: «Era più piccolo di me, eppure si atteggiava a mio
eroe.» continuò, mentre la mente tornava indietro nel tempo e si perdeva
fra i ricordi: «Se Chloé non mi tormentava da piccola – o lo faceva molto
meno – lo dovevo al mio piccolo cavaliere dall’armatura scintillante.»
«Che carino…»
«Già, lo era tantissimo.»
«E’ un vero peccato che si sia dovuto trasferire.» borbottò Alya,
poggiando il volto contro i pugni chiusi e dando una lieve spinta
all’amica: «Dai, pensa se tornasse: è diventato bellissimo e s’iscrive
alla nostra scuola; il primo giorno entra in classe e si siede davanti a
te – perché il posto accanto a Nino è l’unico disponibile –, si volta e ti
sorride. E tu, ovviamente, t’innamori subito.»
«Alya, queste cose succedono solo nei film…»
«Fammi sognare, antipatica.» sbottò la ragazza, imbronciandosi: «Comunque
t’innamori subito di lui e, il nostro bel protagonista, ovviamente non ha
mai dimenticato il suo primo amore e quindi vi mettete insieme – con Chloé
sullo sfondo che rosica – e ve ne andrete felici e contenti.»
«Su un cavallo bianco, magari?»
«Ciao, ragazze!» esclamò Nino, poggiando la borsa nel banco davanti al
loro e sorridendo: «Che combinate?»
«Marinette sta distruggendo un mio possibile film romantico.» sbottò Alya,
sistemandosi gli occhiali e guardando intensamente il ragazzo di colore:
«Stavo immaginando il ritorno del suo amico d’infanzia, con tanto di
storia d’amore, e questa antipatica mi butta addosso tutto il suo
pessimismo.»
«Non si fa, Marinette.» sentenziò Nino, accomodandosi a sedere e
sistemandosi il berretto in testa: «Mai buttare addosso ad Alya il
pessimismo.»
«Me ne ricorderò.» dichiarò la mora, osservando un suo compagno di classe
entrare e sorridendogli: Nathanael era un ragazzo molto dolce e riservato,
con cui condivideva la passione per l’arte: «Ciao Nath!»
«Ciao, Marinette.» la salutò il ragazzo, fermandosi accanto al suo banco e
scostandosi leggermente il ciuffo rosso dagli occhi: «Hai visto la nuova
mostra che c’è al Louvre?»
«Mh. Sì, ho visto la locandina: egizi. Sembra interessante, vero?»
«Sì, pensavo di andarci domenica.» dichiarò Nathanael, abbassando lo
sguardo con un timido sorriso in volto: «Mh. Ti andrebbe di venirci con
me?»
«Oh. Che carini. Vi state dando un appuntamento?» domandò Chloé a voce
abbastanza alta perché potesse sentire tutta la classe: «Nathanael e
Marinette vanno a un appuntamento insieme. Nathanael e Marinette vanno a
un appuntamento insieme.» iniziò a canticchiare, subito seguita da
Sabrina.
«Ma quanti anni avete?» sbottò Alya, poggiando i palmi sul banco e
alzandosi in piedi, mentre Marinette abbassava lo sguardo e Nathanael,
borbottando qualcosa, corse velocemente al suo banco in fondo alla classe.
«Alya…»
«No, Marinette. Non sto zitta! E nemmeno tu dovresti.»
«Pensi di farmi paura?» domandò Chloé, alzandosi in piedi e fronteggiando
l’altra ragazza: «Forse non hai ancora capito che qui…» Chloé indicò il
basso con l’indice: «…comando io.»
Marinette posò una mano sul braccio di Alya, vedendola pronta a scagliarsi
sulla bionda e, quando l’amica abbassò lo sguardo verso di lei, scosse il
capo: «Non ne vale la pena, Alya. Lo sai. Lo fa apposta.»
«Ma…»
«Alya.» la riprese Nino, fissandola da dietro gli occhiali e sorridendole:
«Lascia che creda di essere il boss qua dentro, tutti noi sappiamo che non
è così.»
Chloé assottigliò lo sguardo, scrutando il trio e poi, uno a uno, anche
tutti gli altri studenti: «Spero che nessuno di voi, la pensi così. Perché
vi sbagliate di grosso.» dichiarò, sedendosi al suo posto con l’aria
trionfante di una regina.
«Dovreste smetterla di fermarmi.» sbottò Alya, sedendosi e incrociando le
braccia al seno: «Una piccola lezioncina farebbe bene a sua maestà, la
principessa di sto…»
«Alya!»
La Tour Eiffel.
Notre Dame.
La piramide di vetro del Louvre.
Aveva dedicato la mattinata a vedere alcuni luoghi simbolo della capitale,
respirando a pieno l’aria della sua città natale e sentendo di nuovo la
musicalità del francese nelle sue orecchie; i suoi piedi e il suo cuore lo
aveva portato in molti posti dell’infanzia, anche: il parco dove andava a
giocare con Marinette, la vecchia scuola elementare e poi, infine, la
boulangerie dove tutto era iniziato.
Non sapeva da quanto era fermo davanti il negozio, facendo vagare lo
sguardo sull’insegna e sulle vetrine, ove facevano bella mostra di loro le
creazioni del papà di Marinette.
Avrebbe voluto tanto entrare, ma una parte di sé lo bloccava.
Aveva paura, tantissima paura, di incontrare di nuovo la coppia che
gestiva il negozio.
«Al diavolo.» sbottò, avvicinandosi alla porta e abbassando la maniglia,
subito venne investito dal profumo di pane appena sfornato e di dolci:
quanto gli era mancato quell’odore così corposo e saporito.
«Buongiorno!» lo salutò la piccola donna dietro il bancone, regalandogli
un sorriso cordiale ma ben diverso da quello caloroso e amorevole, che gli
rivolgeva quando entrava di corsa per sapere se Marinette era in casa.
Non lo aveva riconosciuto.
Adrien abbozzò un sorriso, avvicinandosi al bancone dei croissant e
osservando alcuni cornetti: «Sono appena sfornati.» dichiarò la donna,
seguendolo da dietro il bancone: «Oppure, se preferisci, abbiamo dei
biscotti con scaglie di cioccolato appena fatti.»
«Posso averli entrambi?»
«Ma certo.» dichiarò la madre di Marinette, prendendo le pinze e una busta
di carta: «Quanti croissant?»
«Due, grazie.» rispose Adrien, osservandola mentre metteva nel sacchetto
le due brioche e poi sollevava lo sguardo verso di lui: «E una decina di
biscotti.» aggiunse, anticipando la domanda della donna; nel mentre, dalla
porta del laboratorio il padre di Marinette uscì, con le mani cariche di
baguette che fece cadere in una delle ceste poste dietro la cassa,
facendogli un lieve cenno di saluto con il capo.
Non lo aveva riconosciuto.
La madre di Marinette posò i suoi acquisti sul bancone e batté velocemente
il prezzo alla cassa, mentre Adrien tirava fuori una banconota dal
portafogli e gliela porgeva: «Sai…» mormorò la donna, passandogli il resto
e sorridendogli, mentre lui lo infilava nella tasca dei jeans e afferrava
le due buste di carta: «Hai un che di familiare. Sei uno degli studenti
della Dupont?»
«Inizierò la prossima settimana.»
«Oh.»
«Però vivevo in questa zona da piccolo, prima che mio padre si
trasferisse.»
«Oh. Capito. Forse sarai venuto qualche volta, allora.»
«Può darsi.» dichiarò Adrien, sorridendo e indietreggiando fino alla
porta: «Arrivederci.»
«Arrivederci. E torna quando vuoi.»
«Non mancherò.»
Marinette sospirò, donando il volto ai tiepidi raggi di sole e sentendo le
catene della scuola lasciarla andare: un altro giorno era finito.
Un'altra giornata scolastica era andata.
In verità, le sarebbe anche piaciuto andare a scuola, non fosse stato per
Chloé.
Dopo la scenetta in classe, la bionda aveva deciso che sarebbe stato
divertente farle lo sgambetto e vederla scivolare giù dalle scale: si
sarebbe rotta qualcosa, se Ivan – un ragazzo della sua classe tanto grande
quando gentile – non l’avesse afferrata in tempo.
Infine, giusto per farle completare brillantemente la giornata, Chloé
aveva pitturato di giallo la relazione di storia, che doveva consegnare
alla professoressa Tikki: fortunatamente, l’insegnante era stata
comprensiva e il fatto che Max, un suo compagno di classe fissato con i
videogiochi, fosse stato un testimone oculare dello scherzetto, le aveva
fatto evitare un brutto voto.
Certo, ora doveva nuovamente stampare tutto, però.
«Ma perché ce l’ha tanto con me?» uggiolò la ragazza, scendendo mestamente
le scale della scuola e voltandosi verso destra: casa. Camera sua e un
cuscino da abbracciare, ecco cosa voleva in quel momento.
E per averlo, le bastava solo attraversare la strada
Tenne lo sguardo basso, mentre si avvicinava al semaforo: si fermò,
alzando la testa verso il segnalatore luminoso in attesa che il verde
scattasse.
Ecco.
Finalmente.
Attraversò velocemente la strada, non facendo caso alle persone attorno a
sé e, una volta dall’altra parte, entrò velocemente nella boulangerie dei
suoi genitori, finalmente al sicuro.
Almeno fino alla mattina successiva.
Adrien si fermò, voltandosi indietro e osservando la ragazza che, di
corsa, entrava nella boulangerie: era lei. L’avrebbe riconosciuta ovunque
e subito.
L’aveva vista dall’altro della strada, mentre teneva la testa bassa e le
spalle curve, quasi stesse portando chissà quale peso: così diversa dalla
bambina decisa dei suoi ricordi…
Però i capelli mori e lo sguardo celeste che aveva intravisto, mentre gli
sfrecciava accanto erano gli stessi.
La sua principessa.
Chissà cosa le era successo.
Chissà perché aveva quello sguardo così stanco in volto.
Addentò uno dei biscotti appena comprati, masticandolo lentamente e
aspettando, quasi sperando che lei uscisse nuovamente ma questo non
avvenne; rimase fermo un altro po’, indeciso se tornare nella boulangerie
e presentarsi oppure…
Attendere.
Sorrise, annuendo alla sua decisione e, addentando l’altra metà del
biscotto, riprese la sua strada.
Presto la incontrerai di nuovo.
Era solo questione di tempo.