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Autore: Enigmista12    22/06/2016    1 recensioni
L'approdo a Gotham City dei tre maghi più famosi del mondo getta nello scompiglio varie vite; ma un pericolo è in agguato, e bisognerà unire le forze per fermarlo.
Genere: Avventura, Commedia, Fantasy | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna, Het | Personaggi: Un po' tutti
Note: Cross-over, OOC, Otherverse | Avvertimenti: Spoiler!
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Prologo


“Non si può andare avanti così!” Sbottò Fish Mooney. Falcone e Maroni annuirono, perfettamente d'accordo. Era una fredda mattinata a Gotham... come sempre. I tre mafiosi si trovavano a discutere nel locale della donna, Mooney. Davanti a loro stava una copia del giornale Gotham Gazette. Da qualche tempo in città avvenivano stranissimi fenomeni: la sera, in cielo, brillavano luci di tutti i colori come fuochi d'artificio, ma nessuno in città ne faceva uso. Alcune persone, vedevano saettare figure nel buio della notte, e temevano potesse trattarsi di qualche nuovo criminale stravagante che entrasse furtivo nelle case, anche se non c'erano segnalazioni di furto; in fondo, a Gotham City, tutto è possibile per il crimine. Questi fatti non avevano interessato granché i due mafiosi più potenti della città, don Carmine Falcone e don Salvatore, “Sal” Maroni. Tuttavia, negli ultimi giorni, erano stati recati danni anche molti edifici, tra cui alcuni di loro proprietà. Da cosa, era ancora da specificare: i muri si abbattevano come colpiti da una strana forza, ma non si capiva quale forza. Per questo si erano riuniti a discutere, nel locale del braccio destro di Falcone, la sensuale e spietata Fish Mooney. La sera prima un altro edificio, che da qualche giorno si stavano contendendo i due boss criminali, era stato danneggiato irreparabilmente.

“Secondo me” disse Maroni. “C'è di mezzo un complotto. Qualche settimana fa non è venuto qui in città quel nuovo mafioso... come si chiamava? “Z” qualcosa...”

“Zucco. Tony Zucco” spiegò Falcone. “Ma è troppo giovane e decisamente innocuo per fare danni di questo tipo.”

Mooney si era seduta e scrutava il giornale sul tavolo come se sperasse ne saltasse fuori qualche indizio.

“Se posso permettermi” disse a quel punto Frankie Carbone, l'uomo d'onore e migliore amico di Maroni. “Potremmo andare a vedere personalmente i danni recati all'edificio; magari scopriremo qualcosa di più che stare qui a consultare un giornale”.

“E' giusto” approvò Falcone. “E poi non è detto che sia una cospirazione contro di noi: potrebbe essere qualche nuovo criminale da strapazzo con la passione dei fuochi d'artificio esplosivi”.

Tuttavia, di nascosto agli altri, tutti e tre i mafiosi pensavano la stessa cosa: perché allora non avevano assaltato delle banche o posti con qualcosa di valore, piuttosto che vecchi edifici alla rinfusa? Tuttavia, il gruppo decise di uscire a controllare personalmente; per non dare troppo nell'occhio, decisero di potarsi dietro solo i loro uomini più fidati e pericolosi: sarebbero venuti anche Carbone, Butch Gilzean, il tirapiedi più fidato di Fish, e Victor Zsasz, selvaggio e folle sicario di Falcone.

Mentre uscì dal club, Mooney notò una figura insolita appoggiata al muro scrostato dell'edificio proprio accanto al suo elegante club: era una bambinetta di circa dieci anni, anche se, da com'era abbigliata, sembrava decisamente un maschio; portava pantaloni blu piuttosto larghi, scarpe grigie, una felpa azzurra e, calcato in testa, un berretto del medesimo colore, girato con la visiera sulla nuca. I capelli erano così corti che non si vedevano spuntare dal cappello. Quest'ultimo era adornato con un oggettino a dir poco bizzarro: una specie di nave in miniatura, con due occhi di un azzurro splendente grossi poco meno di un pugno; aveva anche due braccine che gli penzolavano ai fianchi. Sembrava uno di quei giocattoli di plastica da quattro soldi che si vedono in certe macchinette per bambini piuttosto che un gadget per il proprio cappello. Accanto alla ragazzina, per chiudere in bellezza, c'era un grosso cane, il cui muso sembrava quello di un mastino, con il pelo castano e cortissimo, occhi blu e un naso e orecchie neri. Inoltre l'animale aveva una curiosa macchia bianca sul muso che sembrava un'impronta di farina. L'insolita figura, insieme al suo strano compagno, sembrava scrutare proprio il club di Fish; quando quest'ultima ne uscì e la notò, non poté fare a meno di lanciarle un'occhiata incuriosita, che la ragazzina ricambiò con una inespressiva. In quel momento dal club ne uscirono anche Maroni, Falcone, Butch, Carbone e Zsasz, i quali, accorgendosi di ciò che Mooney stava guardando, si misero anch'essi a osservarla.

“Ragazzina, questo non è un posto dove stare. Va' da un'altra parte” disse alla fine Falcone.

La bambina non replicò. Si sistemò sulle spalle uno zainetto blu che prima non aveva notato nessuno, e fece un cenno al cagnone. Rivolse un'ultima, strana occhiata agli uomini in piedi davanti al club, e si allontanò, per poi sparire in un vicolo più avanti. Scrollando le spalle, i mafiosi e i loro scagnozzi si infilarono nelle loro macchine parcheggiate proprio di fronte all'edificio in cui si trovavano, e partirono sgommando. Nel frattempo la bambina si era rintanata nel vicolo cieco che aveva imboccato; si tolse lo zaino dalle spalle e lo appoggiò su un cassonetto dell'immondizia chiuso, per poi sedersi accanto, mentre il cane si accucciò a terra. Dopo un minuto di silenzio, l'animale emise un latrato. La ragazzina sospirò e gli disse, come se stesse conversando normalmente con qualcuno:

“Sì Steven, lo so che non abbiamo più molto tempo.”

A quel punto accadde l'impossibile: la nave in miniatura, che la ragazzina aveva sulla testa, si mosse, sbatté gli occhioni e, aprendo una bocca minuscola, sbottò:

“Molto tempo? Laurie, guarda che siamo a corto di tempo! Ma, anche se avessimo una Gira Tempo, non ce la faremmo mai! Quella brutta grassona è molto più forte di noi, causiamo solo danni alla città e insospettiamo i Babbani...”

“Lei” puntualizzò una terza voce saccente e sibilante che sembrava provenire dallo zainetto di blu lì appoggiato “Causssa danni alla città e insssossspettisce i Babbani! Noi due mica facciamo incantesimi!”.

“Titanic, Skales ha ragione” Ammise la bambina di nome Laurie.

La nave di nome Titanic alzò al cielo gli occhioni celesti.

“Abbiamo già ricevuto due lettere dal Ministero della magia di Londra. Londra! E siamo in America! Anche qui i maghi si lamentano, vogliono che ce ne torniamo in Europa, causiamo solo guai... e tutto per un vecchio e cencioso libro! Cioè, perché proprio noi? Harry non poteva affidare l'incarico a qualcun altro?”.

Laurie alzò le spalle.

“Si fida di noi. Ora, vediamo di fare qualcosa: Harry e i suoi amici verranno qui il prima possibile. Ho mandato loro un messaggio. Nel frattempo dobbiamo cercare di trovare quella schifosa figlia di voi-sapete-cosa, e riprenderci il libro. Non possiamo permetterci di dire a Harry che lo abbiamo perso”.

“Ssse per quessto” sibilò la voce di nome Skales dallo zainetto. “Neanche di dissstruggere Gotham”.

Laurie alzò gli occhi al cielo e abbozzò un sorriso.

“Vero. In fondo, a me piace qui!”.

“C'è più movimento qui che a Ninjago” borbottò Skales, facendo trapelare un pizzico di divertimento nella voce.

“Almeno qui non è bagnato” disse invece Titanic, più a se stesso che agli altri.

Il cane di nome Steven invece abbaiò. Laurie sorrise e le fece una carezza sulla testa.

“Steven, davvero per te va bene dovunque basta che ci siamo noi?” Chiese, e gli dette un croccantino, che il cagnone mangiò tutto soddisfatto.

Subito dopo Laurie si alzò e si mise lo zaino blu sulle spalle. Steven si mise anche lui in piedi, sbadigliando e Titanic tornò a irrigidirsi come uno strano giocattolo, sulla testa di Laurie. Poi la bambina, fianco a fianco dell'animale, si avviò al di fuori del vicolo, per poi perdersi fra le strade.

 

   
 
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