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Autore: lila love    15/06/2016    2 recensioni
cio a tutti XD lo so... questa storia non è molto allegra ma è consigliatissima a tutte lepersone che come me amano kanato . i tregemiti figli di cordelia giocavano sereni nel giardino ma succede qualcosa di inaspettato che potrebbe fare addirittura commuovere cordelia... spero di avervi incuriosito , buona letura !! *^*
Genere: Fluff, Malinconico, Triste | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Ayato Sakamaki, Cordelia, Kanato Sakamaki, Laito/Raito Sakamaki
Note: What if? | Avvertimenti: Contenuti forti
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             LA FINE é SOLO L'INIZIO


Era una tiepida mattina di maggio.
Il sole splendeva alto in un cielo ravvivato dal volo disordinato di centinaia di rondini scure.  Fiori dai colori sgargianti avevano fatto capolino tra i duraturi fili d’erba, rendendo la monotonia del verde un vero e proprio arcobaleno  di colori.
Raito e Kanato erano giù in giardino a divertirsi insieme a rincorrere e catturare pipistrelli, Ayato purtroppo non era riuscito a raggiungerli a causa della madre che gli aveva imposto di stare in camera a studiare.
Le ore passavano molto lentamente, e Cordelia, stanca di stare vicino al figlio per accertarsi che studiasse decise di uscire andando successivamente in giardino a sedersi sotto un gazebo .
Arrivata sera, sia i due bambini che la madre ritornarono dentro la villa per cenare.
C’era una cosa, però, che Cordelia aveva notato con suo grande disappunto: Kanato gli sembrava molto più stanco del solito.
Questo non era del tutto normale per un vampiro di sangue puro, continuò a fissarlo per tutto il tragitto dal giardino alla sala da pranzo, decidendosi a parlare con la sua solita aria disinvolta.
-“Kanato… Stai bene?”- .
Aveva domandato un  Po’ preoccupata interiormente.
“s-si madre” aveva risposto il piccolo a bassa voce sedendosi a tavola.
-“Mi sembri… un po’ strano”- .
Si era trattenuta dal dirgli che gli sembrava spossato.
Non voleva di certo mostrarsi debole.
-“s-strano?? Non ho nulla”-.
Aveva risposto accennando un piccolo ed innocente sorriso,
-“mm……va bene” -.
Distolse lo sguardo dal figlio e iniziò a mangiare dopo aver chiamato giù anche Ayato.
Non aveva quasi toccato cibo.
Per tutto il tempo, aveva spostato i bocconi di carne da una parte all’altra del piatto, non trovando però la forza di portarli alla bocca, masticarli ed ingoiarli.
L’odore della cena gli aveva solo dato la nausea. 
Si era accorto che la sua famiglia lo stava osservando preoccupata, e questo perché il cuoco aveva cucinato tutti i suoi piatti preferiti.
Era profondamente a disagio.
Non avrebbe voluto sentirsi chiedere da tutti cosa c’era che non andava, e per questo si era sforzato di mandare giù alcuni bocconi, anche se questi, appena arrivati nello stomaco, non avevano fatto altro che far peggiorare quel fastidio che lo stava facendo impazzire.
Finita la cena si alzarono tutti e andarono nelle rispettive camere a prepararsi per la notte.
Cordelia aveva ordinato a tutti e tre di farsi la doccia prima di andare a dormire e i piccoli le obbedirono subito senza replicare in alcun modo.
 
 
 
 

Erano diversi minuti che Kanato se ne stava sotto la doccia.
Stava cercando di lavare via la stanchezza e la fatica di quella giornata, ma la cosa gli stava risultando più difficile del previsto.
Erano giorni ormai che si sentiva stranamente spossato.
Aveva poca fame e avvertiva uno strano fastidio allo stomaco.
Aveva provato a prendere qualcosa che lo aiutasse a lenire quel dolore, ma era stato del tutto inutile. Per di più, aveva  notato di aver perso peso di colpo, e la cosa non gli piaceva affatto.
Odiava stare male.
Sentiva di non essere del tutto padrone del proprio corpo, quando voleva, era davvero bravo a nascondere le cose, anche se stava iniziando a chiedersi per quanto tempo quel maledetto fastidio lo avrebbe tormentato. 
Uscì dalla doccia e si asciugò velocemente infilandosi successivamente il pigiama e ritornando in camera con Teddy tra le braccia.


 
 

Era trascorsa una settimana, ma non c’erano stati miglioramenti.
Il dolore allo stomaco aveva continuato a tormentarlo, e ormai faticava a mandar giù persino l’acqua. 
Per di più, aveva perso dell’ulteriore peso, e la spossatezza lo stava logorando dall’interno.
Cordelia non aveva visto o aveva fatto finta di non vedere quello che gli stava capitando, ma c’era da dire che lui era stato molto bravo a non dare nell’occhio, tentando di mangiare ad orari diversi, passando più tempo in camera sua,senza incontrare i fratelli .
Quel giorno Raito e Ayato lo avevano invitato a giocare giù in giardino e lui per non dare troppo nell’occhio aveva accettato mascherando la smorfia di dolore con un sorriso.
Guardava i fratelli correre da una parte all’altra del giardino che si divertivano a rincorrere i pipistrelli , il dolore aumentava sempre di più ma nonostante tutto continuava a correre cercando di stare al passo con Ayato e Raito.
Non ce la faceva veramente più, sentiva il sapore del suo stesso sangue in bocca iniziò a girargli la testa e infine successe: senza alcun preavviso, cadde in ginocchio e si piegò in avanti, incapace di controllare il conato che era appena salito lungo il suo esofago.
-“KANATO!!!” -.
I fratelli si girarono spaventati e si precipitarono a soccorrerlo, inorridendo alla vista di ciò che  aveva appena rigettato.
Sangue.
C’ era tantissimo sangue sul terreno, e quel sangue era uscito dalla bocca del loro fratellino minore svenuto per terra.
-“Kanato!!! Ti prego rispondi!!!”-.
I bambini avevano le lacrime agli occhi, ed  in preda al panico corsero subito a chiamare la madre.
Si era svegliato con grande fatica.
Aveva le membra completamente intorpidite, e sentiva di non avere il totale controllo del proprio corpo.
La testa era diventata tremendamente pesante, e il dolore allo stomaco era come un peso attenuato da un cuscino.
Per di più, faceva fatica ad incamerare aria nonostante avesse capito di essere attaccato ad un respiratore.
Quando finalmente era stato in grado di aprire completamente gli occhi, aveva potuto scoprire che non si trovava nella propria camera da letto.
Quello in cui si trovava era un luogo sterile e impersonale.
L’odore di disinfettante gli era penetrato sin dentro alle ossa, e il “bip” incessante del macchinario che monitorava il suo battito cardiaco lo stava facendo agitare. Si trovava in un ospedale, era ovvio. Si trovava in uno di quegli stupidi ospedali terrestri.
Ma che ci faceva lì? Chi lo aveva portato in quell’ammasso di cemento e ferro dove venivano ricoverati i malati?.
Ricordava chiaramente di aver vomitato sangue e di aver perso i sensi, ma Cordelia non poteva averlo portato in un ospedale.
Perché lo aveva portato proprio lì?
Odiava la penombra, odiava il silenzio ostentato di quei posti, non gli piaceva essere bloccato su di un letto con aghi che gli penetravano le braccia e un respiratore che lo aiutava a rimanere in vita.
E poi, perché lo avevano lasciato solo? Dov’erano i suoi fratelli? Dov’era sua madre?.
In preda al panico, aveva cercato di tirarsi su a sedere, ma un’infermiera sbucata da chissà dove gli aveva posato entrambe le mani sulle spalle, intimandogli di stare sdraiato.
-“Non devi alzarti ragazzino altrimenti senti più dolore” -.
Non riusciva a capire.
-“Stai giù… Tra un po’ arriverà il chirurgo e inizieremo la procedura per l’intervento”-.
Kanato era rimasto di sasso udendo le parole della donna.
Intervento? Cosa voleva dire che dovevano prepararlo per l’intervento?
-“c-cosa significa?”-.
Aveva detto tremando terrorizzato, togliendosi con poca delicatezza la maschera dell’ossigeno dalla bocca.
Ma l’infermiera non si era scomposta, evidentemente abituata ad avere a che fare con i bambini, e con grande pazienza e tenacia era riuscita a riposizionare la mascherina al suo posto.
-“tranquillo cucciolo, Sono certa che il nostro chirurgo riuscirà ad asportarle il tumore che hai allo stomaco”-.
 
 
 

Il tragitto dalla stanza in cui era stato ricoverato alla sala operatoria era stato il più difficile che avesse mai intrapreso. 
I neon del corridoio spoglio stavano abbagliando i suoi occhi stanchi ma vigili. Il cigolare delle ruote della barella sembrava che volesse trapanargli il cervello, e i passi frettolosi degli infermieri che lo stavano scortando erano come il suono delle anime dell’inferno risorte per tormentarlo. Sembrava che ogni passo fosse un conto alla rovescia verso il patibolo.
Un tumore.
Aveva un tumore allo stomaco.
Aveva un tumore allo stomaco e doveva essere operato d’urgenza.
-“Il tumore è esteso” -.
Gli aveva detto il chirurgo, serio,
-“Dobbiamo intervenire immediatamente, o potrebbe non sopravvivere”-.
Rischiava di morire.
Non aveva avuto ne il coraggio ne la forza di replicare.
La notizia l’aveva sconvolto al punto di togliergli la parola.
Cordelia ovviamente non era venuta, questo se lo aspettava… ma i suoi pensieri ricaddero immediatamente sul suo unico amico di pezza che gli era stato sottratto prima di raggiungere l’ospedale.
Aveva sentito l’ago del chirurgo perforargli il collo per iniettargli il sonnifero .
Chiuse gli occhi ed iniziò a contare.
Dieci… Nove… Otto… Subito dopo, di nuovo il buio.
 
 
 

Stavolta, il suo risveglio non era stato solitario.
Si era accorto immediatamente della presenza dei fratelli e spalancò gli occhi quando vide anche la madre seduta vicino al suo letto che lo guardava tenendo in braccio Teddy .
Avrebbe tanto voluto parlargli ma non poteva a causa di un attrezzo infilato giù per la gola.
-“E’ andato tutto bene… Sei stato bravissimo , fratellino” -.
Gli aveva sussurrato Ayato accarezzandogli delicatamente i capelli,
-“Ora cerca di riposare… Presto tornerai a casa”-.
Aveva aggiunto Raito sorridendo.
Quando i fratelli uscirono Cordelia si alzò con gli occhi pieni di lacrime e gli appoggiò Teddy vicino per poi dargli un bacio sulla fronte ed uscire dalla stanza sul punto di piangere.
era veramente stupito dal gesto della genitrice ma sorrise felice guardandola uscire per poi richiudere gli occhi lasciandosi avvolgere dalle tenebre.
   
 
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