«Nii-sama...» Inspira, l'aria che sibila tra i denti, ed espira, con un leggero sospiro. «Va tutto bene?»
Non osa toccarlo, non osa avvicinarsi.
Segue silenzio.
Volta leggermente il capo. «Torna a dormire, Rukia» dice, guardandola un attimo, fugace.
Rukia non osa dar voce ai suoi pensieri, dietro il telaio della porta semi aperta e sbircia, in silenzio.
Byakuya è in ginocchio, accanto alla finestra, i capelli corvini che ricadono, stranamente scompigliati, sul viso cereo, gli occhi scuri che sembrano fissare il vuoto.
Tiene la testa china, verso qualcosa che stringe nella sua mano - ma Rukia non riesce a vedere cos'è. Gli tremano le mani.
"Stai piangendo, Nii-sama?"
Ed è insolita e malinconica quella scena, un atto teatrale su cui il sipario calato impedisce la visuale, tranne a chi è abbastanza coraggioso da sollevare le tende e spiare. E il Capitano Kuchiki, in questo retroscena, è un protagonista nascosto nella sua sconosciuta debolezza.
Rukia vorrebbe allungare le braccia, abbracciarlo, dirgli «Sono qui, Nii-sama, va tutto bene» ma è timorosa di farlo, di distruggere quella fragilità silenziosa.
«Rukia, cosa ci fai qui?»
La sua voce - una voce rotta, spezzata - la fa sobbalzare, la distrae dai suoi pensieri. Si affaccia, ma non tiene il capo abbassato come fa sempre. Ma i suoi occhi cobalto non riescono a trovare quelli del fratello.
«Scusami, Nii-sama, non volevo disturbarti» mormora.
Strofina il piede sul tatami, improvvisamente a disagio.
Non giunge risposta. È di profilo, i lineamenti affilati semi nascosti, quasi invisibili sotto i capelli scuri.
«Nii-sama...» Inspira, l'aria che sibila tra i denti, ed espira, con un leggero sospiro. «Va tutto bene?»
Non osa toccarlo, non osa avvicinarsi.
Segue silenzio.
Volta leggermente il capo. «Torna a dormire, Rukia» dice, guardandola un attimo, fugace.
Ma le lacrime, liquide e simili a perle trasparenti, sono ben visibili, gli fanno sembrare gli occhi più lucidi ma spenti, gli rigano il viso magro nonostante lo sforzo di tirarle indietro - troppo orgoglioso per mostrarsi debole.
Rukia stringe il pugno. Vorrebbe stargli accanto, come dovrebbe fare una brava sorella, rassicurarlo e, per una volta, essere lei a fargli da supporto.
Non lo fa. Ed esce, in silenzio.