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Autore: eringad    16/04/2009    3 recensioni
Si sa che quando un animale entra nella nostra vita lo fa in punta di piedi per poi sconvolgerla con la forza di un uragano.
E se l’animale in questione avesse la forza di cinque uragani e ce la mettesse tutta, con la complice Ino, per rendere la vita impossibile al povero Kankuro?
[…]Davanti alla mia faccia – precisamente a due centimetri di distanza – trovai un buffo musetto che mi sorrideva malandrino. O almeno, è quello che pensai guardando quel coso.
“Questo coso. È tuo.”[…]

{Classificata come Terzo posto al "The Puppy Contest" di Dreaming Ferret}
Genere: Comico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Kankuro, Ino Yamanaka
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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Coso

Dedicata al mio Igor.

Colui che mi ha sconvolto la vita,

colui che, se non fosse per i peli

che si appiccicano addosso,

abbraccerei tutto il giorno.

E soprattutto, colui che

se non odiassi a morte amerei alla follia! <3

Coso

 

Qualcuno bussava insistentemente alla mia porta, mi alzai sbuffando e andai ad aprire.

Davanti alla mia faccia – precisamente a due centimetri di distanza – trovai un buffo musetto che mi sorrideva malandrino. O almeno, è quello che pensai guardando quel coso.

 

“Questo coso. È tuo.”

 

Storsi la bocca in una smorfia prendendo tra le mani l’animaletto che cominciò ad arrampicarsi su per la mia spalla.

Guardai la mia nuova vicina di casa. Aveva piazzato le mani sui fianchi con aria minacciosa, io sospirai.

 

“È la quinta volta in tre giorni. Lo sai questo vero, Kankuro?”

 

Drizzai le orecchie al suo tono di rimprovero.

Mi ricordava mia sorella Temari quando mi sgridava perché le rubavo le bambole.

Annuì incondizionatamente.

 

“Tieni a bada quel coso o chiamo l’amministratore e ti faccio sbattere fuori.”

 

“Non gli comando mica io di entrare nel tuo appartamento eh! Non ci posso fare niente se gli piacciono di più i tuoi biscotti che le mie gallette!”

 

“È tuo! Lo devi tenere a bada tu!”

 

“Uff… Per la diciannovesima volta: non è mio! È questo coso che mi segue!”

 

Guardai gli occhi della bionda stringersi pericolosamente.

Si girò sui tacchi e se ne andò a passo di carica muovendosi molto sinuosamente per poi sbattere irosa la porta di casa sua.

Sospirai accarezzando l’animale dietro l’orecchio e chiusi la porta.

 

“Sei un ladro. Sei un mascalzone… E fai bene a rubargli i biscotti, bravo coso!”

 

Yamanaka Ino.

La mia nuova vicina di casa. O per meglio dire io ero il suo nuovo vicino di casa.

Cinque giorni che mi ero trasferito e già dal primo giorno aveva cominciato a diventare una scocciatura.

Musica a tutto volume, con il nuovo singolo di Beyoncè, appena tre secondi dopo che mi ero messo a riposare dopo aver portato tutte le scatole nel nuovo appartamento.

Ok, forse avrei potuto evitarmi di rispondere con ‘Master of Puppets’ dei Metallica. Ma se l’era cercata lei!

Guardai l’animaletto sistemarsi comodamente sulla mia poltrona.

 

“Ehi tu! Scendi! Quella è di mia proprietà!”

 

Mi guardò come per dire ‘E a me che m’interessa?’ e poi si acciambellò nuovamente sistemando la testa fra le zampe.

Ladro. Non per nulla aveva quella mascherina disegnata sugli occhi.

Dannatissimo procione!

Sospirai e mi sedetti su una scatola poggiata lì accanto.

Lui la faceva ormai da padrone in casa mia. Veniva quando voleva intrufolandosi non so come dal balcone, faceva razzia di ogni mia scorta in dispensa e non contento andava anche a rompere le scatole alla vicina.

Guardai il condotto dell’aria complice dell’animaletto. Lo sportello scardinato penzolava da un lato attaccato ancora al muro grazie a una vite.

Sospirai, dovevo aggiustarlo. Altrimenti avrei di nuovo sentito strillare la Yamanaka.

 

~~~~~~~~~~~

 

Strinsi meglio la presa attorno al cacciavite mentre incastravo l’ultima vite tra il muro e la lamina di ferro.

 

“E adesso se si lamenta anche così io… Non so cosa faccio ma non si deve lamentare!”

 

Rigirai il cacciavite sulla superficie stellata conficcando ben bene la vite nel muro e stringendola così che non potesse staccarsi ancora se non tramite asportazione con un martello distruggendo la parete.

Asciugai la fronte inserendo l’arnese nella cintura e guardai il lavoro ultimato.

Perfetto, non avrei saputo fare di meglio.

Scesi dalla scatola che mi serviva da scala posando gli attrezzi sul tavolo.

Sospirai stancamente. Dovevo riposare.

Mi sedetti comodamente sulla poltrona accomodandomi come meglio potevo.

Ormai quella vecchia e rappezzata poltrona era diventata il mio letto.

Sbirciai con la coda dell’occhio al materasso quasi totalmente occupato dalle scatole di vestiti da ben una settimana.

Certo, avrei potuto metterle nell’armadio. Peccato non avessi un armadio.

L’avevo ordinato prima di trasferirmi, ma figurarsi se era già arrivato in tre mesi di attesa!

Chiusi gli occhi sospirando e sentii il familiare calore dell’animaletto che si posizionava sulle mie gambe.

Sorrisi e allungai una mano per carezzare il suo folto e morbido pelo.

La prima volta che lo ‘trovai’ mi aveva letteralmente terrorizzato.

Stavo buttando la spazzatura, quando gettai il sacchetto tra il mucchio che si arrampicava contro il muro, sentii uno stranissimo rumore provenire da quello e vidi i sacchetti che sembrava respirassero.

Mi avvicinai come sentendo una forza invisibile che mi trascinava verso quel fenomeno terrorizzante.

Devo ammetterlo, per poco non urlai quando quel coso cominciò a scorrazzare velocissimo tra le mie gambe.

Caddi a terra rovinando sul sedere e il procione fece capolino tra le mie gambe annusando l’aria. Mi salì sullo stomaco con le sue piccole zampette annusando la mia camicia entusiasta.

Mi alzai di scatto tornando nello stabile.

Quell’affare era uscito dalla spazzatura, era sporco. E mi aveva spaventato, dannatissimo procione!

Tornai in fretta nel mio appartamento salendo le scale due a due, poi mi fiondai sulla poltrona ansimando e coprendomi gli occhi con il braccio e cercando di tranquillizzarmi.

Una brezza leggera entrava dalla finestra aperta infastidendomi.

Ripresi la regolarità del respiro sentendomi avvolgere dal calore che spazzava via il freddo del vento.

Allungai una mano verso la gamba da dove proveniva quel calore sentendo una pelliccia ruvida e ispida ma calorosa.

Tolsi la mano dagli occhi e abbassai lo sguardo dalla fonte di calore.

Il procione era lì. Come adesso. Solo più sporco.

Ricordai quando lo ficcai nella vasca, come si lamentava, come mi aveva lavato scuotendo la pelliccia.

Sorrisi lasciandomi cullare di nuovo da quel dolce calore familiare. Familiare come non l’avevo mai sentito.

 

~~~~~~~~~~~

 

Una fastidiosissima musica mi arrivo alle orecchie. Grugnii con disappunto e aprii un occhio.

Che scocciatura che sei Ino!

Sbadigliai rumorosamente mettendo una mano davanti alla bocca e con l’altra feci scendere il procione dalle mie gambe.

Alzai entrambe le braccia stiracchiandomi la schiena, sentivo ancora il calore del procione sulla mia gamba. Sospirai nel pensare a chissà quanti peli mi aveva lasciato addosso.

Passai le mani sulle cosce per levare le tracce del suo passaggio e rimasi basito a vedere una macchia colorata sul jeans. Precisamente, di colore rosso.

 

“Oh merda…”

 

Deglutii a vuoto alzando gli occhi sull’animaletto che strisciava il ventre per terra lasciando piccole chiazze di sangue.

Sbiancai impaurito rimanendo immobile.

Sangue. Procione. Ferito. Chiedere aiuto. Ospedale per animali.

Il mio cervello faticava a collegare tutte le cose, dopo qualche attimo, quando riuscii a collegare corsi fuori dalla porta battendo i pugni su quella dell’unica persona che conoscevo nella palazzina.

 

“Aiuto! Aiuto! Aiutatemi!”

 

Dopo un ultimo energico pugno contro la porta la vicina mi aprì tirandosi su la spallina del maglione largo che indossava come un vestito scocciata.

 

“E adesso cosa vuoi Kankuro?”

 

Disse irritata, io la guardai nel più totale panico. Cominciai a gesticolare indicando il mio appartamento senza emettere suono.

Lei mi fermò un braccio guardandomi severa.

 

“Calmati e dammi una risposta che sia degna di questo nome.”

 

Inspirai e poi buttai fuori l’aria ripetendo meccanicamente il percorso che avevo costruito nella mia mente.

 

“Sangue, procione, ferito, chiedere aiuto, ospedale per animali.”

 

Lei mi guardò sbigottita cercando di capire se scherzassi o no, o perlomeno se fossi pazzo.

Sentimmo un rumore provenire dalla porta aperta di casa mia e guardammo l’animale strisciare sul ventre girando in tondo e lasciando le solite macchioline rosse sul pavimento del pianerottolo.

Ci guardammo allarmati e spaventati.

Mi gridò un ‘Aspetta qui!’ terrorizzato e corse in casa spalancando la porta.

In quei pochi attimi di odissea riuscii a sbirciare all’interno dell’appartamento della Yamanaka. Aveva proprio una bella casa, arredata in stile vintage ma totalmente alla moda, proprio come lei.

La vidi affannarsi a correre sulle sue Manolo bianche con un asciugamano bianco in una mano e nell’altra la borsetta e le chiavi della macchina.

Si fermò davanti a me spingendomi indietro e chiudendo la porta.

Mi mise in mano l’asciugamano con serietà e poi mi guardò fisso negli occhi.

 

“Prendilo.”

 

Imperativo categorico. Io la guardai stranito pensando che stesse scherzando.

Non scherzava purtroppo.

Deglutii impaurito aprendo il pezzo di stoffa come per ripararmi e acciuffai il coso che si dimenava avanti e indietro per il pianerottolo sporcando dappertutto.

Mi trascinò trattenendomi per un braccio giù per le scale fino alla sua macchina.

Una mini rosa. Pateticamente da femmina.

Storsi il naso e il mio primo pensiero fu ‘Non salirò mai su una cosa del genere’.

Poi guardai l’affare tra le mie braccia che si dimenava e ululava.

Sospirai e seguii la ragazza all’interno della macchina. Avevamo cose più importanti cui pensare.

Lei infilò sicura la marcia facendo manovra e uscendo dal parcheggio con grazia.

Mi stupii a osservare come guidava bene nonostante i tacchi. E nonostante fosse donna.

 

“Qual è l’ospedale più vicino?”

 

“Tra Brodway e Lispenard Street. Abbiamo fretta quindi sarà meglio che ti tieni forte.”

 

Annuii, non avevo la forza materiale di pensare a quello che aveva detto.

Strinsi il procione tra le mie braccia spaventato e sbiancato mentre lei sorpassava le macchine davanti a sé quasi al limite del codice stradale.

Inchiodò davanti a un grosso edificio mettendo le quattro frecce e scendendo dalla macchina.

Non feci caso alla grossa insegna posta sull’entrata che diceva ‘Tribeca Soho Animal Hospital’, ma entrammo fiondandoci alla reception.

La ragazza mi fece stare indietro fermando con un braccio la mia corsa.

Non ascoltavo minimamente le sue parole, ma osservavo come con sangue freddo aveva preso in mano la situazione spiegandola all’infermiera dietro al vetro.

Dopo pochi istanti mi afferrò per un braccio tirandomi verso un’altra porta scorrevole.

Un medico in camice bianco ci venne incontro, io strinsi il mio animaletto al petto mentre quello respirava contro la mia felpa.

Il medico tese le mani verso il fagottino e istintivamente lo spostai lontano dalla sua portata.

La ragazza mi freddò con uno sguardo.

 

“Kankuro, dagli il procione. Deve vedere che cos’ha.”

 

Io annuii e a malincuore cedetti l’animale alle braccia del dottore che lo trasportò subito in un ambulatorio.

Seguii la scena preoccupato e mi risvegliai solamente quando Ino mi poggiò una mano sul braccio per tranquillizzarmi.

 

“Calmati, ora ci penseranno loro. Hanno detto di sederci su quella panca.”

 

“Mmh…”

 

Annuii e mi lasciai condurre verso il luogo. Ci sedemmo in silenzio ed io portai le mani a cono sulla bocca e sul naso appoggiando i gomiti sulle gambe che però non volevano saperne di stare ferme e continuavano a tremare.

Guardai la ragazza cercando di distrarre la mente.

 

“Sei stata brava, grazie.”

 

“Ah non c’è di che. Io sono quasi abituata a questo genere di cose.”

 

“In che senso?”

 

“Io di solito opero con gli umani, ma su per giù la dinamica è la stessa. Sono un’infermiera…”

 

Guardai i suoi occhi illuminarsi mentre descriveva la sua professione.

Le piaceva fare quello che faceva.

La mia bocca si spiegò in un sorriso teso. Lei mi sorrise rincuorante capendo che avevo bisogno di parlare d’altro per non pensare al mio animale rinchiuso in un ambulatorio sotto le mani di chissà chi.

 

“Tu invece? Cosa ti porta a Manhattan?”

 

“Sono un cuoco. Mi sono trasferito qui per staccarmi dalla mia famiglia.”

 

“Ah si? Raccontami della tua famiglia.”

 

“Allora, premetto che sono diventato cuoco a causa di mia sorella. Lei non sa cucinare, qualsiasi cosa passi sotto le sue mani diventa arida come il deserto e incredibilmente salata. Mia sorella si chiama T eari, ha ventidue anni e lavora come PR in un’azienda di moda. Poi ho anche un fratello, bhè su mio fratello ci sarebbe molto da dire. Ma basta dire che è schizofrenico e che vive mantenuto da mia sorella e dal mio vecchio tutore nonostante abbia già vent’anni.”

 

“Hai una famiglia interessante non c’è che dire. Come hanno preso la tua partenza?”

 

La guardai, era seriamente interessata, o almeno, fingeva molto bene di esserlo.

Alla domanda risi divertito. Me lo ricordavo bene.

 

“Mia sorella mi ha aiutato a fare gli scatoloni, e intanto scommetteva con Gaara, mio fratello, sul fatto che non sarei resistito più di una settimana da solo!”

“Ah almeno è stata una cosa divertente! Invece mio padre non l’ha presa molto bene. Lui è un fioraio, sai? Voleva che seguissi le sue orme, diceva che avevo un grande talento. Invece ho fatto il contrario di quello che diceva e mi sono lasciata andare alla medicina!”

 

“Come mai hai deciso di fare l’infermiera?”

 

“Le malelingue dicono che volevo fare concorrenza alla mia epica rivale-amica Sakura Haruno, in realtà, ho deciso di fare l’infermiera quando i miei migliori amici, compagni di classe, Shikamaru e Chouji, hanno avuto un incidente in macchina. Sono stata malissimo e mi sono sentita impotente, e così ho deciso di fare l’infermiera per poter aiutare qualcuno come le infermiere avevano aiutato loro.”

 

Le sorrisi sincero, anch’io mi sentivo così in quel momento, poi mi ricordai di una cosa e tornai serio.

Shikamaru. Conoscevo quel nome, e conoscevo quell’idiota.

La guardai serio e incuriosito.

 

“Sei del West Virginia?”

 

“Sì, ma come hai fatto a-”

 

“Anch’io. Shikamaru è un’idiota, ed è il ragazzo di mia sorella.”

 

Lei mi guardò per qualche attimo persa come se non avesse ben capito, poi realizzò la critica al suo amico e rise di gusto.

 

“Quindi veniamo dallo stesso posto?”

 

“A quanto pare sì.”

 

Le sorrisi rispondendole.

Non credevo al destino, ma se ci fosse stato caso più palese, non avrei saputo cosa pensare.

Sarei rimasto più di una settimana, sicuramente. Mi dispiaceva deludere mia sorella, ma mi trovavo bene con quella ragazza.

Tornai a guardare la porta dell’ambulatorio. Nessuna luce rossa che splendeva sopra la porta, era un buon segno. O forse no?

Sentii la piccola mano della ragazza stringersi intorno alla mia nel tentativo di rincuorarmi, le lanciai uno sguardo grato e poi tornai a guardare la portae Come se potessi vederci attraverso solo con la forza di volontà.

Come a esaudire il mio desiderio, la porta si spalancò e il medico di prima comparve con il procione tra le braccia e avanzando a grandi falcate verso di noi.

Ci alzammo in piedi di scatto allarmati, pronti a tutto.

Nel frattempo, in quei pochi attimi, pensavo a qualunque apocalittica malattia potesse avere.

Cancro. No, è ferito e l’hanno ricucito. Avvelenamento. Magari potrebbe essere morto e se si muove, è a causa degli spasmi muscolari post-mortem!

Strinsi inconsciamente la mano della mia compagna di disavventure e il medico si fermò davanti a noi con l’animaletto che scorrazzava vivace tra le sue braccia.

Almeno non era morto.

 

“Questo è vostro?”

 

Parlava con voce greve e severa. Guardandoci da dietro gli occhialetti a mezzaluna con serietà.

Annuimmo in contemporanea.

 

“Avete senza dubbio un animaletto particolare, è molto vivace e indipendente, non riuscivo a farlo stare fermo sul tavolo operatorio e poi…”

 

“Sì ma che cos’ha?!”

 

Lo interruppi ansioso. Lui mi scoccò un’occhiata malevola e me lo mise tra le braccia.

Incrociò le sue al petto e mi guardò con aria da saputello.

 

“Come dicevo, è un procione molto particolare. È femmina. Ed è nel suo periodo fertile.”

 

Se fosse stato possibile la mia mandibola si sarebbe staccata fino a cadere a terra dallo stupore.

La ragazza affianco a me rise di gusto, stringendosi la pancia dalle troppe risate.

Io rimasi qualche secondo a boccheggiare poi guardai il procione… la prociona… insomma l’animale che mi guardava malandrino dall’asciugamano.

Stavolta posso affermare che mi guardava così.

 

“È femmina.”

 

Ricalcai le parole del dottore e quello mi diede la conferma.

Non ero preparato a quella notizia, fu come cadere dalle nuvole.

Accarezzai il coso e afferrai per mano la compagna ringraziando a denti stretti il dottore.

Per tutto il tragitto dall’ospedale a casa continuai a ripetere incredulo ‘È femmina’.

Come si dice: tanto rumore per nulla.

Ino, gentile, mi accompagnò fino al mio appartamento facendomi sedere sulla poltrona e cominciando a pulire.

Il coso si accoccolò nuovamente sulle mie gambe come se niente fosse successo.

Ad un certo punto fu come se mi svegliai e mi alzai di scatto facendo volare l’affare giù dalle mie gambe. Mi guardò male lo guardai quasi impaurito e corsi a cercare Ino per l’appartamento.

La trovai intenta a passare lo straccio su una macchia scura in cucina. Mi fermai dall’altra parte della stanza sgranando gli occhi come se avessi trovato il senso della vita.

 

“Ino!”

 

“Cosa c’è Kankuro?”

 

“È femmina!”

 

“Sì lo so, è quello che ha detto il dottore.”

 

“Sai questo cosa significa?”

 

“Che avrà le mestruazioni a vita?”

 

Rispose in tono annoiato mentre io prendevo a passeggiare su e giù pensieroso per la stanza.

Risposi in tono grave fermandomi a guardarla.

 

“No… Vuol dire che devo trovargli un nome da femmina!”

 

Lei mi guardò scettica. Ora aveva la conferma che ero pazzo.

Rispose indifferente sollevando le spalle e continuando a strofinare la pezza sulla macchia che pian piano svaniva.

 

“A me Coso piaceva.”

 

 

 

 

 

~~~~~~~~~~~

Questa storia si è classificata Terza al “The Puppy Contest” indetto da Dreaming Ferret. E vincitrice del Premio Speciale per l’Originalità.

Ok, sono emozionatissima lo ammetto. È la prima volta che arrivo sul podio in un contest normale *_*

Ringrazio tantissimo la giudice e faccio i complimenti alle altre podiste.

E naturalmente ringrazio voi lettori che siete arrivati fino a questo punto ^^

Chi volesse può lasciare un commentino ino ino **

Grazie a tutti

 

Bye Bye

  
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