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Autore: ilariadragonfly    25/06/2016    4 recensioni
// TakuRan Arrangiata In Chiave Shirou // Malinconico // Triste // Fluuf // LiMortacciVostraCheMiStateConvertendoAllaTakuRan //
Infondo é Sempre Stato Un Ragazzo Pieno Di Complessi.
Da Solo Non Si Dava Pace E I Genitori Gli Davano Addosso.
Solo Lui Avrebbe Potuto Salvarlo Da Quella Situazione Di Stallo.
Se Fosse Arrivato, Si Intende.
Lui Era Ossessionato Dalla Perfezione.
Ma Cos' Era Per Lui La Perfezione Tanto Ambita?
Cosa Significa Essere Perfetti, Secondo Lui?
Genere: Fluff, Malinconico, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Yaoi | Personaggi: Kirino Ranmaru, Shindou Takuto
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Era una brutta e scura giornata invernale, il vento era incessante e fuori da quella villa regnavano la pioggia e il maltempo.
Un po’ come nella sua mente, solo che da lui diluviava abbondantemente.
Takuto era in camera sua e stava raccogliendo tutti i suoi trofei e medaglie vinte a qualsiasi competizione lui avesse mai preso parte.
La sua camera ne era piena.
Riconoscimenti di bravura sparsi ovunque, ma disposti secondo il preciso e noioso ordine della madre, ma è consueto da parte di una persona ricca.
Il moro era per terra, sul parquet freddo e lugubre della sua stanza, circondato da decine e decine di premi, tutti in oro, si intende.
Era lì, circondato da tutto quel luccichio, con le ginocchia a tappargli gli occhi e la voce a spezzarsi dai continui singhiozzi.
Era davvero un prodigio?
Era davvero il più bravo di tutti?
No.
Gli altri erano convinti che lo fosse, lui no.
Lo ritenevano perfetto, il ragazzino che tutti avrebbero sempre voluto.
Ma no.
Lui dentro di sé aveva uno spirito che urlava in continuazione, ma non riusciva ad uscire, sempre nascosto dietro il sorriso lieto e dolce del suo proprietario.
Takuto aspettava.
Continuava ad aspettare.
Ed era ormai tanto che aspettava.
Chi?
Beh, diciamo che un certo migliore amico sarebbe dovuto arrivare a breve.
Ma lui si era ormai convinto che non sarebbe arrivato nessuno in suo soccorso.
Era un ragazzo solo e pieno di complessi, tormentato da ciò che lo rendeva perfetto agli occhi giudiziosi altrui.
Un rumore lo distolse dalla sua agonia.
Proveniva proprio da sotto di lui.
Precisamente dal caminetto situato in camera sua.
Non si preoccupò, ma nelle giornate di pioggia solitamente non prendeva quella strada.
Quel camino non era altro che un passaggio per le cantine che portavano direttamente all’ esterno, grazie ad una scala sotterranea.
Quando voleva scappare erano l’ ideale, ma con quel tempaccio non ne aveva voglia.
Lui sollevò leggermente la testa per rivolgere lo sguardo vacuo e vuoto al caminetto.
-Uff, ma quanta cazzo di polvere c’ è qui sotto!- urlò qualcuno che poi continuò a battere le mani sul “coperchio” che nascondeva le scale.
-Takuto cosa aspetti ad aprirmi! Io sono allergico alla polvere!- sbraitò nuovamente la persona da sotto quel coperchio.
Shindou si alzò trascinandosi e camminò in soccorso della voce, che sarebbe diventata molto più forte se non avesse fatto come detto.
Si abbassò e alzò il coperchio grigio in ferro impolverato e vide sotto esso la testa rosa del compagno, con i capelli fradici e sporchi di fuliggine nera pece.
-Ce ne hai messo di tempo, la polvere mi da fastidio- si lamentò Ranmaru, uscito dal passaggio, mentre sbatteva i capelli disfacendo i codini.
-Takuto che hai?-
-Io sono perfetto?-
La domanda dell’ amico lo aveva sconvolto.
Solo ora nota sul suo viso delle evidenti occhiaie, non le aveva mai viste sul suo volto.
Sapeva che fosse un tipo piuttosto tormentato, con tutti i suoi complessi mentali.
Infondo era per quello che esisteva lui, esisteva solo per questo.
Consolare il migliore amico, che tanto migliore amico non era alla fine.
-Io sono perfetto?- chiese nuovamente il moro, che era tornato nella sua fortezza di medaglie e riconoscimenti.
Kirino non sapeva cosa rispondere, non sapeva cosa pensava l’ altro e qualsiasi risposta avrebbe dato, sarebbe potuta essere quella sbagliata.
-Io sono PERFETTO!?- e quella volta la voce fu molto più alta, senza che sia spezzata da lacrime e singhiozzi.
-Perché ti interessa saperlo?- domandò il rosa, in piedi, mentre si toglieva la felpa inzuppata e sporca per rimanere in canotta.
-Tutti mi dicono che sono perfetto. Lo sono davvero?- chiese disperato tappando gli occhi nelle ginocchia e le mani erano sulle orecchie.
Aspettava una risposta, ma nel caso fosse stata troppo violenta, le mani avrebbero attutito il colpo, secondo lui, ma la sua ansia gli faceva fare cose senza un senso logico, a differenza dell’ amico, che quando era nel panico riusciva a mantenere il sangue freddo e a risolvere ogni situazione che gli si parasse davanti.
-Sei troppo influenzabile- disse con un sorriso sistemandosi nuovamente i codini.
-Tu non capisci, tutti mi dicono che sono perfetto e pretendono che io lo sia. Io non so cos’ è la perfezione. Cosa significa essere perfetti?- chiese al compagno in attesa di una risposta, che purtroppo non arrivò.
-Hanno sempre voluto troppo da me,  anche se davo il massimo nessuno riconosceva mai i miei sforzi, importava solo il risultato. Per i miei genitori sono solo uno strumento di vanto. È mio compito essere perfetto, altrimenti perché mi avrebbero insegnato a suonare tutti quegli strumenti e a giocare a calcio. A scuola sono bravo, ma perché mi hanno sempre obbligato a esserlo. Ho sempre vinto a qualsiasi competizione scolastica o non alla quale io abbia partecipato- sostenne con la fronte appoggiata alle ginocchia e quasi stava per riprendere a piangere.
-La verità è che non importa essere perfetti o meno. Tutto dipende per chi, si vuole essere perfetti- asserì in un momento, dicendo solo quello che pensava da sempre.
-Tu per chi vuoi essere perfetto?- domandò il moro sollevando la testa e guardandolo basito, mai aveva sentito queste parole da parte del compagno.
-Essere perfetti è una palla assurda! Ti immagini riuscire a fare tutto senza errori o la minima imperfezione? Io sarei già morto!- scherzò Kirino, infondo lo aveva sempre sostenuto, la perfezione non è altro che una perdita di tempo, se non si è perfetti perché farsi i problemi mentali?
-Vorrei essere come te. Io devo essere perfetto, devo essere “L’ Orgoglio Della Famiglia Shindou”. È questo che mi hanno sempre detto che sarei stato e diventato- confessò guardando uno dei premi. Lo aveva vinto all’ età di sei anni a una competizione musicale, lui era stato indubbiamente il più bravo. Da quel momento era iniziata la sua “Fissa” per la perfezione.  
-Takuto, per chi vuoi essere perfetto?- chiese di punto in bianco il migliore amico, alzandosi delicatamente dal letto morbido e con lenzuola pregiate su cui era seduto, per andare dal castano.
Con i piedi, non curandosi di quante fossero e del loro colore, iniziò a spostare tutti i riconoscimenti per crearsi un varco in quella fortezza di “Perfezione”.
Tette le medaglie, premi e trofei che gli passavano davanti non erano altro che inutili pezzi di ferro senza valore, non aveva mai voluto Takuto come migliore amico solo perché fosse bravo in tutto quello che faceva.
Era ben altro ciò che li legava.
-Io…devo essere perfetto per- ma la sua voce già debole venne interrotta da quella più forte del ragazzo che aveva preso posto affianco a lui, in quella rocca di malinconia e solitudine che si era creato nel corso degli anni.
-Tu non devi essere perfetto! Non devi! Essere perfetti non vuol dire vivere! Essere perfetti non fa altro che renderti infelice! La perfezione è una perdita di tempo! Tu devi essere perfetto per la tua famiglia? Sbagliato! Tu devi essere perfetto per te stesso, la tua famiglia non importa! La perfezione non esiste, ficcatelo bene in testa che tutti abbiamo dei difetti!- urlò Ranmaru agitato come non mai, non era riuscito a controllarsi, non poteva controllarsi di fronte alla tanta insicurezza di una persona forte e… sì, bellissima, perché lui era bellissimo, indubbiamente lo era.
-Quali sono i tuoi difetti?- chiese quindi Takuto, guardando la pelle del suo viso scendere e passare dal rosso acceso a quello pallido che aveva di solito.
-I miei difetti? Ne ho talmente tanti che non saprei elencarteli tutti- rispose solamente, con un sorriso. A lui non importava la perfezione perché non dava la felicità.
I due rimasero in silenzio per qualche minuto.
Si guardavano negli occhi e non sapevano cosa dire.
C’ era una sorta di tensione, come se avessero lasciato qualcosa in sospeso che non ricordavano.
Poi ad un certo punto Takuto insorse, come in una sorta di apnea fatta negli occhi azzurri e celestiali dell’ altro, ricordandosi della domanda lasciata senza soluzione.
-Non mi hai risposto- soffiò qualche istante dopo Shindou, avvicinandosi leggermente all’ amico.
-A cosa?- chiese Ranmaru dilatando gli occhi in una smorfia sorpresa e basito dalla lieve curva sul suo viso, chiamata sorriso, fatta dal compagno.
-Alla mia domanda? Tu per chi vuoi essere perf- e il moro venne interrotto un’ altra volta dal suo migliore amico.
Ma questa volta non era arrabbiato.
Le labbra di Kirino premevano sulle sue in un tenero e affettuoso bacio. Le loro labbra continuavano ad assaporarsi reciprocamente, sebbene Shindou fosse un po’ sorpreso da quello che stava succedendo.
Era lui, era per lui che voleva essere perfetto. Per la persona che amava e che per lui era senza il minimo difetto e peccato, pura in ogni suo singolo movimento e in ogni sua parola.
Shindou stava baciando il suo migliore amico di una vita e non aveva la minima intenzione di smettere.
Piano piano iniziò con le sue mani a contornagli il viso e a far passare le braccia da sopra e sue spalle e stringergli il collo per portarlo più vicino a sé, per sentire il profumo di bagnato dei suoi capelli mischiato a quello di pesca che aveva sempre.
Takuto riuscì anche a farlo alzare senza interrompere quel bacio per lui meraviglioso  e quando furono in piedi cedette, si era ripromesso internamente nel suo cuore che non lo avrebbe fatto, ma lui stesso non rispettò quella promessa fatta a se stesso, ma decise che sarebbero state lacrime diverse, quelle.
Dai candidi occhi rossicci del moro iniziarono a uscire calde e salate lacrime, piene di gioia e felicità.
Non si era mai sentito così, la sua felicità era sempre stata troncata dalla freddezza e crudeltà che i suoi genitori avevano sempre avuto con lui.
Kirino aprì leggermente gli occhi e lo vide in lacrime, quindi interrusse il bacio e fece scivolare il suo viso affianco a quello del moro, incastrando il suo mento nell’ incavo della sua spalla e prendendosi carico di una parte delle lacrime del ragazzo, non meritava di soffrire da solo.
-Cosa farai adesso?- chiese con un soffio Kirino all’ orecchio dell’ altro, che si riscosse un momento da tutti i suoi pensieri.
-In che senso?- sussurrò, mentre con le sue lacrime continuava a bagnare la stoffa della canotta del suo compagno.
-Ora che sei omosessuale e i tuoi genitori non lo sanno, non potrai mai più essere perfetto, perché per te la perfezione è rispettare i canoni dei tuoi genitori alla lettera, mentre ora non potrai più, sei sicuro di volere davvero tutto questo?- urlò Ranmaru, stringendo le palpebre e dicendo tutto quello che pensava, svelando il mistero della perfezione del compagno.
Takuto ascoltò senza fiato le parole dell’ amico, un caldo sorriso gli solcò il volto e chiuse leggermente gli occhi, prendendo un gran respiro.
-Tu mi hai chiesto per chi voglio essere perfetto, bene, io ti dico che voglio essere perfetto per te e con te. Al diavolo tutto, niente mi importa di più del tuo amore e di noi- rispose Takuto stringendolo più forte, come se Kirino gli avesse dato tutte le forze di cui aveva bisogno e in quel momento lo voleva far sentire protetto e sicuro, come se fosse il rosa l’ indeciso e che i ruoli si fossero invertiti.
-L’ hai capito finalmente- sorrise di rimando, il moro non poteva vederlo, ma il suo sorriso era evidente nel tono di voce assunto -non si può essere perfetti da soli- concluse.
Shindou lo prese per le spalle e lo allontanò da se molto delicatamente, facendo scendere le mani sui suoi fianchi mentre Kirino lo guardava sorpreso, i suoi grossi occhioni color oceano erano spalancati e puntati contro quelli del ragazzo di fronte a lui, quasi paralizzati dalla tanta sicurezza di quei gesti.
-Lo so, ti amo con tutto me stesso, e per favore smettila di piangere, io ho versato abbastanza lacrime per entrambi e ti prometto che non ce ne saranno altre, ora che ho te- disse il moro guardandolo negli occhi e raccogliendo una lacrima dalla sua guancia con il dito per poi tornare a baciarlo nuovamente con più foga e forza di prima, rimanendo in quella cerchia di premi diventata il nido del loro amore che avrebbe superato ogni ostacolo.

 
< Essere Perfetti Non Significa Non Avere Difetti,

Significa Avere Difetti Assieme Alla Persona

Amata,

Diventando Perfetti,

Insieme >

















































































































 
*Angolino Della DragonFly(mortaccivostrachelastateconvertendo)*

Ehi a Tutti Minna!

Eccomi con una TakuRan controvoglia, un' altra...

Ho finito gli esami e tra poco la mia long riprenderà, ne sono certa, ma ci sono cose da sistemare.

Scappo che è sera tarda e ho un leggero sonno (no non è vero e lo sapete, solo che non so cosa dire -Yep-)

Quindi, se la storia ti è piaciuta o meno, hai trovato errori di ortografia oppure hai dei dubbi fammelo sapere con un commentino qui sotto.
Ringrazio tutti quelli che leggono e recensiscono le mie storie ma anche quelli che la leggono semplicemente perchè sono tanti.
A Prestissimo Al Più Presto
IlariaDragonFly
 
   
 
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