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Autore: Stella cadente    24/06/2016    4 recensioni
– Eliza – la chiamò, quasi in un sussurro. – Tu lo diresti se ci fosse qualcosa che non va, vero?
La piccola sollevò lo sguardo. Una lacrima le rotolò sulla guancia morbida.
– Cosa vuole sapere?
– Vorrei sapere... – non trovava le parole. Come si faceva a chiedere ad una bambina di sei anni se avesse assistito ad un omicidio?
– Vorrei sapere che cosa sai di quello che è successo – disse infine, mantenendosi sul vago.
[…]
– È stata lei. Lo so.
L’ispettore provò un brivido di inquietudine.
– Lei chi?
Ci fu un attimo di esitazione, poi la piccola rispose:
– Samara.
Pausa.
– Vuole ucciderci tutti. Me lo ha fatto vedere.
– Chi è Samara?
[…]
– Allora posso andare a parlarci – tentò.
La bambina si fece seria, poi disse:
– No. Le diranno che sta dormendo. Ma non è vero, signor McDoyle. Lei non dorme mai.
Genere: Horror | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Altri, Samara Morgan
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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- Questa storia fa parte della serie 'The Ring - Samara Morgan'
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Epilogo


1977
Ottobre

 
King County Orphanage, ore 17:00
 
 
Samara fissò assorta i disegni sul quaderno di sua madre. Se ne stava nella sua stanza, guardando gli altri bambini che giocavano in cortile. Tranquilli, gioiosi, allegri. Tutto quello che lei non sarebbe mai stata.
L’aveva letto tante volte, ma non smetteva mai. Sentiva come se la sua mamma, la sua vera mamma, fosse lì con lei, e non voleva separarsene. Anche se non l’aveva mai conosciuta, e probabilmente non l’avrebbe mai fatto.
D’altra parte, non era neanche poi così interessata ad interagire con gli altri bambini. Da quando aveva scoperto il quaderno in un angolo nascosto del suo armadio, pensavano tutti che quello fosse il suo libro di incantesimi malvagi. Le balie ormai non intervenivano neanche più nella sua situazione; non sarebbe servito a niente, tanto.
Gliene avevano assegnata un’altra di recente, dopo Emily. Si chiamava Evie; aveva dei begli occhi dorati, ma erano sempre freddi. Ostili. Come se la volessero allontanare.
Evie non avrebbe visto.
Nessuno più avrebbe visto.
Il Buio non era fatto per gli altri. Lei non era fatta per gli altri. E doveva reprimere il Buio, perché altrimenti avrebbe fatto le cose brutte.
Samara sospirò; dopo la morte di Emily aveva cominciato a diventare più consapevole di quello che faceva. Aveva capito che era destino che stesse sola, senza nessuno intorno.
Nessuno voleva vedere.
Nessuno la voleva ascoltare.
Lucy mi ha chiesto di starle dietro, perché non ha nessuno. Ma io non voglio stare con lei!
Era da tanto che non giocava con Ashley. Da anni ormai.
Ma non si era mai dimenticata di quella volta, né aveva dato modo all’altra di farlo. Perché non era così che dovevano andare le cose.
Abbassò di nuovo gli occhi sul diario di sua madre.
 
 
25 marzo 1970
 
Carissima Samara,
se non riesco a rimandarti indietro, che cosa succederà?
Che cosa accadrà, se non riesco a rimandare indietro la cosa che è venuta dall’aldilà per prenderti?
Tu mi hai detto che devo farlo;  ma come, bambina mia, come?
Come posso fare, sapendo già che vivrò con questo rimorso per tutta la vita?
Devi promettermi che cercherai il veicolo dell’acqua, Samara.
Devi promettermelo.
Non voglio fallire, amore mio. Ti voglio bene.
 
La tua mamma
 
 
La bambina guardò quella lettera – l’ultima lettera – con perplessità mista a malinconia.
Sotto alle annotazioni, vi era disegnato un cerchio nero a carboncino.
Rabbrividì nel vedere quell’immagine, ma sentì come se la sua mamma avesse voluto passarle un messaggio. Un messaggio importante, che avrebbe dovuto tenere a mente sempre, qualunque cosa fosse successa.
Devi prometterlo.
– Samara.
La bambina chiuse di scatto il quaderno e si voltò, incrociando gli occhi di Evie che la guardavano, sempre con quell’aria dura e severa.
– Samara, c’è qualcuno che vuole prenderti con sé – fece la balia, prima che potesse dire qualcosa.
La piccola spalancò gli occhi; com’era possibile?
– Davvero?
– Sì. Hanno telefonato poco fa, per chiedere informazioni su di te. Hanno detto che in inverno verranno a prenderti.
Samara non ci credeva. Qualcuno aveva chiesto di lei? E come si sarebbe dovuta comportare con loro, quando sarebbero venuti all’orfanotrofio?
Voleva chiederlo ad Evie, ma era già sparita.
Cosa avrebbe dovuto fare?
Devi promettermi che cercherai il veicolo dell’acqua, Samara.
Guardò un’altra volta il quaderno di sua madre.
Non voglio fallire, amore mio. Ti voglio bene.
Chi era la sua vera mamma?
Voleva saperlo, ma voleva anche sapere che cosa si provasse ad averne una, ad averne una per davvero.
La tua mamma.
Mamma...
– Evie! – gridò, alzandosi e correndo fuori dalla stanza. – Aspetta!
Doveva saperlo.
Doveva sapere chi sarebbe venuto per portarla via e farla ricominciare a vivere.
 
 
 
 
Moesko Island, ore 17:00
 
– Allora, quando passiamo a prenderla? – chiese Anna al marito, emozionata.
Era da due anni che lei e Richard chiedevano di quella bambina, ed ora che le era appena stato detto che a breve avrebbe potuto prenderla con sé non le sembrava vero.
– Io direi in dicembre – rispose l’uomo. – Ma dobbiamo fare tutto con la massima discrezione. Non dobbiamo dire niente a nessuno. Non finché non avremmo la bambina, almeno.
Sul viso di Anna prese forma un grande sorriso.
– Sono così felice, Richard – disse, illuminandosi.
Lui le sorrise con affetto.
– Lo so. Anche io.
 
 
 
****
 
 
 
Bruce Cox si passò una mano sul viso e sospirò quando scese dalla sua barca. Negli ultimi due anni il pesce sembrava essere sparito a Moesko Island. C’era poco raccolto, il bestiame non era più sfruttabile come un tempo, e tutti i banchi, a quanto pareva, avevano migrato altrove, inspiegabilmente – senza contare che per due inverni di fila aveva fatto talmente freddo che nessuno aveva potuto più uscire di casa per tre mesi.
Anche adesso la situazione non sembrava essere molto diversa; gli sembrava quasi di essere tornato in tempo di guerra, quando si faceva la fame. Cosa molto insolita, dal momento che a Moesko Island il mercato del pesce era sempre stato fiorente.
Il pescatore guardò l’orizzonte: delle grosse nuvole avevano oscurato il cielo, facendolo apparire pesante come piombo. Era come se un’oscurità venuta dal nulla fosse calata sull’isola.
Cox ormeggiò la barca e si avviò verso la sua casa, poco distante dalla spiaggia sassosa.
Fu allora che avvenne.
Un’onda si infranse sui ciottoli. Un’onda piccola, silenziosa, leggera, che si ritirò velocemente. Ma lui non l’avrebbe mai dimenticata.
Un odore marcescente si sollevò dall’acqua, costringendo l’uomo a voltarsi.
Capì troppo tardi che sarebbe stato meglio non farlo.
La spiaggia era invasa da cadaveri di pesci ammassati l’uno sull’altro. I corpi erano intatti. Gli occhi non avevano più pupilla.
Erano grigi, morti, ma sembravano comunque osservarlo, scrutarlo, avvertirlo.
In quel momento, in quel momento in cui sentiva che le sue gambe si muovevano da sole per l’orrore, Bruce Cox capì che qualcosa di brutto si sarebbe abbattuto su Moesko Island.
E che lo avrebbe fatto molto presto.

 


Non so perché, ma sono particolarmente fiera di questa storia. L’ho scritta tutta quest’inverno, a ritmi vertiginosi, come mi è capitato poche volte di fare, completamente risucchiata nel mondo a cui avevo dato vita, ed è stato bellissimo. È stato come un viaggio nelle tenebre più assolute, ho esplorato la mente di Samara ed ho romanzato la sua storia, e d’un tratto questo personaggio a cui sono così legata ha sembrato prendere un po’ più di vita – come se adesso fosse una persona reale, per me. Questo prequel e “Lei voleva solo essere ascoltata” sono le storie che mi hanno permesso di conoscerla un po’ meglio e di vederla più da vicino; le prossime due saranno completamente diverse, ma proprio per questo mi sento soddisfatta e anche un po’ emozionata nel mettere un punto a questa “prima parte” della mia serie su The Ring.
Come sempre – come potrei non farlo, alla fine? – ringrazio i miei amatissimi lettori, specialmente quelli che ci sono stati sin dalla prima storia:
Frenzthedreamer, grandissimo appassionato di horror e di The Ring, e anche mio grandissimo amico, pronto a molestarmi sempre e a tirarmi su nei momenti di sconforto sebbene tra noi ci siano 400 chilometri.
Skystorn, che mi ha sempre dato il suo parere, nonostante tutti gli impegni e nonostante i miei ritardi.
StellaandEleonora, che commenta sempre ogni cosa che scrivo, anche le storie horror, sebbene sia tutt’altro che appassionata del genere. Ti voglio bene <3
E da ultima, ma non meno importante, fly90, che ha letto la prima storia tutta d’un fiato e mi ha seguita nel prequel, con una costanza che è difficile da trovare, regalandomi sempre bellissime parole. Grazie.
 
Siete fantastici, ragazzi!
Alla prossima storia,
Stella cadente






 
  
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