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Autore: With H    18/06/2016    0 recensioni
"Ευτυχία" è il termine greco con cui si indica la felicità.
Ma cos'è davvero la felicità? È una parola quasi astratta, chiunque ambisce alla felicità che è sfuggente ed effimera. Ma quando la raggiungi lo sai, sai di essere davvero felice.
Genere: Introspettivo, Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: Lime | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
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Non aveva avuto modo di girare per Riccione la sera prima, il viaggio in treno era stato stancante anche se poi trovare un bed&breakfast economico in centro si era dimostrato più facile del previsto, in realtà aveva avuto fortuna perché la maggior parte delle camere erano occupate per la fine dell’estate e gli eventi che si sarebbero svolti in quei giorni in riviera. Aveva visto il palco però ed era contento di non essere troppo distante da quell’aera dove nei successivi tre giorni ci sarebbe stato un mix di sport estremi e musica.
La mattina seguente si svegliò abbastanza presto, anche se aveva dormito male forse per l’agitazione ed era strano perché aveva smesso di provare quel tipo di agitazione molto tempo prima, eppure…
Al bar del B&B si riempì una ciotola di cereali da mettere nello yogurt ed evitò accuratamente il caffè che di sicuro sarebbe stato imbevibile, dopodiché uscì senza sapere cosa aspettarsi da quella giornata e da quella follia, per un Vergine preciso che programmava tutto quella era di sicuro una delle cose più impulsive che avesse mai fatto e l’incertezza di quello che sarebbe successo non era una sensazione piacevole.
Si avvicinò al litorale, in direzione del palco, ma non si aspettava di vederla già lì pronta a lavorare. Gli si formò un nodo alla gola.
Non vedeva Helen da cinque mesi e gli sembrava la stessa di sempre ma contemporaneamente molto cambiata; doveva essere dimagrita di qualche chilo, probabilmente per lo stress di quei mesi di stage, però non aveva perso forme morbide che caratterizzavano le sue curve che a lui facevano impazzire, anche se non gliel’aveva mai detto sul serio. L’abbronzatura dorata e i capelli scuri con dei riflessi dorati erano il risultato delle due settimane appena trascorse in Grecia e la facevano sembrare più bella del solito; indossava una t-shirt con una fantasia nera con una fantasia di girasoli, con la scollatura larga che le scendeva sulla spalla sinistra scoprendo il delicato tatuaggio a forma di soffione con le note musicali, un paio di pantaloncini di jeans e le Adidas Superstar ai piedi. Aveva i capelli ondulati che le cadevano su una spalla e i Ray-Ban Clubmaster che coprivano una probabile linea di eye-liner; stava parlando a telefono, lui conosceva così bene le sue espressioni al punto da essere sicuro che quella fosse una telefonata di lavoro.
Le si avvicinò un ragazzo che doveva essere più grande di lei di almeno sette anni e le diede uno dei due bicchieri di plastica trasparenti che reggeva il cui contenuto sembrava una dose eccessiva di caffè con ghiaccio, Helen gli sorrise riconoscente e ne bevve un sorso abbondante continuando a parlare a telefono mentre lui la osservava divertito.
Conosceva quel ragazzo, suo malgrado, era il cantante e chitarrista di una band che lei seguiva per lo stage e con il quale sembrava aver legato particolarmente perché in molte delle fotografie da lei pubblicate negli ultimi tre mesi, lui era presente. Aveva il fastidioso presentimento che tra loro ci fosse qualcosa e la terribile consapevolezza di non poter fare niente, d’altronde lui l’aveva rifiutata più volte nel corso dei quattro anni in cui si conoscevano e poi era morto di gelosia ogni volta che l’aveva vista con un altro. Ed aveva ripetuto lo stesso errore anche tre mesi prima, l’ultima volta che lei aveva trascorso un po’ di tempo a Napoli e gli aveva chiesto di vederlo, ma lui non aveva nemmeno risposto al cellulare. Tirò un calcio ad un sasso per la frustrazione.
Helen riattaccò nel momento in cui i suoi due “datori di lavoro” – lo sapeva perché si era documentato parecchio dopo che lei aveva iniziato lo stage – si avvicinarono a lei ed al chitarrista; uno dei due, quello più adulto, le posò una mano sulla spalla con un sorriso che a lui non piacque molto, era chiaro che quell’uomo desiderasse Helen ed era decisamente troppo grande per lei. Helen però gli sorrise tranquilla anche se con molta eleganza si allontanò leggermente affinché lui facesse ricadere il braccio lungo il fianco, però sembrava a suo agio, annuì e rise ad una sua battuta; il suono della sua risata era cristallino e coinvolgente, infatti non riuscì a non sorridere di rimando.Fu in quel momento che Helen alzò lo sguardo e lo vide. La sua espressione non avrebbe potuto essere più sconvolta, si bloccò nel mezzo della frase che stava dicendo, lo sguardo fisso su di lui, il volto più pallido ed il petto che si alzava ed abbassava ripetutamente a ritmo del suo respiro accelerato.

 

— Helen, tutto bene? — le chiese John — Sembra che tu abbia visto un fantasma…
Ed era esattamente così, quello davanti a lei con i capelli scuri e lisci un po’ spettinati, gli occhioni neri e le mani infilate nelle tasche dei jeans consunti doveva per forza essere un fantasma o una specie di miraggio.
Anche Alberto e Gabriele, i suoi datori di lavoro, si resero conto che c’era qualcosa che non andava, perciò seguirono il suo sguardo; se non fosse stata così sconvolta si sarebbe chiesta che cosa avrebbero pensato di Matteo.
— Sì, ho visto un fantasma. — decretò senza staccare lo sguardo da lui, la sua espressione era indecifrabile, come al solito — Alberto, mi dai cinque minuti per favore? 
Lo vide fare spallucce sottocchio mentre sul viso gli compariva un sorriso divertito ma anche perplesso — Anche mezz’ora se vuoi. Possiamo chiamare le radio più tardi e sono sicuro che c’è tempo per fare la rassegna stampa, vero Gabriele? 
— Ha tutta la giornata per la rassegna. — nel tono di Gabriele c’era un certo sarcasmo, non erano mai andati troppo d’accordo, ma non le interessava perché sapeva di aver lavorato bene in quei tre mesi e comunque aveva la stima di Alberto.
Annuì e si diresse lentamente verso Matteo, il cuore che le batteva così forte da farle male e le mani ghiacciate che non avevano nulla a che fare con il suo caffè freddo.
— Matteo. — disse in un sussurro, quasi non riconosceva la sua voce ma era troppo impegnata a non gettargli le braccia al collo stringendosi a lui e a non piangere — Che… che ci fai qui? 
— Volevo vederti. — ammise facendo spallucce — Mi mancavi.
Le montò la rabbia e gli rivolse uno sguardo di fuoco — Ti manco solo quando vuoi tu, per il resto del tempo invece nemmeno rispondi ai miei messaggi! — esclamò arrabbiata — Cos’è? Non c’è nessun’altra adesso con cui puoi scambiare messaggi spinti? Cercavi qualcuno con cui scopare? — lo spinse rendendosi conto che sfogare la sua rabbia in quel modo era meglio di scoppiare a piangere, anche se sapeva che erano le dieci del mattino e stava dando spettacolo sulla spiaggia di Riccione dove nel frattempo si stavano svolgendo eventi sportivi e c’erano già parecchie persone.
— Helen, noi non abbiamo mai scopato. — la sua voce era calma come al solito, in fondo tra i due lui era sempre stato quello più composto, quello che riusciva a frenare la passione anche nei momenti in cui era davvero difficile, quello che raramente litigava.
— Giusto, non ero abbastanza nemmeno per quello, evidentemente. — ribatté scaricandogli tutta la rabbia di quei mesi senza sentirlo.
Sospirò — So che sei arrabbiata con me ed hai ragione, mi sono comportato malissimo, sono venuto per scusarmi perché non aveva senso inviarti l’ennesimo messaggio dopo che mi sono comportato così per l’ennesima volta e so che forse a questo punto non merito nemmeno più che tu mi perdoni e provi a far tornare di nuovo tutto come prima… 
Helen si passò una mano tra i capelli, gesto involontario che faceva quando era nervosa — So già come andrà a finire: riprenderemo a sentirci per un po’, ci provocheremo, io ti chiederò di vederci e passeremo qualche ora insieme in cui entrambi staremo bene – io sicuramente di più –, dopodiché ci prometteremo di non sparire e alla fine tu sparirai per mesi interi, finché poi non deciderai che “ti manco” e tornerai di nuovo ripetendo questo cerchio all’infinito. Quindi no grazie, non ce la faccio più a continuare perché alla fine sono l’unica a cui importa davvero e quindi ci sto male.
— Non sei l’unica a cui importa, altrimenti non sarei tornato nemmeno la prima volta.
Fece un sorriso amareggiato — Se ti fosse importato davvero non saresti sparito nemmeno la prima volta, è diverso. — deglutì cercando di cacciare via le lacrime che sentiva già bruciarle gli occhi, non voleva dargli la soddisfazione di piangere — Sono molto impegnata perché sto lavorando. 
La prese per mano e lei sussultò — Helen, non mi arrendo. Io non voglio perderti.
Avrebbe voluto crederci — Rispondere ai miei messaggi, chiedermi di vedermi qualche volta e riuscire a farlo più di un’unica volta all’anno… in questo modo ci saresti riuscito facilmente, ma è chiaro che non ti interessa e va bene così, non mi devi niente.
Si girò e tornò nell’area circondata dalle transenne dove potevano accedere solo gli addetti ai lavori con i pass, John le rivolse uno sguardo preoccupato, ma lei era impegnata a non abbandonarsi in un pianto disperato; contro ogni previsione fu Alberto ad andarle vicino comportandosi quasi come un padre. All’inizio non aveva fatto altro che provarci, arrivando persino ad inviarle cuori per messaggio e a comprarle dei fiori, ma dopo una discussione, aveva capito che con lei doveva avere solo un rapporto professionale, quindi aveva abbandonato l’atteggiamento provocatorio per un comportamento quasi protettivo, le aveva insegnato a guidare bene, spronandola a guidare anche per tratte più lunghe tra uno spostamento ed un altro e le aveva insegnato tutto per essere una brava promoter radio-televisiva.
— Helen, i ragazzi hanno un’intervista tra un’ora in una radio locale di Rimini, li accompagni tu.
— Co-cosa? — sentiva ancora su di sé lo sguardo di Matteo che in quel momento sembrava un cucciolo abbandonato, per cui apprese quella notizia con una discreta ansia.
Sorrise — Ti avevo detto all’inizio dello stage che avrei voluto che tu andassi sul campo da sola, ho aspettato anche troppo dato che ormai lo stage sta quasi finendo e sono certo che tu ora sia più che pronta, non potrei affidare a mani migliori questo compito. Io qui sono impegnato, devo occuparmi del festival e per pranzo arriva mia moglie con mio figlio, quindi devi andare tu. — le lanciò le chiavi della sua auto, una costosa BMW blu scuro che Helen aveva già guidato ma sempre sotto la sua supervisione, le afferrò al volo e lui le fece l’occhiolino.
John le mise un braccio sulle spalle sorridendo divertito mentre estraeva il cellulare dalla tasca per chiamare gli altri della band; lei gli voleva bene, avevano legato tanto in quei mesi ed erano diventati molto amici, ma sotto lo sguardo ferito di Matteo non avrebbe voluto che lui si comportasse come se tra di loro ci fosse qualcosa.
— Ah, Helen… — la fermò Alberto — Attenta ai sensi di marcia a Rimini, mi raccomando. Restate lì dopo l’intervista, ci vediamo alla Casina Del Bosco a mangiare una piada. 
Cercò di non guardare Matteo mentre si dirigeva all’auto, lui probabilmente aveva capito che doveva lavorare per cui non provò a seguirla, anche se questo le provocò una fitta al cuore. Avrebbe voluto solo andare nella sua camera d’albergo e piangere, ma doveva lavorare, per cui prese un lungo respiro e si mise al volante.
— Chi era il moretto? — le chiese John dopo un po’, era seduto accanto a lei mentre gli altri tre facevano casino sul sedile posteriore.
— Il moretto? — intervenne Simone, il batterista — Ma come parli John? — ridacchiò osservando poi con dolcezza Helen dallo specchietto retrovisore — Hai un nuovo spasimante? In questi tre mesi ne abbiamo viste di tutti i colori: nostri fans infatuati di te, giovani ed adulti che non hanno resistito ai tuoi occhi da cerbiatta, persino un paio di ragazze attratte da te, non mi stupirebbe adesso se ce ne fosse un altro qui a Rimini, sarebbe il trentesimo o giù di lì.
Helen alzò gli occhi al cielo, miracolosamente divertita — Ma va… Sarà stato al massimo uno, il giornalista pervertito di quel blog di musica, con gli occhiali ed una calvizie incipiente.
Gli altri risero protestando — Ti abbiamo portato fiori, cioccolatini e persino dischi e ancora pensi che tu non sia attraente? Ah, le donne… E pensare che potresti avere quattro fidanzati al momento.
— Se la metti così allora ci sto. Siete ufficialmente i miei fidanzati. — scherzò, una vocina nella sua testa però le disse che lei ne avrebbe voluto solo uno che, per ironia della sorte, aveva raggiunto Riccione da Napoli per lei.
L’intervista alla band andò bene, mentre loro erano in studio con le cuffie a parlare alla radio, lei era nella sala accanto a parlare con il direttore artistico che all’inizio si era mostrato sorpreso e diffidente nei suoi confronti, ma che poi era diventato molto più amichevole — Alberto non prende mai stagisti, io lo conosco. — esordì dopo che lei concluse una veloce telefonata con un giornalista che voleva parlare del festival che si stava svolgendo in quei giorni a Riccione curato dall’agenzia di Alberto — Ora però osservando te, capisco il perché: non prende chiunque, per questo non ho mai visto altri stagisti, prende quelli che hanno un ottimo potenziale, sono sicuro che farai strada in questo mondo difficile. 
— Grazie… Dopodomani sera i ragazzi chiudono il festival con il loro concerto, spero che tu ci sia.
— Contaci!
Restarono a pranzo a Rimini e John le regalò un laccio di cuoio circondato di piccoli girasoli finti in stile Hippie che lei mise in testa e gli rivolse un sorriso radioso, sapeva che era il suo modo per dirle che era stata brava ed aveva fatto bene il suo lavoro.

 

Il cielo stava iniziando ad oscurarsi e all’orizzonte c’erano nuvole grigie che non promettevano niente di buono.
Era rimasto lì ad aspettarla pur sapendo che lei non avrebbe voluto, d’altronde Helen era sempre particolarmente chiara quando voleva - o non voleva - qualcosa.
Avrebbe potuto fare un bagno a mare e prendere un po’ il sole nell’attesa, ma non ne aveva molta voglia, inoltre tutti quei ragazzi sportivi che lo circondavano non  miglioravano affatto il suo già cattivo umore, quindi non gli dispiaceva poi tanto che improvvisamente il tempo minacciasse pioggia. 
Era sulla terrazza del bar del lido accanto a dov’era il palco e quando vide la macchina parcheggiare sul marciapiede, i suoi nervi si tesero; Helen scese dal lato del passeggero sorridendo al suo capo, aveva l’aria raggiante e questo gli fece intuire che quello per cui era andata a Rimini - qualsiasi cosa fosse - era andato particolarmente bene e questo lo rese orgoglioso di lei.
Ad aspettarli nel backstage che lui riusciva a vedere bene dalla sua postazione, c’era un ragazzo sulla trentina, alto, capelli castano chiari e gli occhi di un blu così intenso da risultare quasi fastidioso; salutò con calore gli altri, ma si illuminò particolarmente quando vide Helen, la strinse nel suo abbraccio e la sollevò da terra facendo un mezzo giro. Lei gli rivolse un sorriso, aveva le guance visibilmente rosse, chiaro segno che non fosse indifferente a quel ragazzo e questo gli fece ribollire la gelosia nelle vene.
Era chiaro che Helen fosse notata da altri ragazzi, era bella, con un’ironia spiccata ed una grande intelligenza e questo mix a volte non era facile da gestire: a volte lui aveva pensato a lei come un gatto selvatico e imprevedibile, ma era chiaro che altri non si facessero gli stessi suoi problemi. E in effetti, ora che ci pensava, gli sembrarono problemi stupidi.
Provò una specie di gioia maligna quando iniziò a sentire i primi tuoni, vide i tecnici coprire gli strumenti e le prese elettriche sul palco, evidentemente anche loro avevano capito che a breve ci sarebbe stato un temporale. 
Decise che quello era il momento giusto per parlare con Helen che in quel momento era seduta su un flycase accanto alle scale che dal backstage portavano al palco e parlava tranquillamente con la band ed il ragazzo dagli occhi chiari che l’aveva abbracciata poco prima. 
Pagò il suo tè freddo e si avvicinò al palco. Si sorprese un po’ quando Helen si girò verso di lui nonostante fosse impegnata a parlare e rivolta praticamente dal lato opposto al suo, quasi come se avesse percepito la sua presenza. 
Il sorriso si congelò sulla sua faccia, probabilmente un’altra persona gli avrebbe mostrato il dito medio e poi si sarebbe girata, ma Helen era troppo educata per un comportamento del genere, perciò si alzò e lo raggiunse. L’espressione tesa, ma lo sguardo comunque dolce. Quello era lo sguardo che riservava solo a lui, anche quando era arrabbiata e decisa a non volerlo più vedere.
— Non posso impedirti di restare qui, ma per favore non…
— Voglio solo parlarti. — la interruppe sapendo quanto lei lo detestasse — Ascolta quello che ho da dirti, per favore e poi sei libera di mantenere la tua decisione di non avere più niente a che fare con me e io me ne andrò questa sera. — Helen si levò il laccio con i fiori che aveva in testa, liberando al vendo i suoi capelli che quel giorno erano ondulati, ma non disse niente per cui lui lo prese come un segnale per continuare a parlare — Hai ragione. Hai ragione su tutto e sai quanto io detesti ammetterlo. Ascolta, quattro anni fa sono stato io a cercarti, avevo letto quello che scrivevi su Twitter e ti ho trovata brillante e simpatica e poi ho visto la tua foto… Sono stato attratto da te da subito, anche se ero fidanzato e questo non è mai cambiato, sono sempre stato attratto da te e poi ho iniziato a volerti bene davvero. — le rivolse uno sguardo penetrante, lei aveva l’espressione diffidente, ma stava serrando la mascella. Il vento le muoveva i capelli e le faceva venire la pelle d’oca, avrebbe voluto darle la felpa che però solo in quel momento ricordò di aver lasciato al bar — Sei difficile da gestire. — ammise notando un’espressione sorpresa sul viso di Helen — Sei incredibilmente arguta e determinata ma anche paranoica, complicata… Per di più hai i miei stessi sogni e lotti come nessun altro per realizzarli, vederti qui adesso con l’aria da professionista, rispettata dalle persone con cui lavori per me è un orgoglio… 
— Non capisco dove vuoi arrivare. 
Prese un lungo respiro — La verità è che avevo paura. In realtà ho ancora paura, perché tu sei fantastica ed è incredibile che tu voglia me quando è chiaro che puoi avere chiunque tu voglia.
— Non è così…
— Sì Helen, è così. Quando stiamo insieme vedo come ti guardano gli altri ragazzi, sei desiderabile! Ed ho notato anche come ti guardano i tuoi colleghi, non sei solo bella, hai molte qualità e non sono l’unico che le ha notate. — si passò una mano tra i capelli, il battito cardiaco era accelerato ed Helen sembrava che stesse per frantumarsi in mille pezzi. Si fece distrarre un attimo dalla bellezza di un lampo che illuminò il mare, fu seguito poco dopo da un forte tuono che anticipò le prime gocce di pioggia. Nessuno dei due però accennò a volersi riparare — Mi manchi. Mi manchi sul serio e mi manchi ogni volta che ho troppa paura di come potrebbe essere andare avanti e quindi sparisco.
— E lo farai sempre.
Matteo chiuse gli occhi per un secondo, quasi esasperato — No Helen, non voglio più sparire. Voglio te.
— Matteo, sappiamo entrambi che non è vero o comunque non mi vuoi abbastanza. Tu mi vuoi bene e basta e sappiamo che non è quello che provo io, per cui non mi fare questo… La tua assenza mi fa soffrire già abbastanza, non farmi credere che vuoi di più per poi farmi solo stare peggio. Finiamola qui, qualsiasi cosa ci sia stata, finiamola perché è chiaro che…
Alzò gli occhi al cielo esasperato ma anche divertito, Helen a volte era insopportabile e questo lo faceva impazzire. Agì d’istinto, senza pensare, le portò le mani a coppa sul viso e la baciò interrompendo ciò che stava dicendo, consapevole che lei detestava essere interrotta.
Mentre la pioggia iniziava ad aumentare, sentì sulle mani il contrasto caldo delle lacrime di Helen, ma decise di non lasciarla andare e si avvicinò di più a lei cercando di trasmetterle con quel bacio tutto quello che provava.

   
 
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