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Autore: emsys    23/06/2016    1 recensioni
"Quando usciamo dal locale osservo il cielo stellato, e ridiamo, ridiamo fino ad avere i crampi allo stomaco, perchè siamo giovani, ci sentiamo liberi, perchè non ricordiamo più neanche i nostri nomi da quanto siamo devastati. Sarà questa la vera felicità?"
Genere: Drammatico, Generale, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: Tematiche delicate
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Sono seduta per terra con la schiena rivolta contro il muro. Mi rigiro tra le dita la piccola pasticca che mi ha offerto il mio amico, e la osservo. Sopra c'è una sigla scritta in piccolo, ma ho la vista annebbiata, e non riesco a leggerla. Le luci soffuse del locale si confondono, si mescolano, creando sfumature bellissime. La musica è assordante, ma stranamente la sento ovattata. I miei pensieri sono confusi. Nell'altra mano reggo un bicchiere con dentro un liquido trasparente, a giudicare dal bruciore che mi provoca alla gola credo sia vodka. Continuo a osservare la piccola pasticca, e penso al grande potere che ha. Può farti dimenticare tutto, può farti sentire bene, eppure è così piccola. 

Sui divanetti davanti a me vedo un ragazzo che si spara in vena una pera. Non avrà neanche la mia età. Non è la prima volta che vedo un tredicenne con una siringa infilata nel braccio, ma stavolta mi fa uno strano effetto. Sopratutto perchè mi rendo conto che alla sua età facevo la stessa cosa anch'io. Ora ho sedici anni, e le cose non sono cambiate di molto. Ho solo più giustificazioni. Più cresci, meno ti fai scrupoli. Mondo di merda. Eppure ce l'avevo fatta a uscirne.. Lui mi aveva tirata fuori da tutto questo. Mi aveva salvata. Ma si sa, le cose belle prima o poi finiscono, e io sono risprofondata in quello che è sempre stato il mio mondo. 

Vedo che i miei amici mi chiamano. Vogliono andare a fare un giro in moto. Sono ubriachi persi anche loro, e vogliono guidare. Mi sfugge una risata. Metto in bocca la pasticca di ecstasy e la ingoio tracannando il resto della vodka tutto d'un colpo. Rido di nuovo. Chissà perchè poi.. Mi alzo barcollando, e devo appoggiarmi al muro per mantenere l'equilibrio. Raggiungo i miei amici, stanno ridendo anche loro. Siamo tutti sballati. Siamo liberi. Il mondo è diventato improvvisamente bello. Quando usciamo dal locale osservo il cielo stellato, e ridiamo, ridiamo fino ad avere i crampi allo stomaco, perchè siamo giovani, ci sentiamo liberi, perchè non ricordiamo più neanche i nostri nomi da quanto siamo devastati. Sarà questa la vera felicità? No, io la felicità l'ho provata, ed era molto diversa. Lui me l'aveva fatta provare, e gliene sarò grata per sempre. Però questo è quanto di più simile alla felicità io abbia mai provato da quando ho perso il mio amore. 

Corriamo lungo il parcheggio, la mia migliore amica saltella allegramente, io la prendo a braccetto e mi unisco a lei, senza mai smettere di ridere. Raggiungiamo le moto. Stasera la mia non l'ho portata, perchè sapevo che mi sarei ridotta così e che dopo avrei rischiato di distruggerla. Metto il casco, salgo dietro all'amico che mi ha dato la pasticca, e lo sento mettere in moto. Almeno i caschi non ce li dimentichiamo mai, ma più per una questione di estetica che per la sicurezza. Che stronzata. Di solito ci va sempre bene. Di solito arriviamo a casa nostra sani e salvi, solo un po' devastati. A pensarci bene, avremmo dovuto sapere che non ci sarebbe andata bene per sempre. Quella sera a casa non riuscimmo a tornarci tutti. 

Ricordo il mio amico che accellera all'inverosimile, e sorpassa tre macchine di seguito, sempre rimanendo sulla corsia sbagliata. Ricordo di aver visto due luci abbaglianti davanti a me, e di aver socchiuso gli occhi. Ricordo di aver capito cosa stava per succedere. Ricordo che in qualche modo, per istinto, mi  sono preparata all'impatto. Ricordo un rumore assordante. Ricordo di essere volata dalla moto, e di essere atterrata violentemente sull'asfalto, rotolando più volte. Ricordo il dolore lacerante in varie parti del corpo. Ricordo di essermi alzata. Barcollo un po'. Un rivolo di sangue cola dalla mia fronte fino al collo nonostante il casco. 

Il corpo del mio amico è davanti a me, steso sull'asfalto freddo. Mi tolgo il casco, lo butto via. Mi chino sul mio amico. Il mio amico d'infanzia. Gli afferro una spalla e lo faccio girare, e ho paura. Ho ragione ad avercela. I suoi occhi sono spalancati, rivolti verso un cielo che non può più vedere. Ha una scia di sangue che cola dalle labbra fino al mento. Lo scuoto, urlo, chiamo aiuto. Ci sono delle persone intorno a me. Non so chi siano, ma so che nessuno mi aiuta. Sento tanto freddo. Non riesco a muovermi. Lacrime ghiacciate scorrono sulle mie guancie mischiandosi al sangue. Non può essere davvero successo. Forse ho solo preso un acido e mi sono solo intrippata nell'orrore. Questo dev'essere solo un trip dell'orrore, non può essere la realtà. O forse è un brutto incubo, ma non la realtà. Se è così allora voglio svegliarmi subito.

La mia migliore amica, con il volto rigato di lacrime, si inginocchia affianco a me e mi stringe forte. L'altro nostro amico è incapace di distogliere lo sguardo dal cadavere di suo fratello. Urla anche lui. Si butta sopra il suo corpo, lo scuote, continua a urlare. 

Non è un trip.. Non è un incubo.. Forse è proprio nel momento in cui me ne rendo conto che la mia vista si fa ancora più annebbiata. Il sangue continua a uscire copiosamente dalla mia ferita, anche se per qualche motivo non sento più nessun dolore. Mi accascio contro le braccia della mia migliore amica, e diventa tutto buio. Sto galleggiando nel vuoto. Finalmente non penso più. 
   
 
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