Anime & Manga > Haikyu!!
Ricorda la storia  |       
Autore: Alex Wolf    20/06/2016    0 recensioni
Haikyuu x Reader
Riptides, in italiano "correnti di risucchio" "rapide", è un insieme di piccoli e brevi racconti riguardanti i personaggi di Haikyuu.
Non hanno un senso logico, il più delle volte li scrivo in base a scene che ho visto o momenti che ho vissuto, oppure seguendo sprazzi di sogni che ricordo.
Genere: Generale, Romantico, Sportivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna, Het | Personaggi: Akira Kunimi, Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: AU, Cross-over, What if? | Avvertimenti: Bondage, Spoiler!
Capitoli:
   >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
 
Yūji Terushima - Ti stò guardando 










" E quando sarai debole, io sarò forte

Io terrò duro

Ora non ti preoccupare, non durerà a lungo

Cara, e quando senti che non c'è più speranza

Corri tra le mie braccia.

- Charlie Puth / One call away - "










È una cosa parecchio strana.  Non ha senso. Quella palla l'ho murata. Allora perché? Perché non mi capacito di tutto ciò?

Mentre l'arbitro fischia l'ultimo punto necessario all'altra squadra per vincere, mi rendo conto che quel suono sta segnando la fine di un altra partita, di un altro tempo, di un'altra sconfitta. Dell'ultimo torneo delle superiori. 

La luce di speranza che ho covato per tanto tempo dentro di me si affievolisce piano piano, fino a che di lei non rimane che un tenue bagliore sovrastato dall'oscurità dei miei pensieri. Viene inghiottita e scompare.

I miei piedi toccano terra, la mano sinistra si stringe sul braccio destro e lo chiude in una morsa dolorosa. Meglio il dolore fisico che quello mentale, mi dico. I miei occhi restano fermi sui corpi atletici dell'altra squadra, sulle sue giocatrici che saltano e esultano felici del risultato. 

Perché loro ci sono riuscite? Dove abbiamo sbagliato noi? Dove ho sbagliato io? 

Una mano mi si posa leggera sulla spalla sudata costringendomi a voltarmi, la mia maschera è già al suo posto pronta all'utilizzo. E forse è meglio così perché gli occhi che incontro sono carichi di tristezza e rammarico.

Sorrido alla ragazza del primo anno che ho davanti, le scombino un po' i capelli in segno d'affetto. 

- Mi dispiace Senpai. È stata colpa mia, ho rovinato tutto. - Singhiozza improvvisamente, portandomi a socchiudere le labbra.

Detesto la gente che piagnucola dopo che commettono un errore, ma non posso fare a meno di provare un certo senso di giustizia in quelle lacrime salate che le corrono sul viso. Almeno è cosciente di aver sbagliato qualcosa. Lo siamo tutte.

Sospiro, portandola con me vicino alle altre. 

- È andata così - inizio osservandole tutte negli occhi - ma questo non significa che non siamo state brave! - 

Il coach annuisce, le mani incrociate sul petto che si alza e si abbassa velocemente. Anche lui è rimasto deluso da quella sconfitta, come tutte noi. 

Mi specchio per qualche secondo nei suoi occhi scuri, trovandoli vitrei e sprovvisti delle parole che è solito usare quando qualcosa non va; lo stesso vale per quelli del professore. Nonostante siano stati sicuramente abituati alle sconfitte è la prima volta che ne affrontano una con una squadra femminile, devono sentirsi chiaramente presi in contropiede. Cosa possono mai dire due uomini grandi e vaccinati a un gruppo di ragazzine sull'orlo delle lacrime? 

Sospiro. Prendo una boccata d'aria e accarezzo la schiena a una delle mie compagne più giovani.

- Siamo state brave, fino alla fine. Abbiamo tenuto alto il nome della nostra scuola, fino alla fine. È vero ci hanno battuto, ma questo non significa che siamo sconfitte. - Dentro di me sento il cuore che batte tanto forte che ho paura si fermerà per la stanchezza. - Per quelli del terzo anno ormai non c'è più possibilità di fare altri tornei - , detesto le parole che mi escono dalla bocca tanto quanto la cruda verità che trasportano, - ma per tutte le altre c'è ancora tempo. L'anno prossimo vincerete di sicuro è andrete ai nazionali. - 

Si rallegrano quasi tutte. Quasi tutte tranne le maggiori. No, e come potrebbe essere possibile? La nostra ultima partita si è chiusa con una sconfitta. Noi ci limitiamo a sorride, unire le mani nel cerchio e gridare per l'ultima volta il motto della nostra squadra con la consapevolezza che niente, d'ora in poi, sarà più lo stesso. Una verità tanto inevitabile quanto dolorosa e piena di rimorsi.

Mi sento vuota.  

Mi sarebbe piaciuto vincere questo ultimo torneo. Lo volevo con tutto il cuore. Ma sono consapevole del fatto che le cose non vanno come si vorrebbe, per cui gettarmi addosso valanghe di colpe lo levo dalle cose riportante nella lista dentro la mia mente. 

Ringrazio il coach e il professore, la nostra manager, abbraccio le ragazze e prima di uscire dal quel palazzetto sportivo mi soffermo sugli spalti a osservare l'ultima partita della giornata. Più per evitare di tornare a casa e farmi assalire da una fiumara di pensieri che per la voglia di restare seduta.

La squadra di pallavolo femminile della Jozenji è meticolosamente preparata, al contrario della maschile, e calcola le proprie mosse con una calma snervante e precisa. La sua avversaria, nonostante sia in netta superiorità per quanto riguarda l'altezza, non può molto contro la tecnica che usano nell'altra parte del campo. È una battaglia impari ma anche pari, sotto diversi punti di vista. Dove una manca l'altra si erge e viceversa. 

Sospiro, mentre il diciassettesimo punto della squadra d'oro va ad aggiungersi sul cartellone. Il tifo della Jozenji acclama.

Un'ombra attira la mia attenzione. Una sagoma che conosco d'un troppo bene. 

- Non osare aprire la tua boccaccia,  Terushima. Non sono in vena di battutine. -                                               Il ragazzo sorride divertito, mentre si siede accanto a me e si mette in bocca un lecca-lecca. Oggi non gioca, che sia venuto a vedere le sue compagne? Probabilmente si.

Quando anche il diciottesimo punto delle divise d'oro va a segno, Yūji si esalta e esulta divertito. Non posso fare a meno di guardarlo, desiderando che svanisca così come è arrivato: in un soffio. 

Eppure, quando i miei occhi si posano sul suo volto mi sento stranamente divertita, al contrario di ogni mia aspettativa. L'espressione che fa è buffa, ma direttamente proporzionale al sentimento che prova ora. È inevitabile per lui essere felice, in quanto è la sua squadra a stare vincendo. Una fitta mi attanaglia lo stomaco. Gelosia. 

Sospiro e smetto di guardarlo. La partita va avanti. Mi do della stupida. Perché continuo a osservare una partita senza guardarla realmente? Perché non mi incammino verso casa? Ormai mancano poche ore alla sera, rischio di perdere l'ultimo treno. Eppure, non mi muovo. 

Non è che da un momento all'altro arriverà qualcuno che mi chiederà di entrare in campo perché sono a corto di giocatori o semplicemente perché gli serve qualcuno con cui allenarsi, o perché lo vuole fare. Queste non sono amichevoli e io non sono più una giocatrice delle superiori. Quanto vorrei esserlo.

- Allora - comincia il biondino, spostando lo stecco del dolcetto da una parte all'altra della bocca - ho visto la tua partita. Che diamine ti è successo? - 

- Come scusa? - Non lo guardo nemmeno. So cosa intende e a cosa si riferisce. 

- Senpai - borbotta, girando il busto nella mia direzione. Sento il peso del suo sguardo che mi schiaccia, mi comprime fino a spappolarmi sotto la sua presa. 

A un tratto desidero solo andarmene. Riportare la divisa a scuola, prepararmi ad andare all'università, dimenticarmi di tutto quello che è accaduto oggi. 

- Senpai - sussurra questa volta, allungando una mano sul mio ginocchio. Ha la pelle calda e questo allevia un pochino il dolore dei miei muscoli ancora indolenziti. - Perché hai mollato la spugna? - 

Sono parole semplici, una semplice domanda, eppure mi arriva dritta al cuore come una stilettata tagliente destinata a uccidere. 

Sussulto sorpresa quando le sue dita stringono leggermente di più il mio ginocchio. Che sia arrabbiato? Non dovrebbe, anzi tutto il contrario. Sebbene non abbia giocato contro di lui siamo avversari, dovrebbe gioire del fatto che un'altra squadra che non sia la sua ha perso. Meno problematiche per le sue compagne. Eppure sembra tutto il contrario. Logico. Lui non sta ragionando da giocatore, ma da amico. 

- Senpai, rispondi alla mia domanda. - Lo odio quando mi si rivolge con quel tono tagliente e autoritario. L'ho sempre odiato, sin  da quando eravamo bambini. 

Respiro. Espiro. Dentro. Fuori. 

Stringo la cinghia della mia borsa e mi alzo, sovrastando la sua figura snella con la mia ombra. I colori della sua divisa scolastica diventano cenere contro il buio che gli si staglia davanti. 

- Non ho mollato la spugna, Baka-Yūji. Semplicemente le altre erano più forti. Tutto qui. - Una spiegazione semplice ma concisa, come si addice a un capitano. Un ex capitano. 

Il ragazzo si alza a sua volta. Ora è la sua di ombra che lambisce la mia. Inutile provare a evitarlo, lo so bene, tanto mi seguirebbe fino a casa e continuerebbe a chiedere spiegazioni in lungo e in largo e la mia testa non può sopportarlo oltre. 

- La ragazza che ho conosciuto io non avrebbe mai detto una cosa simile - borbotta, con le sopracciglia corrucciate. I suoi occhi scuri mi scavano dentro come due ruspe in cerca della verità. 

Che ragazzo pesante e impertinente.

- Yūji - tentenno un poco sulle parole da dire, tentando di mettere insieme un discorso che non faccia una piega. Ma è difficile provare ad accontentare sia la mente che il cuore. - Evidentemente non ci siamo impegnate abbastanza. Avremmo dovuto allenarci di più, faticare di più... crederci di più. Forse è questo il motivo della nostra perdita. Tutta via, le ragazze avranno un alt... - 

- Ma tu no. Tu non avrai un'altra possibilità. - Si avvicina e mi prende il polso fra le dita lunghe e pallide. I calli sulle sue mani da pallavolista sfregano sulla mia pelle pallida, ma non è un contatto spiacevole, anzi. Ho il cuore che batte forte, ma non per l'emozione bensì per le parole crude che gli sono uscite dalla bocca. - Ti ho guardata allenarti per settimane dalla mia finestra, Senpai. Ti ho osservata meticolosamente. Anche se dovevo studiare ho preferito seguire i tuoi movimenti e adesso mi domando, come puoi lasciar correre tutto così? Come puoi non sentirti frustrata o arrabbiata o triste? O, peggio ancora, come puoi semplicemente dire: "erano più forti, tutto qui." Io ti ho guardata, sempre, anche se tu non l'hai mai fatto, e mi sono perso nella luce che brillava nei tuoi occhi. -  Espira. - Ma dov'era quella luce alla fine della tua ultima partita? Dov'è adesso? -

Arriccio le labbra stordita. - Che stai tentando di fare, eh? Vuoi vedermi crollare? - Le parole mi sfiorano le labbra in un sibilo. - Che cosa speri di ottenere dicendomi ciò? Chi ti credi di essere? - Stringo i pugni.

Lui sorride un poco, allungando la mano libera verso il mio volto. Quando mi sfiora sussulto, non tanto per il calore o il fastidio quanto per la sorpresa nel constatare che sta asciugando delle lacrime. Poche, ma pur sempre lacrime salate che mi rigano il viso e bruciano più dell'acido. Hanno un sapore amato quelle dannate gocce trasparenti e io non voglio sentirlo. E difatti non arrivo mai a degustarlo, perché lui le spazza lontane con gesti semplici e veloci, in modo che nessuno si accorga di esse.

Lo vorrei ringraziare ma mi conosco e so che se aprissi la bocca adesso ricomincerebbero a scendere.

Lui continua a tenere le labbra piegate verso l'alto mentre stringe nuovamente il mio polso e inizia a salire gli spalti con velocità, diretto all'uscita. Lo seguo, tentando però di liberarmi dalla sua presa. Inutile. È un ragazzino, ma gli allenamenti gli hanno fornito un certo quantitativo di forza che a me, adesso, manca.

Yūji è un tipo pieno di se e con la testa non del tutto apposto. È un soggetto strano, il mio vicino di casa, eppure nonostante tutto lo seguo. Le sue parole mi circolano nella testa come le onde di un sonar ripetute all'infinito. 

Quando ci fermiamo, chiusi dentro un bagno, le mani di Yūji si spostano nuovamente sul mio viso e lui mi guarda. Mi osserva con le sue iridi castane, seriamente. 

- Lasciami andare - borbotto - non ho alcuna intenzione di parlare con te chiusa in un bagno maschile. È una cosa schifosa. - 

Non ride. Ogni sprazzo di giocosità è scomparso dal suo volto giovane, rendendolo serio come non l'ho mai visto. Credevo che quella parte di lui non esistesse neanche. Perciò mi stupisco quando scuote la testa e la piega leggermente a destra. 

- Tu hai qualcosa che non va - mormora. - Le tue emozioni... Detesto la gente che non esprime le proprie emozioni, Senpai. Sono come morti che camminano, gusci senza anima. Non voglio che tu ti aggiunga a quella categoria. - Allenta un pó la presa, lasciandomi libera di muovere la mascella a mio piacimento. 

Eppure, non faccio niente. Non riesco a fare niente se non respirare, guardarlo, osservare il pavimento. Quest'ultimo in particolare sembra davvero interessante adesso. Le piastrelle grigie, il leggero strato di sporco che intercorre nel mezzo, qualche macchia di troppo.

Yūji rimane in silenzio per poco. E quando parla la mia figura trema. - Senpai. - 

Non lo guardo, non gli rispondo. Mi sento in contrapposizione con qualcosa dentro di me. 

- Senpai. - Ancora silenzio. - OHY! Esprimiti, dannazione! Sei arrabbiata?! Sei frustrata?! Sei triste?! - Mi scuote le spalle. - SEI UN INVOLUCRO VUOTO?! - 

- NO! - sbotto alzando lo sguardo. Non voglio essere qualcuno senza emozioni. Non voglio essere qualcosa che lui odia. 

Gli sbatto un pugno sul petto, più largo è allenato di quanto ricordassi, per poi poggiarci la fronte sopra. È così stupido. È così caldo. È così familiare. È così... 

Lascio ricadere le braccia a penzoloni e chiudo gli occhi. Lo vorrei picchiare adesso, ma c'è un macigno pesante nel mio petto che lui ha iniziato a muovere e ora non si può più fermare. Che odio. 

- Sono frustrata, si, e sono anche triste. Avrei voluto vincerla io quella dannata partita! Cazzo. La mia ultima partita sfumata per colpa di qualche incompetente che non sono stata in grado di allenare! Che razza di capitano sono stata?! - Lo allontano con una spinta e la sua schiena sbatte contro la parete blu del bagno. Mi metto a gesticolare mentre lascio che le mie emozioni straripino e vengano finalmente a galla. Non verso una lacrima, lascio che sia il tono della mia voce l'unica fonte necessaria a intuire i miei repentini cambiamenti di stati d'animo.

Il macigno inizia a rotolare, prima piano poi sempre più forte e alla fine si schianta contro le costole e ruggisce soddisfatto. 

Mi tremano le gambe dopo che ho dato sfogo ai miei pensieri, ho paura che non mi reggano più. 

Perciò mi siedo sopra il borsone con la roba da pallavolo e ritorno a guardare il pavimento. Mi sento così vuota adesso. Vuota e leggera. Una sensazione alquanto dissonante. 

Tiro una testata alla parete alle mie spalle e sbuffo un sorriso. Mi sento così libera. 

- Terushima, sei un idiota. - 

- E meno male, sennò a quest'ora saresti a casa a deprimerti. - 

- Non mi avresti lasciato scampo nemmeno li, ci metto la mano sul fuoco. - 

Ride e si avvicina, accovacciandosi davanti a me. Poggia per l'ennesima volta le mani sulle mie ginocchia e sorride dolce. Il cuore mi rimbalza prepotentemente nel petto, mentre tento in tutti i modi di non darlo troppo a vedere.

Yūji è sempre stato un bel ragazzo, sin da piccolo, ma è come un fratello per me, come posso anche solo pensare che sia più che bello in un momento come questo? 

Scuoto il capo. Però rimane "più che bello" lo stesso. 

Quando usciamo dal palazzetto mi lascio alle spalle la tristezza e le gioie provate in tutti quegli anni -o almeno ci provo- e, soprattutto, tento di abbandonare l'idea che Yūji stia diventando qualcosa di più di tutto quello che è stato finora. Poi mi accorgo che lui era già quel "qualcosa in più " e che non voglio che non lo diventi. 

Non voglio. 

Punto i miei occhi sulla sua nuca e rimango a osservarlo per un lasso di tempo che sembra infinito. I suoi capelli biondi risplendono sotto i raggi tenui del sole e mi attraggono. Chissà come è passarci le dita in mezzo? 

Lascio che le immagini dei nostri ricordi, quelle che conservo nella memoria, fluiscano e mi appannino gli occhi. 

"Io ti ho guardata, sempre, anche se tu non l'hai mai fatto, e mi sono perso nella luce che brillava nei tuoi occhi." 

Ti sto guardando anche io, penso e mi muovo senza pensarci.

Stringo inconsapevolmente la mia mano nella sua e mi blocco, portandolo a fare lo stesso. Il vento soffia e gli accarezza i capelli, sembra voglia cullarlo nel suo fiato leggero. 

Ho il cuore che balla e le labbra che tremano e vorrei sotterrarmi, ma al tempo stesso non sono mai stata così sicura di qualcosa. Prima di partire devo darmi una risposta. 

- Senpai? - Ha le sopracciglia inarcate e lo sguardo interrogativo. 

Dentro. Fuori. Inspiro. Espiro. 

Gli prendo il viso tra le mani e mi avvicino tanto da sfiorargli il naso come il mio. Una scarica mi pervade la spina dorsale. 

- S-Sen... -

- Tu... Tu mi guardi ancora?- chiedo mordendomi le labbra. 

Lui sbatte le palpebre e noto la sua mascella fare un piccolo guizzo. 

- Io non ho mai smesso di guardarti. - 

Non chiedo altro alla mia voglia di sapere, perché non ne ho bisogno. Cancello le distanze.

Ha le labbra che sanno di caramella. Morbide, sottili e calde; così come la sua pelle. E ha un profumo delizioso, che mi pervade le narici . 

Le sua mani larghe si poggiano con delicatezza sui miei fianchi, li stringono piano e li avvicinano ai suoi. È una sensazione meravigliosa, diversa da tutto quello che avevo immaginato. Non c'è senso di colpa, ne risentimento, solo pace. Persino quella stramaledetta partita è scomparsa dai miei pensieri.

Mi ha consigliato lui di lasciarmi andare alle emozioni e, dopotutto, questa cosa non mi dispiace affatto. Se solo l'avessi notato prima, se solo mi fossi accorta prima dei suoi sentimenti. Dei miei sentimenti. Ma forse è meglio così. Forse è meglio che il tempo abbia seguito il suo corso lento e costante.

Yūji sorride mentre si avvicina ancora e mi stringe, lasciando che le mie mani gli passino tra i capelli. Sono così soffici che non smetto di accarezzarli nemmeno quando lui si lamenta docilmente che lo sto spettinando.

Il vento ora non lo tocca più, perché io ho preso il suo posto.

- Adoro le persone che hanno dei sentimenti - sussurra, sfiorando con l'indice il contorno della mia mascella. - Sono come conchiglie che riflettono il mare, e io non mi stanco mai di guardare il mare. -

Nemmeno io.
  
Leggi le 0 recensioni
Ricorda la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
   >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Anime & Manga > Haikyu!! / Vai alla pagina dell'autore: Alex Wolf