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Autore: Wings_of_Glass    25/06/2016    2 recensioni
Una storia introspettiva e inverosimile che si svolge tra incontri "segreti" e chat tra Lei, una "principessa" che non crede più nell'amore e non vuole forse farsi salvare, ma che ha disperatamente bisogno di un abbraccio vero, quello pieno di affetto che ti fa sentire sulle nuvole finché quella stretta intensa dura.. e Lui, lo "stalker", il tipico bello, tenebroso e dannato, che attira tutte e vorrebbe far cedere anche lei al suo gioco. Anche se scoprirà suo malgrado che non è affatto una preda semplice da ottenere... Come andrà a finire? Forse con un sonoro schiaffo? o con un bacio rubato? o con un lieto fine da paura?
So che è un argomento già trattato in mille modi, ma spero che la mia nuova storia vi possa piacere ed intrigare, almeno quanto a me piace scriverla qui per voi :)
Dal testo:
-Lo sai.. se fossi un animale saresti sicuramente una tartaruga- mi disse così su due piedi.
-E questo che vuol dire?- gli chiesi accigliata, stava cambiando discorso di nuovo.
-Vuol dire che quando hai paura ti nascondi dentro il tuo guscio-. Si avvicinò e mi prese la mano lentamente. -Ma non ti preoccupare io sono bravo a romperli-.
Genere: Comico, Fluff, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
Capitoli:
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LA PRINCIPESSA & LO STALKER

Quando si sta davvero male, un abbraccio sincero lenisce il dolore molto più di mille mi dispiace detti o scritti..

 

Prima di tutto...

Lei

Si chiama Lucy, soprannominata semplicemente Lù da tutti i suoi amici, ed angioletto dalla professoressa di italiano che aveva quando era a scuola. Forse per via del suo aspetto tenero, fragile e minuto. Lunghi capelli color miele incorniciavano il suo visetto dal naso all'insù e i suoi occhi color dell'ambra. E' una ragazza semplice, timida, dolce ma anche testarda e dotata di un grande animo altruista. Ha studiato molto e si è appena diplomata, deludendo tutti quelli che si aspettavano andasse a studiare arte o lingue all'università, ha deciso di mettersi alla ricerca di un lavoro, ma al giorno d'oggi non è molto semplice. E' piuttosto riservata, non le piace raccontare i suoi fatti a tutti, ma sa essere una grande ascoltatrice e dispensatrice di buoni consigli, che però non segue troppo spesso.. non è perfetta però, il suo cuore presenta molteplici ferite e rotture, in cui persone “cattive” si sono troppo spesso approfittate della sua bontà o ancora peggio del suo amore, portandola così a chiudersi in sé. A creare una specie di barriera, un guscio, sperando di proteggersi e che nessuno riuscirà a quanto pare ad arrivare più al suo cuore troppo spaventato, troppo stanco per sopportare altre ferite. Riuscirà qualcuno a fare breccia nel suo mondo?

 

Lui

Si chiama Nial. E' il tipico ragazzo sbandato, dal passato oscuro e tenebroso da lasciarsi alle spalle. Uno caduto sul fondo, che cerca di risalire e di riprendere in mano la sua vita, dopo aver lasciato la scuola ed essersi buttato in un giro di droga e viaggi senza uno scopo preciso. Ha uno spirito avventuroso e poetico, che fa cadere tutte a suoi piedi se lo vuole, grazie alla magia del basso che suona e degli occhi di ghiaccio sotto una cascata di ciuffi color della notte. Non gli piace ovviamente ricevere un “no”, essendo un ribelle libero e non si fa mettere i piedi in testa da nessuno. Ci sa inevitabilmente fare con le parole, ma non sempre la fortuna è dalla sua parte. Si nota anche a distanza che è uno a cui piace il divertimento e non si lascia troppo coinvolgere da ciò che gli capita, o almeno non più.  Anche lui porta dentro molte ferite, soltanto che non è riuscito a gestirle bene e ha perso la testa, ma ora sembra davvero voler rimettersela sulle spalle. Ma a guardarlo bene sarà davvero cosi?

 

Prologo

Cercasi personale

Quante volte avevo letto un cartello simile appeso alle vetrine. Quelle lì erano un po' sporche. Forse avevano bisogno di una donna delle pulizie. Mi morsi il labbro. Davvero troppe volte lo avevo letto. Feci un respiro incoraggiante e mi strinsi le altre copie del mio curriculum al petto. Tentar non nuoce. Entrai nel bar, sperando di essere fortunata e cercai pure di sorridere mentre il getto troppo freddo dell'aria condizionata del locale mi faceva rabbrividire. Ogni volta che consegnavo un curriculum mi sentivo agitata e mi chiedevo perché non ero andata all'università come volevano tutti. Ma lo sapevo il perché in realtà. Semplicemente desiderio di autonomia. Mi scoraggiava vedere tutte le mie amiche o vecchie compagne di classe trasferirsi col proprio fidanzato mentre io me ne restavo ferma a fissare uno schermo di un cellulare, in attesa di buone notizie. E poi tanto avrei fatto un sacco di esami per poi finire a fare la cameriera. Sbuffai. Ero positiva per gli altri ma molto negativa e autocritica nei miei confronti. Ormai lavorare non era questione di bravura, ma di fortuna. Non importava se ero stata la più brava dell'istituto o se parlavo inglese quasi come se fossi nata in Inghilterra. Avevo messo da parte anche i miei sogni nel cassetto purtroppo. Forse per poca autostima più che altro. Non sarei diventata una scrittrice di successo. Non avrei pubblicato mai un mio romanzo, ma nel tempo libero mi piaceva scrivere o anche solo disegnare i miei pensieri e le mie emozioni. O forse un giorno ci sarei riuscita anche. Ma per ora le mie emozioni erano come bloccate e perse. Recise e mi fermavo sempre a metà di ogni racconto, perché le fini mi spaventavano troppo. Cercai di attirare l'attenzione di un dipendente, anche se il locale era quasi deserto, a parte qualche avventore. Se avessi potuto scegliere, non avrei mai lavorato in un posto come quello, ma bisognava accontentarsi con quello che c'era in giro. Finalmente una cameriera si accorse di me, avrei dovuto mettermi a saltellare davanti a quel bancone dei gelati, colorato da tantissimi e svariati gusti, come una bambina. Era davvero troppo alto per me, eppure ero 1.70 cm.

Okay, ero pronta per la solita solfà, sperando che il mio curriculum non venisse direttamente regalato al reparto C. Ovvero il cestino, la spazzatura. Ero già pronta anche alle parole che quella tizia mi stava per sputare addosso, le avevo già sentite.

-Ma quanti anni hai?-

-Quasi ventuno- risposi, come se fosse una cosa ovvia.

-Sembri una bambina!- esclamò agitando il mio adorabile cv in aria, tra le mani smaltate di viola.

-Lo so, me lo dicono tutti-. Mi strinsi nelle spalle. Non avrei mai trovato un posto perché sembravo più giovane? O era soltanto invidiosa quella donna? Molto spesso me lo sentivo dire e per me non era un problema, o non lo avevo mai considerato tale. Non mi truccavo o vestivo per farmi vedere, ma ai colloqui una camicetta e i tacchi li mettevo. A dire il vero non mi truccavo proprio. Mi sentivo meglio così, senza robe sulla faccia. Pulita. Avevo tanto da dare, ero intelligente e imparavo in fretta. Mi impegnavo nelle mie scelte eppure nessuno sembrava accorgersene mai. Ma la gente si sofferma molto spesso solo all'aspetto fisico. Non dico che non sia rilevante, ma non si può guardare la copertina e giudicare senza prima aver scoperto il contenuto.

-Va bene, terrò il tuo curriculum da parte e lo farò avere al responsabile- mi disse poi, mentre non avevo ascoltato nemmeno una sola parola di quello che mi aveva detto nel frattempo. Mi ero completamente assorbita nei miei dubbi. -Certo, grazie mille e arrivederci-. Ci demmo pure la mano in gesto di saluto, come se fosse importante in quel momento. Mi preoccupai anche stupidamente perché la mia era un po' sudata per l'imbarazzo. Ci eravamo anche date del tu, difficilmente mi riusciva spontaneo dare del Lei agli altri o usare i toni di cortesia, soprattutto se ero nervosa come in quel momento.

Probabilmente quando avrei avuto trentanni sarei sembrata una ventenne. Ci risi su e sorrisi mentre uscivo da quel bar, quasi con una punta di sollievo. Mi chiesi ancora una volta perché trovare lavoro doveva essere così complicato. Perché doveva tutto dipendere da un foglio pieno zeppo di esperienze, e non dalle vere persone. Finché non si conosce davvero qualcuno non si può dire se merita o no una possibilità, giusto? Avevo bisogno di rilassarmi e di una doccia, magari potevo tornare a casa. Sbloccai il display del cellulare guardando l'ora svettare sull'immagine di winnie the pooh. Okay forse avevo conservato un po' il mio lato infantile, ma non lo facevo notare in giro e poi winnie the pooh l'ho sempre adorato fin da bambina, come si fa ad non adorarlo? Ci infilai gli auricolari e lasciai partire una canzone a caso mentre mi avviavo verso la fermata dell'autobus più vicina. Camminavo tra la gente guardando la punta delle scarpe da ginnastica, desiderando un po' di tornare bambina, per non avere preoccupazioni e responsabilità o magari, dentro di me lo sapevo che era così, per cancellare brutti ricordi e fare scelte completamente diverse da quelle che mi avevano portato a diventare fredda e apatica.

Guardavo il mio drink distrattamente mentre le bollicine si rincorrevano in quel liquido aranciato, spirando sulla superficie del bicchiere. Qualcosa attirò di scatto la mia attenzione. Un foglio che aveva posato, e accuratamente abbandonato sotto gli occhi di tutti, la cameriera sul bancone qualche minuto fa. Era una macchia bianca sull'oceano di quel legno vecchio e sfregiato. Cos'era? Mi allungai in quella direzione, non era molto lontano, ma poi decisi di tirarlo a me e addirittura prenderlo noncurante in mano. Mi concentrai sulla foto. Un delizioso visetto mi fissava cercando di sorridere. Aveva i capelli un po' spettinati, la pelle così chiara e un maglione bianco che la faceva sembrare così naturale. Ma un momento. Io l'avevo già vista. Oh sì, ora ricordavo. Quella ragazzina viveva accanto a me, o meglio davanti a casa mia. A volte la vedevo in giardino, o anche a scuola l'avevo notata. Forse eravamo andati a scuola assieme? Anni che volevo dimenticare. Mi passai una mano sul volto e senza pensarci, le mie dita erano come animate da una sorta di volontà universale, tirai giù il numero di cellulare nella mia rubrica. Che cliché. Eppure volevo davvero il suo numero. Da un po' mi tormentavo pensando che mi avrebbe fatto bene conoscerla. Anche se non sapevo perché, ma da un po' di tempo mi piaceva seguire il mio istinto. Non ero del tutto guarito ancora, ma non volevo avere rimorsi di nessun tipo. Volevo controllare che non avessi sbagliato qualche cifra, oppure l'indirizzo, il nome, per sapere se era davvero lei e come cavolo si chiamava. Ma quella dannata cameriera mi strappò quasi il foglio prezioso dalle mani, guardando con aria di rimprovero. Avrei voluto farle una linguaccia, ma mi trattenni dopotutto era stata lei a lasciarlo alla mercé dei clienti. Salvai quello che avevo velocemente estrapolato, sperando che quel numero fosse giusto o sperando di avere la forza un giorno di scriverle qualcosa. Se consegnava curriculum sicuramente aveva qualche anno in meno di me. Sospirai, anche io avevo bisogno di trovarmi un lavoro. Le giornate erano troppo noiose così, passate senza far nulla a parte che uscire con gli amici di sempre e qualche tipa trovata in giro. Poi presi il bicchiere e me lo portai alle labbra per berne il contenuto e assaporarlo lentamente. Mi stuzzicò e il sapore dell'alcool mi fece inevitabilmente sorridere. No, probabilmente non avrei mai avuto il coraggio di parlarle in vita mia, eppure non avevo mai avuto problemi di questo tipo. Lei però mi sembrava diversa o almeno così mi sembrava osservandola talvolta dietro le tende, da lontano. Sì doveva essere lei. Era bella. Una bellezza di nicchia. Sì non avrei mai pensato che un viso così dolce potesse attirare cani e porci. Si notava anche a un miglio di distanza che era pura e la cosa mi stava facendo letteralmente perdere la testa. Non era quel tipo di ragazza che apriva la porta a tutti. Ma forse io avrei potuto fargliela aprire? Chiusi gli occhi rivedendo la sua immagine imprimersi sotto le palpebre. Magari mi sarei potuto divertire, magari mi avrebbe distratto dai miei problemi per un po'. Mi strofinai i capelli che mi ricadevano sulla fronte, passandoci una mano, come se dovessi sistemarli. Quel gesto di solito mi calmava, ma sta volta non bastava. Stavo di nuovo impazzendo e non era un bene. Non lo era affatto.

  
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