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Autore: blueneighbourhood    12/06/2016    5 recensioni
Harry è felice del suo matrimonio, davvero.
Ha un dubbio, però, che lo logora da settimane ormai ed è certo che finirà col sentirsi in colpa per aver assunto Louis Tomlinson - un investigatore privato - affinché indaghi su suo marito Robert.
Genere: Angst, Generale, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Harry Styles, Louis Tomlinson
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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(La storia contiente scene di bottom!louis)
 

 

More than diamonds, more than gold
 

Don't you know I can treat you right?
Over the moonlight tonight it's not so black and white
Alright, you know that we don't have to speak in code
Give me that simple signal, yeah, let's hit the road
 
 
 
 
L’orologio a pendolo della camera da letto segnava le otto e tre quarti quando Harry avviò il getto della doccia aspettando contro la parete fredda che l’acqua diventasse calda, quasi bollente; le docce gli piacevano così. Aveva finito da poco di cenare con una bistecca ed un calice di vino, - perché quello non poteva mancare mai - e aveva questa strana abitudine di fare la doccia subito dopo cena. Robert, suo marito, era al lavoro come al solito, come sempre da troppi mesi ormai e ad Harry passò per la mente sempre il solito pensiero: era da un po’ che ci pensava, se suo marito avesse trovato qualcuno fuori da quelle quattro mura, qualcuno che riuscisse a dargli quello che lui evidentemente non era più in grado di offrirgli.
Harry odiava sentirsi non necessario, soprattutto per suo marito, la persona più importante della sua vita, ma Robert ormai sembrava semplicemente e completamente assente: sempre in ufficio e mai a casa e quelle poche volte in cui c’era, si rinchiudeva nel suo ufficio tra pile infinite di documenti perché c’era sempre del lavoro da portare a termine. 
La loro vita sessuale si poteva definire pressoché inesistente ormai, e non che Harry ne fosse dipendente ma anche lui aveva i suoi bisogni e Robert era sempre stato un uomo bellissimo nonostante l’età. 
 
Già, l’età. 
 
Lo avevano sempre messo in guardia sulla loro differenza d’età, glielo avevano detto che prima o poi i problemi sarebbero arrivati; lui lo sapeva ma era troppo innamorato di Robert per pensare a quei tredici anni che sembravano pesare come un macigno tra loro negli ultimi mesi. Quando lo aveva conosciuto, Robert gli era davvero sembrato il principe azzurro dal bianco destriero; se solo Harry ci avesse pensato qualche minuto di più quel giorno, avrebbe capito che la sua vita non era una favola e mai lo sarebbe stata.
 
Mentre il getto della doccia continuava a scorrere massaggiando i suoi capelli, stressati dalle troppe volte in cui li aveva rinchiusi in uno chignon per compiacere Robert, continuava a pensare che il suo matrimonio, in fin dei conti, una lezione gliel’aveva insegnata: era necessario affrontare i problemi quando si presentavano, non nascondersi dietro di loro. 
 
L’orologio segnava le nove e mezza quando Robert rientrò in casa trovando Harry ancora avvolto nel suo accappatoio color lavanda, come se non fossero passati più di trenta minuti da quando era uscito dal bagno. I capelli ricadevano in ampi boccoli sulle sue spalle, piccole gocce d’acqua lasciavano le punte perdendosi sulla spugna del suo accappatoio. Suo marito era seduto sul bordo del letto, una manciata di fogli stretti nella mano destra e il suo inseparabile smartphone in quella sinistra. Un tempo, Robert avrebbe lanciato per aria quell’ammasso di carta straccia dopo una semplice occhiata per impossessarsi di ogni centimetro del suo corpo; ora, invece, continuava a tenere gli occhi fissi sullo schermo del suo telefono come se quell’apparecchio contenesse la notizia più interessante al mondo. Harry abbassò gli occhi sulle sue mani mentre cercava di digerire con dispiacere quella consapevolezza. Era sempre stato un ragazzo testardo e accettare che suo marito non fosse più coinvolto da lui come un tempo, era un boccone amaro da mandare giù.
Sollevò gli occhi, lanciando uno sguardo a suo marito. 
“Sei tornato prima oggi” commentò e Robert annuì distrattamente procedendo verso l’altro lato del letto.  
“La riunione è finita prima del previsto” Harry lo vide maneggiare con fatica il nodo della cravatta così si avvicinò a lui, strascicando sul materasso e cercando di nascondere il suo disappunto. Era abitudine che fosse lui ad allacciargliela ogni mattina prima di andare a lavoro, e che la slacciasse ogni sera quando rientrava. Si mise in piedi davanti a lui, le sue dita lunghe trovarono la stoffa di quell’accessorio con facilità, scivolarono lentamente allentando la pressione del nodo e riuscì a liberarlo della cravatta in pochi secondi; preso dall’abitudine slacciò anche il primo bottone della sua camicia, come se non fossero passate settimane ormai dall’ultima volta in cui aveva accarezzato quel corpo. 
Abbassò lo sguardo verso il pavimento mordendosi forte il labbro inferiore, indeciso su cosa fare. “Come è andata la tua giornata?” chiese poi timidamente riportando gli occhi nei suoi, così stanchi e distratti. 
“Lunga e noiosa” rivelò suo marito sedendosi sul materasso. “Sono felice di essere a casa adesso” ammise portando le mani sulla spugna dell’accappatoio che copriva il corpo del ragazzo per avvicinarlo a sé; Harry rabbrividì per qualche secondo trattenendo il fiato.
“Sono felice che tu sia a casa” rispose sincero e con un sorriso timido sulle labbra, ormai non più abituato a quei momenti di dolcezza tra loro. “Ti vedo così poco ultimamente” si lasciò scappare mordendosi la lingua subito dopo. 
Robert sospirò pesantemente stringendo la presa sui suoi fianchi, ancora coperti dalla stoffa morbida del suo accappatoio. “Lo so, sono stato imperdonabile ultimamente”. Harry restò in silenzio, ben consapevole che l’uomo non avesse finito di parlare. “E’ solo che- sai, è stato un periodo piuttosto difficile in ufficio e-"
“So di non essere un esperto ma- uhm- potresti parlarmene, solo a volte. Mi sento come se non parlassimo più molto tra noi ultimamente” confessò Harry passandogli una mano tra i capelli. Era stata una delle cose che l’aveva colpito di più di Robert: sapeva sempre cosa dire in qualunque momento; Harry era sempre stato convinto che fossero amici, prima ancora di fidanzati, e poi marito e marito. Era forse questa la cosa che lo feriva di più, la totale assenza di comunicazione degli ultimi mesi. 
“Lo so, io uhm-” l’uomo si fermò un attimo a guardarlo, godendosi le piccole carezze che le dita lunghe e affusolate del ragazzo gli concedevano, ad Harry parve quasi di sentire suo marito fare le fusa così si lasciò scappare un sorriso. “Mi farò perdonare, te lo prometto. Che ne dici di una cena, solo io e te? Quando tornerò da New York and-”
“New York?” chiese Harry stupito, le sue mani si fermarono tra i suoi capelli.
“Abbiamo un caso su cui lavorare con un studio affiliato, non possiamo tirarci indietro” disse serio Robert prendendo le sue mani, ormai immobili tra i suoi capelli, le portò sulle sue gambe facendo intrecciare le loro dita. 
“Ma c’è la festa, hai già organizzato tutto” si lamentò Harry, incredulo del fatto che suo marito non gli avesse mai parlato di quel viaggio. Odiava non sapere,  e odiava che suo marito ritenesse opzionale informarlo sui viaggi di lavoro. 
“Sai che non posso fare nulla in questo genere di cose, non ho scelta Harry” disse Robert, poi lasciò un bacio leggero sulle nocche delle loro dita intrecciate. “Sono certo che sarai un perfetto host  quel giorno, ami questo genere di feste”.
 
La verità era che Harry odiava tutto quello ed avrebbe annullato tutto molto volentieri perché odiava partecipare a quei party, dove l’età media raggiungeva quasi il doppio dei suoi anni.
 
Annuì nascondendo la delusione come meglio poteva. “Che ne dici, andiamo a letto adesso? Sono davvero esausto” propose suo marito con un sorriso sincero in volto.
Si liberò velocemente dell’accappatoio, cambiandosi in un paio di semplici boxer neri. Sentì il corpo di suo marito aderire al suo, quando si stese tra le lenzuola di seta; la punta del suo naso sfiorava l’incavo del suo collo mentre le sue braccia lo tenevano stretto contro il suo torace: qualche mese fa il suo cuore avrebbe fatto le capriole, si sarebbe voltato verso di lui e l’avrebbe baciato fino a perdere il fiato: ora poteva solo sospirare e socchiudere gli occhi sperando che quel contatto non durasse troppo poco perché lui continuava ad amare un marito che sembrava essersi dimenticato di lui.
Guardò l’orologio. Segnava le dieci in punto e ringraziava che quella giornata fosse giunta al termine.
 
———————————
 
Harry Styles non era mai stato il tipo di uomo che si faceva domande, ma nell’ultimo anno e mezzo non faceva che chiedersi se si potesse morire di noia. Tamburellava con le dita sul bancone granito del bar sullo yatch in cui si trovava, e si guardava intorno: lo studio legale che aveva a capo suo marito organizzava il party di inizio anno ormai da anni, e Harry, che di anni ne aveva 27, ne era sempre più annoiato. Figurarsi, poi, se suo marito non era neanche presente e lui si ritrovava a bere uno scotch troppo scadente per far parte delle bevande presenti all’open bar.
Era sposato da quattro anni, in una relazione da sette e la sua vita sembrava sempre più quella di una casalinga disperata.
 
“Sai, se lo bevi col ghiaccio diventa automaticamente meno disgustoso.”
 
Harry si girò curioso alla sua destra, da dove proveniva la voce.
 
“Perché dovrei? L’unica cosa che non mi disgusta, qui, è questo scotch. Al college ho bevuto cose ben peggiori” esclamò Harry, e l’uomo accanto a lui rise, “ne parli come se fossero passati secoli, mi sembri abbassare parecchio l’età media di questa festa.”
“Tu non sembri tanto più vecchio di me.”
L’uomo si avvicinò, e gli tese la mano, “Louis.”
“Harry.”
“E perché sei qui?” chiese Louis, e Harry sorrise, finendo il drink che aveva fra le mani, “mio marito è il capo dello studio legale che ha organizzato il party, e anche il proprietario dello yatch dove ci troviamo al momento” esclamò, facendo cenno alla barista di riempirgli nuovamente il bicchiere, “e tu, invece?” chiese poi.
Louis lo squadrò per un secondo, “se te lo dicessi poi dovrei ucciderti. Comunque, dov’è il maritino?” chiese poi, e Harry sorrise guardando il bicchiere, “non c’è.”
“E come mai?”
“Perché il lavoro chiama, e lui è il capo e quindi… È a New York da quasi due settimane, ormai” spiegò Harry, mentre Louis lo guardava curioso. Quando si decise a parlare, però, Harry lo anticipò, “è stato un piacere conoscerti, Louis, ma il dovere chiama e devo fare il marito dell’anno!”
Non diede a Louis neanche il tempo di rispondere per più motivi, tra cui l’aver intercettato un amico che parlava con il braccio destro di Rob, e Liam, al quale bastava uno sguardo per capire che Harry aveva bisogno di lui, anche questa volta non fu da meno liquidando la persona con cui stava parlando in un secondo.
 
Liam era l’associato più giovane allo studio di Robert. Lui e Harry avevano solo due anni di differenza, ed Harry erano diventati amici fin da subito.
Il ragazzo era sposato da pochi mesi con una ragazza bellissima, Sophia, che aveva la stessa età di Harry. Si erano conosciuti al college.
 
“Mhm?” chiese, prendendo il bicchiere dalle mani di Harry, “sai che Rob non vorrebbe che tu ti facessi vedere bere da tutti, quindi…” finì il drink in un sorso, lasciando il bicchiere in mano ad uno dei camerieri che giravano in mezzo agli ospiti, e Harry alzò gli occhi al cielo, sostituendo il bicchiere di scotch che aveva in mano prima che Liam glielo rubasse, con un flute di champagne che al contrario era molto costoso, mentre Liam gli raccontava per l’ennesima volta di quanto era stato bello passare il capodanno a Bali insieme a Sophia, – ovviamente con gli occhi a cuoricino, perché Liam era così, e Harry un po’ lo invidiava.
 
Harry odiava essere nervoso. Gli sudavano le mani, si sentiva in imbarazzo, e soprattutto, non sapeva mai se quello che diceva fosse giusto e si sentiva in difetto anche solo a pensare certe cose, quindi mentre Liam parlava, non voleva fare altro che scappare dalla stanza in cui erano e andare a casa sua, nel suo letto, al buio.
Invece si ritrovava su uno stupido yatch da qualche parte vicino a Los Angeles, con troppo poco alcool in corpo e nulla da raccontare al suo migliore amico.
 
“Harry, mi stai ascoltando?” chiese Liam, e Harry sospirò per l’ennesima volta, scuotendo la testa, “scusa Lì, dicevi?” disse subito, “mi dispiace. So che non sono della compagnia migliore, ma…”
“Robert?”
Harry annuì, “non tornerà da New York prima di giovedì prossimo, quindi ho passato il capodanno in boxer attaccato alla bottiglia di vodka più scadente che sono riuscito a trovare in una stazione di servizio poco fuori città e…” alzò le spalle, “ora devo anche stare qui come se mi interessasse. La signora Scott ha addosso una pelliccia. Vera. Me l’ha fatta toccare per venti minuti, prima che venisse a salvarmi il signor… Non so neanche come si chiama!”
 
Liam non disse niente, così Harry continuò.
 
“Credo che mi tradisca.”
“Robert?” esclamò incredulo l’amico, “no, Harry. Lo escludo.”
Categoricamente , vorrebbe dire Liam, ma si limita ad appoggiare una mano sulla spalla di Harry, “perché lo pensi?” domandò, e Harry cercò di sorridere, “è sempre attaccato al telefono, molto più di quanto lo fosse qualche mese fa, e fa un sacco di viaggi improvvisi, e sparisce per giorni quando è in viaggio e si limita a mandarmi un messaggio ogni tanto. Sapevo che la differenza d’età sarebbe diventata un problema, ma...”
Liam ascoltò l’amico in silenzio, annuendo, per poi cercare di sorridergli, “senti… Ti ricordi quando mia mamma pensava che papà avesse una relazione con la segretaria del suo studio legale?” chiese.
Harry annuì, perché era stata una cosa esilarante vedere i genitori di Liam litigare per la prima volta in quasi quarant’anni di matrimonio.
“Beh, mamma si era rivolta ad un investigatore privato e la cosa è stata risolta in quanto, qualche settimana al massimo? Ora, so che pagare una persona per indagare su quello che fa tuo marito non è una cosa che Harry Styles farebbe, però…” gli strizzò l’occhio, aprendo il portafoglio, “so che non lo faresti mai, ma comunque… Avevo conservato il biglietto da visita in vista di un’altra crisi matrimoniale dei miei, ma tu ne hai sicuramente più bisogno” gli porse il pezzo di carta nero, e Harry lo lesse in silenzio:
 
Louis Tomlinson Investigations
789 Olympic BLVD #933, Los Angeles
+1 800 975 1749
 
“Sarei una persona orribile se chiamassi, vero?” chiese Harry, e Liam scosse la testa, “è un tuo diritto sapere, no?” 
 
———————————
 
Louis odiava principalmente tre cose: lo squillo del telefono mentre stava dormendo, quando dimenticava di fare la spesa e le mogli insoddisfatte che facevano in modo che le prime due cose si verificassero.
Quel lunedì mattina, aspettò ben tre squilli prima di rispondere al telefono mugugnando un “Louis Tomlinson Investigations” e la persona dall’altro capo del telefono ci mise un attimo prima di rispondere, “Louis? Tomlinson?” chiese e Louis si mise seduto sul letto.
“Così si dice. Come posso aiutarla?” domandò Louis sbadigliando, “vorrei assumerla ma non so esattamente come… Funziona?” esclamò la persona dall’altro capo del telefono. Louis sospirò, “innanzitutto, con chi parlo?” chiese.
“Oh, uhm. Giusto. Harry, Harry Styles.”
Louis alzò gli occhi al cielo, cercando di non pensare a quanto ricco sembrasse il nome.
“Bene, signor Styles, potrebbe venire qui da me questa mattina? Intorno alle…” guardò l’orologio, “intorno alle 11?” domandò.
“Okay. Alle 11. A dopo, allora” concluse Harry, attaccando il telefono il più in fretta possibile, sapendo perfettamente che ormai era troppo tardi per tornare indietro.
 
Il palazzo dove Louis Tomlinson aveva il suo studio, non era sicuramente quello che Harry si immaginava: era rosso, e sembrava che fosse parecchio sporco.
Quando suonò il citofono, una persona mugugnò un "quinto piano" e il portone di ferro si aprì rumorosamente rivelando un palazzo particolarmente grigio, e soprattutto senza ascensore.
Una volta bussato alla porta, Harry sapeva che definitivamente non poteva più tornare indietro. Avrebbe dato delle informazioni sull'uomo che amava ad uno sconosciuto e l'avrebbe fatto seguire e fotografare.
Era una cosa sbagliatissima, però non poteva fare a meno di volere delle risposte. Il matrimonio tra lui e Robert era sempre stato tranquillo, e Harry non aveva mai avuto modo di dubitare di lui, ma si sa, le cose cambiano.
 
Quando si decisero ad aprire la porta, Harry non immaginava che davanti a lui si sarebbe materializzato l'uomo con cui aveva parlato sullo yatch un paio di sere prima.
 
"Oh, uhm. Salve" esclamò Harry e Louis rimase a fissarlo per un secondo, prima di decidersi a parlare. "Vai sempre in giro in giacca e cravatta, allora?" chiese, alludendo a come fosse vestito Harry, che sorrise impacciato.
"Tu invece sembri molto poco professionale, se devo essere sincero" mormorò Harry, squadrando Louis, che aveva addosso un tank top bianco e una tuta grigia, e aveva anche dimenticato che le scarpe, in certe occasioni, fossero necessario.
L'uomo, davanti a lui, rise, "beh... Non sei la prima persona che me lo dice, e se sei esattamente come gli altri, ti convincerai del contrario. Entra pure, il mio studio è la prima porta a sinistra.”
 
Harry tentò di non guardarsi intorno mentre superava una porta marrone con una targhetta in ferro, e una volta dentro lo studio, quando Louis si chiuse la porta alle spalle, si tranquillizzò ma solo per un momento.
 
“Quindi, signor Styles…”
“Harry, ti prego. Sono stufo di sentirmi chiamare signore!”
 
Louis lo guardò sorpreso.
 
“Okay, Harry. Come posso esserti utile?” chiese poi, e Harry lo guardò, cercando le parole per spiegare quello che gli passava per la mente. Quando lo fa, sospirò.
“Sono sposato, da ormai quattro anni. E sono fermamente convinto che mio marito, Robert, abbia una relazione, da qualche mese” cominciò a spiegare, “è di qualche anno più grande di me e credo sia normale, insomma… Me l’hanno sempre detto tutti che l’età era un fattore importante” si guardò le mani per un secondo, poi alzò lo sguardo, “come ti ho detto l’altra sera, Robert è a capo dello studio legale per il quale è stato dato il party, e capisco che debba lavorare, ma… Da settembre ad oggi è stato più in ufficio o in viaggio che a casa, si dimentica di rispondere al cellulare ed è sempre un sacco distante. Di solito faceva di tutto per essere a casa almeno all’ora di cena, invece a volte, ora, si dimentica anche di avvisarmi. Per non parlare del fatto che non facciamo sesso da settimane e…”
 
Harry si rese conto di quello che aveva appena detto, e le sue guance andarono subito a fuoco per l’imbarazzo.
 
“Forse questo non era un dettaglio importante.”
 
Louis rise.
 
“No, è vero. Ma che ti piaccia o no, devo sapere il più possibile, quindi è okay. Mi dispiace per... Il sesso, ecco.”
Harry si guardò intorno per un momento, ancora imbarazzato, poi riprese a parlare.
“Resta il fatto che è cambiato molto, e voglio solo sapere se sto perdendo gli anni migliori della mia vita facendo un errore o se sono semplicemente paranoico e devo vergognarmi anche solo all’idea di pensare una cosa del genere” concluse.
 
Louis lo guardò per un attimo, e arrivò alla conclusione a cui arrivava sempre: troppo bello per essere sposato con uno probabilmente più grande, sicuramente sposato per soldi, matrimonio infelice, cerca di uscirne perché la separazione dei beni non gli va più bene.
 
“Quindi… Dimmi qualcosa di più su Robert” disse poi, e Harry annuì, tirando fuori il portafoglio dalla giacca, “questo è il suo biglietto da visita. Ha 41 anni, ha studiato legge a Yale, ha un fratello che si chiama Jack, e i loro genitori sono morti. Lavora in quello studio da quando si stava per laureare, prima come stagista. Ha comprato lo studio legale quando ci siamo conosciuti, quindi all’incirca otto anni fa. Lo ha fatto per salvarlo dalla bancarotta, quando i suoi genitori sono molti gli han lasciato una vera fortuna. E…”
“Macchina? Ristoranti preferiti?”
“Ha un solo ristorante preferito, il The Roof e una Mercedes blu, la targa è scritta dietro il biglietto da visita che ti ho dato” spiegò Harry.
Louis annuì.
“Hobby? Posti che frequenta senza di te?” domandò nuovamente, e Harry annuì subito, “giochiamo a golf tre volte al mese con dei suoi associati, ma lui frequenta il country club regolarmente, ogni volta che ha del tempo libero che non passa con me.”
 
Louis scrisse tutto quello che Harry gli stava spiegando su un foglio, poi guardò Harry che si fissava le ginocchia e per la prima volta da quando si erano conosciuti, lo guardò davvero, e notò che era bellissimo: aveva le spalle larghe, e i capelli raccolti perché chiaramente troppo lunghi, e il cappotto che aveva addosso gli donava incredibilmente. Per non parlare delle labbra rosse e gli occhi più verdi che Louis avesse mai visto.
 
“Ho un ultima domanda, poi discuteremo della paga.”
“Oh, okay?”
 
Louis sospirò, mettendo giù la penna e incrociando lo sguardo con quello di Harry.
 
“Una volta che firmerai il contratto che ti darò tra poco, non c’è una via d’uscita se non una grande somma in denaro che dovrai pagarmi, quindi… Non mi sembri una cattiva persona, perciò sei sicuro di quello che stai per fare?” domandò serio, e Harry si passò la lingua sulle labbra, scuotendo la testa, “no. Però so che devo farlo, ho bisogno di sapere con chi mi addormento tutte le sere.”
Louis annuì, sapendo perfettamente che la persona davanti a lui si sarebbe pentita alla prima foto su cui avrebbe posato lo sguardo.
 
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Louis aveva sempre pensato che le preferenze, ciò che ci piace e ciò che odiamo, erano ciò che ci distingueva gli uni dagli altri; lui, da perfetto essere umano qual era, non faceva eccezione alla regola.
 
Ognuno di noi aveva un giorno preferito della settimana ed i weekend erano decisamente i suoi preferiti, soprattutto quando poteva trascorrerli in compagnia della sua famiglia. Non gli succedeva spesso: nella maggior parte dei casi doveva dedicarsi al lavoro, seguendo i mariti di donne infelici e disperate nei posti più chic o sperduti - nei casi peggiori - di Los Angeles.
 
Quel pomeriggio c’era un sole pallido ad illuminare il giardino della loro abitazione ma nonostante questo, lui era in giardino con i suoi fratellini: era entusiasta di poter trascorrere del tempo con il piccolo Ernie, per insegnargli finalmente a giocare a calcio; non vedeva l’ora che crescesse per farlo. Doris era decisamente più introversa del suo gemello, se ne stava seduta sulla panchina verde acqua con sua sorella Lottie. 
 
“Che ne dici di una piccola pausa, campione?” disse Louis abbassandosi sulle ginocchia per fronteggiare il fratello. Gli accarezzò distrattamente i capelli mentre lui prese ad agitare le manine invitandolo a prenderlo in braccio; Louis non poté non obbedirgli. 
“Finirai per viziarlo” commentò sua sorella dal lato opposto del loro piccolo giardino. 
“Oh, andiamo! Lo vedo così poco… Lasciatemi coccolarlo come si deve” piagnucolò il ragazzo stringendo il piccolo tra le braccia e nascondendo il naso nel piccolo spazio tra il suo visino e le sue spalle, Ernest scoppiò a ridere probabilmente in preda ad un leggero solletico. “Ci divertiamo io e te, sì?” chiese, cercando i suoi occhietti vispi. 
“Loue” esclamò il più piccolo sbattendo le manine felici. 
 
Soddisfatto, Louis si girò verso la sorella minore che non perse tempo.
“Come va a lavoro?” domandò Lottie mentre reggeva Doris dai fianchi, che ora cercava di saltare qua e là lungo il giardino. 
“E’ tutto okay, donne disperate in cerca della persona che rovina le loro famiglie portandosi a letto i loro mariti. Niente di diverso da solito” raccontò Louis senza perdersi in giri di parole. 
“La mamma mi ha detto che hai un nuovo cliente.”
Louis annuì, “un ragazzino sposato con un uomo che ha il doppio, forse il triplo dei suoi anni. Si sposano e poi piagnucolano quando sono loro a crescere, diventano adulti e i loro mariti guardano altrove” spiegò annoiato.
 
La verità era che non aveva ancora trovato il tempo di analizzare il suo nuovo caso con attenzione. Harry Styles era per lui un gran mistero: il solito ragazzino viziato dal proprio marito con vestiti firmati e un bicchiere di whiskey di troppo eppure c’era qualcosa in lui che lo rendeva diverso dagli altri.
Quegli occhioni da cerbiatto, forse; o la sua bocca color ciliegia, probabile anche quello. 
Sembrava sinceramente preoccupato dalla possibilità che suo marito, Robert, potesse tradirlo con qualcuno e questo era il dettaglio che più turbava Louis: gli sembrava impossibile che un uomo sano di mente potesse anche solo pensare di tradire un ragazzo come Harry, dato il suo bell'aspetto.
Ma poi ancora, a lui cosa importava? Avrebbe svolto il suo incarico con professionalità e tanti cari saluti.
 
“Tu che mi racconti, Lots?” chiese cambiando argomento.
“La scuola va alla grande, Lou. Sono così felice adesso, sento di aver preso finalmente la decisione giusta. E poi c’è Aiden, è davvero un angelo con me, credo sia quello giusto” esclamò sognante la ragazza.
 
Le cose stavano così: Louis non era propriamente geloso delle sue sorelle; semplicemente, non credeva nell’amore. Non dopo aver visto i suoi genitori urlarsi contro per anni quando aveva solo otto anni, per poi finire con un paio di saluti di cortesia e due firme sulle carte del divorzio.
 
“Le statistiche dicono che tutti affermano che il loro corrente fidanzato, o marito, sia quello giusto” ribatté il fratello alzando gli occhi al cielo mentre passeggiava con Ernest aggrappato alle sue spalle nel giardino.
Lottie fece sedere Doris sul prato, e guardandola si mise a camminare accanto al fratello, “dovresti smetterla di essere così catastrofico, sai?” sbuffò infastidita.
“E’ il mio lavoro, Lots” ribatté Louis, con una smorfia in viso.  
 
La ragazza alzò gli occhi al cielo, “prima o poi ti innamorerai anche tu, e io sarò proprio qui al tuo fianco a dirti che avevo ragione” lo provocò, facendogli una linguaccia. 
“L’amore non fa per me” sentenziò Louis, facendole un occhiolino.
 
Era cresciuto con l’idea che l’amore ti rendesse felice solo per un po’ per poi prenderti e lasciarti con un pugno di ricordi ed il cuore spezzato. L’aveva visto succedere con sua madre, l’aveva sentita piangere notti intere e lui aveva odiato sentirsi così impotente di fronte alla sua sofferenza.
Aveva giurato a sé stesso che non avrebbe mai permesso a nessuno di ridurlo in quello stato, non avrebbe mai lasciato avvicinare nessuno così tanto da ferirlo irreparabilmente.
 
E chiamiamola deformazione professionale, ma Louis era sempre stato un uomo di parola. 
 
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Louis aveva avuto tanti, tantissimi clienti: da uomini d’affari in cerca di qualcuno che potesse fare dell’innocuo spionaggio industriale, donne che volevano uscire da un matrimonio celebrato solo per interesse senza dover rinunciare ai soldi, uomini infelici che cercavano sporco sulle proprie mogli trentenni per scappare ad Aspen con le loro segretarie che di anni, invece, ne avevano venti.
 
Tra tutti quelli che ricordava, però, non ce n’era uno ricco come Robert Hall.
 
Quando Harry gli aveva raccontato del marito, Louis non riusciva a trovare una ragione per cui un ragazzo di vent’anni stesse con uno di dieci anni più vecchio, ma facendo qualche ricerca, la ragione gli parve ovvia.
Robert Hall si era laureato col massimo dei voti a Yale, aveva un dottorato in un’altra università dell’Ivy League, ed era entrato senza alcuna difficoltà a far parte dello studio legale più importante della California, il terzo in importanza negli Stati Uniti. Da lì era stato tutto in discesa, tanto che era diventato il socio più giovane che lo studio legale avesse mai avuto, e che per questo non avevano battuto ciglio nel venderlo al buon Rob.
 
“Uhm, non ti vedo così concentrato da quando ti sei trasferito qui e aspettavi chissà cosa affacciato alla finestra.”
 
Louis alzò lo sguardo dallo schermo del computer.
“Nialler, come sei entrato?” chiese, e il ragazzo si sedette sulla sedia davanti alla scrivania, “hai lasciato la porta aperta, e dovresti smetterla di chiedermelo. Ormai sono anni che entro qui dentro così. Che fai?” domandò sbadigliando.
 
Niall si era trasferito nell’appartamento accanto a quello di Louis qualche settimana dopo di lui, ed erano diventati subito grandi amici, nonostante il ragazzo non sapesse cosa fosse lo spazio personale e fosse un uragano. Era di origini irlandesi, e tutta la sua famiglia viveva ancora lì, ma lui era troppo rumoroso per un paesino vicino a Dublino, e poi fare l’istruttore di surf in Irlanda gli sarebbe risultato molto complicato.
 
“Provo a lavorare, dovresti provarci anche tu, ogni tanto” esclamò Louis. Niall rise, “nah, a cosa indaghi?” domandò. Louis si arrese subito, “ragazzino infelice che sposa uno di dieci anni più grande perché ha un conto in banca degno dei Kennedy, ora si sente infelice perché il marito lavora troppo e pensa di essere tradito” spiegò, e l’amico davanti a lui corrugò la fronte, “sei troppo cinico. Che hai trovato fino ad ora?” chiese poi, e Louis alzò le spalle, “ancora niente di interessante, in realtà” spiegò, “sto per uscire però, il maritino geloso mi ha avvisato che anche stasera cenerà da solo, quindi scatterò qualche foto dello stronzo fedifrago e sarò un uomo libero” esclamò, alzandosi. Niall lo imitò, “hai bisogno di uno strappo?” chiese, e Louis scosse la testa, spiegandogli che avrebbe preso la sua macchina.
 
Non è che a Louis non piacesse fare il suo lavoro, è che a volte era frustrante sapere di essere pagato per l’infelicità delle persone. Forse era per questo motivo che non credeva molto alle relazioni, e all’amore in generale, qual era il punto nello stare con una persona se questa ti pugnalava alle spalle e tradiva la tua fiducia per sempre?
 
Gli vibrò il cellulare, e il messaggio ricevuto era da parte di Harry.
“Credi di riuscire a risolvere la cosa già da stasera?” c’era scritto, e lui cercò di essere il più sincerò possibile, “se tuo marito farà lo stronzo, probabilmente sì.”
 
Harry rispose qualche minuto dopo.
 
“Sono un idiota se spero che non faccia lo stronzo?”
 
Louis scosse la testa, sentendo il rumore della porta che si chiudeva e segnava l’uscita di scena di Niall.
“No?” scrisse, “però devi mettere in conto la possibilità che ci potrebbe volere del tempo per scoprire la verità. Se puoi passare domani in ufficio, ne parliamo. Ok?” inviò il messaggio prendendo lo zaino da vicino al divano, ringraziando il giorno in cui aveva deciso di mettere lo studio all’interno del suo appartamento.
 
“Okay, facciamo per mezzogiorno? Grazie davvero, Louis.”
 
Louis si limitò a rispondere con un sì, uscendo di casa e tentando di ignorare il messaggio di Harry che si concludeva con un emoji che manda un bacio.
 
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Sei ore e quattro caffè dopo, Louis era annoiatissimo.
 
Nel palazzo dello studio legale erano entrati soltanto un fattorino con delle pizze, e si erano dati il cambio tre tizi della sicurezza e niente più, e Louis iniziò a chiedersi se Harry non si fosse immaginato tutto e se il povero Robert non stesse davvero solo lavorando.
Si rigirava tra le mani le foto dell’uomo che gli aveva faxato Harry, e si chiese per l’ennesima volta perché un ragazzo come lui dovrebbe decidere di stare con uno come Robert. Certo, i soldi, i viaggi e il non dover avere pensieri per il resto della vita sono degli ottimi incentivi, ma Louis non concepiva proprio questa cosa. 
Aveva indagato un minimo anche su Harry durante quella lunga attesa in macchina, perché la curiosità era troppa, ma articoli sul suo matrimonio con Robert a parte, non aveva trovato granché.
 
Proprio quando stava per gettare la spugna, però, dalle porte principali del palazzo ne uscirono due uomini, e uno dei due era sicuramente Robert.
Louis tirò fuori la macchina fotografica, e zoomando scattò almeno duecento foto in successione, immortalando tutta la scena.
Quando una macchina si fermò davanti a loro e Robert ci salì, i due si salutarono con un abbraccio che Louis fotografò prontamente, per poi accendere l’auto e andare via prima che qualcuno potesse notare qualcosa di strano.
 
Notando che ormai era mezzanotte passata, si chiese cosa provasse Harry nel sapere nell’addormentarsi da solo.
 
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Louis era ad un passo dall’uccidere Niall, se avesse bussato un’altra volta.
 
“Sono in cucina Niall, per l’amor del cielo!” urlò, concentrato sulla sua colazione.
Tuttavia, quando alzò gli occhi dopo qualche minuto, non si trovò davanti Niall, ma un Harry Styles ben diverso rispetto a quello che aveva visto fino ad ora: aveva su un paio di jeans neri strappati sulle ginocchia, una camicia a fiori che andava sicuramente allacciata di più e i capelli erano sciolti.
 
Louis sapeva già da solo che non avrebbe dovuto trovarlo incredibilmente sexy.
 
“Uhm. Ciao. Il tuo vicino di casa mi ha fatto entrare?” disse Harry poco convinto, a Louis non poté fare altro che sentirsi imbarazzato, non sapendo esattamente se lo fosse per il fatto che era con un cliente, nella sua cucina molto poco pulita, senza maglietta, o per il fatto che Harry lo guardava senza neanche sbattere le palpebre.
 
“Sei in anticipo, vero?” domandò Louis, cercando di fare finta di niente, “lo so. Non sarei dovuto venire, ma ero così in ansia che il vedere la donna delle pulizie muoversi per la casa mi stava per far commettere un omicidio e…”
Louis gli fece gesto di sedersi, “vuoi un toast?” chiese e Harry scosse subito la testa, “non posso, ma grazie!” rispose.
 
Mentre il riccio si sedeva, Louis lo guardò visibilmente confuso.
 
“Non puoi?” non poté fare a meno di chiedere. Harry annuì, e rise “quando spenderai 8000$ per ogni completo fatto su misura che hai nell’armadio, smetterai anche tu di mangiare toast con…” lasciò cadere la frase, ma Louis lo incalzò subito, fiero “burro di arachidi, banane, nutella, e di nuovo burro di arachidi”, poi si sedette di fronte a lui, “comunque, non c’è il rischio che io spenda 8000$ per una camicia e un paio di pantaloni. E comunque, scusa se mi ripeto, un morso non ti avrebbe fatto prendere un chilo.” 
“Ne sei sicuro?” scherzò Harry, e Louis gli porse il suo toast.
 
Quando Harry gemette mentre mordeva il toast, Louis per poco non cadde dalla sedia.
Un gemito. Per un toast.
 
“Lo ammetto,” disse Harry, “è un ottimo toast.”
 
Louis vorrebbe tanto dire qualcosa, ma Harry Styles ha la bocca più oscena che lui abbia mai visto, il gemito che aveva rilasciato qualche secondo prima gli girava ancora per la testa, ed era decisamente troppo concentrato a non finire con un erezione troppo imbarazzante per preoccuparsi di rispondere.
 
“Okay. Harry.”
“Sì, Louis?”
Harry sorrise, e Louis era certo che il linguaggio del suo corpo lo avrebbe tradito, così “perché non ti sposti nel mio ufficio?” chiese, “così parliamo di tuo marito.”
Marito, certo.
“Oh, se vuoi posso darti una mano a sistemare e…”
“No. Grazie.”
Harry lo guardò confuso, per poi alzarsi e andare verso l’ufficio, lasciando Louis in cucina a ringraziare di avere ancora un minimo di autocontrollo.
 
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Il The Roof era il ristorante più chic di Los Angeles, ed era il preferito di Robert; per questo Harry non fu davvero sorpreso quando la limousine si fermò davanti la porta principale del locale.
Come previsto suo marito aveva insistito per portarlo a cena fuori il giorno stesso del suo rientro in città, proprio come aveva promesso prima di partire per New York.
Riusciva sempre a prenotare il tavolo più riservato del posto, Harry spesso si domandava come ci riuscisse ma alla fine lasciava perdere; non che gli importasse più di tanto e poi, Robert non glielo avrebbe mai confessato comunque.
Il loro tavolo disponeva di due comodi sofà color senape che spiccavano accanto al mobilio scuro dell’intero locale; Robert si mise a sedere proprio accanto a lui, mandando al diavolo le regole di comportamento.
 
Harry cercò di riprenderlo dicendogli che non era un problema se fossero rimasti l’uno di fronte all’altro per la cena ma Robert aveva insistito, e lui non era riuscito a reprimere un sorrisetto soddisfatto. 
Forse le cose potevano ancora tornare alla normalità, pensò ma meglio non illudersi troppo. 
“Allora, raccontami del tuo viaggio” esordì il ragazzo voltandosi verso di lui. “Com’era New York?” nonostante tutto, ad Harry non pesava sentirlo parlare del suo lavoro per questo non capiva perché Robert fosse così restio nel farlo. Nonostante tutto. continuava a mettere Robert davanti qualsiasi cosa e lui sembrava non accorgersene. O forse lo faceva, ma non gli importava abbastanza. 
“Faceva troppo freddo” fu la prima cosa che disse suo marito portando alla bocca il suo calice di vino rosso, “ma è andata bene. Abbiamo chiuso una volta per tutte questo caso, per fortuna” aggiunse sistemandosi il tovagliolo rosso scuro sulle gambe.
Indossava il suo solito completo scuro, come al solito, ma aveva slacciato i primi bottoni della camicia.
Non un mi sei mancato, non un sono contento di vederti. Nonostante l’apparente slancio di carineria di suo marito, Harry non riusciva a fermare il moto di delusione latente al centro esatto del suo stomaco.
“Sono contento che sia andato tutto come previsto” rispose Harry distrattamente, avvicinandosi alla bottiglia di vino ma Robert lo fermò dal polso; sfilò il bicchiere dalle sue mani riempiendolo al posto suo con attenzione, un piccolo sorriso sulle labbra.
Harry aspettò osservando attentamente ogni suo movimento mentre cercava di evitare qualsiasi reazione. 
“Come è andata la festa?” chiese l’uomo porgendogli il calice.
Harry ne bevve un sorso leccandosi le labbra e gustando il sapore del vino rosso prima di rispondere. “Uhm, discretamente bene” rispose evitando di citare le sue avventure con la bottiglia di scotch. “E’ stata una fortuna che ci fosse Liam, una vera fortuna” commentò. 
“Mi dispiace che te la sia dovuta cavare da solo” si scusò il marito, “ma non hanno fatto altro che parlarmi bene della festa e di quanto tu sia stato ospitale con tutti” aggiunse Robert felice. 
Come se questo bastasse, pensò Harry ma decise di non rispondergli. Si accontentò dell’apparente stato di empasse che quel viaggio a New York sembrava aver portato.
“Beh, era il minimo che potessi fare” commentò Harry sarcastico, cosa che Robert però non colse.
 
Il resto della cena trascorse in silenzio, qualche scambio di battute ogni tanto e con le dita di suo marito che tamburellavano sulla sua gamba. Era come vivere la scena di un film dall’esterno, non riusciva a riconoscere più suo marito, né tantomeno quello che erano diventati insieme. Recitava una parte che non gli apparteneva più e faceva male vedere tutto spegnersi senza riuscire a fare qualcosa. 
Robert aveva preso a raccontargli dell’incontro con i suoi amici del country club, quando il suo telefono trillò avvisandolo di un messaggio. 
 
Louis Tomlinson:
Credo di avere qualcosa tra le mani, recitava il messaggio.
 
Harry si isolò completamente dalla conversazione con suo marito pensando a cosa quelle poche parole potevano significare per lui.
 
Nel caso in cui Louis avesse trovato davvero qualcosa, e le sue ipotesi si fossero rivelate vere, il suo matrimonio era praticamente finito.
 
Aveva provato a pensare più volte cosa avrebbe comportato scoprire un eventuale tradimento di suo marito: per quanto amasse Robert, e lo amava davvero, non sarebbe riuscito a perdonargli un tradimento; era sempre stata una delle poche cose della sua vita che non avrebbe mai perdonato a nessuno, l’aveva giurato a sé stesso. 
 
Semplicemente perché non voleva fare la fine di sua madre. 
 
Se le sue ipotesi si fossero rivelate false avrebbe dovuto convivere con il senso di colpa per qualche tempo ma almeno sapeva di potersi fidare di suo marito, era questa la giustificazione che si dava ogni volta che la voglia di chiamare Louis e concludere tutto lo assaliva. 
Ed era la stessa motivazione che l'investigatore gli aveva fornito durante i loro primi incontri: Louis era un personaggio decisamente particolare, era giunto a questa conclusione. Non era ancora riuscito a capire quanti anni avesse di preciso ma era certo che non fosse molto più grande di lui. Era difficile da inquadrare, per Harry, il che lo metteva in crisi perché era sempre stato piuttosto bravo a leggere le persone. Si trovava bene a parlare con lui, nonostante Louis cercasse di mantenere un certo distacco dovuto al suo incarico; lo vedeva, però, a volte lanciargli piccole occhiate mentre studiavano vecchie carte e soprattutto, lo vedeva sorridere alle sue battutine di tanto in tanto.
 
“Harry, amore, mi stai ascoltando?” cinguettò Robert sventolandogli il palmo della mano davanti agli occhi.     
“Uhm, si, quelle orchidee devono avermi distratto! Sono incantevoli” mentì indicando un mazzo di orchidee su un tavolo a pochi metri di distanza, dove una coppia - decisamente più affiatata di loro - stava cenando.  
“Oh, hai ragione” esclamò il marito sorpreso seguendo il suo sguardo. “Ti stavo chiedendo se ti andasse di tornare a casa, sai sono piuttosto stanco dal viaggio” disse Robert.
 
Come al solito, pensò Harry dandosi mentalmente dello stupido per aver anche solo pensato che un paio di attenzioni potessero cambiare le cose. Riusciva perfettamente ad immaginare il loro rientrare in casa, si sarebbero spogliati e cambiati nei loro pigiama di seta per poi addormentarsi ognuno nel proprio lato del letto dopo aver scambiato un bacio a fior di labbra.
 
Possiamo incontrarci ad inizio della prossima settimana? Digitò frettolosamente mentre seguiva suo marito fuori dal locale. Premette invio senza rileggerlo, poi sistemò il telefono nella tasca del suo pantalone a righe e quando Robert passò una mano intorno alla sua vita dandogli la precedenza nella limousine con un sorriso appena accennato, un nuovo trillò lo avvisò di un altro messaggio appena ricevuto.
 
 
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Louis non ricordava come fosse finito in quella situazione: aveva accolto un Harry infreddolito dalla pioggia ed era quasi paradossale anche solo a pensarci perché a Los Angeles non faceva mai freddo; lo aveva fatto sedere sul divano del suo appartamento prestandogli un suo pantalone di tuta, il più grande che aveva perché Harry non portava decisamente la sua taglia e il suo jeans era completamente fradicio dalle ginocchia in giù.
Probabilmente il suo non era stato un comportamento professionale ma non poteva mica lasciarlo con i vestiti fradici di pioggia addosso, no? 
Ricordava perfettamente di essersi offerto per preparargli una tazza di tè ma dopo quello il nulla: Harry doveva essersi addormentato sul divano ad un certo punto perché Louis davvero non si spiegava come ci fosse finito lì sopra, con la testa del ragazzo poggiata sulla sua spalla e da quando si concedeva momenti del genere?
Harry era un suo cliente ma a volte diventava troppo facile per lui dimenticare quel fastidioso dettaglio.
Avrebbe dovuto svegliarlo, comportarsi professionalmente, dirgli quello che aveva scoperto e riprendere il controllo di sé stesso ma fuori continuava a piovere incessantemente mentre Louis osservava il petto di Harry fare su e giù a ritmo dei suoi respiri e non se la sentiva di porre fine a quella visione così tenera. Parte dei suoi boccoli ricadevano sulla sua spalla, solleticandogli il mento, aveva delle piccole occhiaie sotto gli occhi e un piccolo broncio che gli scuriva il volto ma nonostante questo sembrava riposare sereno e Louis non riusciva davvero a trovare la forza di muoversi.
 
Quella situazione gli aveva permesso di concedersi qualche minuto per osservare meglio il ragazzo e come aveva fatto a non accorgersi prima di quanto fosse attraente? Quella poca distanza tra i loro corpi lo rendeva impossibilmente bello, se possibile, e Louis era certo di non aver mai visto un uomo così in vita sua. 
Si rimproverò mentalmente dando la colpa alla totale assenza di relazioni nella sua vita. 
 
Da quando si era trasferito a Los Angeles con la sua famiglia, Louis aveva imparato a vivere in penombra: il suo appartamento era sempre stato piuttosto buio a causa del cattivo posizionamento delle finestre e la luce naturale filtrava a malapena durante il giorno, se non nelle ore centrali della mattina. Per questo, quando un fulmine illuminò la stanza qualche minuto dopo - seguito da un tuono più rumoroso degli altri -  pensò che doveva essere caduto a pochi metri da casa sua.
Sobbalzarono entrambi dallo spavento, Harry finì dall’altro lato del divano ed era improvvisamente troppo pallido in volto per essere uno che si era appena svegliato da un semplice pisolino.
Louis lo notò immediatamente, cercò di avvicinarsi ma il riccio scosse la testa freneticamente.
 
Louis era diventato piuttosto bravo a riconoscere i sintomi di un attacco di panico quando se ne trovava davanti uno, dopo anni trascorsi ad accudire le sue sorelline.
 
“Harry,” sussurrò allungando una mano verso di lui, ma Harry continuava a scuotere la testa, incapace di fermarsi come se non riuscisse a controllare il suo corpo. “E’ tutto okay, ehi” lo guardò Louis, mentre si passava una mano tra i capelli nervosamente, cercava di respirare senza riuscirci davvero; aveva gli occhi completamente spalancati e le pupille dilatate.
“Harry, dai” disse di nuovo riuscendo ad avvicinarsi al suo corpo senza che Harry fermasse i suoi movimenti, si inginocchiò di fronte a lui poggiando i palmi delle mani sulle sue gambe delicatamente, facendo attenzione ad ogni reazione che si dipingeva sul volto dell’altro.
“Ci sono io, okay? Va tutto bene” sussurrò dolce fissando gli occhi in quelli di Harry, assenti e lucidi.
“Io- non…” il riccio fece per aprire e chiudere la bocca più volte ma non sembrava riuscire ad emettere alcun suono, continua a guardarlo assente e fu quello il momento in cui Louis iniziò a preoccuparsi sul serio.
“Harry, guardami! Concentrati solo su di me” Louis continuava a strofinare le mani sulle gambe del ragazzo, anche se Harry respirava a fatica; l’unica cosa che avrebbe voluto davvero era aiutare Harry e non sapeva se quella fosse la strategia giusta per porre fine ad un attacco di panico di quel genere.
 
In quel momento Louis realizzò di essere disposto a tentare qualunque cosa pur di aiutare Harry, e lo guardava come se non ci fosse altro intorno a loro continuando ad accarezzare le sue gambe delicatamente, ma con forza, come se avesse paura che Harry potesse spezzarsi tra le sue dita.
 
“Ascolta solo la mia voce, okay? Sono qui, sono qui” il riccio provò a socchiudere gli occhi, a lasciarsi guidare dalla voce dolce di Louis che continuava a ripetergli che andava tutto bene, che lui era accanto a lui e che non lo avrebbe lasciato nemmeno per un attimo.
Proprio come quando si era svegliato in preda al panico, Harry non riusciva a definire il momento in cui l’attacco era svanito lasciandolo con il fiato irregolare e le mani di Louis ad accarezzargli le gambe dolcemente.
“Ce l’hai fatta, Harry… Sei sta-” le braccia del più giovane lo avvolsero completamente attirandolo contro il suo corpo e Louis non poté fare altro che lasciarsi sprofondare contro il suo petto, finendo inevitabilmente tra le sue gambe.
 
Harry sapeva di lavanda e qualcos’altro che Louis non riusciva ancora bene a distinguere; sapeva, però, che quel profumo era terribilmente piacevole e si sentiva quasi assuefatto da lui. Con la vita che conduceva, Harry aveva dovuto imparare ad essere riservato, a tenere alcune parti della sua vita per sé andando contro il suo carattere spontaneo e solare, aveva imparato a combattere da solo i suoi problemi perché parlare con Robert era diventato impossibile. Per questo, quando il suo primo istinto fu quello di restare tra le braccia di Louis e raccontargli cosa provocava i suoi attacchi di panico, fu sorpreso da sé stesso.
L’abbraccio sembrò durare troppo poco per Louis che, quando il più piccolo si allontanò, sviò il suo sguardo sistemandosi i capelli e mettendosi a sedere accanto a lui sul piccolo divano; Harry osservò i suoi movimenti mordendosi il labbro inferiore nervosamente mentre cercava una scusa per porre fine a quell’imbarazzante silenzio, così fece la cosa che più gli sembrava normale, ossia esclamare un “che dici, ci mettiamo a lavoro?” ad un Louis che inarcò un sopracciglio confuso.
 
L’investigatore avrebbe voluto chiedergli se andava tutto bene, se avesse bisogno di qualcosa ma lo sguardo sul volto di Harry non lasciava spazio a domande di quel tipo, così si limitò ad annuire e a prendere il fascicolo che aveva appoggiato sul tavolino prima che il ragazzo arrivasse.
 
“Allora, trovato qualcosa?” chiese Harry, e Louis scosse la testa, sperando che quello che aveva da dire avrebbe tirato su di morale Harry. “No. Robert sembra davvero pulito, Harry. L’unica persona che continua a vedere davvero spesso è un ragazzo, ma ancora non so chi è in quanto non è presente in nessun documento che ha a che fare con lo studio legale di Robert” spiegò mostrandogli un set di fotografie che ritraevano il marito in compagnia di questo ragazzo.
 
“Vedi, gli unici incontri sembrano puramente professionali. A volte li vedo incontrarsi al di fuori degli orari dello studio ma niente mi porta a dire che ci sia qualcosa di più dietro! Non riesco ancora a capire chi sia, sembra un tipo molto riservato ma troverò qualcosa.”
“Louis, pensi non debba preoccuparmi di questo tizio?” domandò Harry alzando gli occhi verso di lui, come se si fidasse completamente del suo giudizio e non per il ruolo che ricopriva in quella faccenda. 
“Io sono sicuro che non varrebbe la pena tradire te con lui, e credo che anche il tuo Robert lo sappia, ma aspettiamo che io li veda ancora e riesca a fotografarli insieme per sbilanciarci, okay?” rispose Louis sincero, nonostante non riuscisse ad evirare il fastidioso brusio nella sua testa che sembrava dargli il tormento da quando aveva iniziato ad occuparsi di quel caso.
“E’ - uhm- è gentile da parte tua” commentò Harry serio, un leggero rossore a macchiargli le guance; Louis non poté fare a meno di notarlo e si ritrovò a sorridere spontaneamente.
 
Dio, sembro un dodicenne, pensò.
 
“E’ solo la verità” confessò sincero; dopo quelle parole, Harry gli rivolse un’occhiata che Louis non riuscì a decifrare.
“Grazie, Lou” disse serio e il più grande ebbe la sensazione che quella non era la sola cosa che il riccio avrebbe voluto dirgli; lo vide dal modo in cui giocherellava nervosamente con le dita, dal modo in cui faceva vagare lo sguardo nella stanza senza mai incrociare i suoi occhi ma tenne quel pensiero per lui.
“Per cosa, Harry?” domandò fingendo indifferenza.
“Uhm- per tutto, credo” rispose il ragazzo sincero passandosi una mano tra i capelli. “Sai, non mi era mai successo. Un attacco di panico in presenza di qualcun altro, intendo… Nemmeno con Robert” spiegò il più giovane. 
 
In realtà nemmeno Harry sapeva come sentirsi perché il modo in cui Louis lo guardava e lo toccava era così diverso dal modo in cui lo faceva suo marito e questo lo spaventava più del dovuto.
“Come fai a reagire quando sei da solo?” domandò preoccupato il ragazzo.
 
Era passato così tanto tempo dall’ultima volta in cui qualcuno si era preoccupato per lui che Harry impiegò qualche attimo primo di rispondergli. Lo osservò, gli sorrise dolcemente mentre il suo cuore prese a battere un po’ più forte.
“Aspetto che passi, nella maggior parte dei casi” ribatté d’istinto, “oppure penso a qualcosa che mi fa rilassare, quando ci riesce, e se sono fortunato funziona” aggiunse poi accennando un sorriso.
 
Di solito Harry pensava al suo posto preferito al mondo, Parigi; a volte pensava alla casa al mare che Robert gli aveva comprato per il loro primo anniversario; rivelare che quel giorno era bastata la voce di Louis a calmarlo, era fuori discussione ma era quasi certo che da quel momento avrebbe pensato alle mani lisce e rassicuranti di Louis su di lui, anche se non avrebbe dovuto farlo.
 
“Robert sa di questa cosa?”
“Sì, e mi dice sempre che spera non mi succeda mai in sua presenza perché non è portato per fare l’infermiere” si lasciò sfuggire Harry.
 
Quanto solo deve essere quel ragazzo?
Louis riusciva a percepire soltanto rammarico e solitudine nelle sue parole e quel pensiero gli faceva rivoltare lo stomaco.
 
“Io non lo direi mai” constatò sincero e gli angoli della bocca del più piccolo si allargarono in un sorriso amaro.
“Lo so.”
“Come hai fatto a capire che Robert era l’uomo giusto per te, quello da sposare intendo.”
“Non credo di averci mai davvero ragionato su, è successo e basta. Robert era lì, c’era sempre” e improvvisamente non c’è più stato, pensò e improvvisamente tutte le differenze tra suo marito e Louis risalirono dentro lui fermandosi al centro esatto del suo stomaco: faceva male pensare che un uomo che fino a qualche settimana prima era un completo sconosciuto sapesse trattarlo meglio di quanto avesse fatto suo marito negli ultimi anni; il dolore era pungente ma nonostante tutto quelle parole non facevano altro che farlo riflettere ancora, ancora e ancora.
 
Aveva davvero fatto la scelta giusta?
 
“A cosa pensi?” chiese Louis riportandolo alla realtà.
“Pensi che io abbia fatto la scelta giusta, Louis?” ribatté il più piccolo puntando gli occhi nei suoi.
“Vuoi una risposta sincera?”
“E’ quello che mi aspetto da un investigatore privato” rispose il più piccolo con un smorfia irriverente sulle labbra.
“Credo che potrebbe esserlo, ma sono anche certo che tu non ci abbia riflettuto a lungo perché non hai mai avuto valide alternative a Robert.”
 
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Quando il giovedì mattina successivo suonò il campanello, Louis non si stupì nel notare che Harry fosse in anticipo di quasi un’ora.
Era un po’ agitato all’idea di vederlo dopo quello che era successo qualche giorno prima, e soprattutto perché Harry continuava a pagarlo nonostante Louis fosse quasi sicuro che Robert non nascondesse nulla se non qualche problema a lavoro.
Quando aprì la porta, però, davanti a lui non c’era la lunga figura di Harry, ma sua madre che aveva un sorriso mortificato stampato in faccia e in braccio Ernest e Doris che esclamarono un “Louieh” in coro.
 
“Lo so che stai lavorando ma la babysitter è malata e io devo assolutamente andare a lavoro e…” cominciò Jay, e Louis la fermò subito prendendo Doris tra le braccia, “non preoccuparti, mamma! Sai che mi piace passare del tempo con loro” esclamò, mentre le manine della sua sorellina subito si posizionano sulle sue guance, divertita dal fatto che la barba in crescita di Louis le facesse il solletico. Jay li guardò affettuosa, appoggiando per terra Ernest che subito si attaccò ad una gamba di Louis, “sicuro?” chiese, e il ragazzo annuì, “devo solo discutere di una cosa con un cliente, ma sarà una cosa di mezz’ora al massimo!” spiegò, per poi dare un bacio sulla guancia a Doris e metterla giù. “Sei un angelo,” disse sollevata la donna, per poi porgergli una borsa, “ci sono dei giochi, un cambio e anche qualcosa da mangiare” disse e Louis alzò gli occhi al cielo, “so prendermi cura di loro, lo facevo anche con Lottie e Fiz ed ero molto più piccolo” disse, fingendosi infastidito, “lo so, lo so! Grazie ancora, ci vediamo più tardi!” concluse Jay, avvicinandosi per baciarlo sulla guancia per poi abbassarsi sui bambini e baciarli sulla testa.
La porta si richiuse davanti a loro, e i due bambini alzarono la testa verso il fratello, che sorrise, “cartoni animati?” chiese, e i bambini annuirono felici.
 
Quando arrivò Harry, Dory e Marlin erano nel bel mezzo della conversazione con uno squalo: Ernest guardava il cartone animato interessato nonostante l’avesse visto milioni di volte e Doris era seduta sul pavimento a giocare con i lego come suo solito, mentre Louis era intento nel fissare foto di Robert e… Il nulla: lo aveva seguito per giorni, tra cene e riunioni in posti disparati di Los Angeles, e aveva persino mandato Niall in missione nel country club che l’uomo era solito frequentare e l’amico aveva fatto un sacco di foto all’uomo, ma non erano poi così incriminatorie dal momento che c’era anche Harry.
C’era solo una cosa che non convinceva Louis, ed era la presenza costante di quel ragazzo al suo fianco. Aveva scoperto chi era, e dirlo ad Harry sarebbe stata la parte complicata, pur sapendo che non aveva nulla da invidiare a questo tizio. Era laureato da poco all’università pubblica di Los Angeles, e sicuramente non poteva avere nulla a che fare con lo studio legale di Robert, dal momento che la sua laurea era in Storia Dell’Arte.
 
L’unica cosa di cui Louis si sentiva di poter accusare Robert, tuttavia, era di annoiare Harry a morte.
 
Harry trovò come sempre la porta aperta, così la superò e rimase nell’atrio esclamando un “Louis?” che fece finalmente alzare la testa dal computer al ragazzo. Doris si alzò velocemente nel sentire la voce del ragazzo, e si avvicinò alla porta del salotto, cercando di sbirciare senza farsi vedere, ma fallendo. Quando Harry la vide le sorrise subito, “ciao” disse, facendo anche il movimento con la mano.
Louis fece un sospiro e si decise ad alzarsi, prendendo in braccio la bimba che curiosa non aveva smesso un secondo di fissare Harry.
“Buongiorno,” esclamò Louis cercando di fare finta di niente, ma il ragazzo davanti a lui lo guardava curioso, “buongiorno anche a te, è un cattivo momento? Posso tornare più tardi o…”  si guardò le scarpe imbarazzato e Louis scosse subito la testa, “vieni, dai” disse ignorandolo.
Quando entrarono in salotto e Harry notò che c’era un altro bambino, non poté fare altro che sorridere allegro.
“Lei è Doris” spiegò Louis entrando in salotto, “mentre lui è Ernest. Sono mio fratello e mia sorella” concluse, appoggiando Doris sul divano, ed entrambi finirono col guardare Harry curiosi. “Io sono Harry” esclamò lui salutandoli con la mano, e Doris corrugò la fronte.
Dopo qualche secondo si lasciò andare in un “Rry?” poco convinto e Louis annuì, “sì, ‘rry” disse sorridendole.
Non fece in tempo a dirlo che, una volta che Louis fece accomodare Harry sul divano, la bambina gli salì sulle gambe sorridendo, e il ragazzo era felice delle attenzioni.
“Hai altri fratelli o sorelle?” chiese ad un certo punto. Louis annuì, “loro sono solo gli ultimi arrivati. Ci sono io che sono il maggiore, poi Lottie, Fizzy e poi ci sono altre due gemelle, Phoebe e Daisy” spiegò, “tu invece? Gemma, giusto?” chiese. Harry annuì, mentre Doris era attratta dai capelli lunghi del ragazzo, “solo lei. E’ più grande di me, e sicuramente molto più furba” disse, e Louis sorrise, “non essere così duro con te stesso” mugugnò, “nessuno è perfetto.”
Harry annuì, solleticando la pancia di Doris che ridacchiò, attirando l’attenzione del fratello che si buttò subito sulle gambe di Louis.
“Allora, devo essere preoccupato per quello che hai scoperto?” chiese, e Louis alzò le spalle, “devo farti un paio di domande, ma voglio che tu stia tranquillo” spiegò, e Harry arrossì, “a proposito, Lou. Mi dispiace davvero moltissimo per quello che è successo, solitamente riesco a tenere i miei sentimenti a bada. Non so come sia successo” spiegò e Louis gli sorrise, “non preoccuparti, davvero. Come stai ora?” chiese, e stavolta fu Harry ad alzare le spalle, “benone” disse poco convinto, e Louis tentò di non fare caso al soprannome che il ragazzo aveva usato e alla sua faccia poco convinta, “quindi?” chiese ancora Harry.
Una volta convinti i bambini che continuare a guardare i cartoni animati fosse la cosa più giusta, Louis prese il computer e guidò Harry in cucina in modo da riuscire a controllarli comunque.
“Premetto che questa cosa l’ho notata solo un paio di sere fa, mi ci è voluto del tempo e un account di Facebook per scoprirlo, ma…” entrò nella cartella immagini dove aveva raggruppato le diverse foto di Robert e Zayn, e le fece guardare tutte ad Harry. Louis lo guardava in silenzio, senza riuscire a interpretare le espressioni che si susseguivano sul suo volto.
“Uhm. Hai scoperto qualcos'altro?” chiese Harry, e Louis annuì subito.
“Si chiama Zayn Malik e ha 23 anni. Sua madre è inglese, suo padre pakistano e si è trasferito a Los Angeles per l’università. Si è laureato in storia dell’arte, ma il voto finale non è stato niente di straordinario” spiegò, “Zayn non ha molto sul suo profilo Facebook e ha un Twitter, ma lo usa per retwittare disegni o battute stupide” spiegò Louis.
Harry, come al solito quando era in imbarazzo, si ritrovò a fissarsi le mani, “capisco” disse, poi con decisione continuò a scorrere le foto.
“Lo capisco, sai?” disse poi.
“Come?”
“Robert. Lo capisco.”
“Perché?” domandò Louis confuso.
 
Harry cercò di sorridere.
 
“È un bellissimo ragazzo. Ed è anche più giovane di me.”
Louis non riuscì a trattenersi e quando la sua bocca si mosse per pronunciare un convinto, “tu sei molto più bello” ormai era troppo tardi per tornare indietro.
Harry fece per rispondere all’affermazione, ma Ernest entrò in cucina seguito dalla sorella, reclamando del cibo e la conversazione venne spostata su altro.
Harry finì col fermarsi a pranzo, dopo che Louis insistette per almeno 10 minuti, e quando i bambini si addormentarono dopo aver mangiato, il ragazzo aiutò Louis a spostarli sul suo letto.
“Ti piacciono i bambini?” chiese poi il più grande, tornando in salotto seguendo Harry, che annuì, “sì, avrei voluto averne ma…”
“Ma?”
Il riccio alzò le spalle, “Robert lavora troppo e io non sono autorizzato a sporcarmi le mani, quindi… Quando ho proposto la cosa mi ha riso in faccia.”
Louis alzò gli occhi al cielo, cercando di non farsi notare, “mi dispiace. Posso dirti una cosa?” chiese. Harry annuì.
“So che ami Robert, e che è molto poco professionale da dire, ma… Spero che non sia la brava persona che credi, perché meriti molto di meglio, Harry” esclamò convinto, “so che non conosco l’uomo che hai sposato come lo conosci tu, e che gli ho solo fatto un paio di foto, ma… Credimi, c’è molto di più che yatch e camicie costose, ok?” disse, “e anche se dovessi scoprire qualcosa più di questo, e potrebbe sembrare che il mondo ti caschi addosso, sono convinto che ti rialzeresti in un batter d’occhio” mormorò, appoggiandogli una mano sulla spalla, “e sono sicuro che conoscerai qualcuno che ti appoggi in tutto e per tutto, come si fa in una relazione vera” concluse.
Si aspettava un pugno, o che Harry se ne andasse o che gli urlasse in faccia, e invece un secondo dopo gli buttò le braccia intorno al collo abbracciandolo: inizialmente Louis rimase sorpreso, senza muoversi, ma poi si arrese e finì con l’abbracciarlo a sua volta, e Harry si sentì al sicuro veramente per la prima volta dopo un tempo che sembrava infinito.

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Le settimane seguenti passarono senza grandi avvenimenti: Louis aveva accettato un altro paio di lavori per tenersi occupato, ma quando poteva seguiva comunque Robert, ed era arrivato a due conclusioni: o tra l’uomo e Zayn non c’era nulla, o Robert era una persona estremamente furba.
Non li vedeva mai davvero insieme: si incontravano sempre nello studio legale di Robert, e le foto che aveva erano sempre e solo di loro due che si abbracciavano verso le 23.30, fuori dal palazzo dove lo studio del buon Robert aveva sede.
 
L’unica cosa che a Louis non andava proprio giù era la su stupida cotta per Harry.
 
Lui e il suo cliente si vedevano almeno due volte a settimana, e la metà del tempo lo passavano a parlare di tutto meno che del caso; ormai Harry sembrava essere convinto che Louis fosse suo amico, e Louis non sapeva proprio come dirgli che una volta chiuso il caso, la loro amicizia non si sarebbe prolungata oltre.
Louis non era proprio il tipo da avere amici che non fossero Niall, figurarsi poi se ricchi sfondati, soprattutto dal momento che abitava in un bilocale, che usava una delle due stanze disponibili come studio e che l’unica cosa che poteva offrire era un divano rosso praticamente sfondato.
Per non parlare del riscaldamento rotto da ormai due giorni, che lo costringeva a stare in casa praticamente nudo.
Niall gli aveva promesso cento volte che avrebbe mandato un suo amico ad occuparsi del guasto, ma Louis non poteva non pensare che stare in mutande tutto il giorno fosse molto piacevole, tanto che quando qualcuno bussò alla porta, Louis si rese conto di essere quasi dispiaciuto.
Si costrinse ad infilarsi almeno un paio di pantaloni saltellando e avvicinandosi alla porta, ma quando aprì la porta non si trovò davanti Niall e il suo amico, ma Harry.
 
“Oh. Dovevamo vederci?” chiese subito Louis, e Harry scosse la testa, “ciao anche a te, Lou” disse poco convinto, prima di accorgersi che Louis aveva indosso solo i pantaloni della tuta e arrossire visibilmente, tanto che il più grande lo notò e si affrettò a spiegare, “scusa per l’outfit ma i miei riscaldamenti hanno deciso di rompersi e ora ci sono all’incirca 40 gradi anche con le finestre spalancate” esclamò.
 
Harry per la prima volta da che aveva memoria si ritrovò ad essere veramente in difficoltà. Non aveva mai provato davvero attrazione per qualcuno che non fosse suo marito, forse perché con Robert non aveva mai avuto bisogno di trattenersi, ma con Louis era un’altra storia e il ragazzo si sentiva molto, molto a disagio.
Quando Louis lo fece entrare e Harry si ritrovò dietro di lui mentre si avviavano in salotto, non poté fare a meno di notare che la tuta che Louis aveva addosso era decisamente troppo a vita bassa, lasciando in bella vista l’elastico dei boxer, che non sarebbe stato un problema se Louis non avesse avuto il sedere più bello su cui Harry avesse mai posato gli occhi, anche se il problema principale era la totale assenza della maglietta: il corpo di Louis era fin troppo tonico e abbronzato, per non parlare dei tatuaggi che gli ricoprivano gran parte di un braccio insieme a un altro paio sul petto che Harry non riusciva a non fissare.
 
Voleva davvero passarci la lingua sopra.
 
“Vuoi qualcosa da bere?” chiese ad un certo punto Louis, perché il silenzio tra i due era diventato imbarazzante, e Harry scosse la testa, “scusa se sono passato senza preavviso, ma Robert è partito per non ho ancora ben capito dove ed è il weekend libero della donna delle pulizie a casa nostra è decisamente troppo grande per una persona sola. Avrei chiamato Liam, ma è da qualche parte nel mondo con sua moglie. Ha ricevuto una promozione e da allora si occupa di tutti i suoi casi praticamente sempre da casa, perché stanno finalmente aspettando un bambino e…” alzò le spalle, “ti ho disturbato?” chiese infine, e Louis non poté fare a meno di sorridere nel vedere Harry così imbarazzato, “no, non disturbi. Ma pensi che la donna delle pulizia possa passare anche da qui?” scherzò e Harry gli fece un sorriso, “mi piace stare qui,” disse poi sincero, e Louis gli sorrise, “allora, dov’è che hai detto che è andato il buon Robert?”
“Non l’ho detto, perché mi ha lasciato un biglietto che ho letto stamattina quando mi sono alzato e non c’era scritto. Lo vedrò lunedì, dopo il lavoro.”
Louis fece un sospiro, e guardò Harry in silenzio mentre il più piccolo si legava i capelli, poi si alzò.
“Spogliati!” esclamò poi, e Harry alzò la testa così velocemente che era quasi sicuro gli si stesse per spezzare il collo, “cosa?” esclamò, anche se si rese conto da solo che l’esclamazione risuonò più come un verso strozzato.
“Harry, fa troppo caldo. Se devi stare qui, mi rifiuto di guardarti con quella roba addosso. Pensavi di andare da qualche parte?” domandò Louis, prendendogli la mano per farlo alzare, senza dargli neanche il tempo di rispondere.
 
Ad Harry piaceva molto passare del tempo con Louis, perché Louis era tutto il contrario di Robert, e anche se non gli piaceva ammetterlo, si sentiva diverso quando era con lui. Non aveva mai saputo cosa volesse dire vivere in una casa come quella dell’uomo che aveva assunto, dove le cose che servivano erano quelle indispensabili, e l’idea di non dover stare vestito con una camicia tutto il giorno si fece improvvisamente allettante, mentre Louis lo trascinava in quella che si rivelò essere la sua camera.
Il più grande lo lasciò davanti alla porta, e Harry lo osservò mentre apriva i cassetti di una cassettiera blu che era posizionata sotto l’unica finestra della camera.
“Mhm… Credo che questi andranno” esclamò Louis, tirando fuori dal cassetto una tuta grigia come quella che aveva addosso, “il bagno è la porta sulla tua sinistra” disse poi lanciandogli i pantaloni, “quando hai fatto puoi lasciare i vestiti qui sul letto” disse, per poi sorpassarlo.
 
Quando rimase solo, una volta tornato in salotto, Louis si fermò a pensare che forse dare tutta quella confidenza ad Harry era sbagliato, ma non poteva fare a meno che provare sentimenti contrastanti: non era una cattiva persona, e solitamente le persone come il ragazzo lo infastidivano, ma Harry era diverso. Non solo era bellissimo, ma anche dolce e intelligente, e soprattutto Louis si sentiva come se dovesse proteggerlo.
 
Cinque minuti dopo, Harry entrò nuovamente nella stanza: ai piedi non aveva più gli stivali con cui era entrato in casa e la tuta che Louis gli aveva dato gli stava a pennello, ma aveva la camicia ancora addosso e Louis esattamente non sapeva perché, ma quando Harry si fermò imbarazzato accanto al divano, lui per tutta risposta si alzò e si avvicinò.
 
“Hai qualcosa che non va alle mani?” chiese.
Harry scosse la testa, visibilmente confuso.
“Uhm, okay, vorrà dire che farò io.”
Louis fece un passo più avanti, e finì decisamente troppo vicino ad Harry e senza distogliere gli occhi da quelli del riccio, cominciò a slacciare bottone per bottone della camicia.
“Louis?” esclamò confuso Harry, ma l’altro lo ignorò continuando a slacciare bottone dopo bottone, e una volta a metà le sue mani fiorarono il petto di Harry che si passò la lingua sulle labbra. Una volta finito coi bottoni, Louis chiaramente non rimase soddisfatto, tanto che si ritrovò a toccare Harry ovunque sul torace mentre tentava di sfilargli la camicia.
 
Harry cominciò a ridere, cercando di allontanarsi, tanto che finirono col rincorrersi per cinque minuti per tutta la casa, fino a che Louis non riuscì ad afferrare un pezzo della camicia e a fermare la corsa di Harry, che scivolò portando Louis sopra di lui.
 
“Sai, sono finito in molte situazioni imbarazzanti con diversi clienti, ma questa… Perché hai una farfalla tatuata?”
“Mhm… Se te lo dicessi, poi dovrei ucciderti” disse Harry sicuro, per niente imbarazzato dalla vicinanza del ragazzo, anzi.
 
Se Harry non fosse Harry, avrebbe già posato le mani sul sedere di Louis, e l’avrebbe baciato fino a che l’ossigeno non fosse finito. Poi si sarebbe alzato, e avrebbe trascinato Louis sul suo letto, e l’avrebbe baciato nuovamente, ovunque.
Ma Harry è Harry, e a queste cose non dovrebbe neanche pensare.

 

 

 
“Ora, te la toglierai la maledetta camicia?”
“E tu chiamerai qualcuno per aggiustare i riscaldamenti?” chiese di rimando Harry, mentre Louis si alzava.
 
Quello, per Harry, fu un pomeriggio davvero interessante: dopo essersi lasciato convincere (più dagli occhi blu di Louis, che dall’effettiva temperatura) a stare senza camicia e dopo averla messa sul letto insieme al resto dei suoi vestiti, si ritrovò accanto a Louis sul divano a guardare per quasi due ore repliche di Masterchef Junior, per poi arrivare all’ora di cena discutendo di quanto fossero brutti i vestiti da sposa di qualche reality show del quale Harry non aveva neanche mai sentito parlare, e tutto gli sembrò normale per un pomeriggio: non aveva mai saputo cosa voleva dire mangiare patatine dal sacchetto, mezzo nudo, coi piedi sul tavolino del salotto, con un ragazzo che aveva praticamente la sua età. Certo, c’era Liam, l’unico vero amico che lui abbia mai avuto, ma Harry non era mai stato attratto da lui e non avevano mai fatto questo tipo di cose, e poi c’era Robert e la vita di Harry era passata da pizza a skinny jeans comprati da Top Man mentre era al college a completi di Hugo Boss e stivaletti di Yves Saint Laurent e cene noiose, come quando viveva ancora con sua madre, sua sorella e il suo patrigno.
Con Louis era diverso, e mentre l’uomo era intento a guardare la TV, Harry si rese conto che lo stava fissando. Mangiava le patatine lentamente, prendendole dalla manciata che aveva in mano, e Harry si rese conto che era davvero bello, e non solo fisicamente.
Louis si girò a guardarlo e lo colse in flagrante, “tutto bene?” chiese.
Harry annuì e si costrinse a girarsi per concentrarsi di nuovo su un abito da sposa color pesca, ma dopo 5 minuti di silenzio dove si sentiva veramente imbarazzato perché Louis l’aveva beccato a guardarlo, fu proprio il più grande a parlare.
“Harry?” lo chiamò, e quando il riccio si girò a guardarlo, Louis non poté fare altro che sorridergli perché se c’era una cosa che aveva imparato subito di Harry era che quando si trovava in situazioni dove si sentiva imbarazzato, faceva la faccia da cucciolo di Labrador triste, proprio come quella che aveva in quel momento, e che aveva bisogno di essere rassicurato.
“Ti va di fermarti a cena?” chiese Louis, e Harry si riconcentrò sulla tv, dove stavano trasmettendo la pubblicità di una macchina tedesca, “non voglio disturbare” disse poi, e Louis gli tirò una gomitata, attirando gli occhi verdissimi di Harry sui suoi, “se disturbassi, non te l’avrei chiesto. Però posso offrirti solo dei cereali, quindi dovremo ordinare una pizza?” disse, e Harry annuì, “oppure potrei cucinare?” chiese.
“Non ho molto in casa, te l’ho detto. Vivo praticamente grazie a latte e cereali, a parte quando vengono i genitori di Niall e mia madre, entrambe le nostre madri portano scorte di cibo che sfamerebbero l’Africa!” spiegò, e Harry rise, “beh, ci sarà un supermercato qui vicino, no?” domandò.
 
Due ore dopo erano in cucina e Harry girava qualcosa in una pentola che il padrone di casa non sapeva neanche di possedere.
Louis lo guardava, e odiava sentirsi così perché ormai gli era anche inutile provare a negare che la cosa nella pentola fosse l’unica cosa cotta in quella cucina.
 
“Fammi assaggiare.”
Harry rise.
“No.”
Louis corrugò la fronte, “no? E’ casa mia, signor Styles.”
Harry rise, e gli fece segno di avvicinarsi col dito, “se ti bruci, non voglio sentire lamenti. Chiaro?” chiese, con l’espressione più seria possibile in volto. Louis annuì, per poi fargli l’occhiolino e Harry scosse la testa, mentre con il cucchiaio prese un po’ di sugo dalla pentola per poi avvicinarlo a Louis, che soffiò prima di assaggiare quello che Harry aveva cucinato, e ancora si ritrovò a maledire il ragazzo per l’ennesima volta in quella giornata, perché Louis non trovava giusto che sapesse anche cucinare. Provò a fare la faccia meno convinta possibile.
“Cos’ha che non va? Troppo sale? Troppo poco?” chiese subito Harry, e Louis si morse il labbro tentando di non ridere, ma davanti alla faccia turbata di Harry, non poté fare altro che scoppiare a ridere, “è buonissimo Harry!” esclamò poi. Harry alzò gli occhi al cielo, usando il cucchiaio ormai pulito per colpire Louis sul braccio, “ti ricordo che sei senza maglietta, potrebbe succede un danno” sbuffò, concentrandosi di nuovo sulla cucina. Louis rise, e gli diede un pizzicotto sul fianco, “lo stesso vale per lei, signor Styles” disse avvicinandosi, e Harry scosse la testa, cercando di trattenere un sorriso.
 
Louis era convinto che la cena sarebbe stata estremamente imbarazzante, ma mentre Harry provava a fare conversazione come una persona normale, Louis proprio non riusciva a non pensare al fatto che Harry avrebbe potuto avere chiunque nel mondo e invece aveva sposato Robert.
 
“Perché mi guardi così?” chiese Harry ad un certo punto, e Louis abbassò subito lo sguardo. Harry allungò la mano e mettendogli due dita sotto il mento, lo costrinse ad alzare la testa.
“Pensavo” esclamò Louis sincero, e Harry rimase sorpreso dalla risposta di Louis. “A cosa?” chiese poi.
Louis sorrise.
“Pensavo al fatto che hai un bocca oscena, Harry. Mangi così alle feste super posh dove ti porta tuo marito?”
Si guardarono per un secondo, prima di scoppiare a ridere, e Harry avvicinò la sedia a quella di Louis, prima di mormorare un “la mia bocca non è oscena solo quando si tratta di mangiare, se ti consola” che lasciò Louis di stucco e molto imbarazzato, tanto che Harry se ne accorse e si affrettò subito a scusarsi.
“Scusa, non so cosa voglia dire essere appropriato” disse, e Louis scosse la testa, “un ragazzo bravo con la bocca non mi ha mai sconvolto, anzi” ribatté sorridendogli, e Harry scosse la testa ridendo, “non ti capisco, sai?” disse poi.
“Che intendi?”
“Quando ti ho conosciuto, sulla barca, sembravi amichevole. Da quando ci vediamo per via di Rob, invece, sei molto più freddo” disse Harry sincero, “e non capisco? Passi dall’essere a tuo agio al parlare appena nell’arco di un secondo” concluse.
Louis appoggiò la forchetta e si girò a guardarlo, “non sono abituato a questo. Quando non lavoro passo le mie giornate con la mia famiglia, solitamente esco con Niall, al massimo con i suoi amici. Tu sei un mio cliente e questo è estremamente poco professionale” spiegò, e Harry lo guardò senza dire niente, “e mi detesto, ad essere sincero, perché più ti conosco e più ti voglio nella mia vita anche se so che non dovrei.”
Harry si riconcentrò sulla cena, sorridendo.
 
 
Dopo essere stato costretto da Harry a lavare i piatti, Louis rientrò in salotto trovando il più piccolo seduto sul divano a guardare il telefono.
“Dovrai uccidermi anche se ti chiedessi degli altri tatuaggi?” chiese, attirando l’attenzione del riccio, che alzò la testa, “incredibilmente, Louis, non c’è una storia per ognuno di loro. Lavato i piatti?” domandò a sua volta, e Louis annuì, “certo, mamma” scherzò, sedendosi vicino a lui.
“Quando hai detto che torna Robert?” chiese poi, e Harry appoggiò il telefono accanto a lui sul divano, “lo vedrò lunedì dopo il lavoro, se mai tornerà a casa” disse mordendosi il labbro, guardando il pavimento.
 
Fu allora che Louis fece una cosa che proprio non avrebbe dovuto fare.
 
“Vuoi stare qui per il weekend?”
Harry lo guardò ma non rispose, così Louis tentò di salvare la soluzione, “ovviamente non dormirai su questo povero divano sfondato ma avrai il mio letto che è sicuramente più comodo, e che…”
“Mhm, purtroppo sono abituato a dormire sul mio letto, con degli uccellini che mi rimboccano le coperte e una massaggiatrice che mi aiuta ad addormentarmi mentre mi toglie la tensione dalle spalle, non so se potrò accontentarmi del tuo letto” esclamò sincero, e Louis lo guardò indignato per un momento prima che Harry scoppiasse a ridere, appoggiando la fronte sulla spalla di Louis, “hai fatto una faccia!” esclamò cercando di tornare serio, “grazie per l’invito, ma nessuno dormirà sul divano” esclamò alzandosi, e Louis fece la seconda cosa sbagliata della serata, prendendo la mano di Harry costringendolo a risedersi sul divano.
“Possiamo condividere il letto, prometto che ti massaggerò le spalle. Purtroppo però gli unici uccellini che troverai in questa parte di Los Angeles, sono piccioni” scherzò, e Harry sorrise, “non avrai caldo?” chiese. Louis scosse la testa, e fece finta di non notare il modo in cui lui e il ragazzo che si trovava davanti si stavano ancora tenendo la mano.
Harry sembrava ancora poco convinto.
“Sei sicuro che ti vada bene?”
Louis annuì.
“Potrei dormire sul divano.”
Louis scosse la testa, “neanche questo divano, vorrebbe dormire su questo divano” disse, “piuttosto… Non vorrei essere troppo invadente.”
Harry gli sorrise subito, rialzandosi dal divano, costringendo Louis ad alzarsi con lui, “a Robert non interesserebbe,” esclamò avviandosi verso la camera di Louis, “non mi addormento con lui accanto a me per più di due giorni di fila da quasi due anni, ormai” spiegò, “e poi non lo scoprirà mai, no?” chiese, e Louis si lasciò trascinare in camera senza riuscire a dire niente.
Harry lasciò la mano di Louis solo una volta che entrarono in camera, si girò a guardarlo e sorrise, “da che lato dormi?” chiese.
“Destro.”
“Sembri teso.”
Si sedettero uno accanto all’altro ai piedi del letto, “hai detto che a Robert non interesserebbe, ma a te?” chiese Louis serio, e Harry sorrise, “perché dovrebbe interessarmi?” domandò a sua volta, e Louis alzò le spalle. “Mi hai assunto perché pensi che ti tradisca, e risolvi la cosa dormendo con un altro uomo, è strano” disse il più grande, voltandosi verso Harry che come al solito si fissava le mani, nervoso, mentre giocherellava con le sue dita, “non facciamo niente di male, è solo dormire” disse imbarazzato, “e se posso essere sincero…”
“Direi che abbiamo superato il momento in cui tu dici una cosa e io ti giudico per quello che dici, quindi…”
Harry si girò e lo guardò dritto negli occhi, “sono stanco di dormire da solo. Odio farlo, da sempre.”
Louis sorrise, “e allora andiamo a dormire.”
Si alzarono e si trascinarono verso il bagno, dove Louis tirò fuori uno spazzolino da denti rosa per Harry spiegandogli che Lottie era fissata col rosa, quindi tutti gli spazzolini di ricambio in casa erano di quel colore, e una volta finito di lavarsi i denti tornarono in camera, dove Louis accese la lampada che aveva sul comodino spegnendo la luce, “quindi, da che lato vuoi dormire?” chiese.
“Se tu sei abituato a dormire a destra, prenderò il lato sinistro. Anche se una volta addormentato potrei non resistere alla tentazione di rubare il resto del letto” disse Harry, praticamente lanciandosi sul letto. Louis rise, mettendosi accanto a lui, e Harry gli si avvicino quasi istantaneamente, come se fosse una cosa che facevano tutte le sere. Louis non ci pensò troppo e mise il braccio sotto la testa di Harry che si avvicinò, accoccolandosi a lui, girandosi su un fianco e appoggiando la mano sul suo petto, “luce spenta o accesa?” chiese Louis.
“Spenta.”
Louis obbedì, e rimasero in silenzio per qualche minuto, poi Harry parlò.
“Avrai caldo. Vuoi che mi sposti?”
Louis sapeva che avrebbe dovuto dire sì, ma non era uno che si ascoltava spesso.
“Non ci provare” disse, e Harry sorrise, “posso farti una domanda?” chiese poi, “mhm mhm” rispose Louis.
“Perché fai questo lavoro?”
Louis fece una mezza risata, “lunga storia.”
“Abbiamo una notte intera.”
“Touché,” disse Louis, “mio padre ha lasciato mia madre appena sono nato, e quando avevo tre anni si è risposata. Lui è stato con noi fino a che non sono nate due delle mie sorelle più piccole, Daisy e Phoebe, e tradiva mamma continuamente, con donne diverse. Per accorciare la storia, ci sono stati degli episodi molto poco carini nei miei confronti quando ha realizzato che il mio essere attratto dai ragazzi non era una fase, così ho cominciato a seguirlo e a portare prove su prove a mamma del fatto che lui la stesse tradendo” spiegò, “e sono diventato bravo! Crescendo non volevo pesare su mamma, quindi ho iniziato a farlo davvero come lavoro quando sono andato al college, e poi… Ci sono un sacco di signore paranoiche, soprattutto quelle estremamente ricche e con la fobia del diventare nullatenenti.”
Harry sorrise, e Louis tentò di ignorare le farfalle nello stomaco che provò nel sentire le labbra di Harry incurvarsi sopra la sua pelle.
“E tu? Avrai avuto uno storia prima di Robert” chiese, e Harry iniziò a tamburellare con due dita sul petto di Louis, “certo.”
“E allora?”
“I miei hanno divorziato quando avevo sette anni, mamma si è risposata. Non è mai stata una famiglia complicata, anzi. Quando ho confessato loro che mi piacevano i ragazzi mia madre mi ha guardato come se fosse una cosa che già sapevano tutti, al liceo stavo sempre per i fatti miei, al college non avevo troppi amici! Un giorno non mi è suonata la sveglia e ho confuso un 6 con un 9 nel numero dell’aula in cui dovevo andare, sono finito nella lezione sbagliata e c’era Robert che stava aiutando dei ragazzi con un progetto per conto di un altro professore. Mi ha notato, mi ha chiesto di uscire, ed è stato tutto molto… Normale.”
“Del tipo?”
“Primo bacio quando mi ha accompagnato alla porta dopo il nostro primo appuntamento, sesso dopo il nostro quarto appuntamento, ha conosciuto la mia famiglia al Ringraziamento, mi ha chiesto di sposarlo a San Valentino. Molto… Normale, appunto.”
Louis rise, “che noia.”
“Non dirlo a nessuno ma… Avrei dovuto capire come sarebbe andata la mia vita già la prima volta che abbiamo fatto sesso” confessò Harry, e Louis gli passò una mano tra i capelli, “perché?” chiese.
Harry sospirò, “è sempre stato così… A modo?” disse poco convinto, “non ho fatto sesso con molte altre persone, non sono mai stato il tipo che andava a ballare o ad una festa e tornava con qualcuno ma…”
“Ma?”
“Non lo so, ultimamente mi sono reso conto che ho sempre voluto qualcosa di più…” ci pensò per un secondo, “violento?” disse, e Louis desiderò per un secondo che il letto lo inglobasse, “sai quel sesso che vedi nei porno? Capelli tirati, morsi, mani bloccate…” continuò Harry, e Louis spalancò gli occhi, ringraziando Dio che il più piccolo non potesse vederlo.
“Tu sarai un esperto.”
“E’ un complimento?” chiese Louis, “e solitamente sono più quello che viene bloccato, più che quello che blocca” disse, “e sono esattamente l’opposto rispetto a quello che hai detto. Io sono decisamente il tipo che va ad una festa e si porta qualcuno del quale non conosce neanche il nome a casa.”
“Perché?”
“Non ho mai avuto uno storia seria, non c’è mai stato nessuno di importante. Solo storielle. Non sono mai stato come… Te?” disse.
Harry si strinse ancora di più a lui, “perché?”
“Cosa?”
“Non ti sei mai innamorato.”
Louis sospirò, “vedo così tanta gente delusa per via del mio lavoro, che mi passa un po’ la voglia di buttarmi a capofitto in una cosa del genere. E poi non conosco nessuno che vorrebbe avere a che fare con le mie cazzate.”
“Scusami?” esclamò Harry, quasi offeso, “sei gentile e ti interessa davvero della gente che ti assume, e lavori sodo. E chiaramente faresti di tutto per la tua famiglia, e sei comprensivo, per non parlare del fatto che…” fece un sospiro, “che sei bellissimo, e intelligente, e ho voglia di baciarti con tutto il fiato che ho in corpo dal momento in cui ti ho visto in smoking sulla barca e bevevi lo scotch o qualsiasi cosa fosse quella nel bicchiere che avevi in mano con l’aria di uno che sapeva i segreti di ogni singolo abitante del mondo.”
Louis rimase spiazzato.
“Non dovresti dire queste cose.”
“Passo la mia vita a fingere, con te posso essere sincero. Perché non dovrei?”
Louis si passò la lingua sulle labbra, “perché tecnicamente sei il mio capo, sei sposato, siamo nel mio letto e mezzi nudi e perché poi dovrei essere sincero anche io” disse, “e dovrei dirti che penso che meriti qualcuno che dorma con te tutte le sere e ti stringa e ti faccia sentire come se tu fossi l’essere umano più importante sulla faccia della terra e poi dovrei dirti che vorrei baciarti anche io e sarebbe davvero, davvero sbagliato.”
Harry sorrise, però non disse niente, e rimasero in silenzio per un po’: Louis gli passava due dita tra i capelli, e Harry teneva la mano sul suo petto.
Passarono dieci minuti buoni, prima che Harry parlasse.
“Sei sveglio?” domandò.
“Sì.”
“Posso farlo?” chiese.
“Cosa?”
“Baciarti.”
 
Louis non fece in tempo a registrare quello che successe dopo: Harry era sopra di lui e le sue mani erano sulle sue guance, e il secondo successivo si stavano baciando, come se fosse la cosa più normale di sempre. Le loro lingue si rincorrevano, e le loro mani si sfioravano e sembrava tutto così naturale che in quel momento a nessuno dei due sembrava sbagliato, tanto che ogni volta che si staccavano ricominciavano a baciarsi fino a consumare l’aria.
Louis si detestava ma non sapeva proprio come fare a respingerlo, e Harry aveva accantonato suo marito nell’angolo più remoto della sua testa e tutto quello a cui riusciva a pensare era a Louis, a Louis che lo stava baciando, e a Louis che aveva le mani tra i suoi capelli e il secondo dopo gli sfioravano la schiena ed era tutto Louis, Louis, Louis.
Quando si staccarono, a nessuno dei due interessava il caldo o quello che avevano appena fatto, e si addormentarono così: Harry sopra Louis, il più grande che gli accarezzava la schiena e Harry che gli diede la buonanotte con un sonoro bacio sul torace, esattamente dove batteva il cuore.
 

La mattina dopo, quando Louis aprì gli occhi, ci mise un attimo prima di capire perché sentisse qualcuno respirargli sulla schiena. Non si svegliava con qualcuno che non fosse una delle sue sorelle accanto da talmente tanto tempo che faceva fatica quasi a ricordare quando, e nel sentire il braccio di Harry che gli circondava la vita, non poté fare a meno di chiedersi se quello non fosse il modo giusto di svegliarsi.

Si sentiva stupido, perché 1) non poteva credere di aver baciato un suo cliente, e quindi un uomo sposato e 2) non riusciva a credere che non fosse riuscito ad allontanarsi da lui prima che succedesse qualcosa.

Provò a chiudere gli occhi per qualche altro minuto, fino a quando non sentì Harry stringersi a lui e lasciargli un bacio sul collo, per poi sentirlo sorridere contro la sua pelle.

“Buongiorno anche a te”, esclamò Louis e senza allontanarsi troppo si girò. Erano talmente vicini che i loro nasi si sfioravano.

“Non ho mai detto buongiorno” ribatté Harry, e Louis sorrise per puoi scuotere la testa e appoggiargli una mano sul fianco.“Ti ricordo che sei nel mio letto.”

Harry fece un sospiro, e chiuse gli occhi.

“Grazie.”

Louis lo guardò confuso per un secondo e poi gli passò una mano sulla guancia, “per cosa?”

Harry sorrise, “perché più che una persona che ho assunto, sei diventato una delle poche persone di cui mi fido e per ieri sera. Non dormivo così bene da tanto tempo.”

Louis sorrise e non poté fare a meno di avvicinarsi e dargli un bacio sulla fronte, e fu quello che fece aprire nuovamente gli occhi ad Harry, che cercò di decifrare l’espressione sul volto di Louis, che gli sorrise.

“Niall tra poco arriverà e prenderà il monopolio della mia TV, ma prima irromperà in camera perché non mi troverà addormentato sul divano.”

Harry sbadigliò, “non mi interessa” esclamò poi, e Louis gli passò la mano tra i capelli, “non potrai costringermi ad allontanarmi” disse convinto.

Louis si avvicinò ancora, e gli baciò nuovamente la fronte, mentre Harry lo guardava in silenzio.

Non poteva fare a meno di pensare che forse non era troppo tardi con lui: forse Louis era interessato a lui tanto quanto lo era lui, forse Robert era stata solo una fase per accontentare la sua famiglia e sicuramente, amante o no, Robert poteva rifarsi una vita così come se la sarebbe rifatta lui: ad Harry giravano talmente tanti pensieri in testa che l’unica cosa che gli sembrava giusta da fare, fu nascondersi contro il petto di Louis che sorrise.

“Doccia?” propose poi, e Harry annuì.

Nessuno dei due osò anche solo pensare al fatto che entrare insieme nella doccia di Louis risultò troppo naturale.

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Harry amava bere il suo caffè amaro seduto su una panchina in un parco; per fortuna, ne aveva trovato uno non molto distante da casa di Louis e quella mattina era lì che l’aspettava. L’idea di mettere piede nel suo appartamento era diventata improvvisamente spaventosa e lui doveva riflettere.
Aveva bisogno di pensare a quello che era successo poche sere prima di rivederlo; la mattina dopo il bacio aveva sperato con tutto sé stesso di svegliarsi con un gran senso di colpa nel petto e la certezza che quel bacio fosse stato un semplice errore.
Il suo primo impulso, invece, era stato quello di voltarsi verso Louis per baciarlo ancora; l’aveva osservato mentre dormiva per qualche minuto, soffermandosi sulla lunghezza spropositata delle sue ciglia e sui suoi respiri lenti e cadenzati. E oh, come dimenticare il sorriso sereno che gli illuminava il viso, nonostante sembrasse più una smorfia che un sorriso vero e proprio. Aveva qualcosa nel suo volto che sembrava semplicemente brillare ed Harry non riusciva a smettere di pensare a lui da giorni ormai. 
Era davvero diventato così patetico? Era così concentrato su Robert e il suo ipotetico tradimento da non accorgersi che si stava trasformando nella sua più grande paura. E poi, da quando passare del tempo con Louis lo faceva sentire così al sicuro?
 
Qualcosa dentro di lui gli diceva di correre via, porre fine ad ogni legame che aveva con Louis perché non ne valeva la pena, non doveva per forza distruggere il suo matrimonio per colpa di un bacio, ma poi ripensava a come si sentiva quando era con lui, alle piccole attenzioni che Louis riusciva a rivolgergli e che Robert non gli aveva mai dato, al modo in cui il suo cuore batteva quando Louis gli si avvicinava o gli rivolgeva un sorriso.
Perché mentre Robert assumeva sempre di più le sembianze di un estraneo, Louis sapeva sempre più di casa dentro di lui. 
In quei momenti pensava che mettere Louis e suo marito a confronto non aveva senso, non perché non fosse giusto nei confronti di Robert ma perché non c’era paragone tra i due. Avrebbe vinto Louis ad occhi chiusi.  
Erano quelli i momenti in cui realizzava che era spacciato e che aveva davvero bisogno di parlare con qualcuno.
 
“Pronto? Harry?”
“Mamma!”
Anne conosceva così bene suo figlio che le bastava sentire il suo tono di voce per sapere che qualcosa non andava. Nonostante ci fosse un oceano a dividerli.
“Harry, tesoro, è successo qualcosa? Stai bene?” se c’era una cosa al mondo che riusciva a fargli dimenticare qualsiasi problema avesse, quella era la voce di sua madre.
“No, mamma è tutto okay… Sto bene.”
“Sarà anche passato un anno dall’ultima volta in cui ti ho sentito, ma questo non significa che non riesca a capire quando c’è qualcosa che ti turba” commentò la donna seria.
 
Se Harry provava a tornare indietro al giorno in cui tutto era andato a pezzi nella sua famiglia, si diceva sempre che forse avrebbe provato a fare le cose in modo diverso. Avrebbe tentato di far ragionare Robin per dimostrargli che Robert lo amava davvero e si sarebbe preso cura di lui, avrebbe provato ad ammorbidire Robert che non ne voleva sapere di andare d’accordo con lui visto il modo in cui l’aveva trattato. Il problema era che non aveva avuto scelta; in quel momento, Robert gli era sembrato davvero la scelta giusta, la scelta della sua vita.
 
Col senno di poi, forse avrebbe fatto scelte differenti. 
 
“Pochi mesi fa ho assunto un investigatore privato perché avevo il sospetto che Robert mi tradisse.”
“E…?”
“Non credo lo faccia… Tradirmi, intendo.”
“E perché non c’è traccia di sollievo nella tua voce?” chiese la donna interpretando alla perfezione il suo stato d’animo, come sempre. “Ascolta, Harry… È normale che tu ti senta in colpa ma-”
“No, mamma io non… Non credo di sentirmi in colpa.” confessò in un fil di voce suo figlio.
 
Non per questo, almeno.
 
“Cos’è successo, Harry?” il ragazzo restò in silenzio. Era come se non riuscisse ad esternare i suoi pensieri ad alta voce, spaventato che rivelarli a qualcuno forse avrebbe reso le cose più reali di quanto già non fossero. “O dovrei chiederti… Chi?”
“È complicato, mamma.”
“Posso fare uno sforzo, se lo farai anche tu liberandoti di questo peso ” disse la donna amorevolmente.
“E’… Louis.”
“Louis? Beh è già un inizio.” commentò sua madre ironica, Harry sorrise e poté sentire qualcosa nel suo petto smuoversi. “Ora dimmi di più su quest’uomo.”
“Lui è- è l’uomo che ho assunto per controllare Robert.” confessò tutto d’un fiato. “Ed è così- così diverso, mamma. E’ disordinato, sarcastico e a volte anche sbruffone; mi fa ridere e mi guarda come Robert non ha mai fatto in tutti questi anni! Mi ascolta, lo conosco da pochi mesi ma riesce a capirmi come nessun altro in vita mia. E’ trasandato, fuma e odio quando lo fa ma non mi da fastidio, sopporto in silenzio ed è riuscito a calmarmi durante un attacco di panico… Robert non l’ha mai fatto.”
“Dev’essere una brava persona questo Louis, mh?”
La migliore, pensò il ragazzo ma non gli sembrava il caso di sbilanciarsi in quel modo.
“Lo è, mamma.”
“Cosa mi dici di Robert, invece?”
“Non è più l’uomo che ho sposato, mamma. L’ipotesi che mi tradisse mi faceva sperare che forse, da qualche parte, Robert era quello stesso uomo, solo con un grande errore sulle sue spalle. Ma adesso…”
“Vedi, Harry… Può succedere, okay? Smettere di amare qualcuno, o semplicemente innamorarsi di qualcun altro in maniera ancora più profonda.”
“Ma questo non mi rende il più grande ipocrita sulla faccia della terra?” confessò sospirando pesantemente.
“Harry, al contrario di quel che tu pensi… Non puoi decidere quale sia la persona giusta per te.” ammise sua madre seria. “Succede e basta, puoi fare ben poco per fermare il tuo cuore.”  Harry annuì a se stesso pensando che forse nemmeno ci aveva provato a fermarlo.
“Mamma, mi- mi dispiace per Robin, e…” soffiò il ragazzo sincero poco prima di salutare sua madre.
“Harry, tu non dovrai mai scusarti con me, e neanche con Robin. Siamo intesi?” la sua voce era calma e tranquilla, non c’era traccia di delusione o tristezza nella sua voce, come se non avesse passato l’ultimo anno senza sentirla o vederla. “Si può sbagliare a volte, siamo esseri umani per questo. L’importante è capire quando lo facciamo. Ma adesso non sparire di nuovo, okay?” domandò la donna e Harry riuscì a sentirla sorridere nonostante ci fossero due dispositivi mobili e un oceano a dividerli, come al solito.
“Te lo prometto” rispose sincero asciugandosi una piccola lacrima silenziosa. “Grazie.” poi chiuse la chiamata mandandole un abbraccio.
 
Chiuse gli occhi lasciandosi andare contro lo schienale della panchina e tirando un sospiro di sollievo: quella telefonata non aveva risolto nemmeno la metà dei suoi problemi, ma Harry si sentiva decisamente più leggero.
 
 
 
Harry fece passare un paio di giorni dalla conversazione con sua madre, prima di cercare nuovamente Louis.
Non sapeva esattamente perché avesse chiamato sua madre: tutto quello che Harry aveva fatto nella sua vita, lo aveva fatto per lei. Non che volesse farglielo pesare, sua madre e sua sorella erano tutto per lui.
 
Harry sapeva che se avesse divorziato da Robert sarebbe cambiato tutto per lui. Non ci sarebbero più state vacanze di Natale in posti caldi, cene costose in ristoranti costosi, ma per Harry, incredibilmente, l’idea di addormentarsi accanto a Louis in un piccolo appartamento e mangiare i suoi toast bruciati era più rassicurante di ogni colazione perfetta servita da una cameriera nella sala da pranzo nella casa dove viveva con Robert. L’idea di sentire l’odore della pelle abbronzata di Louis era più confortante del dopobarba di suo marito, e la barba del ragazzo dagli occhi blu era più che perfetta, nulla a che vedere col viso sempre perfettamente rasato della persona che aveva sposato.
Insomma, aveva perso completamente la testa per Louis, e anche se si sentiva in colpa per Robert, sapeva di non stare per commettere un errore: meritava di essere felice.
 
Sperava solo che Louis la pensasse come lui, mentre saliva le scale nel palazzo dove abitava.
 
Louis, invece, non era il tipo di persona che fissava il telefono aspettando la chiamata dal ragazzo che gli piace, ma il suo telefono non squillava per colpa di Harry da più di 72 ore e Louis non riusciva a pensare ad altro che al sapore delle sue labbra.
Era stato tutto fin troppo tranquillo e naturale per loro, il weekend che avevano passato insieme: dal sedersi vicini sul divano, alle loro caviglie incrociate sotto il tavolo mentre mangiavano, fino al baciarsi fino a sentire la mancanza d’aria e concludere alla doccia fatta insieme come se non fosse la prima volta che si vedevano nudi – Louis non pensava ad altro, onestamente. La schiena di Harry era protagonista di più pensieri di quelli che volesse ammettere.
Odiava come il ragazzo fosse entrato nella sua vita facendo fin troppo rumore, e mentre da una parte aveva rafforzato il suo pensiero sulle relazioni, dall’altra lo aveva cambiato completamente.
 
Se Louis Tomlinson avesse dovuto scegliere qualcuno da avere accanto, la sua scelta sarebbe stata sicuramente Harry Styles, e questo lo spaventava a morte.
 
Quando Harry si decise, finalmente, a bussare alla porta dell’appartamento di Louis tirò un sospiro di sollievo nel vedere il ragazzo sorridergli.
“Hey, straniero!” disse Louis allegro, facendosi da parte per farlo entrare. Harry lo guardò tentando di sorridere, anche se la verità era che l’ansia gli stava per corrodere lo stomaco.
Louis era bellissimo.
“Ciao Lou!”
 
Era già tutto scritto, da molto prima che Harry entrasse nell’appartamento. Nessuno dei due ci pensò troppo, e mentre si baciavano animatamente sul divano e le loro erezioni si facevano prepotenti nei jeans di uno e nella tuta dell’altro, entrambi provavano cose che non erano troppo sbagliate.
Louis pensava che le farfalle nello stomaco fossero solo una leggenda, mentre Harry sapeva che erano una cosa reale, ma non le aveva mai provate prima di Louis.
 
Quando, finalmente, si allontanarono, Harry sorrise passandosi la lingua sulle labbra.
 
“Non guardarmi così” mormorò Louis, e Harry non poté fare a meno di chiedere il perché. Louis gli passò una mano tra i capelli, “perché non è giusto.”
Harry annuì, “credo che dovremmo parlarne.”
“Okay.”
Harry si allontanò di qualche centimetro, mentre Louis non riusciva neanche a guardarlo.
“Credo che…” iniziarono in coro, e il riccio sorrise, “insieme?” propose.
Louis annuì, ed entrambi fecero un sospiro.
 
“Credo di volere il divorzio.”
 
“Credo che sarebbe meglio allontanarci.”
 
Entrambi strabuzzarono gli occhi.
 
“Cosa?!” esclamarono insieme, e Harry si alzò di scatto dal divano, mentre Louis riprese a parlare.
“Non puoi chiedere il divorzio per un bacio” esclamò, “e soprattutto non puoi chiedere il divorzio per un bacio con me.”
Harry lo guardò per un secondo, mentre una raffica di pensieri gli passava per la testa, “non è solo per il bacio, lo sai” disse mordendosi il labbro, “è… Robert.”
“L’hai sposato tu, te lo ricordo.”
“E poi ho conosciuto te.”
Louis si passò una mano sul viso, poi guardò Harry, “credo che faresti meglio ad andare.”
Harry scosse la testa, “non senza una spiegazione. Io voglio st..”
Louis scosse la testa, “non provare a dirlo Harry, non ci provare” esclamò, “tu uscirai da questo appartamento e andrai a casa tua e quando e se scoprirò qualcosa su tuo marito allora deciderai cosa fare della tua vita, e poi mi pagherai e tornerai alle tue feste costose e io a giocare a Fifa con Niall su un divano rotto. E’ così che deve andare” disse Louis convinto, e Harry provò ad avvicinarsi, “forse anche io voglio stare su questo divano rotto con te e…” si bloccò, alzando gli occhi al cielo, “non puoi decidere per me.”
“Infatti sto decidendo per me. Io non sono fatto per stare con qualcuno, ne abbiamo parlato” spiegò Louis, “era solo un bacio. Un modo per consolarti, perché è chiaro che detesti la tua vita” concluse. Harry lo guardò, sbalordito, “una consolazione? Non pensi che se avessi voluto una consolazione sarei andato altrove?” domandò arrabbiato, “sono proprio un’idiota, ti ho anche ringraziato perché per una volta…” lasciò cadere la frase, “perché stai dicendo queste cose, ora? Non le pensi davvero.”
Louis lo guardò, “perché nessuno mi ha mai scelto, okay? E non vedo perché dovresti farlo tu, che hai la vita perfetta. Non posso darti niente di quello che sei abituato ad avere, te ne rendi conto? La mia vita è questa, Harry” disse, “sei abituato ad una casa enorme, e a gente che cucina per te, e a dormire in un letto con una persona che guadagna milioni di dollari per un lavoro per cui è andato all’università! Io non riesco neanche a pagare le bollette tutti i mesi, te ne rendi conto? Se non fosse per Niall…” stavolta fu lui che lasciò la frase a meta, “Harry, non te ne rendi conto.”
“Sei tu che non te ne rendi conto. Saremmo felici.”
Louis scosse la testa, “se ci fossimo incontrati al college, forse. Ma io non l’ho neanche finito, quindi…”
Harry rimase in silenzio per qualche secondo, “hai ragione, forse dovrei andare.”
“Dovrebbe davvero farlo.”
Harry inarcò un sopracciglio, “sei tornato a darmi del lei? E’ un po’ ridicolo considerato il fatto che l'altra mattina ti ho visto nudo” disse sarcastico, “dev’essere stato frustrante per te non essere riuscito a portarmi a letto.”
“Non l’ho mai voluto” disse Louis, “non lo capisci, eh?” domandò, “vai via, ti prego.”
Harry annuì, mordendosi l'interno della guancia sinistra per evitare di mettersi a piangere come un bambino, “va bene. Arrivederci, allora.”
“Arrivederci.”
 
Louis rimase immobile fino al momento in cui non sentì la porta richiudersi, chiedendosi perché nessuno fosse disposto a lottare per lui.
Harry salì in macchina chiedendosi se lasciando l’appartamento e la persona che c’era dentro, non avesse lasciato la cosa più vicina ad una casa che aveva avuto negli ultimi anni.
 
 
A Los Angeles pioveva, e Louis odiava la pioggia per tre motivi:
 
 1. La gente improvvisamente smette di saper guidare.
 2. Deve uscire dall’appartamento e lavorare comunque.
 3. La gente che dovrebbe seguire è molto più difficile da raggiungere.
 
Tranne Robert, che era puntuale come sempre al suo appuntamento per farsi fotografare.
Se a Louis bolliva il sangue nelle vene all’idea che quell’uomo potesse ferire Harry, però, non era affare di nessuno.
 
Da quando Harry era uscito dal suo appartamento, e quindi dalla sua vita, Louis non riusciva a pensare ad altro: non era giusto. Sapeva benissimo di non essere all’altezza di Harry, perché Harry meritava il mondo, e pensare anche solo all’eventualità che qualcuno potesse fargli del male pur avendolo nella sua vita lo faceva arrabbiare davvero.
Sapeva anche benissimo che rinunciare ad Harry non voleva dire non poter fare qualcosa per lui.
 
Erano le 22.30 quando Zayn e Robert uscirono dal palazzo dove risiedeva lo studio di Robert, e le gambe di Louis si mossero da sole: guardò Zayn salutare l’uomo e prima che Robert potesse entrare in macchina, lo avvicinò.
 
“Robert? Robert Hall?” chiese.
 
Robert si girò a guardarlo, e per un secondo Louis si chiese cosa stesse facendo.
 
“Sì?”
“Sono Louis, un… Uhm” sospirò, “un amico di Harry” disse. Robert annuì, aspettando che Louis dicesse altro, “possiamo parlare?” si decise il ragazzo.
Robert annuì nuovamente, “possiamo farlo qui o è necessario salire nel mio ufficio?” domandò poi, e quando Louis spiegò che era una cosa privata, Robert gli rispose di parlare, facendogli segno di entrare nell’androne del palazzo, così Louis obbedì.
“Faccio l’investigatore privato” cominciò, “e ho conosciuto Harry durante la festa che il suo studio ha organizzato ad inizio anno” disse.
“E?”
“E Harry mi ha chiesto di indagare su di lei. E non dovrei dirglielo, perché il segreto professionale è la cosa che più mi piace del mio lavoro, sa? Il fatto che non importa cosa scopro, il cliente a fine giornata se ne va sicuro che nessuno scoprirà mai che sua moglie, o suo marito, è stato infedele.”
 
Robert lo guardava, chiaramente sconvolto dalla notizia.
 
“So chi è Zayn. Non sono ancora riuscito a capire esattamente quale sia il legame tra di voi, ma anche Harry sa. Ovviamente” spiega.
“Non so chi pensa di essere lei però…”
“Io tengo molto ad Harry” lo interruppe Louis, infilandosi le mani nelle tasche dei jeans, “è un ragazzo straordinario. È intelligente, e dolce, e simpatico, ed è bellissimo. Ma che è bellissimo lo sa, ha sicuramente avuto più tempo di me per guardare quegli occhi, mhm?” disse.
“Non ho mai tradito Harry, lo amo.”
Louis annuì, “non mi interessa se l’ha tradito in passato. Sono qui per chiederle di non farlo più” disse. Robert corrugò la fronte, “non posso credere che abbia assunto un investigatore privato.”
Louis sospirò, “si vergogna molto di averlo fatto” spiegò, “ma questo non vuol dire che le cose non devono cambiare tra di voi. Dice di non averlo tradito, ed effettivamente non ho prove se non qualche abbraccio tra lei e Zayn, ma… Harry si sente solo. Davvero, davvero solo.”
“Non so cosa credi di sapere di Harry, ma ti posso assicurare che è felice.”
“Non lo è, Robert. Per questo sono qui.”
Robert lo guardò corrugando la fronte.
“Si sente solo. Gli manca la sua famiglia e oltre a Liam non ha troppi amici, giusto?!” domandò Louis, “e lei lavora sempre, e pensa che il fatto che Harry voglia fare l’insegnate è stupido e… Vorrei non doverle dire che credo che Harry meriti molto meglio, e vorrei anche non credere che il meglio sia io” mormorò, “il fatto è che tengo molto ad Harry, e dovrebbe essere sincero con lui.”
Robert non disse niente, e per un attimo Louis ebbe paura che volesse prenderlo a pugni.
“Bene, è tutto. Mi dispiace averla disturbata” concluse Louis, e tese la mano a Robert che incredibilmente ricambiò.
 
 
Quando Robert rincasò, stranamente, la prima cosa che fece fu entrare in camera.
Harry lo guardò e cercò di sorridergli, “buonasera.”

Robert, tuttavia, lo ignorò per qualche minuto prima di parlare.
 
“Sai, oggi ho conosciuto un tuo vecchio amico” esordì Robert, “pensavo che dopo tutti questi anni, saresti stato sincero con me. Sai che ti amo, vero?” disse.
Harry annuì subito, confuso, “certo! Anche io ti amo.”
“E Louis Tomlinson che cosa c’entra nel nostro matrimonio, esattamente?” domandò Robert, “perché ho avuto un interessantissima chiacchierata con lui, circa trenta minuti fa.”

 
Harry rimase a bocca aperta, sedendosi meglio sul letto.
 
“Posso spiegare” disse poi.
“Non posso credere che tu pensassi che ti stavo tradendo! Zayn è il figlio di una delle segretarie del mio studio! Abbiamo deciso di espanderci di un piano e ci sembrava una buona idea fare un piccolo nido, visto che un sacco di associate hanno dei bambini, si sta occupando lui della decorazione!”
“E lo abbracci perché fa dei disegni su un muro?” ribatté Harry, “alle 10 di sera? Mentre io sono qui ad aspettarti?” chiese. Robert annuì, “suo padre è morto poco prima di Natale, per questo gli abbiamo offerto il lavoro. Erano molto legati.”

Per poco Harry non si sentì male.
 
“Robert, io…”
“Posso anche passare sopra al fatto che dopo tutto questo tempo non hai fiducia in me,” lo interruppe Robert, “ma un investigatore privato? Gli hai detto tutto di me! Dove lavoro, chi sono i miei clienti, dove gioco a golf. Per non parlare del fatto che ti sei chiaramente confidato con lui perché tutte le stronzate che mi ha detto stanno a significare che avete passato del tempo insieme, a prescindere dal suo indagare.”

Harry non aveva mai visto Robert così arrabbiato, così lo lasciò parlare.
 
“Sai che è innamorato di te?” chiese, “se non è innamorato ci è molto vicino, spero tu lo sappia. Parla molto bene di te, ha detto che non ti merito. E che a meritarti è lui, perché a quanto pare con me non sei felice.”

Harry abbassò lo sguardo, tentando di non pensare al fatto che Louis potesse essere innamorato di lui perché suo marito gli stava parlando ed era una cosa importante. Robert. Non Louis.

“È così? Sei infelice?”
Harry sospiro, “non sono infelice. Vorrei che certe cose cambiassero.”
“Del tipo?”
“Vorrei non dover cenare e addormentarmi da solo sei sere su sette, vorrei che tu non dovessi andare continuamente dall’altra parte del Paese! Vorrei non avere Liam come unico amico, se così si può chiamare visto che lo vedo solo alle stupide feste aziendali a cui non voglio andare perché al 90% dovrò andarci da solo e fare finta di essere interessato a quello che mi dicono dei 60enni che pensano io sia contento di sentirli parlare!” sbottò Harry, “sai Robert, io ti amo ma tu sei realizzato! Hai un bel marito, una bella casa, un autista, sei a capo di uno degli studi legali più importanti della California. E io?”
“Tu hai me” esclamò Robert.
“Davvero?” chiese Harry di rimando, “e oltre a questo?”

Perché Harry riusciva solo a pensare a tutti i pomeriggi passati con Louis: quello con i suoi fratellini, quello a casa sua quando il riscaldamento era rotto, quello dell’attacco di panico, e anche se al momento era furioso con Louis – come aveva potuto raccontare tutto a Robert?! – non poteva fare a meno di pensare che tutte le emozioni che aveva provato dopo tanto tempo, erano dovute a lui.

“Se non vuoi più stare con me non ti costringerò a farlo, Harry. Io ti amo, pensavo fossi felice” esclamò Robert alla fine, e Harry annuì, “Louis non è una cattiva persona, l’ha fatto perché…”
“Ti dico che ti amo e che sono disposto a lasciarti andare e la prima cosa che fai è difendere Louis?”
“Non so cosa vuoi che ti dica. Sai che ti amo, ma le cose non cambieranno mai se non capisci il mio punto di vista.”
Robert annuì, e si avvicinò a prendere il suo cuscino, “dormirò nella dependance per un po’, se per te va bene” disse.

Anche Harry annuì, e quando Robert si chiuse la porta della loro camera da letto alle spalle, fece un sospiro e maledì il giorno in cui la sua vita era cambiata così drasticamente.

 

 
Quella sera, lo schermo del suo smartphone di Louis segnava le 22 in punto quando qualcuno bussò alla sua porta cogliendolo di sorpresa, visto che non aspettava nessuno a quell’ora.
 
“Arrivo, arrivo! Un attimo, malediz-” i tocchi sulla porta si facevano sempre più insistenti e avrebbe voluto davvero imprecare perché chi diavolo bussa in quel modo? Ma qualsiasi pensiero si spense nella sua gola quando si trovò davanti lui.
 
“Ma cos-”
“Cosa diavolo ti è saltato in mente?”
Harry entrò nel suo appartamento senza troppe cerimonie e Louis lo lasciò fare, non gli sembrava il momento di dare lezioni di galateo in quel momento.
 
“Si può sapere che ti prende?” chiese cadendo dalle nuvole, o quasi.
 
In realtà sapeva bene cosa Harry voleva da lui.
 
“Cosa prende a me? A ME?!” esclamò alzando le mani al cielo e facendo alcuni passi nella sua direzione. “Si può sapere come hai potuto anche solo pensare che presentarti da Robert fosse una buona idea? Potrei denunciarti, ne sono quasi certo!” domandò passandosi una mano tra i capelli esasperato.
 
Harry non era arrabbiato, era furioso. Louis era quasi spaventato, non l’aveva mai visto così.
 
“Harry io non-”
“Oh e spero tu abbia una valida spiegazione, Louis” il quale aprì e chiuse la bocca in cerca di una risposta che non arrivò.
 
In effetti, una spiegazione non c’era ma questo non sapeva come dirglielo.
 
“Allora?” il riccio incrociò le braccia al petto, inarcando un sopracciglio.
“Non lo so, Harry, okay? NON. LO. SO!” sbottò esasperato.
 
Louis non sapeva cosa dirgli, non sapeva cosa Harry sperava di ottenere presentandosi da lui a quell’ora.
 
“Cosa vuoi sentirti dire, mhm? Cosa vuoi che ti dica, Harry? Che ho sbagliato e mi dispiace? E’ questo che vuoi sentire?”
 
Non sapeva nemmeno da dove proveniva tutta quella rabbia, né come fermarla.
 
“Perché non è così…” si lasciò scappare sinceramente in un soffio di voce. 
Forse Harry non lo sentì davvero, o forse fece finta di non averlo sentito.
“Voglio sapere perché Louis-” esclamò il più piccolo esasperato, “perché diavolo ti sei presentato da mio marito” senza accorgersene erano scivolati lungo il piccolo corridoio del suo appartamento e si trovavano in quel momento al confine con il salotto, la schiena di Louis sfiorava la parete e nessuno dei due sembrava voler compiere un passo in più.
“Mi - uhm- mi sembrava la cosa giusta da fare. Si, insomma, per le mie ricerche ma poi” la situazione mi è sfuggita di mano, avrebbe voluto dire ma le parole non uscirono dalla sua bocca.
“Ma poi?” la voce di Harry si era abbassata notevolmente, sembrava aver ripreso il controllo di sé.
 
Sotto la luce fioca del lampadario, i suoi occhi brillavano più che mai e Louis si perse ad osservarlo per qualche attimo, rimandando la sua risposta.
Era così bello nella sua camicia a fiori rossa e un paio di pantaloni neri, i capelli raccolti da un elastico e qualche anello a decorargli le mani.
 
Non ti merita, non può renderti felice perché non ti conosce, voleva dirgli eppure non riusciva a pronunciare quelle parole.
 
“N-non-” inevitabilmente, il suo sguardo finì sulla sua bocca.
Se avesse potuto, Louis avrebbe passato la sua vita a baciare quelle labbra.
“Che cosa, Louis?”
Harry era ancora arrabbiato; nonostante la ritrovata calma, il tono della sua voce lo tradiva.
“Non voglio rovinare tutto, anche se probabilmente l’ho già fatto” ammise Louis, abbassando per un secondo lo sguardo mentre mordicchiava nervosamente il labbro inferiore.
“Di cosa stai parlando?” domandò il più piccolo. Louis lo vide inarcare un sopracciglio, palesemente confuso dalla sua affermazione.
“Possibile che tu non renda conto? Davvero, Harry?” sospirò rassegnato, “mi piaci, Harry” soffiò nel silenzio, “come nessun altro prima d’ora” ingoiò a vuoto prima di ricominciare a parlare, ormai non poteva che andare fino in fondo, “e se sto facendo tutto questo non è più perché è il mio lavoro ma solo perché voglio vederti felice; non è professionale, lo so, ma una parte di me spera di trovare qualcosa su di lui perché… Dio- sono certo che non potrà mai darti le attenzioni che meriti, non potrebbe mai trattarti come farei io, perché meriti tutto in questo mondo e anche oltre” la voce acquistava sicurezza man mano che le parole abbandonavano la sua bocca; come un fiume in piena, non riusciva nemmeno a controllare il flusso dei pensieri. Louis sapeva perfettamente di aver mandato all’aria l’unica scelta giusta della sua vita: avrebbe dovuto lasciarlo andare e interrompere qualsiasi rapporto con lui per poterlo dimenticare, come aveva fatto qualche settimana prima perché Harry era un uomo sposato e Robert era un uomo rispettabile con ogni probabilità.
 
E allora perché nonostante tutti quei sensi di colpa, riversagli addosso quel fiume di parole gli era sembrato così giusto?
 
Se doveva essere completamente onesto con sé stesso, Harry non poteva definirsi sorpreso perché i sentimenti di Louis, che ora galleggiavano tra di loro a mezz'aria, erano più che ricambiati ed era incredibile l’effetto che quelle parole appena pronunciate nel silenzio di quell’appartamento risuonavano come un martello pneumatico nel suo cervello. Avrebbe voluto dirgli che sì, lo sapeva che lui avrebbe potuto dargli tutto quello che in questi anni gli è mancato perché l’amore lo senti anche quando non dovresti, anche quando non è il momento giusto.
 
“Louis.”
 
Il suo sguardo volò verso i suoi occhi trovandoli più vicini del previsto, sentì le gambe cedergli per un attimo e la tentazione di scappare diventava sempre più forte ma, in qualche modo, i suoi piedi sembravano incollati al pavimento.
 
“Devo- io..” balbettò, gli occhi fissi su di lui.
 
Devo allontanarmi da te, aveva pensato mentre i loro corpi si avvicinavano l’uno verso l’altro senza che loro potessero davvero controllarli, Harry fece l’ennesimo passo nella sua direzione ed erano così pericolosamente vicini che tremavano entrambi al solo pensiero di baciarsi ancora.
Louis riusciva a sentire perfettamente il suo respiro infrangersi sul suo volto; come una ventata d’aria fresca, riprese a respirare rubandogli ogni minuscola particella del suo profumo. Un paio di boccoli ricadevano fuori dall’elastico intralciando la sua visuale così, senza che potesse controllarle, le sue dita li raggiunsero sistemandoli dietro il suo orecchio con delicatezza. Vide Harry socchiudere gli occhi per qualche secondo, quando li riaprì, le sue iridi si erano fatte più scure. Anche il suo sguardo cadde sulle labbra di Louis ed in quel momento capì che avevano superato il punto di non ritorno da un pezzo ormai.
Come due calamite i loro corpi si scontrarono l’uno contro l’altro, la schiena di Louis finì di nuovo contro la parete, facendolo gemere sulle labbra del più piccolo che lo schiacciò ancora di più contro quella superficie; i loro corpi sembravano aderire perfettamente, come due parti complementari dello stesso puzzle.
“Hm-” mormorò contro le sue labbra.
“Cosa?” Harry poggiò una mano accanto al suo viso intrappolandolo tra il suo corpo e la parete, non aveva mai visto i suoi occhi così scuri.
“I-io..” alternò lo sguardo tra i suoi occhi e la sua bocca di nuovo, il cuore prese a battergli forte nel petto poi riavvicinò il volto al suo chiudendo gli occhi e lasciando qualsiasi intenzione al di fuori di quella bolla.
Passò le mani sulle sue spalle sfiorandole con la punta delle dita attraverso la stoffa sottile della sua camicia, poi scese verso il centro passando accanto alle asole dei bottoni lentamente mentre la bocca di Harry si muoveva frenetica contro la sua.
Se solo avesse potuto, Louis avrebbe passato ogni giorno della sua vita ad amare e venerare quel corpo come meritava.
“Lu-lui non ti m-merita..” soffiò stringendo alcune ciocche di capelli tra le dita mentre le labbra di Harry si muovevano soffiando e baciando ogni porzione di pelle disponibile, “E dov-dovevo dirglielo” si lasciò scappare Louis, in un sospiro.
Gli occhi di Harry saettarono nei suoi e Louis non riuscì a capire cosa vide in essi perché il secondo dopo le sue gambe erano strette intorno alla vita del più piccolo che lo reggeva stringendo tra le mani i suoi fianchi; Louis era piuttosto sicuro che il giorno dopo avrebbe trovato un paio di lividi sparsi lungo tutto il suo corpo. 
“Zitto…” esclamò Harry premendo le labbra contro le sue, questa volta approfondendo il loro bacio.
“Stai zitto” gli morse la bocca più e più volte, come se volesse cancellare quello che aveva appena detto.
In effetti, nominare Robert in quel momento non era stata una grande idea ma Louis non riusciva a non pensare a quanto quello che stava succedendo gli sembrasse giusto. Mentre la sua lingua cercava frenetica quella di Louis, che non faceva altro che assecondarlo ricambiando quella splendida tortura, lui pensava che avrebbe potuto trascorrere la sua vita a fare l’amore con Harry per ripagarlo di tutte le attenzioni che non aveva ricevuto in quegli anni. 
La sua testa prese a girare quando il suo corpo finì contro la superficie soffice del divano e il corpo di Harry fu di nuovo sul suo; quel ragazzo sarebbe stata la sua fine, in un modo o nell’altro. Con la testa completamente svuotata e il cuore che correva all’impazzata, Harry fece scivolare la maglia di Louis oltre le spalle lanciandola sul pavimento ben lontana da loro ed accompagnata subito dalla camicia del più piccolo. Era la prima volta in cui potevano prendersi qualche attimo per osservarsi e nessuno dei due si lasciò scappare l’occasione.
Harry prese a lasciare una scia lenta lungo il suo petto con la punta delle dita, seguita dalla sua bocca che baciava, mordeva e leccava ogni punto che riusciva a raggiungere; si soffermò con maggiore insistenza sui capezzoli, per poi scendere lungo l’addome.  Se in un primo momento pensava che il profumo di Louis fosse piacevole, adesso ne era completamente assuefatto. C’era qualcosa nel suo modo di comportarsi che lo rendeva così diverso dall’Harry che aveva imparato a conoscere; forse era la rabbia nei suoi confronti, forse era solo passione repressa per colpa di Robert ma qualunque cosa fosse lo stava facendo impazzire e Louis era certo di non voler aspettare ancora, Harry sembrava dello stesso avviso.
Senza smettere di baciarlo mosse le sue mani verso i pantaloni della sua tuta liberandolo in un solo gesto di tutti gli indumenti rimasti. In una normale situazione Louis si sarebbe sentito a disagio, nudo davanti a qualcuno, ma con lui era tutto così diverso che aveva smesso di farsi domande. 
Harry, dal canto suo, era semplicemente estasiato dal corpo di Louis e dal modo in cui rispondeva alle sue attenzioni, da come si era abbandonato completamente a lui che l’unico scopo di ogni suo movimento era quello di vederlo completamente stravolto dal piacere per merito suo.
Lo preparò velocemente, forse troppo, spingendo due dita dentro di lui con non troppa delicatezza; si fermò terrorizzato all’idea di fargli del male ma Louis aveva annuito con un sorriso dolce dandogli il via libera.
Entrò in lui poco dopo allo stesso modo, con una spinta decisa di fianchi e poca delicatezza perché ormai aveva perso completamente il controllo di sé stesso. Vide Louis socchiudere gli occhi per qualche secondo mentre cercava di abituarsi a quella nuova sensazione e quando li riaprì, si specchiarono l’uno negli occhi dell’altro.
Non dissero una parola, Harry riprese a baciarlo con forza mentre Louis incatenava le sue dita tra i suoi capelli; le spinte si fecero sempre più veloci e frenetiche, Louis guardava Harry con occhi adoranti mentre si muoveva su di lui e il più piccolo non si era mai sentito così amato come in quel momento. Con quel pensiero marchiato a fuoco nella sua mente, raggiunse l’orgasmo seguito dopo qualche secondo da Louis.
Riuscirono a ripulirsi nel giro di pochi minuti e quando Harry si sistemò tra le sue braccia indossando una sua maglia, che gli stava decisamente troppo stretta, il più grande lo strinse contro il suo corpo lasciando piccoli baci sulla sua fronte.
Non era così che Louis l’aveva immaginato: avrebbe voluto baciarlo per la prima volta senza che lui portasse un anello al dito, avrebbe voluto fare l’amore con lui per la prima volta su un letto e non su uno squallido divano. Avrebbe voluto fare tante cose diversamente ma evidentemente quello non era il momento giusto e loro facevano eccezione a tante regole, a Louis stava bene così per ora.
C’era qualcosa nel modo in cui Harry riusciva a stargli accanto che lo stordiva completamente; accanto a lui, Louis non riusciva a non sentirsi felice, completo. La consapevolezza lo colpì nello stesso istante in cui le parole lasciarono la sua bocca.
“Ti am-”
“No” Harry lo interruppe anche se la bomba era già esplosa dentro di lui, di loro, “non dirlo ti prego, o questa notte si trasformerà in un errore.”
Harry era perfettamente consapevole che quello che aveva appena detto non aveva senso e che tutto quello che era successo era già un errore, il miglior errore della sua vita, ma continuava a lasciarsi cullare dalla convinzione di poter fingere che tutto andava bene e che nessuno avrebbe sofferto in quella storia.
Avrebbe continuato ad alimentare quell’illusione.
Per quella notte, gli bastava vivere quella splendida illusione. 
 
La mattina dopo, però, Louis si svegliò trovando la parte destra del letto vuota ed un biglietto; non gli serviva aprirlo per sapere di cosa si trattasse.
Lo bruciò senza leggerlo, spegnendo qualsiasi cosa ci fosse tra loro insieme a quel piccolo pezzetto di carta.
 
———————————
 
Erano passate due settimane e Louis era nervoso quella mattina.
No, non era il termine adatto.
Era furioso e non sapeva nemmeno perché si trovasse in quella stupida macchina, fermo all’indirizzo di casa di Harry.
In realtà sapeva perfettamente il motivo che l’aveva condotto in quel posto.
Un bonifico a cinque zeri apparso sul suo conto due giorni prima, e non era stato necessario per lui verificare da chi provenisse quella somma.
Louis non ricordava di aver mai provato tanta rabbia e delusione allo stesso tempo nella sua vita: nonostante tutto quello che era successo tra loro, nonostante avesse messo in chiaro che i soldi, per lui, non contavano più niente arrivati a quel punto, Harry aveva versato sul suo conto quella cifra. Aveva passato i successivi due giorni a domandarsi se l’avesse fatto per provocarlo, per vendicarsi del suo essersi presentato da Robert o se davvero pensava che quei soldi potessero porre fine a quella faccenda.
Per questo - e per altre infinite ragione che non avrebbe mai ammesso - si trovava davanti la porta della sua villa. Aveva aspettato parcheggiato lì per qualche ora che Robert uscisse di casa per andare a lavoro, qualcosa il suo mestiere gliel’aveva insegnata.
“Hai dimenticato qualco- oh.” Harry aprì la porta con indosso una tuta decisamente larga e i capelli completamente sciolti, sembravano umidi.
Louis lo osservò per un attimo riappropriandosi di ogni dettaglio del suo corpo e scoprendo quanto fosse tenero vestito in quel modo. Scosse la testa, scacciando quel pensiero.
“Già, oh.” gli fece eco gelido.
“Che ci fai qui? Robert è-”
“Non disturbarti, so benissimo dov’è andato il tuo Robert.” proferì gelido.
Senza tante cerimonie e senza aspettare che l’invito del più piccolo, entrò in casa sua richiudendo la porta alle sue spalle.
“Cosa vuoi ancora, Louis?” non riuscì ad evitare il fastidio che le sue parole gli provocarono. Ancora.
“Voglio che tu ti riprenda i tuoi stupidi soldi, ecco cosa voglio.” disse gelido mandando giù il risentimento per le sue parole.
“Che cosa? Non se ne parla nemmeno!” esclamò Harry in risposta. “Sono tuoi, è il tuo lavoro Louis.” aggiunse incrociando le braccia al petto.
“Beh, io i tuoi soldi NON LI VOGLIO” rispose alzando la voce, passandosi nervosamente una mano tra i capelli.
“Non mi interessa, non ho intenzione di riprendermeli”
“Puoi smetterla di fare il bambino, anche solo per un attimo?!” esclamò alzando le braccia al cielo.
“Io? Il bambino? Notizia dell’ultim’ora: sei tu che non vuoi tenerti quei soldi, soldi che ti sei guadagnato” lo rimbeccò Harry puntandogli un dito contro il petto, ma non osava toccarlo davvero, tantomeno muovere un passo verso di lui.
“Vuoi capire o no che ha smesso di essere lavoro nel momento esatto in cui ti ho baciato per la prima volta?” avrebbe voluto dirgli che aveva smesso di esserlo nel preciso istante in cui ha messo piede nel suo appartamento per la prima volta ma questo dettaglio non era necessario in quel momento.
“Louis, ne abbiamo già parlato.”
“Parlato? L’unica cosa che ricordo è che sei scappato via senza nemmeno avere il coraggio di dirmi le cose come stavano guardandomi negli occhi” sbottò Louis incapace di trattenere i suoi pensieri.
“Che cosa avrei potuto dirti, cosa avrei potuto dire o fare per far finire le cose in maniera diversa?” rispose infastidito Harry, “non c’era niente che io potessi fare che non ci facesse arrivare a questo, e tu lo sai.”
“Qualsiasi cosa sarebbe stata meglio dello svegliarmi accanto ad uno squallido biglietto e le lenzuola vuote” lo corresse il più grande freddo. Il riccio prese a fissare un punto impreciso del pavimento, certo che non avrebbe potuto sostenere la delusione negli occhi di Louis.
“Toglimi una curiosità, ti sei divertito?” domandò il più grande dopo qualche minuto di silenzio.
“E’ davvero questo quello che pensi, Louis?” ribatté il riccio sconvolto dalla domanda.
“Cos’ero, una semplice curiosità per te e adesso sei pronto a tornare a fingere una vita e un matrimonio perfetto?”
 
Harry sapeva che Louis aveva tutte le ragioni del mondo per avercela con lui, ma qualcosa scattò dentro di lui quando udì quelle parole.
 
“Ti sembra che io stia così tanto meglio di te eh, Louis?” borbottò tra i denti, “guardami negli occhi, Louis” i secondi passavano e il più grande non accennava a muoversi, “guardami, e dimmi che pensi davvero quello che hai detto” disse serio “Siamo davvero arrivati a questo?”
Alla fine, Louis alzò lo sguardo verso i suoi occhi. Avrebbe voluto esaudire la sua richiesta per chiudere definitivamente qualunque cosa ci fosse tra loro e provare a dimenticarlo ma non poteva; non poteva farlo perché non aveva mai visto i suoi occhi così tristi e spenti. Aveva delle occhiaie sotto gli occhi e si domandò da quanto tempo il ragazzo non dormisse e se suo marito se ne era accorto e si stava prendendo cura di lui.
Sicuramente no, pensò.
“Non so più niente, Harry.” ribatté sincero, nessuna emozione nella sua voce. "Onestamente non so nemmeno che senso ha avuto venire qui.”
“Credi davvero che io mi sia divertito e basta? Pensi davvero che non mi vergogni ad essere scappato in quel modo?” adesso era toccava a lui sfogarsi.
“Perché diavolo l’hai fatto allora?”
“Perché quando sono intorno a te io non ragiono più, Louis” disse semplicemente rassegnandosi alla verità, “vorrei davvero che le cose fossero più facili, vorrei aver fatto tante cose in modo diverso! A volte, vorrei non sentire quello che sento perché così sarebbe tutto più facile! Per me, per te, per tutti. E’ tutto così sbagliato! Io mi sono rivolto a te perché temevo che mio marito mi tradisse e guarda come mi sono ridotto. Sono stato io a tradirlo… E mi vergogno così tanto, cazzo, come ho potuto farlo?” si fermò per qualche secondo, si passò una mano tra i capelli e fece un respiro profondo prima di parlare ancora. “Dio, a volte vorrei non averti mai incontrato.”
 
Louis si fermò completamente. Restò immobile al centro di quella stanza, mentre il suo cervello cercava di accusare il colpo. Non osava alzare lo sguardo verso Harry, che sembrava pietrificato tanto quanto lui ma ormai era troppo tardi per tornare indietro.
 
“Non preoccuparti, da oggi in poi sarà come se non fossi mai esistito.” rispose Louis gelido prima di lasciare frettolosamente quella villa e la vita di Harry.
 
Probabilmente per sempre
 
—————————————
 
Anne e Robin celebrarono il rinnovo delle promesse matrimoniali in una meravigliosa villa caratteristica situata nella campagna inglese ed Harry non poté mancare e promise a sé stesso di ringraziare sua madre per il tempismo.
 
Passò tutta la giornata accanto a sua sorella Gemma, la quale aveva capito perfettamente che il motivo del suo ritorno non fosse solo quella cerimonia ma non osò aprire l’argomento ed Harry gliene fu grato.
 
Se finì per ripensare a tutto quello che nella sua vita era andato storto fino a quel momento e una lacrima silenziosa sfuggì dai suoi occhi quando la cerimonia terminò, nessuno avrebbe dovuto saperlo. 

Il suo ritorno in Inghilterra portò con sé una serie di sensazioni nuove, o forse semplicemente assopite da tempo. Il calore degli abbracci di sua madre - e dei suoi pancake ai mirtilli per colazione - gli fecero realizzare quanto gli fosse mancata l’Inghilterra durante tutti questi anni. Era stato strano tornare in una cittadina così piccola come Holmes Chapel - abituato com’era alla vita frenetica di Los Angeles - ma aveva preso familiarità con tutti i posti che era solito frequentare da bambino con estrema facilità.
Sua madre sapeva perfettamente che c’era qualche pensiero ad assillarlo - così come sapeva che con ogni probabilità i suoi problemi derivavano da quel Louis di cui gli aveva accennato - eppure gli stava lasciando i suoi spazi.
In effetti, non aveva tutti i torti.
Harry avrebbe quasi potuto abituarsi di nuovo a quella vita, se non fosse che il pensiero di Louis così lontano da lui continuava a tormentarlo da quando era atterrato, dieci giorni prima. Non faceva altro che pensare al loro ultimo incontro, alle parole che gli aveva detto e allo sguardo ferito di Louis quando aveva lasciato casa sua.

Perché la sua vita era diventata così complicata?

I giorni trascorrevano senza che Harry se ne rendesse realmente conto e un mese volò in un battito di ciglia. Dicevano che il tempo alleviava qualsiasi malessere ma lui non riusciva a vedere segni di miglioramento e la voglia di prendere il primo aereo per presentarsi alla porta di Louis cresceva ogni giorno di più. L’orgoglio, o il senso di colpa, sembravano non volergli far fare il passo decisivo, però, e quell’impasse lo stava lentamente consumando. Aveva provato a chiamarlo, una sola volta, e non si era di certo meravigliato quando questa andò persa.

“Credo di aver aspettato abbastanza” disse Gemma nel silenzio del loro salotto, “hai intenzione di startene lì con quel muso lungo ancora a lungo?” domandò voltandosi verso di lui, seduto a gambe incrociate sul lato opposto del divano. Harry inarcò il sopracciglio con fare interrogativo ma sapeva perfettamente che era impossibile mentire a sua sorella, in realtà non era mai stato bravo a mentire in generale.
“Oh, andiamo. Credi che mi sia bevuta la storia del tuo ritorno per la cerimonia della mamma? Non tornavi a casa da più di un anno.”
Harry rimase in silenzio.
“Perché non l’ho fatto, chiaramente. Quindi o me ne parli tu, o parlerò con la mamma. So che sa qualcosa.”
“Uhm.”

Sua sorella inarcò un sopracciglio, poteva sembrare infastidita ma Harry sapeva che non lo era davvero. Era il suo modo di incitarlo a parlare e lui non poteva fare altro che arrendersi.

“E’ successa una cosa a… Los Angeles.”
“E questo lo avevo capito, campione” lo canzonò la sorella, “sono tutta orecchi.”
“Qualche mese fa ho assunto un investigatore privato perché pensavo che Robert mi tradisse.”
“E lui lo ha scoperto.”
“Poco prima che venissi qui, sì, ma non è questo il vero problema” disse lui grattandosi la nuca nervosamente, Gemma gli rivolse un’occhiata interrogativa.
“Credo di essermi innamorato di Louis” confessò ed il solo pronunciare il suo nome gli fece battere il cuore più del normale. Sua sorella lo guardo, sempre più confusa, “Louis?” chiese.
“Lui è l’investigatore privato” spiegò con voce tremolante.

La faccia di sua sorella si lasciò andare ad un’espressione sorpresa, gli occhi spalancati ed una smorfia indecifrabile sulle labbra, non c’era traccia di delusione e il ragazzo si ritrovò a sospirare rumorosamente.  Le parlò di Louis a lungo raccontandole qualunque cosa gli venisse in mente di lui, forse esagerò ma non gli importava, avrebbe potuto parlare di lui per ore.

“In qualità di sorella maggiore dovrei dirti che hai sbagliato, dovrei rimproverarti e blablabla ma la verità è che non ho mai sopportato quel Robert” confessò con una smorfia colpevole in volto, “non come Robin, però…” entrambi si lasciarono andare ad una risata appena accennata ripensando alle poche volte in cui Harry aveva tentato di farli andare d’accordo, fallendo miseramente. “E poi hai quella faccia” aggiunse la ragazza.
“Quale faccia?” domandò Harry confuso.
“Ti brillano gli occhi ogni volta che lo nomini, hai un sorriso da ebete quando parli di lui e hai la stessa che avevi quando mi hai parlato di Robert per la prima volta. Eri imbarazzante e-” un leggero sorriso fece capolino sul volto del ragazzo, “oh no, è decisamente peggio. Non so come sia possibile, ma è decisamente peggio questa volta” incapace di trattenersi, il suo sorriso si allargò ancora di più a quelle parole.
“Che diavolo ti ha fatto?”
“Uhm” le sue guance si macchiarono di un leggero rossore, gli aveva raccontato qualsiasi cosa di Louis premurandosi di evitare i dettagli che comprendevano quello che era successo tra loro.
“Aspetta ma, io conosco quella faccia… È successo qualcosa tra di voi, non è così?” domandò lei leggendo tra i suoi pensieri.
Passarono una manciata di minuti in assoluto silenzio prima che il ragazzo trovasse il coraggio per parlare. “Ci siamo baciati una volta… Anzi due… E, uhm.”
“Oh mio Dio! Ci sei andato a letto insieme” esclamò la sorella alzando leggermente la voce.
“Potresti evitare che ci senta tutto il vicinato, Gem?” borbottò esasperato Harry.

Mi sento già abbastanza in colpa, pensò ma non lo disse ad alta voce.

“Ecco perché hai quel muso lungo, allora” constatò la ragazza ad alta voce, Harry abbassò lo sguardo sul pavimento, “è vero, okay, hai sbagliato. Ma sai una cosa? Se tutto questo è successo c’è un motivo e quel motivo era dimostrarti che Robert non era l’uomo della tua vita, lo sappiamo entrambi” disse Gemma sinceramente, era la qualità che più amava di lei. La sorella continuò, “siamo esseri umani, Harry, probabilmente ci hanno creati proprio per commettere qualche errore lungo la nostra strada ma sai che c’è? Il tuo cuore ha permesso che ti innamorassi di nuovo, e ancora più profondamente perché forse sapeva meglio di te che non eri felice come credevi.” Gemma si sistemo una ciocca di capelli dietro l’orecchio prima di riprendere a parlare, mentre parlava Harry non riusciva a fare a meno di pensare a quanto gli fosse mancata quella vita, a quanto gli fosse mancata sua sorella.
“Penso che l’unica domanda che dovresti porti è: eri davvero felice, fratellino?”
Harry scosse la testa senza pensarci due volte.
“Quindi perché sei ancora qui, Harry?”

 

And we don't even know where we're going
But I'm sitting with you and I'm glowing
 

Tornare a Los Angeles non era stato semplice come pensava e presentarsi davanti la porta di Louis lo era stato ancora meno; ci aveva messo quasi un quarto d’ora a salire quei pochi scalini che lo separavano da casa sua. Aveva trascorso gli ultimi tre giorni a pensare, a riflettere su quello che sua sorella gli aveva detto e a trovare milleuno motivi per tornare da Louis e chiedergli scusa ma in quel momento, non ne ricordava neanche uno.
La fortuna però sembrava essere dalla sua parte perché dall’altro lato dell’appartamento non sembrava provenire alcun rumore e questo gli concedeva del tempo per ripassare il discorso che aveva preparato; non era ancora certo che quello era il modo giusto per farsi perdonare da Louis, ma di una cosa era certo: avrebbe conquistato il suo perdono, in un modo o nell’altro. Gli era mancato così tanto durante tutti quei giorni di lontananza che, mentre lo aspettava seduto sugli scalini del suo appartamento, pensava a come avrebbe potuto reagire trovandoselo davanti.

Dovette aspettare quattro ore e mezza per scoprirlo. Louis apparve dall’angolo della strada, si fermò sui suoi stessi passi inarcando un sopracciglio quando accorgendosi della sua presenza mentre Harry sentiva il fiato mozzarsi nella sua gola. Era più bello di quanto ricordasse e gli era mancato più di quel che pensava, il discorso che aveva studiato per giorni si era dissolto nella sua mente.
“Ciao” soffiò Louis quando lo raggiunse sulle scalette di casa. “Che ci fai qui?”
“Credo che dovremmo parlare” disse Harry serio cercando di mantenere ferma la voce.
“E’ passato un mese e mezzo, Styles.” proferì Louis e non l’aveva mai sentito così freddo come in quel momento, né l’aveva mai chiamato per cognome. 
“Lo so, io -uhm- avevo bisogno di pensare.” non era il miglior modo per iniziare quella conversazione.
“L’hai fatto?” domandò il più grande e senza lasciarlo rispondere proseguì. “Buon per te. Ora se vuoi sc-”
“Louis, ti prego. Ho bisogno di parlarti.” Harry non sapeva cosa lo convinse ad ascoltarlo: se la presa calda sul suo avambraccio o il tremolio nella sua voce.
“Hai dieci minuti.” disse serio facendo un passo in avanti, come se volesse aprire la porta di casa.
“No.” lo fermò il più piccolo facendolo voltare verso di lui.
“No cosa?”
“Non entriamo.” Harry parlava lentamente, la voce bassa ma per niente calma. “Oppure non avrò mai il coraggio per fare questa cosa.”
“Cosa?”
“Scusarmi” disse il più piccolo lanciando uno sguardo verso l’alto, il cielo plumbeo sopra di loro. “Per un milione di motivi diversi.”
“Potresti partire dal primo.”
“Uhm.”
“Già, si. Uhm.” si fermò cercando di riprendere il controllo di sé stesso, ma di calmare il suo cuore impazzito non se ne parlava. “Scusami.”
“Questo l’hai già detto.”
“Potresti lasciarmi parlare?” ribatté Harry infastidito, “okay, allora. Voglio chiederti scusa per come mi sono comportato l’ultima volta che ci siamo visti, non penso nemmeno una delle cose che ho detto quel giorno. E soprattutto, non è vero che non avrei mai voluto che ci incontrassimo, mai in un milione di anni” si fermò un attimo voltandosi verso il ragazzo accanto a lui, che sembrava impassibile. Si limitò a continuare, “la verità è che quando ci siamo conosciuti non credevo fosse possibile. Ero così concentrato su Robert che non vedevo, non ti vedevo davvero, Lou. Ero così concentrato sul mio matrimonio e sulla possibilità che Robert mi tradisse, sul mio orgoglio ferito da non accorgermi quanto io fossi infelice.”
Harry lo guardò, ma Louis non sembrava minimamente intenzionato a muoversi.
“Poi sei arrivato tu, ti è bastato parlarmi due volte per capirlo, per mettere in dubbio tutte le mie convinzioni. Ti è bastato essere te stesso per arrivare qui” pronunciò serio il più piccolo portando la punta delle dita al petto, all’altezza del suo cuore. “Forse il mio cuore l’ha capito prima di me, ed è stato così facile e difficile allo stesso tempo innamorarsi di te che ho avuto paura” ammise sinceramente.

Per la prima volta da quando si erano incontrati di nuovo, Louis si mosse alzando lo sguardo nei suoi occhi verdi e lucidi come per cercare la conferma di quello che aveva appena sentito ed Harry annuì semplicemente incapace di ripetere quelle parole.   

“Che significa tutto questo, Harry?”
“Che mi sei mancato, che voglio ricominciare tutto dall’inizio e stare con te.”
“Sei sposato.”
“Robert ha firmato ieri i documenti per il divorzio.”
“Sei confuso, sei appena tornato e non pos-”
“Voglio te, Louis. Nessun altro.”
“Perché?”
“Non mi hai lasciato altra scelta.” ammise Harry regalandogli il più bello dei sorrisi.

Louis restò in silenzio dopo il suo discorso, sembrava concentrato nell’assimilare tutte le parole che Harry gli aveva detto. Non sembrava intenzionato a rispondergli, non subito almeno; si sedette accanto a lui sui mattoni di quegli scalini.

“Quella volta non mi hai più detto perché ti spaventano i temporali.”
“La sera in cui i miei genitori annunciarono il loro divorzio a me e mia sorella pioveva a dirotto. Quella stessa notte mi svegliai in seguito ad un tuono più forte degli altri convinto di essermi sognato quella terribile serata ma quando andai nella camera dei miei genitori c’era solo mia mamma. Papà aveva lasciato casa nostra quella stessa sera senza nemmeno salutarmi e da quel momento non l’ho mai più visto” raccontò Harry con una strana smorfia in volto, Louis si limitò a stringere una mano tra le sue, lasciandogli qualche minuto da solo. Come al solito, sembrava capirlo meglio di chiunque al mondo.
“Tua madre deve essere una donna fantastica” commentò poi rompendo il silenzio.
“Come lo sai?”
“Ha cresciuto te” ammise Louis strofinando la punta delle dita sul palmo della sua mano. “Sai, mi piacerebbe conoscerla un giorno.”
“Ne sarebbe felice” disse Harry guardandolo negli occhi. “Questo significa che…”
“Non so dove ci porterà questa cosa” disse indicando lo spazio che li separava. “ma sono disposto a ricominciare dall’inizio. Con te.” finì Louis. “A piccoli passi?”
“A piccoli passi” concordò il riccio.

Osservò il suo volto, notando solo in quel momento quanto fosse pericolosamente vicino al suo; chiuse le distanze tra i loro volti senza pensarci, socchiudendo gli occhi e lasciando che le sue labbra facessero il resto. Louis restò immobile per un attimo prima di rispondere a quel contatto, le sue labbra erano soffici e fredde contro le sue, sembravano nate per muoversi all’unisono l’una sull’altra. Sentì qualcosa sfiorare la sua guancia e solo dopo si accorse che Louis aveva portato la punta delle dita sul suo volto disegnando cerchi quasi impercettibili. Sorrise al contatto, pensando che avrebbe potuto fermare quel momento e riviverlo per sempre perché quel preciso istante, per lui, era la definizione di un momento perfetto. 
Quando si separarono passarono i minuti successivi in silenzio, ad osservarsi l’un l’altro ed ascoltando i loro respiri accelerati.

“Grazie” disse Harry poi dal nulla.
“Per cosa?” il più piccolo lo osservò di sottecchi e non riusciva nemmeno a quantificare quanto gli fosse mancato.
“Se sono tornato qui, a casa” disse realizzando solo in quel momento l’importanza delle sue parole, ma ora si sentiva libero come mai prima d’ora. Avrebbe fatto qualsiasi cosa per riavere Louis nella sua vita.  “È stato solo grazie a te” Louis sorrise e il mondo tornò a brillare insieme a lui; il più piccolo appoggiò la testa sulla sua spalla, riappropriandosi di quel profumo che non aveva mai smesso di sentire suo.
“Sta per arrivare un temporale” commentò il più piccolo osservando il cielo plumbeo.
“Hai paura?” domandò il più grande rivolgendogli un’occhiata preoccupata.
Harry lo osservò ancora, notando come il colore dei suoi occhi riflettesse perfettamente quello del cielo sulle loro teste ma c’era qualcosa al loro interno che sembrava rassicurarlo.
Scosse la testa mentre alcune gocce iniziavano a cadere sulle loro teste, imperlando i capelli di entrambi.

Louis chiuse la distanza tra i loro volti baciandolo, si lasciarono cadere sui mattoni soffocando una risata appena accennata con lo schiocco delle loro labbra ed in quel preciso istante, con Louis al suo fianco, Harry aveva smesso di avere paura dei temporali.
 

Oh, I don't take time
Yeah I'll make time for you
Oh, yeah, you want that
Well I got that for you










....And we are back!
Sembrano passate tre vite e un paio di drammi dalla nostra ultima fanfiction, ma eccoci qui! 
Come al solito, come prima cosa, ci teniamo a precisare che anche se le persone trattate nella fanfiction sono reali, tutto quello che accade non lo è e non vogliamo recare danni a nessuno e blablabla... Solito! Ma passiamo alle cose che ci interessano davvero.
Che dire? Questa fanfiction giace nei nostri archivi di Evernote da dicembre, e ci siamo finalmente decise a finirla perché un po' ci sentivamo in colpa, un po' perché non riuscivamo a carburare davvero con altro. Ci teniamo tanto a sapere i vostri commenti, quindi lasciateci una recensione che leggeremo volentieri oppure venite a insultarci su twitter - i nostri nickname sono @blaahsimmi e @burningraynes. 
Ci teniamo molto a ringraziare Laura e Feddi che ci hanno fatto da cavie - e Laura, grazie di aver betato i nostri errori catastrofici!

Buona lettura!
S&C

 

   
 
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