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Autore: Rooosteerr    20/06/2016    5 recensioni
❝ Sansa aveva ragione quando ammonì il fratello di essersi basato solamente su un primo approccio per la battaglia, di aver sbagliato nel non chiedere il consiglio di lei, lei che era vissuta con quel mostro, che era stata toccata, violentata, distrutta da quell’essere. Sansa conosceva bene Ramsay Bolton, conosceva i suoi punti di forza e le sue debolezze, e aveva fatto centro: l’aveva pugnalato proprio nel punto più doloroso. ❞  ──── 6x09 | Battle of Bastards
Genere: Drammatico, Guerra, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Jon Snow, Ramsay Bolton, Sansa Stark
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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YOUR NAME WILL DISAPPEAR

Lady Sansa Stark fermò il suo incedere e lanciò uno sguardo verso il viso tumefatto e insanguinato di colui che per tempo, troppo tempo, aveva soggiogato la sua casa e aveva torturato i suoi abitanti, lei per prima. Nessun sorriso comparve sul viso della figlia di Eddard Stark e Catelyn Tully, seppur il suo animo gioisse per la fine di quel bastardo: con il passare degli anni e l’aumentare del dolore come dei tradimenti subiti da persone amiche, aveva avuto modo di imparare a non far trasparire alcuna emozione perché le emozioni ti rendono debole agli occhi degli altri. Ramsay si mosse, scosse il capo e sputò del sangue amaro sul suolo. Sansa non aveva fermato suo fratello Jon quando questi stava pestando l’usurpatore di Grande Inverno: l’aveva semplicemente guardato, come ora guarda suo marito, il suo futuro defunto marito, priva di alcuna espressione, senza ordinargli di fermarsi o addirittura continuare. Ma Jon aveva capito, Jon aveva compreso i pensieri di Sansa e si era bloccato; allora comandò che Ramsay fosse legato, portato al canile e le celle dei segugi aperte.  
«Sansa…» La voce di Ramsay Bolton era biascicata e roca, incomprensibile anche per il riverbero del luogo raccapricciante, tomba della madre e del fratellino appena nato. «È così che stanno le cose, vero?» Nessuna risposta, il silenzio più totale. La giovane donna dai capelli della Casata Tully rimase impassibile, come se di fronte a lei non stesse il suo stupratore, l’uccisore di suo fratello Rickon, lo sterminatore degli abitanti di Grande Inverno. «I nostri momenti insieme stanno per finire. ─L’uomo si fermò e un ghigno atroce, reso ancora più deplorevole dal sangue che non smetteva di colare, comparve sul suo volto;─ Non puoi uccidermi, sono parte di te, che ti piaccia o meno.»
«Il tuo corpo scomparirà. La tua Casata scomparirà. Il tuo nome scomparirà. Qualsiasi ricordo di te scomparirà.» E quello era il terrore più grande di Ramsay Bolton: essere dimenticato, essere nessuno, essere ancora una volta uno Snow: aveva lottato per essere qualcuno, aveva dimostrato al padre di essere degno del suo nome e poi l’aveva accoltellato, garantendosi così il pieno potere su Grande Inverno e sul Nord intero. Sansa aveva ragione quando ammonì il fratello di essersi basato solamente su un primo approccio per la battaglia, di aver sbagliato nel non chiedere il consiglio di lei, lei che era vissuta con quel mostro, che era stata toccata, violentata, distrutta da quell’essere. Sansa conosceva bene Ramsay Bolton, conosceva i suoi punti di forza e le sue debolezze, e aveva fatto centro: l’aveva pugnalato proprio nel punto più doloroso.
I ringhi dei segugi si fecero più sonori e aumentarono il terrore nello sguardo del bastardo di Roose Bolton; uscirono lentamente dalle loro celle, come erano abituati a fare quando il loro padrone li liberava per trucidare l’ennesima povera vittima.
«I miei segugi non mi sbranerebbero mai», affermò con fierezza, del tutto convinto di ciò: nemmeno in punto di morte il suo animo sarebbe mutato.
«Non gli hai sfamati per sette giorni: l’hai detto tu stesso.»
«Sono bestie fedeli.»
«Lo erano. Ma ora sono affamati.»
Ramsay serrò le mani sui braccioli della sedia e affondò, per quanto possibile, le unghie nel legno. Tra i segugi, quello più grosso e feroce, quello che Ramsay slegava per ultimo perché il più forte e veloce, perché era il suo preferito, si fece avanti, agguantò le zampe sulle cosce del padrone e cominciò ad annusare il viso, spinto dal forte odore di sangue e carne umana, della quale tutti erano consueti cibarsi. Colui che un tempo era stato carnefice e in quell’esatto momento vittima cercò di richiamare la bestia, di farlo retrocedere e di essere lasciato in pace, nella vana speranza di salvare la propria vita e di potersi vendicare di quella Stark e del suo affronto. Ma quell’animale non dava segni di obbedienza, così come tutti gli altri.
E poi accadde.
Il cane addentò il viso del padrone: lo fece senza pietà, spinto dai morsi della fame. “In quali parti del vostro corpo affonderanno prima i denti i miei cani”, aveva cercato così di intimorire Jon Snow e i suoi. “Gli occhi? O le palle?” Per lui, i suoi cani avevano scelto gli occhi, gli stessi che erano stati testimoni e artefici di torture impronunciabili, perfino impensabili. Il canile lercio e oscuro si riempì di ringhia, urla e sangue; nessuno dei tre dava segno di cedimento: i cani si stavano sfamando, Ramsay stramazzava, boccheggiava e gridava per il dolore e come avrebbe potuto non scorrere il sangue dalle ferite provocate dalle zanne affilate e allenare a lacerare carne umana, a spezzare ossa umane e a far a brandelli muscoli umani?
Nessuno avrebbe più temuto l’ira di Ramsay Bolton, del bastardo dal vessillo dell’Uomo Scuoiato, colui che era nato come niente e stava morendo come niente. Nessuno si sarebbe più ricordato di lui.
Sansa uscì dal canile.
Sorrise.

  
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