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Autore: Mary P_Stark    25/06/2016    1 recensioni
Una serie di OS dedicate ai personaggi della Trilogia della Luna. Qui raccoglierò le avventure, i segreti e le speranze di Brianna, Duncan, Alec e tutti gli altri personaggi facenti parte dell'universo di licantropi di cui vi ho narrato in "Figli della Luna", "Vendetta al chiaro di Luna", "All'ombra dell'eclissi" e "Avventura al chiaro di Luna" - AVVERTENZA: prima di leggere queste OS, è preferibile aver letto prima tutta la trilogia + lo Spin Off di Cecily
Genere: Azione, Romantico, Sovrannaturale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Slash
Note: Lemon, Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'TRILOGIA DELLA LUNA'
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Essere lupa… e donna  (Penny)
Settembre 2021

 
 
 
Atterrando Penny con una spallata, Kyle balzò vittorioso su uno sperone di roccia che si gettava direttamente sulle spianate del Peak, e ululò.

Poco dietro di lei, stizzita e pronta a dar battaglia, Penny si rialzò sulle zampe rossicce e fece per avanzare bellicosa verso Kyle, ma Spike la fermò con un ringhio.

Trotterellando come se nulla fosse, Blair fissò la sua seconda in comando, ghignò con le zanne snudate e, mentalmente, disse all’amica: “E dire che, ormai, dovresti conoscere Kyle, no?”

“Che è uno stronzo? Sì, lo so, ma i limiti della sua stronzaggine sembrano non esistere” brontolò Penny, fissando poi contrita il padre, che giunse loro accanto assieme a William.

“Sbaglio, o si era detto niente parolacce?” brontolò Alec, fissando torvo la figlia. “Kyle si è attenuto alle regole… visto che non ce n’erano, a parte non ammazzarvi. Invece, tu ti sei fidata della tua velocità senza badare alla posizione del tuo diretto avversario, e hai lasciato scoperto il fianco.”

Sbuffando, Penny si volse a guardare Spike che, però, assentì e aggiunse: “Tuo padre ha ragione. Inoltre, dovresti ricordati che, quando vi allenate, non siete fidanzatini, ma solo avversari. Lui se lo ricorda, tu no.”

Se un lupo avesse potuto arrossire, Penny sarebbe sicuramente divenuta vermiglia.

Era difficile mantenere segreti di tale portata, quando ti allenavi con menti così potenti.

Inoltre, lei e Kyle non stavano insieme da tanto – solo da tre mesi – e gli ormoni parlavano molto più spesso della sua bocca.

Maledetta lei e gli estrogeni!

Trottando indietro, l’Hati che era Kyle le si avvicinò come a voler chiedere scusa, ma William lo bloccò e disse: “Non devi chiederle perdono, Kyle. Hai vinto regolarmente, sfruttando un suo punto debole per avere la meglio. Lo scopo della gara era, per l’appunto, smussare i propri punti deboli e migliorarsi. Tu l’hai fatto, lei no.”

“D’accordo, ma non si potrebbe evitare di rivangare troppo la cosa?” protestò debolmente Kyle, facendo infuriare Penny per diretta conseguenza.

“Non ho bisogno che tu mi difendi, Kyle!” sbottò l’interessata, fissandolo rabbiosa.

Sul gruppo scese un silenzio imbarazzato, condito solo dallo sfrigolare dell’aura furente di Penny.

A quel punto, Blair si mise e in mezzo e disse: “Pregherei la vecchia Triade di darsi alla macchia per un po’. Devo parlare con i miei sottoposti.”

Alec assentì col muso e, dopo aver lanciato un’occhiata ai suoi due compagni, si avviò verso le ombre scure della notte e i boschetti del Peak District.

Rimasti soli, Blair guardò il suo Hati e la sua Sköll dopodiché, con un sospiro, si accucciò sulle zampe e mormorò: “Penny, è inutile che fai la sostenuta. Non hai ragione. Punto.”

“Oh, grazie, Blair! Sei davvero simpatica! E dire che ti consideravo mia amica!” sibilò Penny, raspando a terra nervosamente con una zampa.

Kyle si limitò a imitare la posa della sua Fenrir e, spiacente, fissò la ragazza – ops, lupa – del suo cuore e sperò in un suo sguardo di rimando.

Nulla da fare.

Penny era davvero furiosa, pur se non comprendeva bene perché.

Lei aveva vinto in velocità decine di volte, e lui si era dovuto scervellare non poco per trovare, nella sua corsa, un punto debole in cui colpirla.

Non poteva fargliene una colpa se aveva trovato il modo di vincere! Il loro allenamento consisteva nel migliorarsi!

Ugualmente, gli spiaceva essere in rotta con lei perché, dopotutto, si stava parlando della ragazza per cui aveva una cotta fin da quando lei si era trasferita da Belfast.

Era stato uno shock, per Kyle, ritrovarsela in classe, quell’autunno del duemiladieci.

Quella candida ragazzina dai capelli biondi e gli occhi di cielo, apparentemente fragile e docile come un agnellino, si era presto dimostrata un osso duro.

E una creatura adorabile.

Molti ragazzi, a scuola, le avevano fatto la corte in modo più o meno sfrontato – per lo meno, i ragazzini normali, non certo i figli di licantropi – ma lei aveva sempre nicchiato.

Per molti anni era stata irraggiungibile e, quando si era scoperto sarebbe stata la prossima Sköll del branco, Kyle si era sentito più inadeguato che mai.

Era stato un sollievo, dopotutto, giungere alla mutazione, pur con tutti i timori del caso.

La wicca di Matlock aveva dovuto richiamarlo con il sangue ma, alla fine, tutto era andato per il meglio e, quando aveva squadrato il suo manto nero, ne aveva gioito.

Dopotutto, non sarebbe stato un semplice mánagarmr, ma un membro della Triade, un Gerarca.

Un lupo degno di quella creatura indomabile che era Penelope Dawson.

Scoprire in Blair Donovan la futura Fenrir non era stata una sorpresa, visto che proveniva da una famiglia dal sangue quasi puro.

Inoltre, fin da piccola, Blair aveva dimostrato le indubbie capacità di un leader. Dove Penny eccelleva per dialettica e tenacia, lei compensava con strategia e calma.

Erano complementari in tutto, e questo sarebbe stato un bene per il branco, in futuro.

E lui avrebbe pensato a tenere al sicuro entrambe, pur amando Penny.

Restava da capire se quest’ultima avrebbe accettato la sconfitta in quella gara – non le piaceva perdere – o se questo avrebbe minato il loro rapporto.

Sperò davvero di no.

Riportandolo con i piedi per terra, Blair dichiarò: “Non voglio drammi nella mia Triade. Se non siete in grado di gestire il vostro rapporto, e il vostro ruolo, allora abbiamo un problema serio. Dovrete lavorarci su.”

Penny fissò entrambi con aria aggrottata e, dopo un istante, fece un cenno ossequioso col muso e se ne andò di corsa, macinando il terreno sotto le zampe.

Kyle la lasciò andare. Non era quello il momento di parlare.

Fissandolo turbata, Blair gli domandò: “Non la segui?”

“E’ una vita che la seguo, Blair. Posso stare senza di lei per qualche ora. Inoltre, non spetta a me farle passare la rabbia, ma a lei stessa.”

“Saggia decisione, mio Hati. Allora, torniamo pure alle auto. Attenderemo lì il ritorno della nostra compagna” dichiarò Blair, dandogli un colpetto con la spalla.

“Dici che ho fatto male a darle quella spallata?”

Blair rise, scuotendo il muso, e replicò: “Era la gara che lo esigeva e, visto che in gara c’eravate voi, è stato giusto così. Penny è molto orgogliosa del suo ruolo, oltre che orgogliosa di suo padre, e non vuole mai sfigurare quando c’è lui. Inoltre, perdere proprio contro di te la fa andare in bestia. Temo pensi che tu non possa stimarla, se si dimostra debole.”

Kyle la fissò con occhi adamantini sgranati per la sorpresa, e Blair assentì, dando peso al suo dire.

“Ti stima così tanto da non voler essere un peso, per te. Dimostrarsi la più brava in tutto serve anche a questo, non solo a rendere fiero il padre, o il suo mentore.”

“La amerei anche con mille difetti” sottolineò per contro Kyle.

“Stai parlando di una donna, Kyle, e di una lupa. Un concentrato di estrogeni e forza bruta allo stato puro. Davvero troppo, perché non ne venga qualche problema” ironizzò Blair, accelerando un poco il passo.

Kyle non seppe che dire e, seguendo la sua Fenrir, accelerò l’andatura mentre la luna illuminava il loro percorso lungo la brughiera.
 
***

Poteva ricordarlo come se fosse successo il giorno precedente.

Entrambi iscritti all’università di Bradford, pur se lei alla facoltà di Legge, e lui a quella di Informatica, potevano vedersi praticamente tutti i giorni.

Fin da quando si erano conosciuti alle scuole elementari, al suo arrivo a Bradford, Kyle era sempre stato il suo amico fidato, la sua spalla, il suo confidente.

Insieme ne avevano combinate di tutti i colori, anche con la complicità di William e Spike e, quando Penny aveva scoperto che Kyle sarebbe stato il prossimo Hati, ne era stata felice.

Sarebbe stato splendido guidare il branco con lui al fianco, lui che sapeva essere un ragazzo fidato e sincero.

Blair era stata solo la ciliegina sulla torta visto che, fin dall’inizio, Penny l’aveva idolatrata al pari di una dea.

Per lei, ciò che usciva dalle labbra di Blair equivaleva a vangelo.

Scoprirla come sua Fenrir era stata una gioia e, insieme a Kyle, avevano festeggiato non poco la sua investitura.

Insieme era divenuti grandi, oltrepassando un’adolescenza costellata di divertimento, allenamenti, studi e dure prove.

Nulla, però, l’aveva messa alla prova come il bacio che Kyle le aveva strappato una notte di luna piena di tre mesi addietro.

Soli, durante una perlustrazione notturna nei pressi dei confini meridionali del clan, Kyle l’aveva distratta mostrandole la curiosa vicinanza della luna con Venere e, a sorpresa, l’aveva baciata.

Lei ne era rimasta così colpita da rimanere impalata per diversi secondi, incapace di riconnettere la mente per capire cosa stesse succedendo.

Quando, però, le sinapsi del suo cervello avevano ripreso a funzionare, le sue mani si erano artigliate alla maglietta di Kyle e l’avevano attirato a sé per approfondire il bacio.

Questo, aveva chiuso la partita.

Che lei si fosse o meno resa conto di aver trasformato, nel suo cuore addormentato e un po’ tonto, la loro amicizia in amore, poco aveva importato, in quell’istante.

Aveva desiderato che quel bacio continuasse fino alla fine del mondo e, quando infine si erano allontanati, i volti di entrambi avrebbero potuto bruciare l’intera foresta.

Kyle le aveva accarezzato le gote in fiamme, aveva sorriso con tenerezza e, con voce solo a stento controllata, le aveva mormorato il suo amore.

Penny aveva riso nervosamente, si era stretta a lui e, nascondendo il viso nel suo torace, aveva ammesso di ricambiare.

Insieme, erano poi tornati sui loro passi, mano nella mano e, meno di un mese dopo, avevano dovuto ammettere ogni cosa coi rispettivi genitori, oltre che con gli altri Gerarchi.

Blair non se n’era stupita per nulla e se, per Alec, era stato un po’ difficile mandare giù l’idea che un ragazzo ronzasse attorno alla sua Penny, alla fine aveva digerito la cosa.

“Andrai avanti ancora per molto a rivangare il passato, ranocchia?” brontolò alle sue spalle Spike, seduto a poca distanza da lei da almeno un’ora.

Penny lo frizzò con lo sguardo, borbottando di rimando: “Nessuno ti ha chiesto di rimanere, Godzilla. Posso benissimo starmene qui a crogiolarmi nella mia stupidità congenita. Alla fine, mio padre naturale non mi ha passato solo il suo manto, ma anche la sua idiozia.”

“Ah, quella può avertela passata anche Alec, se è per questo. A volte, sa essere più idiota di un asino ragliante” ironizzò Spike, facendola ridere nonostante tutto.

“Il fatto rimane. Me la sono presa con Kyle per una cosa assurda, e ora lui mi odierà.”

“Se ti odia per una scemenza simile, allora non merita il tuo affetto, ranocchia. Ma non penso proprio che il ragazzo ti abbia veramente ascoltata, o vista al tuo peggio. Aveva le orecchie turate dall’amore, e gli occhi a cuoricino, per cui…”

Ciò detto, mimò un conato di vomito e Penny, guardandolo esasperata, dichiarò: “Non è un caso se ti chiamo Godzilla. Hai la stessa sensibilità di quel lucertolone gigante, cioè zero.”

“Scusami se non sono un amante dei film d’amore e delle scene strappalacrime” ghignò Spike, scrollando le sue spalle di lupo. “Comunque, volevo solo dirti, ora che hai il cervello libero da tutto quel miele, che devi chiedere scusa non solo a Kyle, ma a me e gli altri. Non ci si comporta così. Non ti ho insegnato così.

“Ragionissima,… scusa, Godzilla. Ma gli estrogeni sono un po’ alti, in questi giorni, e il miele mi ha fatto alzare la glicemia, così sono schifosamente languida e melensa” ironizzò Penny, allungandosi per leccargli il muso.

Spike si scostò disgustato, da sempre restio ad accettare gesti d’affetto – pur se, da lei, si lasciava avvicinare un pochino – e, orripilato, esclamò: “Dio, ti prego, Penny! Tieni queste smancerie per il tuo bel Kyluccio! Io non ho bisogno di venirne contaminato! Mi verrebbe subito il diabete!”

Penny scosse il muso con espressione rassegnata e, avviandosi verso le loro auto – parcheggiate a diverse miglia di distanza –, borbottò: “Sei davvero un caso senza speranza, Spike. Non troverai mai una donna che ti voglia, di questo passo.”

“Sto benissimo da solo, ranocchia dei miei stivali. Gracida in un altro stagno, perché questo in particolare non vuole rane di nessun genere, a creare casino e fastidi.”

“Asociale” celiò Penny.

“Dispensatrice di diabete” replicò Spike.

“Esasperante lupastro dei miei stivali” ritorse allora la ragazza, lanciandosi in un trotto leggero.

“Femminuccia in periodo di pre-mestruo.”

“Spike!” rise Penny, correndo infine a tutta velocità, subito seguita a ruota dalla risata reboante del suo mentore.
 
***

Se c’era una cosa in cui non difettava Kyle, era lo stile.

Era sempre stato un ragazzo elegante, con uno spiccato senso della moda.

Pur se, durante l’adolescenza, questo gli aveva attirato qualche battuta di troppo, dopo essere mutato in lupo tutto ciò si era azzerato di colpo.

Al primo pugno ben piazzato contro il bulletto di turno, le ironie gratuite erano svanite come neve al sole.

Penny ne aveva sempre ammirato lo stile e, segretamente, lo aveva anche invidiato.

Lei non era mai stata così brava, con gli abbinamenti.

Quella sera, quando passò da casa sua, era come di consueto perfetto.

Indossava un dolcevita grigio ghiaccio, i capelli pettinati con il gel erano tirati all’indietro per lasciare scoperto il volto bellissimo e gli occhi di un azzurro quasi irreale.

Penny, in tuta da ginnastica e calzettoni, si sentì una vera sciattona, ma Kyle neppure guardò la sua mise.

I suoi occhi erano solo per lei, per i contorni del suo viso, per le profondità del suo sguardo ceruleo, per la sua bocca rosea piegata in una smorfia.

A Kyle non era mai importato che lei fosse negata, in fatto di moda, o gliene importasse ben poco.

“Posso entrare?” le domandò a un certo punto, visto che il silenzio tra loro si stava protraendo all’infinito.

Riscossasi, Penny assentì e lo lasciò entrare, sentendosi veramente un’idiota.

Perché riusciva a complicare anche le cose più semplici, come invitare una persona a entrare in casa?

Invitatolo a seguirla, si accomodarono in cucina – i familiari erano in sala a guardare un’amichevole di rugby – e lì, afferrata la scatola dei biscotti, domandò a Kyle: “Ne vuoi un po’? Li ho fatti oggi pomeriggio.”

“Se sono i tuoi biscotti con le gocce di cioccolato e, dal profumo, mi sembra di sì, accetto volentieri” le sorrise Kyle, accomodandosi al tavolo rettangolare della cucina rustica di casa Dawson.

Un poco più sicura di sé, Penny sistemò i biscotti su un piattino di ceramica e, dopo aver servito a entrambi del latte, si sedette a sua volta e mormorò: “Scusa.”

A Kyle quasi andò di traverso il biscotto.

Tossicchiando per tornare a respirare, lui la fissò dubbioso e replicò: “Per cosa, Penny?”

“Per la scenata idiota dell’altra sera. Non dovevo farla. Ho mancato di rispetto a voi tutti” mormorò contrita, allungando una mano sul tavolo per afferrare quella di Kyle.

Lui gliela strinse subito, intrecciando le loro dita con aria felice e, scuotendo il capo, ribatté: “Non ho bisogno di scuse, ma solo di sapere se mi vuoi ancora con te. Il solo pensiero di averti ferita non mi ha fatto dormire, ieri notte.”

Penny lo fissò a occhi sgranati e, scuotendo recisamente il capo, esalò: “Ma neanche per sogno! Cioè, insomma, certo che ti voglio ancora con me. Ero più preoccupata del contrario, veramente.”

Kyle, allora, le rise in faccia senza alcuna pietà e, dolcemente, mormorò: “Sei davvero una stupida, Penny Dawson, se pensi che una tua semplice sfuriata da parte tua possa allontanarmi da te.”

Penny storse appena la bocca, borbottando: “Okay, lo ‘stupida’ me lo sono proprio meritato… ma solo stavolta.”

“E tutte le altre volte in cui lo sarai… o che lo sarò io. Non dubito che, prima o poi, sarò io a combinarne una grossa, e non tu. Per allora, ti ricorderò che tu hai peccato per prima. Cosa che, di solito, ti viene molto bene.”

“Cosa, peccare?” sbuffò Penny, accigliandosi.

“Arrivare prima” replicò Kyle, sollevando le loro mani intrecciate per baciarne il dorso.

Lei arrossì appena, mormorando: “Voglio solo essere perfetta per te.”

“Lo sei già… anche con quella tuta e i calzettoni di Hello Kitty” sorrise Kyle, ammiccando.

Penny si sporse per guardarsi le calze con un moto di imbarazzo – Hello Kitty era la sua croce e delizia – e mormorò: “Lo so, non sono molto fashion.

“Su di te, anche un completo da contadino sarebbe fashion. Perché non sono gli abiti a renderti bellissima, ma sei tu a brillare. A renderti irresistibile” dichiarò con semplicità Kyle.

“Se sono così irresistibile, perché ci hai messo tanto a vuotare il sacco?” replicò Penny, infilandosi in bocca un biscotto.

Il cioccolato si sciolse sulla lingua, scivolandole caldo e invitante lungo la gola e, per un attimo, desiderò baciare Kyle con le labbra ricoperte della stessa linfa piacevole.

L’attimo dopo, si riscosse, incolpando per l’ennesima volta i suoi ormoni. Maledetta lupa e il suo periodo fertile!

Avere lì Kyle, bellissimo e disponibile, la faceva diventare un’assatanata.

Apparentemente ignaro della sua battaglia interna, il ragazzo mormorò imbarazzato: “Se vuoi saperlo, a suo tempo, sono stato debitamente bastonato in merito.”

“Oh… e da chi?” esalò sorpresa lei.

“Da Colin del clan di Cardiff.”

A quel punto, Penny fece tanto d’occhi ed esalò: “E quando mai può averti… oh, aspetta. Al battesimo di Nathan?”

“Esatto. Notò subito il mio affetto speciale per te, e mi disse di non aspettare troppo a parlartene, perché questo avrebbe voluto dire rischiare di perderti” ammise Kyle, sorridendo mesto.

“E così, tu l’hai ascoltato ma non hai seguito il consiglio, e ti sei dovuto sorbire la sottoscritta e i suoi sei mesi folli con Butch O’Bryan” sospirò Penny, scuotendo il capo al ricordo.

I diciassette anni erano stati il suo momento più basso, quanto a capacità di discernimento.

Certo, Butch era bello, forte, affascinante, maledettamente coinvolgente… ma era umano, in primo luogo.

E, secondariamente, era un idiota che amava farsi più ragazze contemporaneamente.

Quando lo aveva scoperto, non solo si era sentita un’idiota patentata, ma aveva avuto anche la brillante idea di sfogarsi proprio con Kyle.

Col senno di poi, doveva dare atto che il ragazzo era stato assai disponibile e comprensivo, con lei.

Oltre che dannatamente paziente.

“E’ stata anche colpa mia. Avrei dovuto farmi avanti, avere più fede nei miei sentimenti” cercò di consolarla lui.

“Io non ero pronta” sottolineò però Penny. “Forse, avrei trovato la cosa assurda, perché ti volevo solo come amico. Ma, da quel momento, da quando tu mi hai consolata a quel modo, pensando solo a me e al mio cuore infranto, qualcosa è cambiato.”

Sorrise, sentendosi una stupida ad ammettere tutto, ma trovandolo più giusto che mai a ogni secondo che passava.

“Ho cominciato a vederti con occhi nuovi, a notare cose che, in precedenza, non avevo visto e, quando mi hai baciata… è uscito tutto. Ogni pezzo del puzzle che stavo costruendo su di te, si è messo magicamente a posto.”

“Quindi, devo ringraziare Butch per essere l’idiota che è?” ironizzò Kyle, facendola ridere.

“Oh, no. Lui ha già avuto anche troppe attenzioni, da parte nostra” sorrise Penny. “Ma Blair ha ragione. Dobbiamo imparare a gestire meglio il nostro rapporto. Io devo essere meno competitiva, e tu lo devi essere di più.”

“Anche se questo comporterà farti perdere qualche volta?”

“Sì. Devo capire che non è la perfezione che cerchi, ma solo me stessa, per quella che sono” sorrise Penny, levandosi in piedi per allungarsi verso di lui e dargli un bacio. “E tu devi capire che non è la perfezione che cerco, ma solo te stesso, per quello che sei.”

Kyle la trattenne, avvolgendole la nuca con una mano per approfondire il bacio, e Penny glielo lasciò fare.

Qualche attimo dopo, però, si scostò con uno strillo, quando Alec aprì di botto la porta della cucina e, gelido in viso, chiosò: “Andiamoci piano, d’accordo, ragazzi?”

Dal salotto, la voce di Erin si elevò come una tempesta, urlando al marito. “Alec! Torna subito QUI!

Lui sbuffò a quel richiamo e, dopo un ultimo sguardo a Kyle, che sentì le sue carni raggelare di paura, svanì dallo specchio della porta e tornò dalla moglie a passo pesante.

Kyle e Penny si guardarono, i rispettivi cuori che battevano all’impazzata per lo spavento preso ma, alla fine, risero divertiti.
Nel tornare a sedersi, la ragazza mormorò: “Ci vediamo venerdì sera al pub?”

“Preferivo portarti al cinema a vedere l’ultimo film della Marvel.”

“Oh… cinema” ammiccò lei, pensando alla sala buia, alle immagini potenti e…

Basta, mia lupa! Non posso saltargli addosso e mangiarlo!, brontolò con se stessa, cercando di chetare i suoi pensieri.

Kyle, a quel punto, sorrise imbarazzato e, nel mordicchiare un biscotto, mormorò: “Credo che sia un po’ presto, per quel genere di venerdì sera.”

“Già” sussurrò contrita lei, coprendosi il viso con le mani per la vergogna.

Il ragazzo, allora, si levò in piedi, aggirò il tavolo e, chinatosi accanto al suo orecchio, le sussurrò: “Non vedo l’ora, però. E so già che sarà bellissimo, con te.”

Penny avvampò nel sentire il fiato caldo di Kyle accarezzarle la pelle e, prima che lui potesse scostarsi, lo afferrò e lo baciò con maggiore passione rispetto a prima, strappandogli un ansito.

“Pen…”

Dal salone, Alec iniziò a richiamare la figlia, ma Erin gli tappò la bocca, trattenendolo sul divano con il suo peso e, in seguito, con un bacio travolgente che stordì il marito.

Questo permise alla figlia di proseguire nel suo, di approccio e, quando Kyle la sollevò dalla sedia per stringerla a sé, ansò contro la sua bocca: “Ti prego, Penny… non ora… non così…”

Penelope dovette prosciugare ogni stilla delle sue forze, per allontanarsi da Kyle e, ansante e piena di desiderio, ansò: “In questo momento, odio la mia lupa.”

“Io la amerò sempre, invece, anche se ora devo correre via a gambe levate” ironizzò Kyle, avviandosi verso la porta.

Con un ultimo sorriso, il ragazzo si volatilizzò e Penny, crollando esausta sulla sedia, esalò: “Mio Dio… quando arriveremo al dunque, uno dei due morirà di sicuro.”

Sulla porta della cucina, una piuttosto accaldata Erin replicò: “Non morirete… ma sarà bellissimo.”

Penny lanciò un secondo strillo di paura, non aspettandosi l’entrata in scena della madre e, fissandola bieca, esalò: “Ma vi siete messi d’accordo, tu e il papà, per farmi morire di paura?”

“No. E, ora che ci penso… Penny, vai a fare una passeggiata, per favore” ammiccò la madre, tornando subito dopo in salotto.

Cogliendo al volo il messaggio, Penelope si affrettò a uscire di casa prima di sentire troppo, e peggiorare così la sua situazione.

Benedetti ormoni!

 





Note: Spero che questo trittico su Penny vi sia piaciuto. Per le prossime OS mi occuperò di altri personaggi, anche se non so ancora bene quali. Direi che comunque vi ho dato un'idea di come procedono le cose, nel clan di Bradford. E' ora di occuparsi di un altro branco, adesso.
A presto, e grazie per essere passate!

  
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