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Autore: LadySissi    20/06/2016    0 recensioni
"Era il pomeriggio ormai inoltrato di un venerdì di febbraio. Durante la notte era caduta altra neve; un sottile strato, più fresco dei precedenti, ricopriva il ghiaccio che non accennava a sciogliersi già da diversi giorni. Di conseguenza, anche il cielo notturno aveva assunto delle sfumature violette. Non era uno spettacolo frequente in pianura; poteva capitare, al massimo, un paio di volte ogni inverno, di più se la stagione era particolarmente rigida. Ma ormai erano quasi dieci giorni che la città era stretta in una morsa di gelo. E proprio in questo periodo, pensò."
Certe persone faranno sempre parte di te, anche se sei costretta a lasciarle andare.
Questa è la storia del viaggio di una ragazza, grazie a loro e dopo di loro.
Genere: Drammatico, Introspettivo, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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NOTA AUTORE: Cari lettori, sono tornata e questa volta ho intenzione di raccontarvi una storia un po' diversa dal solito, molto più autobiografica e delicata.
è una breve serie di capitoli, accomunata dal medesimo tema. Spero di non urtare la sensibilità di nessuno.
Mi sono chiesta per mesi se pubblicarla o no, ma la verità è che ho davvero il desiderio di regalarla a voi.
Fatemi sapere cosa ne pensate, ci tengo.
A quanti si accostano per la prima volta ad una mia storia: benvenuti!!
Buona lettura e grazie in anticipo.

 

PER DIRTI CIAO!
(febbraio 2012)


 


(Citazioni da: Per dirti ciao, Tiziano Ferro)

Magari un giorno avremo un posto

anche nascosto oppur distante dalle tante astanterie

in cui riposano gli amori ormai in disuso,

quelli non storici, di cui nessuno parlerà.

 

Era il pomeriggio ormai inoltrato di un venerdì di febbraio. Durante la notte era caduta altra neve; un sottile strato, più fresco dei precedenti, ricopriva il ghiaccio che non accennava a sciogliersi già da diversi giorni. Di conseguenza, anche il cielo notturno aveva assunto delle sfumature violette. Non era uno spettacolo frequente in pianura; poteva capitare, al massimo, un paio di volte ogni inverno, di più se la stagione era particolarmente rigida. Ma ormai erano quasi dieci giorni che la città era stretta in una morsa di gelo. E proprio in questo periodo, pensò.

Ormai era agli sgoccioli: il mercoledì pomeriggio successivo ci sarebbe stata la discussione della sua Laurea triennale. Ancora cinque-sei giorni, e si sarebbe potuta considerare Dottoressa in Lettere. La strada, però, era ancora lunga. Innanzitutto c'era la Magistrale, che aveva già iniziato a frequentare; e poi, un futuro che era ancora tutto da scrivere. Nonostante questo, si trattava di un passo molto, molto importante. Si capisce facilmente come, in quei giorni, si fosse trovata a provare dei sentimenti del tutto contrastanti.
 

C'era la felicità, naturalmente, perché quella laurea le era costata tre anni di fatiche, studi, esami ed impegno, soprattutto nel far quadrare la sua carriera universitaria con i suoi hobby, le uscite, il tempo libero, gli impegni extrascolastici, le ripetizioni, le vacanze e molto altro.
 

C'era quella snervante, ma anche eccitante, sensazione di attesa, tanto più che ormai era quasi tutto pronto: gli amici ed i parenti erano stati informati, il vestito e le scarpe- con grande fatica- erano stati acquistati, i confetti rossi erano impacchettati, lo spumante c'era, la tesi - un enorme mostro di carta rilegato in seta verde - era stata letta e riletta un po' di volte, ed aveva anche una traccia per il discorso.
 

C'era la consapevolezza di stare chiudendo un ciclo, che si accompagnava, certo, ad un po' di malinconia, ma era anche unita alla sicurezza di aver compiuto un bel percorso, fatto non solo di studi stimolanti, ma anche di persone positive che le erano state vicine.
 

E c'era quel piccolo buco nero nel suo cuore che proprio non ce la faceva a colmare, e che, lo sapeva, sarebbe rimasto tale. Questa volta, purtroppo, non ci sarebbe stata una soluzione per quel suo problema. Non c'era mai stata. C'era solo quel piccolo posto speciale nel suo cuore, qualcosa che molti certamente avevano già dimenticato, e che anche lei cercava di scacciare e banalizzare nei momenti in cui si sentiva più piena di energie positive e proiettata verso il futuro, ma che restava lì.
Era tenace ed incrollabile, come una scheggia immobile che le feriva il cuore ogni volta che quel muscolo dispettoso aveva una palpitazione improvvisa.
E non bastava – non era mai bastato – non parlarne, o evitare il discorso; quel pensiero aveva trovato il posto a lui più congeniale, ed anche se nessuno ne avesse più parlato, sarebbe rimasto comunque lì, ad aleggiare come una presenza invisibile.

 

E rivela il tuo sorriso in una stella, se vorrai...

per stasera andrebbe bene anche così.

 

Non l'aveva dimenticato, ecco la verità. D'altra parte, come avrebbe potuto?
Nessuno, intorno a lei, l'aveva fatto.
Ne era consapevole; forse erano solo più bravi di lei ad evitare l'argomento.
O forse, cosa molto più probabile, non erano dei letterati un po' artisti come lei, ed esprimevano il loro dolore in maniera differente.

Lei, però, per fortuna o sfortuna che fosse, aveva imparato da anni ad analizzare ogni poesia, libro, opera d'arte o di teatro, film e canzone, ed a collegarla a qualche altro pensiero di sua creazione, ed a tirarne fuori qualcosa che si illudeva di poter definire artistico. Tutto questo l'aveva aiutata immensamente a razionalizzare quello che era successo, a vedere, nero su bianco, ogni sua emozione, e, a poco a poco, a superare il momento più brutto. Ma questo non significava che, in un momento così importante come quello che stava per vivere, tutta la tristezza non le fosse tornata di nuovo a galla.
 

Ciò che le mancava di più di lui era il suo sorriso, la sua felicità spontanea ed immediata, ogni volta che gli parlava di qualcosa che la riguardasse. Non poteva evitare di immaginarsi mentre suonava il campanello, sfrecciava su per le scale, apriva la porta del piccolo studio dove lui aveva preso l'abitudine di rifugiarsi e gli diceva: “Nonno, mi laureo!”.
Sarebbe stato più che felice, senz'altro.
Forse avrebbe voluto vedere la tesi.
Sarebbe venuto a casa sua a mangiare con tutta la famiglia.
Avrebbe imposto alla nonna di non seccarla, di lasciare che gestisse lei la questione Laurea, perché era grande abbastanza per farlo.
E poi, esattamente tre mesi dopo, si sarebbero trovati di nuovo insieme, per festeggiare i suoi 90 anni.
E le nozze d'argento dei suoi, quella stessa estate.

E invece no, nulla di tutto questo.
Ma perché? Avrebbe potuto essere un anno importante per entrambi.
Ed invece ora lei era lì, ad affrontare questo avvenimento così speciale senza di lui.
Le sarebbe bastato solo che ci fosse, non avrebbe chiesto di più. Ma da ormai un anno ed otto mesi non era più possibile.

 

E non servirà più a niente la felicità,

a niente neanche la fantasia...

mi accontenterò del tempo andato...

 

C'era stato un momento preciso in cui aveva pensato: come posso provare ancora felicità? E a cosa potrebbe servire adesso?
Era stato molto tempo prima di quel giorno, non c'era neve e nemmeno freddo, ma forse sarebbe stato meglio se ci fossero stati. Invece il sole era splendido, il caldo opprimente, l'estate era appena iniziata, ed il nonno li aveva appena lasciati.
Inutile ricordare che cosa avesse provato in quel momento: anche se avesse tentato, non le sarebbe venuto in mente quasi niente. C'era solo una sensazione che copriva tutto, ed era la voglia di scappare.
Era scappata dalla stanza che ormai era diventata una camera mortuaria, era scappata dalla sua famiglia, distrutta dal dolore come non l'aveva mai vista, e sarebbe scappata anche da quel giardino, ma sapeva che doveva restare. Forse, più tardi, avrebbe avuto il coraggio di tornare dentro.

Per assurdo, il suo primo pensiero non era stata la più completa disperazione.
Era arrivata persino a dirsi che sarebbe stato meglio così che vederlo soffrire quotidianamente e restare in coma ancora per molti giorni. Però quell'idea non la rendeva poi tanto più allegra.

Non avrebbe forse più provato felicità pensando al nonno, perché qualunque attimo allegro, qualsiasi ricordo divertente, tutto era destinato ad essere affiancato alla sofferenza nell'averlo visto spegnersi ed al dolore per averlo perso.

E nemmeno la fantasia l'avrebbe potuta aiutare, perché, per quanto si fosse potuta sforzare di immaginarselo ancora vicino a lei, la realtà dei fatti le si sarebbe presentata, con tutto il suo pesante carico, ogni singolo giorno. E, d'altra parte, illudersi che il nonno non se ne fosse andato sarebbe servito soltanto a rimandare l'inevitabile.

Non c'era più tempo per loro due; quello che le restava era soltanto un lungo (sufficiente?) lasso di tempo passato, che ormai restava in vita solamente nei suoi ricordi. Si sarebbe dovuta accontentare, in ogni singolo momento di sconforto, di ripercorrere nella mente quanto di meraviglioso ed irripetibile aveva vissuto con lui fino a quel giorno.

 

Soffierà nel vento una lacrima che tornerà da te...

per dirti ciao, ciao!

Mio piccolo ricordo in cui nascosi anni di felicità, ciao!

E guardami affrontare questa vita come se fossi ancora qui.

 

In verità, i ricordi non erano così difficili da rievocare; essi, anzi, si presentavano in continuazione, anche quando la sua mente sembrava essere da tutt'altra parte. E questo perché, se c'era stata una persona della famiglia davvero presente nella sua vita, oltre, naturalmente, ai genitori ed al fratello, quella era stata proprio il nonno.

Fin da quando lei era piccola, non aveva fatto altro che occuparsi dei nipotini, svegliarli quando erano a casa, fare loro la colazione, curarli da malati, portarli in macchina a casa della nonna; e poi, ogni mattina passava per rifare i letti, pulire, mettere a posto la casa; quando la famiglia partiva per le vacanze, era sempre lui ad aprire la casa ogni giorno, a curare l'orto, ad occuparsi del cane.
Sembrerebbe qualcosa di insolito, dal momento che solitamente sono le nonne a fare i mestieri di casa e ad occuparsi dei nipotini; ma non era decisamente il caso della loro nonna, e, anzi, anche a casa dei nonni, era sempre il nonno a gestire quasi tutto. La sua presenza costante, che, durante l'infanzia, aveva affiancato genitori e baby-sitter, aveva influito molto sul suo carattere, non solo da bambina, ma anche e soprattutto negli anni successivi, quelli delle medie e del liceo, quando aveva cominciato ad avere la maturità necessaria per rendersi conto di quanto, davvero, il nonno avesse fatto per lei.

Da lui aveva imparato la tranquillità nel dialogare e scambiarsi opinioni, l'interesse nell'occuparsi gli uni degli altri all'interno della famiglia, la capacità di ascolto, l'amore per l'ordine (beh, questo fino ad un certo punto, per amor di verità). Ma le caratteristiche speciali che aveva ereditato da lui, e che non riguardavano per niente suo fratello, erano l'attaccamento al focolare domestico, cosa che la spingeva ad essere protettiva con i familiari, e l'abitudinarietà in molti piccoli aspetti del suo quotidiano, che non era sempre una qualità, ma che contribuiva a renderla una persona determinata e dai gusti piuttosto decisi.
 

Tutti i momenti, i mesi, gli anni che aveva passato con il nonno erano stati felici. Oh, certo, avevano avuto la loro dose di battibecchi durante la sua adolescenza, per i capelli, per i vestiti, per le uscite, ma erano durati ben poco, e, d'altra parte, non ne aveva avuti di quasi identici con i suoi genitori? Sì, anche in quello, il nonno era il suo terzo genitore, la persona di tutta la sua famiglia (che pure era affettuosa e presente) da cui sarebbe senz'altro corsa se, nel momento del bisogno, i suoi e suo fratello non fossero stati presenti.
 

Lui era sempre lì vicino, ad ascoltare silenziosamente qualunque cosa lei avesse da dirgli, senza giudicarla e senza farsi prendere dal panico o dalla rabbia. Le sarebbe piaciuto tanto che, in qualche modo, potesse osservarla anche in quel momento, mentre si avviava a grandi passi verso la sua Laurea.

 

Magari un giorno l'universo accoglierà la mia richiesta

e ci riporterà vicini

tra l'aldilà e il mio nido di città c'è molta differenza

anche se provo a non vederla.

 

Chi poteva davvero dire come fosse fatto il posto dov'era volato il nonno?
Di interpretazioni ne erano state fatte davvero tante, da quelle più canoniche e religiose, a quelle più spiritose usate nei film e nella pubblicità, a quelle letterarie che tanto le piacevano e che spesso aveva studiato. Ma, se avesse dovuto provare a descrivere un luogo in qualche modo assimilabile all'aldilà, non se lo sarebbe immaginato tanto diverso dalla Terra. Quello che più le piaceva, in realtà, era pensare che il nonno fosse insieme a suo fratello, che se n'era andato parecchio tempo prima.
 

Lei se li vedeva così, seduti a un tavolo con qualche altro vecchietto, in tranquillità, con davanti qualcosa da bere. Lo zio al centro del tavolo e delle chiacchierate, ovviamente, con una delle sue amate sigarette tra le labbra ed intento a raccontare qualcosa. Ed il nonno in un angolo, sorridendo in silenzio, rispondendo educatamente ai tentativi dello zio di tirarlo dentro alla conversazione. Ed alzandosi, di tanto in tanto, perché stare seduto a lungo gli avrebbe rovinato la piega dei pantaloni.
 

Perché loro due erano stati così, due fratelli inseparabili, che avevano deciso di lavorare insieme e vivere fianco a fianco con le rispettive famiglie. Ed il minore, lo zio, era il più esuberante ed estroverso, mentre il maggiore, il nonno, era quello più introverso, che lo invitava alla prudenza. Proprio com'erano lei e suo fratello.
 

Forse lei ed il nonno erano più vicini di quanto lei credesse.
 

Forse l'aldilà non era poi tanto diverso da un piccolo paese di provincia.

 

E giro il mondo, e chiamerò il tuo nome per millenni

e ti rivelerai quando non lo vorrò più

non adesso qui, su questo letto, in cui, tragico,

mi accorgo che il tuo odore sta svanendo lento.


 

Uno dei piccoli rituali che più la intristivano, ma che continuava a fare perché stranamente la tranquillizzava, era salire le scale fino a quello che era stato lo studio e che era poi diventato il rifugio del nonno negli ultimi anni. Era abituato a passare le mattine lì, dove c'era pace e silenzio, e, dal balcone, si poteva guardare fuori ed ammirare le belle giornate di sole. Tutto il contrario del piano di sotto, dove, tra salotto e cucina, c'era il regno della nonna e di tutte le sue chiassose esigenze.
 

Per lei, sedersi su quel divano era un po' come sentirlo ancora vicino.
 

Non c'era più nulla di lui, nemmeno il suo profumo; erano rimaste solo alcune fotografie, incorniciate e posate sulla libreria. Eppure la sua presenza era ancora così vivamente tangibile!
 

In quei quasi due anni c'erano stati dei momenti in cui si era dispiaciuta di non essere una fotografa professionista, perché, se così fosse stato, avrebbe sicuramente avuto materiale per dei bellissimi scatti. Tutta la casa dei nonni le ispirava delle istantanee malinconiche e suggestive
.

Il piccolo studio, con il suo divano e la sua alta scrivania in legno scuro, senz'altro.
 

E poi il cassetto della camera dov'erano conservati tutti i biglietti che lei ed il fratello avevano fatto negli anni per il nonno.
 

L'armadio, dov'era ancora appesa la sua cravatta preferita, che metteva solo a Natale e poche altre volte.
 

Il divano del salotto, vicino alla porta finestra, con la tenda perennemente scostata, per poter guardare fuori, e la luce che entrava dall'alto verso il basso.
 

Le sedie sotto la tenda, dove si sedeva i giorni d'estate.
 

Le fronde dei grandi alberi del giardino, dove s'era rifugiata quando aveva capito di averlo perso per sempre.
 

Tutte quegli oggetti, quei colori, quelle luci continuavano, senza sosta, in ogni stagione, a parlarle di lui. Restavano lì, come una sorta di legame resistente con un qualcosa che sembrava affievolirsi giorno dopo giorno.

 

E senza pace dentro il petto,

so che non posso fare tutto...

ma se (tu) tornassi farei tutto e basta!

 

Non era stato sempre facile, né quando il nonno c'era ancora, né tantomeno ora che non c'era più.
Come tutti, anche lei aveva avuto dei periodi difficili, durante i quali fare qualsiasi cosa le era sembrato molto, molto più pesante e duro.
Quello che era stato il peggio, per lei, era stato imparare a fare i conti con i propri limiti.
Sapeva di averne, e non pochi. Il suo carattere non sempre aperto l'aveva portata, qualche volta, a tirarsi indietro ed a rinunciare a qualcosa che sarebbe potuto essere bello, se solo avesse lottato. Con il tempo, aveva imparato a capire che cosa richiedesse uno sforzo ragionevole e fattibile, e quindi andasse almeno tentato, e che cosa, invece, fosse del tutto al di fuori delle sue possibilità, oppure la scelta più sbagliata per lei in quel momento.
Non si considerava una maestra in questo, ma, almeno, aveva imparato ad ascoltarsi di più.

E certo la consolava molto sapere che il nonno non aveva mai criticato una sua scelta rinunciataria; aveva forse capito, molto più di altri, che non era il momento. O forse, semplicemente, aveva visto talmente tante cose peggiori (dalla guerra alla fame alla povertà) che sapeva bene che i problemi della vita sarebbero stati altri. La frase che diceva più spesso, soprattutto alla nonna, era: “Lasciatela stare!”. Per quanto fosse una piccola cosa, era una di quelle che le mancavano di più. Lui non le dava mai un consiglio determinato, però, a suo modo, riusciva lo stesso ad infonderle sicurezza.
 

Per la verità, una parte di lei avrebbe affrontato qualsiasi cosa, se avesse saputo con certezza che il nonno l'avrebbe vista, dovunque egli fosse, ed avrebbe pensato “Che tosta la mia nipotina!”.
 

E poi, lei era sempre stata assalita dalla paura quando si trattava di viaggiare, ma, se avesse saputo che dall'altra parte del mondo c'era il nonno da riprendere e portare a casa, sarebbe partita quella sera stessa, e senza nemmeno un dubbio.
 

E pensare tutto questo le dava forza ogni volta che si trovava davanti ad un ostacolo un po' più grande del previsto.

 

E guardo fisso quella porta perché se entrassi un'altra volta

vorrebbe dire che anch'io sono morto già

e tornerei da te

 

E spesso restava così, davanti alla porta della casa dei nonni, aspettandosi che uscisse per accoglierla, come sempre. Ma sapeva che non sarebbe stato possibile, non in questa vita, almeno.
 

Se un giorno, per caso, si fosse trovata a guardare quel fantomatico tavolo da cui le sorridevano il nonno e lo zio, sarebbe stata sicura di non essere più nemmeno lei sulla Terra. E non era certo intenzionata a sperarlo.

 

per dirti ciao, ciao!
Mio piccolo miracolo sceso dal cielo per amare me

ciao...

 

Tuttavia, le sarebbe bastato salutarlo, dirgli ciao una volta per tutte.

Era stato così importante per lei!
 

Una persona meravigliosa venuta per starle accanto fin da quando era solo una bambolina piccolissima, che aveva passato gli ultimi anni della sua vita a fare il bene suo e della sua famiglia.

Quanti altri avevano avuto una fortuna pari alla sua?

Lui era stato un suo piccolo miracolo; senza di lui, quei 20 anni, quegli otto mesi e quei cinque giorni sarebbero stati diversi.

Non avrebbe potuto scordare tutto questo, neanche se avesse vissuto mille anni.

 

e cadono i ricordi

e cade tutto l'universo e tu stai lì.

 

Il fatto che in quel momento, in quella sera particolarmente fredda d'inverno, qualche giorno prima della sua Laurea, si fosse ritrovata a ripensare così intensamente al nonno, era una prova di tutto questo.
 

Il suo mondo stava per mutare radicalmente, un'altra volta; sarebbe stata una Dottoressa in Lettere ed una studentessa di Laurea Magistrale; avrebbe frequentato molto di più, con ogni probabilità, i compagni che aveva imparato a conoscere meglio quest'anno, forse più delle sue amiche storiche della Triennale, molte delle quali avevano scelto di non continuare e frequentavano meno l'Università; e poi a scuola di danza ed ovunque iniziava ad essere nel “gruppo dei più grandi”. Il cammino verso l'età adulta era sempre più breve, e ne era consapevole. Erano quelli i momenti in cui percepiva le sue paure e le sue insicurezze, in cui le sembrava che un'era si stesse chiudendo.
 

Era quasi come se lei stessa si fosse costruita una sorta di stanza, in cui aveva appeso, come quelle fotografie sbiadite che ogni tanto spuntano fuori dall'album dei ricordi, ogni sua piccola certezza, ogni pezzetto solido ed incrollabile della sua esistenza. Ma, in un momento come quello che si apprestava a vivere, le sembrava che tutto le scivolasse tra le mani.
Poteva quasi vederlo: le fotografie si staccavano, venivano lacerate dal chiodo con cui erano state appese e cadevano a terra senza un rumore.
 

Non quella del nonno, però, che ormai si era conquistata quel piccolo buco nero nel suo cuore, e da lì non se ne sarebbe più andata.
 

A dispetto di tutto: delle difficoltà di qualunque genere che avrebbero rischiato di mettere in secondo piano la famiglia e gli affetti; delle giornate più dure e delle nottate più lunghe; del tempo, che continuava ad allontanare il passato trascorso insieme.
 

Vi era un'unica cosa a cui non si rassegnava, e con la quale, purtroppo, avrebbe dovuto imparare a convivere: la nuova pagina che stava per scrivere era una pagina senza il nonno. O, almeno, senza la sua presenza così come l'avrebbe voluta.
 

Si sentiva esattamente come la prima sera dopo la sua morte, non era riuscita a prendere sonno per un po', e, anzi, aveva quasi tentato di non addormentarsi, perché così, forse, sarebbe riuscita a convincere se stessa che non aveva ancora iniziato un nuovo giorno senza di lui.
 

Crescere significava anche lasciarsi alle spalle il dolore ed imparare a ricordare con positività le persone speciali che ci hanno lasciato. Lei era abbastanza sicura di essere sulla buona strada; del resto, non era stato proprio il nonno ad insegnarle che la vita va comunque avanti?
 

Ancora una volta, pensò, era il suo ricordo a darle coraggio ed a prepararla ad una nuova fase della sua vita, in cui lui non avrebbe potuto esserle accanto, ma avrebbe sicuramente continuato a guardarla.

 

LA VITA COME TU TE LA RICORDI,

UN GIORNO SE NE ANDÒ CON TE.

  
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