Anime & Manga > I cinque samurai
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Autore: Francine    15/06/2016    2 recensioni

Destino.
Libero arbitrio.
Il ragazzino ha un cuore puro e limpido. Sincero, come acqua cristallina; ma ha il brutto vizio di riempirsi la bocca di parole di cui nemmeno percepisce la vastità. Il loro significato. La loro reale portata.
Cosa sarebbe questo libero arbitrio, ad esempio? Qualcosa di reale, seppur astratto, o una scappatoia da tirare in ballo quando il proprio dovere è troppo pesante per le nostre spalle?
Genere: Guerra, Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Cye Mouri
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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2.

 
 
Quando una relazione arriva al capolinea, c’è sempre chi se ne va e chi resta a guardare i cocci. E a nulla valgono le lacrime, le promesse, le suppliche. Chi chiude una relazione – quale che sia la sua natura – mette il punto e volta pagina, pronto a vivere un’altra vita, sotto un altro cielo, assieme a facce diverse; nel suo cuore quell'esperienza è già conclusa. Finita. Una cosa che appartiene al passato, mentre la vita ti impone di pensare all’adesso. La vita è adesso. E Shin ha tutta l’intenzione di scrivere un nuovo capitolo della sua esistenza assecondando il proprio estro e la propria inclinazione. La pace. La calma. La serenità. Questo vuole. E questo otterrà, anche a costo di bruciarsi entrambe le mani. Quant'è vero che il sole sorge ad est.

Quando raggiunge il pontile, ha il fiato corto e scie d’argento lungo le guance. Il sole si specchia sulle acque placide dello stagno, un’arancia rossa carica di succo, pronta da spremere.
Di solito gli piace l’ora del tramonto, quando il mondo si ammanta di una livrea dorata e calda, quasi a voler tranquillizzare gli uomini che va tutto bene, che il sole sta andando a farsi una passeggiata, ma che domani mattina sarà di nuovo lì, al suo posto, a splendere nel cielo azzurro per un’altra, fantastica giornata. Promesso. Croce sul cuore.
Ma stasera, la luce soffusa che precede il crepuscolo ha un retrogusto amaro, per Shin. Come se il ragazzo sapesse che no, il sole non sorgerà domani. E anche se il sole volesse fargli un dispetto e sorgere lo stesso, niente sarà mai più come prima. Si è rotto qualcosa, in lui. Un argine che non pensava avrebbe mai potuto cedere. E invece, l’ha tradito. Il suo cuore, l’ha tradito. E i suoi pugni hanno fatto il resto.
 
«Io sono un uomo!»
Touma gli ha regalato uno sguardo perplesso, nemmeno gli fosse spuntata una seconda testa o gli avesse rivelato chissà quale segreto sconvolgente. Touma non ha capito il senso del suo discorso. O forse sì? Touma non capisce sempre tutto, arrivando alla soluzione prima degli altri?
Sì. Oh, sì.
Ogni. Santa. Volta.
Ma oggi è diverso. Oggi Touma non sta aspettando che lui ci arrivi da solo a dare un nome a quello che gli piomba il cuore, nossignore. Touma non può capire, tutto qui, perché i sentimenti umani sono un ventaglio dai bordi affilati. E se non lo si maneggia con la dovuta attenzione, ci si ritrova con l’anima in due.
Nessuno può capire, fino in fondo, cosa si agiti nel cuore di Shin – una tempesta di marosi ululanti e ondate che schiaffeggiano gli scogli con la violenza di un’amante ferita ed abbandonata – perché Touma e Shu e Nasty e Jun – perché i suoi compagni – non sono lui.
Non hanno le sue esigenze, i suoi desideri, le sue angosce.
E anche se così fosse, il cuore è un caleidoscopio che varia da persona a persona. E quello di Shin è stanco. Di abbozzare, di smussare, di comprendere. Shin vuole ribellarsi, vuole poter decidere da sé quando e perché scendere in battaglia, e non obbedire alla cieca quando la sua anima – la sua armatura – vibra, chiamandolo per nome. E vuole farlo adesso. Adesso o mai più. Prima che chini di nuovo la testa e faccia quello che si deve fare – quello che tutti si aspettano da lui.
Questo significa incarnare la Fiducia. Sapere che la persona accanto a te sarà pronta ad aiutarti, a tenderti una mano e a coprirti le spalle. Sempre e comunque. Ma anche la Fiducia ha dei limiti. E può stancarsi. E magari perdersi per qualche sentiero poco battuto, inseguendo un banco di pesci o la scia luminosa di una medusa. E spegnersi, come una fiammella che traballa, indecisa se arrendersi al prossimo alito di vento, o se intestardirsi a consumare uno stoppino arrivato al capolinea.
Suiko gli è scivolata via, sgusciando tra le dita, chissà dove e chissà quando. Lasciandolo a scoprirsi le tasche bucate, stracciate, vuote. Senza niente in mano. Nemmeno le briciole.

«Questo è un addio.»
La voce è dura, come una pietra tombale. Grave, attraversa la sua gola sgorgando dal cuore. Stringe la mascella, mentre osserva la bellezza delle piastre della sua armatura. Una volta trovava serenità in quell’azzurro carico, tale e quale al colore del mare d’estate, quando la spiaggia si riempie di turisti e lui può starsene in ammollo a godere del vento, del calore del sole sulla pelle, dell’abbraccio dell’acqua, sotto di sé. Quando esce con la sua tavola ed affronta le onde, cavalcandole come si fa coi cavalli selvaggi. Non per domarle, no, ché il mare non lo argini, nossignore; ma per sentirsi parte di quella massa liquida che batte e leva contro la sabbia, chiamando il suo nome.
Ma adesso, quell’elmo, quel corpetto, quei gambali sono pesanti come piombo. La sola vista di quella corazza gli appesantisce l’anima e gli riempie i polmoni di tristezza. Soffocherà a breve, ma la smetterà solo quando l’aria inizierà a bruciare. Quando farà male.
Ma può far più male di così?, si chiede. Scoprendo, l’istante successivo che sì, può far ancora più male. La mano destra di Shin si chiude, come a voler richiamare la propria sfera a sé, quasi a volerle dire «Abbiamo scherzato.» e concludere lì la questione. Un litigio tra amanti, quando volano parole grosse e si resta senza fiato e si comprende che, per quanto la situazione si complichi, nessuno potrà fare a meno dell’altra. Ma per sapere certe cose, devi averle toccate con mano, altrimenti non ci credi. Ed è questo ciò che fa Shin.

Tira e sé il suo pugno e poi lo rilascia.
E l’armatura si scompone. Davanti ai suoi occhi. Con una lentezza abbacinante.
Shin ha la precisa sensazione che tutto, attorno a lui – lo stagno, la foresta, il cielo, il sole, il vento – stia trattenendo il fiato mentre i pezzi della sua corazza si separano e cadono in acqua, uno dopo l’altro, increspando la superficie dello stagno ed il riflesso del sole con una serie di cerchi concentrici.

Ploff.
Ploff.
Ploff.


L’acqua si richiude sopra la sua corazza, come a volerla abbracciare e proteggere – come a volerla consolare – mentre Shin osserva immobile la scena dall’alto del pontile. Quando anche l’ultima bolla d’ossigeno esplode in superficie – uno scoppio silenzioso, che le orecchie di Shin non percepiscono, tanto forte batte il suo cuore – sullo stagno cala un silenzio di piombo. 

 



Yoroiden Samurai Troopers © Sunrise, Nagoya TV,Tokyu Agency, 1988. Grafica ® Francine.




Note:
In realtà, stavolta non ve ne sarebbero di note vere e proprie, ma la faccetta di Shin è così pucciosa che non me la sono sentita di saltare questa parte.

A pensarci bene, una nota ci sarebbe. Il ventaglio, (鉄扇 Tessen) era un'arma dei samurai. Avete presente Daitarn III? Ecco.
Ne esistevano vari tipi e di tutte le dimensioni. Si utilizzavano per impartire gli ordini alle truppe o per proteggersi dalla pioggia delle frecce degli arcieri. E poi era il massimo della sciccheria per un samurai portarne uno infilato nell'obi...
   
 
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