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Autore: Mikky    27/06/2016    0 recensioni
Non tutte le famiglie sono perfette, una in particolare nasconde uno sporco segreto che è ora di svelare. Ma a quale prezzo?
Genere: Drammatico, Thriller | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Nuovo personaggio, Spencer Reid, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'S&M'
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Un colpo al cuore


Minerva si girò e vide sullo stipite i suoi genitori. Si alzò, nascondendo dietro di sé la bambina.
Cercò di sorridere allegramente “Mamma, papà da quanto tempo! Sono passata per farvi un saluto…”.
“Con l’F.B.I.?”.
“Sì, sono i miei nuovi amici”.
Suo papà avanzò e si andò a sedere sul tavolo come faceva molto tempo fa, quando stava per arrabbiarsi con loro perché aveva sbagliato. “Siamo molto orgogliosi di te, Josephine. Tre lauree e due dottorati, anche se sarebbe stato bello se fosse stato qualcosa di più…importante”.
“Dio” alzò gli occhi al cielo “Ancora con questa storia?”.
“Amore, no” sua madre andò da lei e le prese le spalle dolcemente “Non c’importa. Hai dimostrato le tue capacità, sei entrata al Buerau come consulente forense e ti stai per sposare con Spencer Reid”.
Minerva si scrollò di dosso le sue mani “Esattamente. Come fate a sapere ciò? Come fate ad avere quelle foto?”.
“Josephine” la richiamò suo padre “sei una consulente della più grande squadra investigativa dello Stato che si occupa dell’analisi del comportamento e dei serial killer. Non l’hai capito?”.
“Cosa?”.
“Chi aveva quelle foto, Josi?”.
Odiava quel tono, sembrava che la trattassero da deficiente. Lei non lo era e non si meritava di sentirsi parlare così. Ma in effetti non riusciva a capire chi potesse avergliele date.
Si ricordò poi di quando era appena ritornata da Las Vegas, dove aveva incontrato Diana Spencer, durante le vacanze di Natale. Aveva chiamato sua zia per chiederle se poteva andare da loro per presentarle il suo futuro marito e lei entusiasta le aveva detto che li aspettava per il week-end successivo, ma che voleva una foto del suo futuro genero al più presto.
“Dai, lo vedrai quando verremmo da te” aveva protestato.
“Voglio vedere lo schianto che sposerà la mia nipotina. Magari è tutto palestrato…”.
Minerva era avvampata di colpo “Non è così, è l’opposto”.
“Ma perché?”.
“E’ gentile con me e mi ama. Non m’interessa com’è fisicamente, se ha i pettorali o no”.
Penelope che aveva ascoltato tutto le aveva strappato il telefono dalla mano “Signora Hunter, le assicuro che il nostro Spencer è al dir poco meraviglioso, anche se non ha gli addominali. E’ il mio preferito dopo Derek” silenzio e poi l’hacker aveva sorriso raggiante “Le invierò una foto meravigliosa dei due piccioncini al più presto”.
Quando chiuse la chiamata le aveva chiesto spiegazioni sul perché i social network non erano sicuri mentre le mail sì e Penelope, con un sorriso, le aveva detto che poteva far partire quel messaggio da dove voleva, anche dall’Himalaya. E così i suoi zii ricevettero quella foto.
Erano gli unici a cui l’aveva mandata, ed erano gli unici che avevano tutte quelle foto nella loro casa.
Minerva fece un passo indietro, sbattendo contro la piccola Martine, ma era troppo sconvolta per rendersene conto.
Le uniche persone di cui si era fidata fino a quel momento l’avevano tradita.
“Mia sorella” disse sua madre andando verso una delle librerie, come se fosse intenta a cercare qualche libro “ci ha tenuto al corrente di quello che facevi, di come te la cavavi nel mondo. Quando tu andavi a dormire mi diceva tutto quello che avevi fatto in quella giornata. Era tremendo sentire che ti facevi ancora di quello schifo di droga, ci hai falsato i risultati di anni di ricerca. Sai, quante mazzette abbiamo dovuto dare per far passare i pacchi con le pillole i controlli di spedizioni e farli arrivare fino a casa di Lou? E quando te ne sei andata da loro per raggiungere Washigton…Be’…siamo stati obbligati a riprendere tutto dall’inizio”.
“Mi studiavate ancora?Anche se ero lontana da voi? Non avete mai pensato che zia Lou vi potesse mentire?”. Non riusciva a pensare all’eventualità che la sua amata zia, quella che l’aveva presa sotto il suo tetto e l’aveva adottata e permesso di usare il suo cognome, avesse fatto una cosa del genere.
Magari aveva tradito loro, li aveva convinti di cose che in realtà non erano vere per salvarla da loro.
Suo padre le sorrise, come se fosse una bambina che non voleva credere all’ovvio. “Tesoro c’era una telecamera nella tua stanza, o meglio c’è ancora. Aveva l’ordine di accenderla ogni volta che saresti tornata a casa. Come a gennaio”.
Le veniva da vomitare. I suoi genitori avevano visto, ogni cosa, anche la più segreta. Avevano assistito alle sue notti con i più diversi ragazzi, alle litigate da normale adolescente con Lou e Mike, a quei pomeriggi con le sue coetanee o compagne di corso…Avevano visto lei e Spencer quella notte!
Non avevano fatto nulla di sconveniente, ma avevano parlato di loro, della loro vita, di quello che avrebbero voluto per il loro futuro insieme. Quelle cose estremamente private, che si raccontano solo a chi si ama e a nessun altro.
E loro si erano intrufolati in quella sfera solo per i loro maledetti studi.
Sentirono dei passi sopra di loro. Gli agenti stavano ancora perlustrando la villetta e probabilmente avevano portato alla luce i suoi diari e quelli di Matt, e con grande probabilità Spencer li stava leggendo. Presto sarebbero arrivati in cantina.
“Andiamo” le ordinò suo padre, cercò di prenderla per il polso, ma Minerva fece un salto indietro, andando a sbattere contro la libreria.
“Sopra ci sono i miei colleghi, se urlo verranno qui e vi prenderanno…”.
Afrodite Eagles con molta calma prese Martine, l’abbracciò da dietro, mentre con tranquillità prendeva uno dei libri finti sparsi tra gli scafali e ne estrasse una pistola. La bambina era così condizionata da loro che non si mosse, nemmeno provò a liberarsi quando sentì la canna premere contro la sua tempia. “Sicura che vuoi urlare?”.
“Lasciala”.
“Se tu vieni con noi nel laboratorio”.
Minerva li osservò furiosa, mentre armeggiava con la scatola che aveva dietro alla schiena. Era da quando era andata a sbattere che ci provava, finche finalmente non la sentì aprirsi. Con un movimento fluido prese quello che vi era dentro e se lo infilo dietro la schiena sotto la maglia, mentre si drizzava e si allontanava.
Non aveva avuto il tempo di richiuderla, ma i suoi genitori erano troppo concentrati sulla ragazzina e sulla porta sopra le scale per prestare attenzione al mobilio.
Attraversarono l’atrio ed entrarono nel laboratorio. Robert sigillò la porta, mentre sua madre lasciò Martine, per andare verso Everett, sdraiato sul vecchio tavolo da lavoro, con le mani e i piedi legati. Un tubicino era collegava il suo braccio a un sacco con un liquido azzurro. Afrodite controllò che le gocce continuassero a cadere nella cannula a un ritmo costante, per poi allontanarsi e andare a prendere qualcosa nel magazzino.
Suo padre stava smantellando con estrema delicatezza le varie apparecchiature da laboratorio, dando ordini a Martine su cosa fare. Una volta anche lei avrebbe ricevuto quegli ordini, ma era passata dal lato del nemico, quindi aveva perso il diritto di toccare i loro piccoli gioielli, così, lentamente, si avvicino a Everett e gli toccò la fronte, che era fresca.
Il ragazzo aprì gli occhi e la guardò, era lucido. Con lo sguardo le indicò il braccio incerottato, immediatamente notò che qualcosa non andava: c’era una piccola macchia di sangue e la cannula risultava attaccata male. O meglio staccata.
Minerva dovette trattenersi dal sorridere e imprimergli un bacio in fronte per il suo coraggio e il colpo di genio. Invece gli accarezzò la guancia.
“Distrailo. Ci penso io a lui”.
“Sicuro?” chiese in un soffio la ragazza.
Lui annuì prima di tornare a girarsi, mugugnando.
Minerva, allora, cominciò a pensare. Guardò Martine, che aspettava ordini sull’angolo, gli occhi lucidi. Chissà cosa le avevano fatto per renderla così solo in tre giorni?
Prese un profondo respiro e andò verso suo padre “Papà…”.
“Dimmi, Josi” non si era voltato, continuava a lavorare.
Non sapeva che cosa dire, ma doveva fare in modo che desse le spalle a Everett, in modo tale che potesse agire, così cominciò a girare intorno al tavolo, in modo tale che suo padre dovesse solo alzare la testa per vederla, invece di girarsi. “Vi sono mai mancata?”.
Era una domanda che si era posta sempre, sin dal primo momento in cui si era lasciata indietro la villetta della sua famiglia. Aveva sempre immaginato che nel loro gelido mondo scientifico ci fosse un po’ di amore per lei e i suoi fratelli.
Ma l’uomo rispose velocemente, senza nemmeno preoccuparsi di guardarla. “Certamente”.
“Come figlia o come cavia?”.
Questa volta lui alzò lo sguardo, furioso “Non essere stupida Josephine. Eri il nostro migliore esperimento…”.
“Esperimento? Per voi ero solo quello?”.
Il cuore e gli occhi le bruciavano da impazzire, aveva sperato di essere di più di un nome in codice nella loro tabella di risultati, che per almeno due secondi della loro vita avessero apprezzato le altre qualità che possedeva, oltre all’intelligenza.
Robert la fissò negli occhi “Tu non hai ancora capito che tu eri il modo per raggiungere un futuro meraviglioso, dove tutti sarebbero stati intelligenti. Tu eri la chiave per il bene del mondo”.
“Io sono vostra figlia!”.
“Non dire sciocchezze, sei figlia della scienza!” e poi Robert Eagles cadde a terra, colpito da un microscopio in testa.
Everett lo osservava furioso, con l’arma stretta in mano. “Figlio di puttana!” poi osservò Minerva “Senza offesa…”.
“Io avrei detto di molto peggio” raggiunse Martine e l’abbracciò forte. La bambina ricominciò a piangere, stringendosi a lei. Minerva provò a calmarla “Tesoro, sai il codice per uscire da qui?”.
La ragazzina annuì e così i tre si avvicinarono alla porta, quando le luci si spensero, lasciando solo una luce rossa sopra le porte.
Martine e Everett cominciarono a guardarsi intorno e chiedendosi cosa stesse succedendo, mentre la più giovane dei fratelli Eagles lo sapeva fin troppo bene. Guardò verso la porta del magazzino, sua madre era lì, aveva schiacciato il pulsante per le emergenze e aveva un dito premuto verso il bottone che avrebbe rilasciato un gas che li avrebbe uccisi per asfissia. “Ucciderai anche papà” l’ammonì, ma lei rise.
“Credi veramente che ciò mi fermerà? La sua morte in laboratorio potrebbe giovare al nostro lavoro. L’ultima sua scoperta verrà proposta ai più grandi scienziati e loro la porteranno avanti, fino a raggiungere i risultati migliori”.
“Ma tu non ci lavorerai…”.
“Sono una dei migliori, verrò scelta di sicuro. Ma, ahimè, tu non lo saprai mai, perché morirai molto molto presto”. Afrodite stava per schiacciare il pulsante, quando sentì il colpo. Osservò il petto su cui si stava aprendo una macchia cremisi.
Crollò in ginocchio prima di cadere con la faccia contro il pavimento. Martine riprese a piangere chiedendo se la donna era morta, ma non ricevette nessuna risposta.
Everett prese in mano la situazione e disse alla bambina di aprire la porta, mentre cercava di farsi dare la pistola da Minerva che osservava il corpo della madre riverso a terra, ma senza risultato.
Gli agenti dell’F.B.I. scesero di corsa gli scalini del seminterrato, con le pistole spianate ed entrarono nella stanza. Blake andò da Robert, mentre Derek andò a controllare Afrodite. Fu, così, Spencer ad andare da Minerva.
Le prese l’arma e con dolcezza gliela sfilò dalle mani e, appena fu nelle sue, lei si mise a piangere.
  
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