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Autore: Amatus    28/06/2016    0 recensioni
I grandi eroi esistono per sconfiggere grandi nemici e pericoli mortali. E se il confine fra eroe e mostro non fosse così evidente? Se l'eroe non sapesse contro cosa realmente combatte? Se il nemico fosse convinto di essere un eroe?
E se il nemico più pericoloso fosse l'eroe pronto a combattere per la propria giusta causa a dispetto di tutto il resto?
Una storia può essere raccontata da diversi punti di vista. Questa storia ne presenta due. Due potenziali eroi. Due potenziali mostri. Distinguere l'uno dall'altro potrebbe essere più difficile di quanto si pensi.
Era troppo tempo che qualcuno non gli rivolgeva una parola gentile e fare nuove conoscenze era una cosa così tanto al di fuori delle sue aspettative che non sapeva come reagire. Quando alla fine pronunciò il suo nome quelle lettere così scandite suonarono buffe alle sue orecchie. Non avevano più nessun significato da tempo immemorabile. Solas. Da quanto tempo nessuno lo chiamava così, sentire quel nome, anche se pronunciato dal nano lo fece sentire meglio.
[IN REVISIONE]
Genere: Avventura, Drammatico, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Shonen-ai, Shoujo-ai | Personaggi: Inquisitore, Solas
Note: Missing Moments | Avvertimenti: Spoiler!
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Fen'Len - Figlia del Lupo'
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XXV
Era ferma con il libro sulle gambe e continuava a fissare il muro.

L'elfa non riusciva a non pensare agli avvenimenti confusi che si erano succeduti dal suo ritorno a Skyhold, a volte pensava che la vita fosse più facile là fuori tra demoni e nonmorti, anziché dentro le mura della fortezza. Doveva ammettere però, di non fare assolutamente nulla per rendere la propria vita meno complessa. Come se dover proteggere il mondo da una fine impellente non fosse sufficiente.

Era stata lontana per diverse settimane e la prima cosa che aveva visto una volta messo piede a Skyhold era stato il volto emaciato del custode, sembrava non avesse dormito per giorni, la sua espressione tradiva il sollievo che aveva provato nel vederla tornare sana e salva.

Era rimasto in disparte ed una volta sinceratosi della sua salute si era allontanato in silenzio, cercando di tornare nell’ombra. Forse era ancora commossa dalla presenza di un altro custode, altrettanto disperato ed abbandonato ai rimorsi, ma davanti a quella scena era rimasta senza difese. Aveva affidato Hawke a Josephine e senza neanche togliersi di dosso la polvere del viaggio, era scesa verso le stalle.

Aveva trovato Blackwall intento ad intagliare un piccolo grifone a dondolo. Era rimasta ad osservarlo per un poco quando il custode l’aveva sorpresa chiedendole: “Inquisitore, vi serve qualcosa?”

L’uomo l’aveva evidentemente sentita arrivare ma non aveva alzato lo sguardo né aveva smesso di lavorare al piccolo giocattolo di legno.

“Inquisitore?” Aveva ripetuto incredula. Sentendo la sua voce Blackwall era rimasto con lo scalpello in aria e le mani paralizzate ma non aveva alzato lo sguardo verso di lei.

“Mi fa piacere sapere che siete tornati tutti sani e salvi. Ho visto che la Campionessa è con voi. Varric ne sarà felice”

Blackwall aveva continuato a parlare per un po’ e Lena non era riuscita a fare altro se non guardarlo interdetta. L’uomo era tranquillo e distante, non la guardava e le parlava del più o del meno come avrebbe fatto con lo stalliere.

Alla fine aveva dovuto interrompere quel fiume di inezie: “Ho pensato molto a te durante la missione.”

Blackwall era ammutolito e aveva posato gli stumenti che stringeva tra le mani, sul tavolo da lavoro. Ripensando a quel momento la stretta allo stomaco che aveva avvertito di fronte al custode tornava a contorcerle le interiora.

Lena sentiva ancora sulla pelle la decisione che l’aveva spinta ad avvicinarsi silenziosamente al custode e ad abbracciarlo appoggiando il viso contro la sua schiena. Ora come in quel momento desiderava intensamente poter sentire la pelle nuda dell’uomo contro il proprio viso. Come amava la sua schiena ampia e tesa, i fianchi stretti, le spalle imponenti, adorava addormentarsi su di essa.

Un brivido la percorse al pensiero di come il custode si era portato la sua mano alla bocca. Ne aveva baciato il palmo, poi il polso, aveva allentato infine la presa delle sue braccia e si era girato dentro quell'abbraccio che era allo stesso tempo assolutamente giusto e mortalmente sbagliato. L’aveva guardata dritta negli occhi. Lena aveva riconosciuto il dolore, ma il senso di colpa era sparito. Era finalmente un uomo libero quello con cui aveva a che fare. Lui aveva detto con un filo di voce: “Non può essere tutto così semplice. Non posso avere la mia vita, il tuo perdono e il tuo amore come se niente fosse accaduto.”

Lena aveva riconosciuto la verità nelle parole del custode, eppure era lì, e non avrebbe voluto essere in nessun altro posto. Non poteva sapere cosa sarebbe accaduto tra loro, ma infondo non poteva saperlo neanche prima. Aveva dato a lungo la caccia ad uomo bugiardo, perché negarsi ora la possibilità di imparare a conoscere l’uomo onesto? Non poteva sapere come sarebbe andata a finire ma perché non tentare?

Se era davvero convinta di questi pensieri, cosa le era saltato in testa in quell’assurdo sogno, tra le strade di Haven?

 

“La sapienza non si acquisisce per contatto, orecchie a punta, non lo sai?” Dorian la fissava più preoccupato che divertito. Erano in quel vecchio studio polveroso da un po’ alla ricerca di informazioni riguardanti il rituale che Corypheus stava portando avanti. Lena era sicura di aver letto da qualche parte qualcosa riguardante l’innaturale propagarsi della Chiamata e voleva cercare di capirne di più. Ma trovare qualcosa in quel posto era davvero difficile e la polvere stava iniziando ad irritare i nasi e gli occhi dei due studiosi. “Non sei molto d’aiuto oggi, forse dovremmo davvero chiedere a Solas di darci una mano”

“No!” la risposta di Lena era stata precipitosa e Dorian sorrise curioso.

“Non è da te rifiutare la sua compagnia, cosa è successo?” Lena abbassò gli occhi sul libro, ma sapeva che Dorian non le avrebbe permesso di cambiare argomento tanto facilmente.

“Cosa ha combinato il tuo amichetto?” Lena rimase in silenzio. Perché tutti continuavano a pensare che fosse lui il problema? Qualunque cosa fosse accaduta tra loro era stata senz’altro colpa sua. Lei aveva sempre pensato al suo amico come qualcuno al di sopra di tutto. Forse quello era stato il suo errore peggiore, crederlo distante ed irraggiungibile. Non aveva mai pensato che le loro naturali tenerezze o tutto il tempo speso assieme avessero mai potuto cambiare qualcosa nella vita di lui. Si era abbandonata all’illusione che fosse solo lei a guadagnare da quella relazione, che fosse la presenza di lui a cambiare il suo mondo e non il contrario. E quando lui l’aveva smentita, i suoi pensieri si erano incastrati. Il castello di carte che aveva costruito attorno alla loro relazione si era disfatto. Lui non era un'essenza astratta come gli spiriti di cui parlava. Era una realtà tangibile e corporea, fatta di passioni e di impulsi da cui lei si era lasciata volentieri sopraffare. Tutto questo non aveva senso. Aveva superato ogni confine che Solas avesse mai stabilito tra sé e chiunque altro e non avrebbe mai potuto mentire abbastanza a se stessa dicendo di non averlo fatto consapevolmente. Aveva sempre voluto potergli essere davvero vicina, poter entrare nel suo mondo sbaragliare le sue difese, conoscere tutto di lui e sentirsi considerata sua pari. Non avrebbe mai immaginato che il mago potesse pensare a lei come oggetto di passioni inconfessate, ma aveva sempre sperato di poter essere considerata degna dell'intimità che, giorno dopo giorno, cresceva tra loro. Non era tanto ingenua da non riconoscere le responsabilità del mago, tutte quelle maschere che usava per tenere gli altri a distanza iniziavano ad divenire superflue e un tantino ipocrite. Ma riconosceva il diritto di Solas a voler conservare i propri spazi.

Dorian chiuse il libro e si mise in ascolto, era impossibile eludere le sue domande.

“L’ho baciato.” Pronunciare quelle parole era sembrato semplice. In fondo si trattava di un bacio, non era un grande affare, parlavano ogni giorno di fine del mondo e della distruzione dell’umanità, un bacio non era che un'inezia nell'economia del tutto. Poi le tornò in mente l’attimo in cui Solas l’aveva afferrata per non lasciarla andare via, il suo sguardo, l'ebbrezza dell'abbandono. Dove aveva nascosto quei sentimenti fin ora? Solas era stato per lei amico e maestro, punto di riferimento saldo nel marasma di avvenimenti che si erano susseguiti da Haven l’aveva accolta, le aveva insegnato molto, si era preso cura di lei. Possibile che quella passione fosse cresciuta dentro di lei senza che lei se ne rendesse conto?

“Perché?” Dorian aveva evidentemente superato la sorpresa.

“Non lo so. Davvero non lo so. Eravamo così vicini, lui stava parlando e prima di capirne il perché, lo stavo baciando.”

“Era evidentemente un modo per zittirlo, posso capirlo. Anzi me ne ricorderò ed userò lo stesso sistema la prossima volta che inizierà uno dei suoi monologhi riguardo gli schiavi, gli elfi e la crudeltà del Tevinter.”

Lena non poté che scoppiare a ridere.

“E il custode?” Riprese Dorian facendosi serio. Lena rimase in silenzio per un po’ poi trasse un sospiro e disse “Non so neanche questo. Avevamo appena raggiunto un equilibrio. Ora ho mandato all’aria ogni cosa. Sono certa che non la prenderà bene.”

“Non lasciarti condizionare da lui, non è un che un bugiardo spocchioso. Non ha fatto altro che giudicare tutti dall’alto della sua superiorità morale da quando è arrivato, per poi rivelarsi un mercenario Orlaisiano. Se solo ripenso a tutte le volte che mi ha insultato per la mia vita comoda e per le ricchezze della mia famiglia! Avrei voglia di andare a prenderlo a pugni!”

“Lo so, anzi ho sempre visto chiaramente la sua superficialità e il suo modo convenzionale di giudicare a volte alcune cose. Ma il Blackwall che conosco è buono, generoso, valoroso e...”

“Attraente” Ovviamente il mago aveva colto nel segno. Non era solo attraente era magnetico ed irresistibile per lei.

Aveva effettivamente confuso un poco i piani delle relazioni, e si era lasciata stordire dal progredire degli eventi.

Aveva concesso all'uomo affascinante e inaffidabile una fiducia ingiustificabile, mentre si era abbandonata ad una passione irrazionale nei confronti di colui che riteneva amico e mentore. Ed ora avrebbe dovuto trovare un modo per gestire la confusione.

Lena alzò lo sguardo su Dorian, il suo sorriso ironico era una benedizione.

“Promettimi solo che quando ne parlerai con quel borioso bugiardo mi permetterai di assistere.”

“Al momento sto progettando di non tornare viva da Adamant ma se qualcosa dovesse andare storto, potremo riparlarne”

Tornarono entrambi con i nasi nei libri, per quel giorno la fine del mondo tornava a richiedere tutta la loro attenzione.



XXVI
Erano riusciti a lasciarsi alle spalle quell’orribile incubo. Adamant era stata riconquistata, Clarel era morta e il ladro era in fuga.

Avrebbero potuto rifiatare ora, ma Solas aveva la netta sensazione che il lato peggiore di quella faccenda non si fosse ancora mostrato.

Tanto era andato perso in quel viaggio, e tutti avrebbero dovuto fare i conti con ciò che l’Incubo aveva loro riservato.

L’inattività che segue la battaglia sarebbe stata in quell’occasione una pessima alleata ma non avevano purtroppo possibilità di scelta. La battaglia li aveva fiaccati, non sarebbero riusciti a tornare operativi prima di qualche giorno. Se quel posto non avesse spaventato così tanto i soldati, probabilmente non avrebbero neanche lasciato Adamant. Si sistemarono invece in un forte poco distante. Il paesaggio dell’Accesso Occidentale, rendeva quella forzata inattività ancor più gravosa. Un’infinita distesa sabbiosa si perdeva in lontananza, l’unico elemento di rottura era creato da una lunga e profonda frattura nel terreno che attraversava il deserto come una cicatrice. Proprio in quella frattura erano caduti durante lo scontro con il drago, sopravvivendo al salto solo grazie all’inconsapevole intervento dell’Inquisitore, che li aveva salvati da una caduta mortale trascinandoli fisicamente nell’Oblio. Oblio, mai nome fu più consono per un posto. Non vi era nulla in quel luogo che potesse ricordare l’antico regno, eppure Solas sapeva che la sua bellezza doveva pur celarsi ancora da qualche parte. Così come qualcosa di bello, seppur sbiadito e privo di vita, era rimasto nel mondo della veglia, frammenti del vero mondo dovevano essere rimasti anche al di là del velo. Felassan aveva raccontato di averli visti, rovine antiche ma ancora grandiose, bellissime e potenti. Quello che un tempo era stato il suo regno, il regno del Temibile Lupo, doveva essere ancora da qualche parte. Era necessario riuscire a recuperare la chiave dell’Eluvian che la protetta di Felassan aveva rubato. Avrebbe potuto avere bisogno di una via di fuga presto o tardi.

Certo la bellezza non poteva essere cercata nel regno dell’incubo e della paura, infatti ciò che trovarono non fu che terrore e disperazione.

L’animo non conosce distinzione tra i due mondi a cavallo del velo, ciò che lo spirito aveva vissuto nell’oblio, non rimaneva relegato in quel mondo. Solas si trovò a pensare che l’animo fosse la dimostrazione che il mondo non fosse fatto per essere diviso, esso necessita di complessità e in quel mondo impoverito, fosse del sogno o della veglia, sbiadiva e perdeva coscienza di sé. Gli abitanti di quel mondo infatti altro non sono che pallidi spettri, così poco in contatto con loro stessi da ricordare quei maghi condannati al rito della calma, inconsapevoli e in balia di emozioni che non sanno riconoscere e quindi gestire. Per questo i demoni operano indisturbati in questo mondo. Se avessero misura del proprio animo saprebbero vedere il mondo per ciò che è e operare in esso con pienezza, offrirebbero quindi a questo mondo diviso una possibilità. Eppure nessuno era in grado di comprendere questa semplice verità. Nessuno?

Solas si guardò attorno, ognuno dei suoi compagni portava con sé la paura o il senso di colpa che il demone aveva sapientemente instillato nei loro cuori. Cassandra era rimasta in un angolo immersa nella preghiera da quando avevano fatto ritorno. Senza la sua fede la donna avrebbe ceduto e sarebbe stata la disfatta per l’intera Inquisizione. Solas sperava che la forza di volontà della cercatrice avesse infine la meglio sulla disperazione.

Varric non era più stato visto senza un boccale di birra tra le mani da quando erano arrivati nel forte. Il nano aveva barattato la sua allegria con uno stordimento velenoso, il suo spirito con un sarcasmo acido e sprezzante. Giocare con il senso di colpa che lo accompagnava era stato fin troppo facile per il demone. Solas non riusciva ad immaginare come il nano sarebbe potuto sopravvivere se fosse stata Hawke a rimanere nell’Oblio anziché il custode.

L’Inquisitore sembrava senza dubbio pensierosa, ma non angosciata. Diventava sempre più brava a nascondere le proprie emozioni, doveva riconoscerlo.

La vide mentre guardava il panorama appoggiata al parapetto di una torretta.

Dalla notte di Haven, i due amici avevano accuratamente evitato di rimanere da soli, Solas si sarebbe aspettato di vedere l'elfa tornare alla carica con domande e magari riecriminazioni, invece era rimasta lontana, silenziosa e indifferente. La delusione aveva presto lasciato il posto alla gratitudine. La distanza aiutava a focalizzare l'attenzione su ciò che davvero era importante. Solas non poteva che apprezzare l'atteggiamento dell'amica, sebbene il semplice guardarla risvegliasse in lui un misto di dolore e desiderio che faticava ad ignorare.

Le si avvicinò comunque cercando di non pensare a nient'altro che al terribile incubo di cui erano stati preda, doveva sapere come stava. Doveva sapere quali danni l'Inquisitore avesse riportato entrando in contatto con il demone. Era preoccupato per lei.

“Per quanto tu possa sforzare gli occhi dubito che riuscirai a vedere seppur il minimo cambiamento” l’amica sorrise alle sue parole senza guardarlo.

“Lo immagino, ma non voglio distrarmi. Potrebbe succedere qualcosa proprio nel momento in cui distolgo lo sguardo. Perché deve pur accadere qualcosa, questo posto non può essere così costantemente e mortalmente noioso”

“Potresti avere ragione, ma credo che dopo una battaglia e la comparsa di un arcidemone, questa landa desolata non avrà altra azione da offrire per un po’. Almeno non da questa parte del velo.”

Solas aveva aggiunto queste ultime parole di proposito per avere la possibilità di studiare la reazione dell’elfa. Lei lo guardò ma la sua espressione rimase impassibile.

Non era abituato a vederla distante, era davvero complicato avere a che fare con lei quando aveva motivo di chiudere a qualcuno l’accesso e Solas si trovava in quella posizione per la prima volta. Pensò che un approccio diretto potesse essere la mossa migliore.

“Da’len, come stai? Non hai parlato con nessuno da quando siamo tornati.”

Lei lo fissò “Neanche tu lo hai fatto e sei il solo che avrebbe bisogno di raccontare cosa ha sentito, per poter ricevere comprensione e conforto.” Solas non trattenne un sorriso, ovviamente la sua bella amica aveva colto nel segno. Il demone aveva riservato per lui delle orribili parole nell’antica lingua e nessuno ne aveva fortunatamente compreso il senso.

“Niente è inevitabile.” A quelle parole Solas sussultò, aveva forse la giovane elfa compreso il messaggio del demone?

La guardò inquisitorio finché non lei riprese a parlare: “Non è forse ciò che tu hai detto al demone? Niente è inevitabile. Sono parole interessanti.”

Interessanti, sepolte così in profondità da essere una litania nel suo cuore e nella sua mente. Nulla è inevitabile, ogni cosa è riconducibile ad una scelta, tutto può essere fatto. E disfatto. Quanta fede aveva avuto in queste parole in passato e quanta gliene rimaneva oramai?

Non era riuscito a convincere se stesso della verità di quella frase quando si trovava nel regno del demone e non ne era maggiormente convinto ora.

“Non volevo alimentare le tue angosce, mi dispiace. Ma sei tu che sei venuto a cercarmi. Non avresti dovuto farlo se non avevi voglia di parlare.”

“Hai ragione da’len. Cosa vuoi sapere?”

“Non conosco l’antica lingua bene come te, ma ho avuto l’impressione che ti chiamasse harellan, bugiardo, traditore, e che parlasse di te o del tuo orgoglio, che sono poi la stessa cosa.”

“Sei davvero incredibile! Credo tu sia l’unica capace di rendere un insulto così diretto, tanto sottilmente divertente.” Il mago non trattenne infatti un’allegra risata che suonò stranamente fuori luogo in quelle ore e in quel posto.

“Non era quello che intendevo, mi riferivo ovviamente al tuo nome e al suo significato. Comunque se anche avessi voluto intendere altro, non sarebbe stato un insulto, ma la semplice enunciazione un dato di fatto. E ti sfido a contraddirmi.” La sua risata aveva avuto un effetto benefico sull’Inquisitore che sembrava più rilassata e lo guardava ora con aria irriverente. Alla fin fine non era riuscito ad ottenere una sola parola da lei, ma ritenne più opportuno cambiare argomento prima di dover dare ulteriori spiegazioni.

“Cosa hai deciso infine, riguardo i custodi? Entro questa sera è attesa una tua risposta.” Vide l’elfa rabbuiarsi, forse si ingannava, forse non era il demone a ghermire i suoi pensieri, ma tutto il resto. Infondo anche se ridotta all’inoperosità l’Inquisitore rimaneva sempre in carica, e infinite responsabilità ricadevano su di lei.

“Rimarranno!” Lo disse con un tono deciso e piantando lo sguardo nel suo, come volesse sfidarlo a contraddirla. Lo conosceva bene infondo.

“E’ una decisione folle, quegli sciocchi hanno aperto le porte di questo mondo ad un esercito di demoni e per quale motivo? La loro stoltezza, la loro debolezza. Hanno dimostrato di non essere degni di fiducia!”

“C’è chi direbbe la stessa cosa di voi maghi.” Lo sguardo dell’elfa era tagliente, la voce controllata, stava evidentemente prendendo molto sul serio il suo ruolo in questo momento, non si poteva dire che apprezzasse essere contraddetta. Solas non era però da meno.

“Non essere cieca, in questo caso non è una questione di possibilità, loro hanno già effettivamente tradito il proprio ruolo, hanno già fatto la propria scelta”

“Ed è stata quella di schierarsi con noi.”

“Solo per paura! Il tuo esercito era lì in forze, il loro comandante chiaramente fuori di senno, quale scelta avevano? Hanno scelto le proprie vite, non una causa giusta. Se qualcuno offrisse loro domani lo stesso patto, lo accetterebbero. Il loro scopo è quello di mettere fine al flagello e questo li rende ottusi. Tutto il resto per loro è irrilevante!” Solas vibrava per lo sforzo di tenere a bada la propria rabbia. Caparbia ragazzina, non vedeva il rischio che stava correndo? Era più importante uscire trionfante da quel loro sciocco scontro che ammettere di correre un rischio tanto grave? Era evidente che in quella sua caparbietà vi era qualcosa di diverso. Lei aveva sempre fatto affidamento sul giudizio del mago, ed ora invece lo stava sfidando deliberatamente. Voleva davvero che le tensioni tra loro influenzassero il destino del mondo? Non poteva permetterlo. “Non puoi prendere una decisione del genere a cuor leggero, non puoi lasciarti guidare da motivazioni futili, non puoi lasciarti guidare dai sentimenti o dall’istinto”

“Sono molte le cose che non posso fare, stando al tuo giudizio. Resta da vedere se le mie intenzioni siano davvero quelle che tu mi attribuisci.”

Anche l’elfa stava iniziando a scaldarsi, perdendo lentamente l’aria da leader composto. Quella era forse la prima volta che si trovavano così apertamente in disaccordo.

“Questa tua decisione non ha nulla di consapevole! I custodi non sono altro che delle marionette nelle mani di Corypheus, non puoi lasciare che combattano al tuo fianco!”

“E’ grazie ad una di quelle marionette, se siamo ancora vivi! Il coraggio di un custode ha salvato il Thedas ancora una volta, non fosse stato per Loghain, Corypheus avrebbe la sua armata di demoni. Non intendo offendere la sua memoria e rendere vano il suo sacrificio. Questa è la mia decisione e non è più oggetto di discussione!” Alla fine anche la ragazza aveva ceduto alla rabbia. Avevano entrambi alzato la voce e nel silenzio che ne era seguito, Solas percepì i respiri trattenuti di quelli che loro malgrado avevano assistito allo scontro. Lei si era allontanata in fretta lasciandolo solo ad osservare il deserto e a riflettere su ciò che era appena accaduto.

Il mago doveva ammettere di aver sbagliato di nuovo. Era affrettato nel dare giudizi su di lei quando le loro opinioni divergevano. Il suo orgoglio, probabilmente era quello a spingerlo a sminuire l’Inquisitore, ad attribuirle giudizi superficiali e sbrigativi. Doveva ammettere di voler disperatamente essere deluso da quella ragazza. Ma lei ogni volta lo sorprendeva.

L’elfa sentiva la responsabilità di quel sacrificio, sentiva di dover rendere giustizia alla morte di un uomo onorevole e lui le aveva invece addossato pensieri meschini e infantili. Sentiva di doverle chiedere scusa.

Lasciò trascorrere qualche ora e decise di tornare a parlarle dopo l’annuncio ufficiale.

Affiancata da Cullen l’elfa sembrava scomparire, l’attenzione dei soldati era tutta rivolta verso l’uomo massiccio dall’armatura scintillante. Poi l’elfa minuta e sfuggente prese la parola, e tutti trattennero il fiato. In quanto a grinta, tempra e carisma, non era certo seconda a nessuno. Quegli uomini sarebbero partiti alla conquista della Città Nera se lei lo avesse chiesto, come aveva fatto la giovane e selvaggia dalish a trasformarsi in una leader tanto capace?

I Custodi sarebbero rimasti e Hawke sarebbe partita immediatamente alla volta di Weisshaupt per relazionare riguardo l’accaduto. Non era rimasto nessun altro a poterlo fare. Solas immaginò che quella sera Varric avrebbe bevuto ancor di più.

L’atmosfera era strana tutti avevano voglia di rilassarsi, e per questo si respirava un’aria di festa che risultava però forzata. I soldati dell’Inquisizione erano timorosi, preoccupati riguardo quei nuovi alleati potenzialmente letali. I custodi erano evidentemente smarriti, i loro comandanti erano morti, non avevano uno scopo e non avevano un leader, fatta eccezione per la giovane dalish con la quale erano evidentemente in debito. Erano tutti riuniti in piccoli gruppi sforzandosi di essere allegri, l’alcol fortunatamente non mancava e sembrava scorrere copioso portando via con sé i timori più profondi.

Solas si guardò attorno e vide l’Inquisitore e Varric defilati rispetto agli altri gruppi. Sedevano su delle casse e bevevano scambiandosi poche parole. Si avvicinò.

“Da’len, permetti una parola?” L’elfa lo guardò, aveva lo sguardo annebbiato dalla stanchezza e forse dall’alcol.

“Non mi sembra un buon momento mago, ripassa domani.” Le parole di Varric suonavano sprezzanti, e nel pronunciarle il nano non lo aveva guardato, aveva piuttosto rivolto lo sguardo verso la ragazza.

Ma l’elfa era già in piedi. “Torno subito Varric, dammi solo un momento”

Si allontanarono dal cortile, il resto della fortezza era deserto e quasi completamente buio. Si lasciò guidare dall’amica che si fermò lungo un’ampia scalinata fiocamente illuminata. La osservò per un momento, aveva portato con sé un grosso boccale di legno e ne beveva ad intervalli regolari, il mago lo prese dalle sue mani e lo appoggiò a terra, sorpreso dalla mancata ribellione di lei a quel gesto invadente. Forse era consapevole di aver bevuto troppo. “Volevo solo chiederti scusa. Non era mia intenzione allontanarti da Varric per troppo tempo, so che lui ha bisogno di te questa sera”

“Lui non ha bisogno di me, semplicemente apprezza la mia compagnia. E’ così che funziona tra amici.”

Solas credeva di non sbagliare leggendo una stoccata nei suoi confronti in quell’ultima frase. Decise di ignorarla e riprese: “Volevo chiederti scusa per prima. Non approvo la tua scelta ma non ho motivo di credere che non sia una scelta ragionevole e motivata, dovrei avere più fiducia nella tua capacità di giudizio”

“Dovresti avere più fiducia in me” non c’era rabbia nella voce dell’elfa, ma era ben lontana dall’accettare le scuse.

Varric aveva ragione come al solito, non era un buon momento per parlare, lo disse all’elfa e fece per andarsene ma lei con uno scatto gli sbarrò la strada. Nello spostamento l’elfa aveva urtato il boccale che si era rovesciato e rotolava ora lungo le scale. Era molto, troppo vicina, sentiva il suo profumo mescolato a quello dell'alcol, fece un passo in dietro.

“Sei un ipocrita” la voce dell’elfa era perfettamente controllata e Solas si sentì gelare. “Non fai altro che nascondere ciò che sei, ciò che provi, ciò che pensi. Ogni volta che ti capita di mostrare la tua vera natura ti affanni poi per correre ai ripari, nascondendo, mistificando, manipolando. Se avessi fiducia in me è di questo che ti scuseresti.”

Solas si sentì per un attimo messo alle strette “Credi di sapere qual è la mia vera natura? Devo dire che sai davvero dare troppo credito a te stessa a volte” l’elfo si pentì di quelle parole nell’istante stesso in cui lasciarono la sua bocca, cercò un modo per riprendersi “Anche io ho dei dubbi su quale sia la mia stessa natura.”

“Non vedi? Puoi raccontare e raccontarti ciò che vuoi ma nel tuo impeto di quest’oggi, nella reazione orgogliosa che hai appena avuto, nella tenerezza, nella passione, io ti vedo e ti riconosco. Tutte le altre sono maschere ed io non ho mai fatto nulla per meritarle”

Quegli occhi così belli lo avevano davvero guardato in profondità, era terrorizzato da tutto ciò che avrebbero potuto vedere e allo stesso tempo era così affascinato dalla sagacia di quella dalish. Eppure sapeva di non poter lasciare spiragli.

“Quindi infine è questo. Il problema riguarda il nostro rapporto? Le tue aspettative deluse? Mi dispiace, ma non credo che sia giusto lasciare che questioni private interferiscano con le nostre missioni. Questa tua reazione conferma la necessità di delimitare confini riconoscibili.”

“Questo è ridicolo, non vuoi dare ascolto alle mie parole. E se anche la voglia di starti accanto giocasse la sua parte in ciò che ti ho detto, quale sarebbe il problema?”

Solas trasse un respiro profondo prima di rispondere, vedeva la verità dietro ogni parola della ragazza, ma non doveva cedere: “Devi domare il tuo cuore e i tuoi istinti, io farò lo stesso, allora sarà tutto più semplice, allora tornerai a vedere le cose con chiarezza”

L’elfa lo guardò con disgusto e si allontanò senza aggiungere una parola. Vederla allontanarsi era allo stesso tempo un sollievo e un dolore indescrivibile. Era davvero tutto finito?

 

   
 
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