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Autore: VmpAnna    24/06/2016    2 recensioni
Ho iniziato a chiedermi quanto le piccole scelte, quelle più insignificanti, possano incidere sul percorso del nostro “viaggio”, se un tè al posto di un caffè abbia fatto di me quello che sono ora, se prendendo una direzione al posto di un’altra, ora non ci sarebbe Reita ma solo Akira.
Genere: Introspettivo, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Reita, Ruki
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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A Federica.

Un piccolo delirio ispirato dai tweet di Ruki e Reita, l'argomento non è totalmente inerente a ciò di cui parlavano loro ma adattato ai miei pensieri e a cosa ho immaginato nella mente di Reita.
Un po' di notizie tecniche, nella storia troverete il titolo di un libro totalmente inventato da me, dovesse esistere qualcosa del genere nella realtà, non è è riferito a quello; pezzi di canzoni, tweet di Aoi e Ruki, le traduzioni sono mie fatte direttamente dal giapponese, non ho scopiazzato traduzioni di altri e se non sono precise, prendetele così, non sono sbagliate, il senso è quello. :)
挫折 (zasetsu) significa frustrazione, tra le altre cose...
Non vi annoio più, se ci sono errori fatemelo pure presente, l'ho riletta due o tre volte ma non l'ho fatta leggere a nessun altro prima di postarla, quindi qualcosa potrebbe essermi sfuggito!
Spero vi piaccia!
Se vi va di recensire è sempre un piacere!



REITA
 
Sono solo in casa, oggi l’aria è pesante, densa, quasi corporea, sembra che stia spingendo contro la finestra per entrare nella stanza e soffocarmi.
Vedo la sua mano translucida premere contro il vetro, senza lasciare traccia, una mano senza calore, una mano senza vita.
Mi sono svegliato con una strana sensazione addosso, come di catene attorcigliate al corpo, catene di ferro pesante, scuro, che mi tengono immobile in una innaturale paralisi.
Nemmeno il caffè è riuscito a scaldare il gelo che oggi scorre nelle mie vene; la tazzina, ormai fredda, è ancora poggiata sul tavolo, vicino al libro che ho iniziato a leggere ieri
 
「What if...」
 
Forse sono state proprio le sue pagine a risvegliare una specie di fantasma sopito nel profondo della mia coscienza ed ora che questa entità è tornata in superficie, non so davvero come affrontarla, mi si è spalmata addosso con la sua pesantezza senza sostanza.
Il silenzio mi rimbomba nelle orecchie, ma qualsiasi suono mi dà la nausea, così rimango in questo limbo di nulla con i pensieri che ruotano vorticosamente su loro stessi.
Avete presente quel periodo dell’anno quando l’autunno lentamente si fa da parte per lasciare il posto all’inverno?
Quando il freddo inizia a farsi più tagliente e l’aria crea mulinelli di foglie secche?
Nella mia testa, proprio in questo momento, sta turbinando un vento che porta con sé il sentore della fine di qualcosa, di un lungo riposo, come se fino a questo momento ogni manifestazione fosse stata troppo luminosa, troppo vivida, troppo piena, troppo.
Come se fossi seduto ai confini della mia esistenza e negli ultimi istanti riguardassi il film della mia vita.
Ho la consapevolezza di non stare per morire ma è come se qualcuno avesse abbassato le luci all’interno del mio stesso essere.
Prendo un respiro profondo cercando di trovare uno spiraglio di luce in questa scena sfocata.
So di cosa avrei bisogno, so dove andare a cercare quella luce, ma non posso sempre aspettare che sia lei ad illuminare il mio cammino ogni volta che mi perdo.
Ho paura che prima o poi possa splendere tanto fulgidamente per poi spegnersi per sempre, lasciando il mio mondo, il nostro mondo, nelle tenebre.
Non posso nemmeno immaginare di respirare in un universo dove quello splendido sole non brilli più e così decido che, almeno per questa volta, dovrò combattere da solo, dovrò alzarmi da solo e strappare via l’oscurità che mi si è avviluppata all’anima.
Tuttavia resto immobile, intossicato dai miei pensieri.
 
「E se...」
 
Ho iniziato a chiedermi quanto le piccole scelte, quelle più insignificanti, possano incidere sul percorso del nostro “viaggio”, se un tè al posto di un caffè abbia fatto di me quello che sono ora, se prendendo una direzione al posto di un’altra, ora non ci sarebbe Reita ma solo Akira.
Scelte, percorsi, bivi...bivi...
 
「WAKAREMICHI」
 
Ricordi che sembrano appartenere ad un’altra vita o forse ad un’altra persona.
Cos’è rimasto del me di quel passato?
Se lo guardo non lo riconosco.
Dove sono le risate? Dove sono i sogni? Dov’è tutta quella leggerezza del cuore?
E’ come se gli anni, impilati gli uni sugli altri, avessero creato una patina grigia sulla superficie della mia vita.
Mi chiedo quanti errori io abbia commesso, quando inizio a contarli sulla punta delle dita mi sento frastornato.
Quante cose ho perso durante questo cammino, quante cose non ho raccolto perché tanto c’era tempo e poi di tempo non ce n’era mai abbastanza.
 
「Nobody can rewind time」
 
E vengo preso dallo sconforto.
Tutte le cose che non ho fatto rimarranno dentro di me come scheletri di bambini.
 
Non importa quanto disperatamente tu l’abbia raccolta, la sabbia che scorrendo precipita dalle tue mani, è un qualcosa di effimero
 
E vedo me stesso sgretolarsi sulla riva del mare, un eterno nulla spazzato via dal vento.
Le mani a coprire le orecchie per chiudere fuori ogni cosa, ma quel vuoto mi sta mangiando dall’interno, posso quasi sentire i suoi denti aguzzi che strappano via pezzi di me.
Non so come combattere tutto questo caos, non so nemmeno dargli un nome, allora provo a chiederlo
 
“Qual è il tuo nome?”
 
Solo un suono confuso, una parola che non può attraversare la membrana che la racchiude.
Anche se tendo le orecchie il suono non prende forma.
E la paura di aver perso me stesso cresce.
Cosa rimarrà di me nel futuro?
Rimarrà qualcosa o semplicemente, come l’immagine su una polaroid, sbiadirò poco a poco fino a svanire?
In questo momento avrei bisogno solo che quell’ “Aki-chan...” mi avvolgesse come una coperta calda, riparandomi da questo freddo che mi sta tagliando a pezzi.
L’eco della tua voce risuona tra le pareti della mia testa
 
「Mi chiedo cosa ti abbiamo lasciato.
Il tempo è fugace.」
 
e all’improvviso quella parola che gridava silenziosa dentro di me, esplode
 
「FRUSTRAZIONE」
 
Quel vuoto denso, nero, pesante che mi sta inglobando, altro non è che frustrazione.
Vorrei fare di più ma ho dei limiti che, per quanto mi sforzi, restano invalicabili.
Vorrei tirare fuori quel groviglio di sensazioni che ho al centro del petto, ma non sono capace di romperne il guscio, vorrei...vorrei, ma continuo a restare immobile guardando gli altri avanzare.
Prendo il telefono a digito un’unica parola
 
「zasetsu」
 
Tweet inviato.
Mi sento un po’ più leggero, solo un po’.
Vado in bagno a sciacquarmi il viso, mi guardo allo specchio e il segno marcato tra le sopracciglia mi rimanda l’immagine della mia lotta interiore, non è ancora finita.
Sul tavolo della cucina il led verde del cellulare mi avverte della notifica, Ruki ha allungato la sua mano verso di me, con il suo solito fare leggero
 
Rei-chan sta parlando di cose serie
 
quello che usa per rompere il ghiaccio o come una sorta di pacca sulla spalla a dire “Non è nulla che non possa essere risolto parlandone, sono qui...”
Mi ruba un sorriso.
Non appena appare lui il buio si fa meno denso.
Inizia un monologo, uno dei suoi tanti, non parla direttamente a me, ma so che sono io il destinatario di quelle parole e rimango incredulo ogni volta, come la prima, davanti all’immensità della sua anima e alla sua capacità di arrivare a toccare direttamente il cuore delle persone.
Parla di tante cose, si racconta un po’, si fa vedere umano, si fa vedere guerriero, forte come un albero che ha resistito a tutto per continuare ad esistere.
E poi quell’immagine:
 
Quando ero al secondo anno delle medie, mentre mi stavo bagnando sotto la pioggia, senza ombrello, ascoltando gli X ho sollevato lo sguardo verso il cielo, questo è il motivo per cui il lavoro che sto facendo ora è di sicuro la mia vocazione
 
Sulla scia delle tue parole, tra passato e presente, un album fotografico si apre davanti ai miei occhi.
La scuola, il club di musica, i primi sogni condivisi fumando una sigaretta sotto l’albero di ciliegio, il walkman con le musicassette doppiate e una cuffietta ciascuno, le note nelle orecchie, la voglia di emergere, le lacrime, le grida, le fughe, quel bussare leggero contro il vetro della finestra a notte fonda, il futon troppo caldo, le braccia che sanno di casa e di un amore che non volta le spalle.
 
“Sei tu la mia famiglia”
 
「MISEINEN」
 
Il parco deserto, le tue parole, il sottoscala umido, la tua voce, il treno per Tokyo, il tuo sorriso, le strade sconosciute, i tuoi occhi.
Persone che hanno incrociato il nostro cammino, persone che sono passate, persone che sono rimaste.
L’inizio di tutto.
Incoscienza, coraggio, orgoglio, impegno, sudore, sangue, cadute, mani che sorreggono.
 
「BEST FRIENDS」
 
Mentre continuo a leggere i tuoi tweet, rivivo tutto questo e mi accorgo che, in fin dei conti, un po’ di errori li ho fatti, ma posso essere orgoglioso del mio, del nostro percorso, dell’uomo che sono diventato, dei sogni che ho realizzato insieme alle persone con cui ho condiviso questo cammino.
La frustrazione è evaporata, ho capito che i fallimenti fanno parte della vita, se cadiamo basta rialzarsi e procedere un passo alla volta.
Suona il campanello, dietro la porta si apre il tuo sorriso luminoso, mi ritrovo avvolto dal tuo caldo abbraccio, non mi sono mai sentito a casa come in questo momento.
  
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