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Autore: IntoxicaVampire    28/06/2016    0 recensioni
«Ma... come fai?» gli chiesi, annebbiata da quel tepore. «Non fa male». Fissai il fuoco, che era basso e di un colore rosso intenso.
«Non ti farei mai del male, Rosalie».
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Alla Sky High, scuola per giovani aspiranti supereroi, Rosalie Frozehart, "Freeze Girl" con il potere del ghiaccio, è da sempre innamorata di Warren Peace, il ragazzo con il potere del fuoco. Ma Ghiaccio e Fuoco sono due Elementi opposti per natura, possono essi convivere senza distruggersi l'un l'altro? Il loro amore così contrastato potrà realizzarsi? Entrambi soffrono eppure è così difficile resistere a un amore reciproco così intenso...
Genere: Science-fiction, Sentimentale, Slice of life | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, Nuovo personaggio, Warren Peace
Note: Lime | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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28. Resta con me

 

Ieri sera avevo combinato un casino. Ora che ero da sola in camera mia con il silenzio attorno a me, me ne rendevo conto molto bene.

Ieri, cioè sabato, dopo la partita di Salva il Cittadino ero talmente contenta che ero stata assieme a Warren tutto il resto della giornata, io e lui da soli a farci le coccole ogni momento possibile.

Alla sera Ashley ci aveva invitati ad andare in discoteca, che finalmente facevano quella famosa serata anni '90 a cui non ero più andata (forse alla fine l'avevano annullata davvero l'altra volta).

Ma "Rosalie Frozehart" e "Italodance" erano parole che messe assieme creavano solo casini.

Non potevo farci niente. Già dal momento in cui avevo varcato la soglia del locale e avevo iniziato ad udire la musica. C'era L'Amour Toujours che rimbombava per tutta la sala, e io già non ci capivo più niente.

Warren mi aveva guardato sorpreso, vedendomi così euforica che saltellavo dappertutto. «Non sapevo ti piacesse così tanto questo genere!»

Allora Scarlett gli aveva spiegato: «Rosalie è una fan dell'Happy Hardcore con un'enorme passione per la dance anni '90». Ridacchiò. Scarlett sapeva meglio di chiunque altro che non potevo resistere quando sentivo canzoni come Tell Me Why, Voglio Vederti Danzare o Eins Zwei Polizei. Era più forte di me. Dovevo buttarmi in pista. E il ritmo così coinvolgente di Le Delire era un richiamo tribale potentissimo.

Ashley non suonava, ma era comunque alla consolle perché il dj della serata era un suo grande amico e lei gli faceva compagnia, e mixavano qualche brano assieme. Stavano mettendo canzoni una più bella dell'altra.

Senza se né ma avevo preso Scarlett per il polso e l'avevo trascinata sul cubo assieme a me. E mi ero scatenata sulle note di quella musica meravigliosa che mi entrava prepotentemente nella testa e dava ordine a tutto il mio corpo di ballare con tutte le mie energie.

Mi ero accorta troppo tardi che Warren mi stava guardando allibito con la bocca aperta. Ma la sua era un'espressione di sconcerto, a differenza di tutti gli altri ragazzi che mi stavano fissando con due occhi così, acclamando le mie movenze sul cubo. I miei abiti provocanti di certo non aiutavano. Non era la prima volta che mi capitava, anzi ero abituata ad avere tutti questi ammiratori quando andavo a ballare in discoteca e ormai non ci facevo più caso, ma era la prima volta che Warren mi vedeva sotto quest'aspetto, e chissà cosa pensava ora di me.

Finita la serata mi aveva riaccompagnata a casa, senza dire una parola durante il tragitto. Non sembrava arrabbiato, solo... pensoso. Come se dovesse riflettere sulla situazione. Io non avevo osato proferire parola, non volevo peggiorare la situazione, non avevo scuse per come mi ero comportata. Avrei dovuto controllarmi e non lasciarmi prendere troppo dal momento. Warren non era neanche sceso dall'auto per accompagnarmi fino alla porta di casa, ma mi aveva dato un bacio veloce dicendomi «Ci vediamo lunedì».

E infatti oggi, cioè domenica, non mi aveva mai scritto né telefonato. Quindi davvero l'avrei rivisto domani...

Ripensandoci meglio, non avevo fatto nulla di male (tipo andare a imbucarmi col primo che capitava che comunque non avrebbe avuto nessun senso), ma per lui non era stato sicuramente piacevole vedermi guardata così da tutti. E ora che stavo riascoltando la stessa musica di ieri sera, per rievocare i ricordi della serata per capire com'era successo tutto ciò, alle note de La Regina del Celebrità improvvisamente capii come Warren doveva avermi vista in quel momento; bellissima e disponibile per tutti, ma irraggiungibile da chiunque. Mioddio.

Lunedì non avemmo molte occasioni di stare assieme perché avevamo entrambi verifiche e interrogazioni, ma nella pausa dopo pranzo riuscimmo a stare un po' in compagnia l'uno dell'altra. Di sabato non disse niente, anzi non sembrava arrabbiato. Mi tenne per mano dolcemente come faceva sempre, mi diede qualche bacio quando gli altri non guardavano e io stetti al suo fianco in silenzio, godendomi quei momenti. Volevo comunque parlare con lui di sabato sera, capire se era tutto a posto o cosa, ma non con gli altri lì.

Quella sera sapevo che lui andava ad allenarsi in palestra, così pensai di fargli una sorpresa ed andare a trovarlo. Ma quando arrivai lì non trovai ciò che mi aspettavo.

Era nella stanza dove faceva l'allenamento di muay thai, ormai era tardi e lui era l'ultimo lì. C'era una grande vetrata che permetteva di vedere all'interno della stanza. E un sacco di ragazze erano lì con gli occhi incollati al vetro a fissare Warren. Rimasi indietro per non farmi vedere da lui, che comunque stava tirando pugni a un sacco da boxe tutto concentrato e non prestava minimamente attenzione a tutte quelle ragazze, probabilmente il vetro era anche a specchio dall'interno, ma non mi faceva comunque piacere. Vederlo così, alla mercé di tutte come se fosse un'attrazione pubblica, disponibile per chiunque. «Quanto è figo» «Cazzo se gli salterei addosso» «Certo che ispira sesso, ma sesso forte» dicevano quelle ragazze, senza mezzi termini, ammirandolo mentre i suoi muscoli si contraevano mostrando tutta la sua forza mentre tirava pugni, mentre sudava. Capivo benissimo cosa pensassero quelle ragazze, condividevo appieno, ma soprattutto capivo come si era sentito Warren a vedermi ballare in discoteca. Gelosia, forse era questa la parola giusta. E io non mi ero mai sentita così tanto a disagio in vita mia. Me ne andai in silenzio, prima che lui si accorgesse di me, come se non fossi mai stata lì.

 

Da quella sera, in me iniziarono ad emergere insicurezze che non sapevo nemmeno di avere. Warren avrebbe potuto prendersi chiunque di quelle ragazze, perché stava con me? Non ero molto diversa da loro.

I giorni seguenti furono uno peggio dell'altro. Ero nervosa, tutto era cominciato dall'episodio della palestra anche se ero l'unica a saperlo (Warren non mi aveva vista e non avevo detto a nessuno di essere stata lì) e in più c'era quella maledetta interrogazione di Storia incombente che era la causa maggiore dei miei affanni. Storia era una delle materie che temevo di più, perché avevo la memoria di una ricotta e non riuscivo a visualizzare consecutivamente i vari eventi. Per me era solo un grande ammasso di date e nomi messi a caso.

Sarei stata interrogata venerdì, quindi avevo ancora qualche giorno per prepararmi, ma volevo riuscire a prendere almeno la sufficienza altrimenti non sarei più riuscita a rialzarmi dalla voragine di un cinque o peggio.

Come se non bastasse, ritrovare il mio block notes con i miei scritti e i miei schizzi fu causa di altre ansie. Da quanto tempo non scrivevo? Da un mese? Forse anche di più. Avevo un rapporto strano con la scrittura: ero sempre inspiegabilmente restia a mettermi al computer per scrivere, perdevo sempre un sacco di tempo a fare altro prima di decidermi ad aprire il documento di OpenOffice, ma quando finalmente iniziavo a digitare non mi fermava più nessuno e non erano rare le volte in cui all'una di notte ero ancora lì a riempire la pagina di parole. E il disegno? Avevo ancora da cominciare una commissione per mio zio, quello che aveva il negozio di vestiti a cui io consegnavo i miei disegni da stampare su maglie e accessori, e la scadenza era fra pochi giorni.

Morale della storia? Ero passata dal trascurare le mie passioni al trascurare i miei amici.

La sequenza dei fatti era semplice: mi ero rimboccata le maniche e sfruttavo tutti i momenti in cui non stavo studiando e li dedicavo al disegno e alla scrittura. Mi stavano venendo anche buone idee, per quanto non avessi la mente per niente libera. Anche a scuola, sfruttavo tutte le pause; trovavo che andare in giro in ricreazione a non fare un cazzo di niente fosse un'enorme perdita di tempo, perciò me ne stavo in classe a fare le mie cose. Quando lo dissi a Scarlett ed Ashley, si arrabbiarono un sacco, comprensibilmente, e non mi rivolsero la parola per tutto il resto della giornata. E avevo ragione. Stavo anche diventando cattiva, da quanto nervosa ero. Mi stavo scavando la fossa da sola.

E Warren? Poveretto. Lui lo stavo trascurando più di tutti. Se mi chiedeva di venire a casa mia declinavo senza tanti preamboli perché avevo un sacco di cose da fare, e se mi invitava lui a casa sua facevo lo stesso. A vedere la sua faccia la seconda volta che rifiutai, però, mi impietosii e mi dissi che ero una stronza, quindi misi da parte i miei impegni e le ricreazioni seguenti stetti sempre assieme a lui, noi due da soli, per sfruttare al massimo il poco tempo che avevamo.

Ma a lui, giustamente, questo non bastava. Non eravamo comunque soli, eravamo a scuola con gli occhi di tutti addosso, e lui voleva della privacy. Ma io non potevo concedergliela. E si stava stufando anche lui. E io ero sempre più acida.

Sia Scarlett che Ashley che Joe si erano lamentati che si sentivano trascurati. Giovedì sera dopo l'allenamento di Hip Hop mi avevano invitata ad uscire con loro per vedere un film al cinema e io avevo rifiutato perché dovevo a tutti i costi finire un lavoro per il negozio.

Così venerdì appena arrivata a scuola Scarlett mi prese in disparte e mi disse: «Rosalie, ti devo parlare».

«Ti ascolto» risposi, già nervosa. Dal suo sguardo capii che non era per niente contenta.

«Spiegami che cazzo stai facendo. Non so se l'hai notato, ma ti stai allontanando da tutti. Ad esempio con Gwen, Penny, Lash e Speed: dimmi, a parte ad Halloween, quante altre volte sei stata con loro? Non dimenticarti dei tuoi vecchi amici. Perché cavolo ti comporti così? E tutti i tuoi momenti liberi li dedichi a Warren, a lui soltanto.» Fece una pausa. «...Quindi sono queste le tue priorità». Dopo aver letto il mio pensiero, incrociò le braccia.

Allora io mi arrabbiai. Già ero super tesa perché quello era il fatidico giorno dell'interrogazione, ma quella fu la goccia che fece traboccare il vaso. «Eh certo! Ti sembra una cosa così aliena? Ti credo, per te è facile! Tu sei sempre con Joe anche quando sei con me, perché lui è il mio migliore amico! Beh, sappi che Warren si sta lamentando che invece non sto abbastanza tempo con lui, quindi dimmi tu cosa dovrei fare perché io proprio non lo so». Senza attendere la sua risposta, mi girai e camminai via. Non avevo nessuna voglia di una ramanzina di prima mattina.

Forse era la giornata, o una qualche non ben definita congiunzione astrale a mio sfavore, ma in mensa litigai anche con Warren. Bene, che giornata meravigliosa. Non bastava che la mia interrogazione fosse andata uno schifo, no, ci voleva anche lui adesso.

Mi stava dicendo: «Sono abbastanza stufo di questa situazione, Rosalie. Da te vorrei qualcosa di più. Ultimamente mi tratti come se fossi un tuo amico anziché il tuo ragazzo! Ma vuoi stare con me sì o no?!»

Io ero sull'orlo dell'isteria. «Ma tu sei scemo! Io non lo so cosa avete tutti oggi. Prendetevi una camomilla, santoddio!!». In realtà quella che aveva bisogno di calmarsi ero io, ma non volevo ammettere che stavo sclerando. «Ti va bene come sono io? No? Beh, allora cercati qualcun'altra perché io proprio più di così non ce la faccio! Se sto con te non va bene ai miei amici perché li trascuro, se sto con i miei amici non va bene perché trascuro te... ma va', va'». Lo mandai a quel paese senza tanti complimenti e mi sedetti al tavolo di Chris, insieme alla sua crew di fricchettoni surfisti, snowboardisti e skater vari. Joe non era con loro perché stava al tavolo con Ska. Gwen e Penny poi, erano sedute con le pantegane e con Stronghold, quindi MANCO MORTA.

«Allora Chris! Pare che tu sia l'unico intelligente su questa terra! Cosa mi racconti?»

Chris mi guardò strano, poi però alzò le spalle. Stava per parlare ma il suo vicino fu più veloce di lui. «Ehi, Frozehart! Come sta Alex? Spero che torni presto, mi deve ancora una sfida sullo skateboard!»

Risi, iniziando una chiacchierata piacevole con quella gentaglia. Sì, i tipi così mi piacevano un botto. Anche Warren stava spesso con loro, dato che anche lui faceva snowboard e a volte frequentava lo skate park, però in quel momento proprio non lo volevo fra i piedi. Voleva fare il single? Che facesse pure, avrebbe sicuramente trovato subito qualcuna meglio di me e che l'avrebbe soddisfatto di più.

Lo vidi seduto da solo a un tavolo più in là, che mi fissava seguendo ogni mio movimento. Non riuscii a decifrare il suo sguardo, forse era di odio, o di fastidio, boh. Distolsi lo sguardo prima di ripensarci e andare da lui a chiedergli scusa in ginocchio, poi tornai a seguire la conversazione di Chris.

 

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*Warren's POV*

 

Ero abbastanza arrabbiato con Rosalie. Non ci stavo capendo più niente di quella situazione né di perché si stava comportando in quel modo. A giudicare dai fatti, nemmeno i suoi amici ne erano contenti. O forse ormai dovevo dire i nostri amici; ebbene sì, avevo stretto amicizia anche con Scarlett ed Ashley. E dopotutto non mi dispiaceva, mi stavano simpatiche entrambe.

Almeno era venerdì, e quella sera avevo il turno di lavoro al Sakura, il ristorante giapponese dove facevo il cameriere, così avrei potuto distrarre un po' la mia mente dai problemi.

Mi sbagliavo. Non mi tranquillizzai per niente. La serata era stata agitatissima, la sala era sempre stata piena fin dall'orario di apertura e non avevo avuto un singolo momento di pausa. Non c'era neanche Hinata quella sera, il figlio dei proprietari e mio grande amico d'infanzia, che lavorava lì come itamae (ovvero uno sushi chef) e all'occorrenza cameriere. Quindi avevamo dovuto arrangiarci io e la padrona col servizio ai tavoli. E proprio stasera sembrava che tutta Brooklyn avesse deciso di venire a cenare al nostro ristorante.

Per fortuna era tardi ormai, fra poco il mio turno finiva e il ristorante chiudeva. Notai però che c'era ancora un cliente a un tavolo, e la padrona mi chiese se potevo andare a parlargli. Mi diressi lì e dissi: «Mi scusi se la disturbo, ma noi dovremmo chiudere». Alzai lo sguardo sul cliente e notai che seduta al tavolo c'era una ragazzina con i capelli rossi. Aveva una faccia vagamente familiare. Dove l'avevo già vista?

«Ciao» mi salutò sorpresa.

«Ciao...» ricambiai.

Capì che non sapevo chi fosse e mi disse: «Siamo alla stessa scuola...?»

Allora mi venne in mente. «Tu sei l'amica di Stronghold».

Mi spiegò che doveva vedersi lì con Will ma lui non era ancora arrivato. E grazie al cazzo, pensai, sta già con la Grayson.

Rosalie mi aveva raccontato che Will aveva invitato Gwen Grayson al ballo. La hippie però, che avevo capito chiamarsi Layla, era innamorata di lui e la cosa era palese. Iniziò a raccontarmi un sacco di cavoli suoi che io non stetti neanche ad ascoltare perché di problemi ne avevo già abbastanza, finché tutta contenta mi chiese se volevo sedermi. Oh bella questa. Stufissimo, mi venne da pensare: Certo, come no. Guarda ci manca solo questa. Ho avuto una giornata di merda, ho litigato con la mia ragazza, ho sonno e non posso andare a dormire, tu sei qua come una sfigata che non mi lasci andare a casa e io dovrei sedermi qui con te?!

Avrei potuto sbraitare liberamente da quanto nervoso ero, ma non volevo rovinarmi la buona reputazione che dopo tanti anni ero riuscito a conquistare. La guardai meglio, era lì da sola ed evidentemente triste che il suo innamorato non fosse lì con lei. Mi impietosii, quindi mi stravaccai dall'altra parte tavolo sul divanetto, dopo essermi accertato che i padroni del ristorante non mi stessero vedendo.

Layla mi raccontò che lei e Will erano miglior amici fin dall'asilo, ma io la smontai dicendole che era evidente che era innamorata di lui.

Sospirò. «Volevo invitarlo al ballo della scuola ma ci sono due problemi: a lui piace un'altra e lei è perfetta».

«Mh.» Annuii, distratto. Avevo cose più importanti a cui pensare. Cercai comunque di darle un qualche consiglio per tirarla almeno un po' su di morale, non volevo sembrare troppo cattivo e menefreghista. «Sai cosa penso? Che, se ci credi davvero, non devi mollare. Ora scusa, ma devo proprio andare». Infatti la padrona mi richiamò (in giapponese) e io le risposi che stavo andando. «Ci si vede hippie» dissi alla ragazzina, poi andai a sbrigare le ultime faccende, mi tolsi il grembiule e me ne tornai a casa.

Mi sentivo un po' uno scemo, ma quella sera avevo proprio voglia di una camomilla calda. Così prima di coricarmi me la bevvi. Almeno dormivo tranquillo e il giorno dopo a scuola non avrei ammazzato nessuno.

 

Il giorno dopo a scuola VOLEVO ammazzare qualcuno.

Insomma: ecco come stava la situazione.

Rosalie mi aveva snobbato per tutta la mattinata, quasi mi sbatteva la porta dell'aula di chimica in faccia mentre entravo, e sedendomi al tavolo con lei come sempre fui io ad erigere una barriera fra di noi impilando tutti i libri che avevo dentro in cartella. Dovetti toglierla quando Medulla mi richiamò dicendo che "quelle erano cose da bambini dell'asilo".

Così in mensa ero seduto al mio tavolo, tutto tranquillo a leggermi il giornale di moto che avevo comprato ieri pomeriggio prima del turno di lavoro, quando qualcuno arrivò lì e si sedette davanti a me. Alzai lo sguardo. Era la ragazzina rossa di ieri sera.

«Ciao Warren!» disse la hippie tutta contenta. Era lì col vassoio del pranzo.

La guardai stranito e infastidito. «Ieri ho detto qualcosa che ti fa pensare di poterti sedere qui?»

Ridacchiò. «Ahah, divertente, ma tu non sai che è successo! Ero sul punto di invitare Will al ballo quando... pensa un po'? Gli ho detto che ci sarei andata con te!»

La guardai di sottecchi. «Non mi sembra che questo fosse il piano».

Poi arrivò anche la sua amica che si credeva punk. «Fatto i compiti di storia?» le chiese.

Ma cosa cavoli...

«Che stai facendo??»

Mi guardò. «Si chiama sedersi».

Replicai. «Questo tavolo è riservato!»

Mi ignorarono.

Cercai di mantenere a bada il mio carattere mentre loro chiacchieravano sui compiti. Poi qualcun altro si sedette di fianco a me.

Le salutò, era il nerd loro amico, quello che sapeva sciogliersi. «Ciao! Ma ora mangiamo al tavolo di Warren?? Ooh, mi sento molto pericoloso!»

«Woha, woha» lo frenai, minaccioso. Ma cosa volevano tutti da me???

Come se non bastasse, alla mia sinistra arrivò il biondino e si accomodò. Parlò alla punk, indicandomi. «Ti dà fastidio, Magenta?»

«O magari è il contrario» soffiai fra i denti. Poi chiesi, sarcastico: «Qualcun altro cerca compagnia per il ballo?»

Il nerd alzò la mano.

Il quel momento Layla partì a ridere isterica ed esclamò: «Ahahah Warren tu sei pazzo!!!»

La fissai malissimo.

Abbassò gli occhi, capendo di aver esagerato. «Ti prego, ti prometto che sarà il più indolore possibile!» sussurrò.

Guardai dietro di lei e vidi Stronghold che era appena passato, assieme a Gwen, e guardava confuso i suoi amici seduti con me.

«Quindi» dissi alla hippie «non lo stai facendo perché ti piaccio, ma per far ingelosire Stronghold».

Lei annuì, cauta. «Sì...»

Ah, MENO MALE!, pensai sollevato. Un problema in meno. Sfoderai il mio sorriso migliore. «Allora accetto». Mi guardò sbalordita, poi ritornai serio. «Ma non noleggio lo smoking».

Detto questo, mi alzai, presi le mie cose e me ne andai da lì. Sentii Ethan, il nerd, che chiedeva: «Senza Warren è comunque il tavolo dei duri?»

Mi venne da sorridere.

Sapevo di aver combinato un casino, ma almeno così Rosalie era contenta. Era stata lei a dirmi di cercarmi qualcun'altra. Ora era stata accontentata. Bene, doppio risultato: Layla faceva ingelosire il suo caro Will, io facevo ingelosire Rosalie. Però in fondo mi dispiaceva, e a dirla tutta mi sentivo anche un bambino capriccioso. Ora come ora, non sapevo proprio come sistemare la situazione. L'unica cosa da fare era vedere come procedevano i fatti, sperando solo che non si trasformasse tutto in un casino irrisolvibile. Staremo a vedere.

 

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*Rosalie's POV*

 

Sabato non ce la feci più. L'interrogazione di storia del giorno prima era andata un vero e proprio schifo, probabilmente avevo preso quattro o forse anche meno, i miei amici mi odiavano e il mio ragazzo mi aveva abbandonata.

Alla fine, cercando di organizzare meticolosamente i miei impegni e cercando di concentrarmi solo sui miei doveri, non avevo fatto altro che peggiorare le cose e il risultato era stato un grande, grosso, schifosissimo casino.

E scoppiai.

Non ce la facevo più, non sopportavo più quella situazione disastrosa.

Mi ero messa nei casini più enormi con le mie stesse mani e ora non avevo la più pallida idea di come fare per uscirne.

Nemmeno quel giorno mi ero seduta al tavolo con Warren. Che facesse quel cavolo che gli pareva. Anzi, l'avevo visto disperato mentre tutti gli sfigati amici di Stronghold si sedevano al suo tavolo, e poi lui se n'era andato. Su questo niente da ridire, aveva fatto più che bene. Chissà cosa volevano da lui.

Dopo il pranzo ero seduta sul prato insieme a Scarlett e Joe, miracolo dei miracoli. Ashley era lì poco distante con Chris: si stavano accordando sull'organizzazione della band per il ballo imminente.

Anche se Scarlett era ancora arrabbiata con me e non lasciava a Joe di parlarmi finché non mi sarei scusata per il mio comportamento, mi aveva concesso di sedermi lì con loro. Ero troppo nervosa e agitata per ammettere i miei errori in quel momento, così sorvolai sull'argomento e ne approfittai per prendermi avanti con lo studio e ripassare Filosofia.

Dopo un po' però, inspiegabilmente, arrivarono lì Amber, Audrey e Alison. Perché non ne bastava una, no, dovevamo avere l'offerta tre-per-uno. Che bellezza.

Con il loro solito fare di credersi chissà chi, annunciarono in coro: «Sono venute a farvi visita le Triple A!»

Io sottovoce, girandomi per non farmi sentire, le corressi a denti stetti: «Triple Baka...»

Amber chiese: «Come, scusa?»

La guardai innocente. «Eh? Io non ho detto niente. Faresti bene a visitare l'ottorino, qualche volta».

Scarlett e Joe sghignazzarono. Ebbi la soddisfazione di vedere Amber indignarsi. Tuttavia, si riprese in fretta e mi disse: «Sai Rosalie, volevo solo informarti che il tuo ragazzo ti ha fatto le corna, non so se mi spiego. Ho saputo che va al ballo con un'altra, e sono venuta ad avvisarti in caso non lo sapessi. Ci vediamo». E con una sventolata ai suoi capelli girò i tacchi e se ne andò, ma non prima che Alison mi avesse detto con ribrezzo «E mi hai copiato le scarpe». Poi sia lei che Audrey imitarono Amber (sventolandosi i capelli e andandosene).

Io avevo il fumo che mi usciva dal naso. «Basta! Non la sopporto proprio più, quella brutta vacca troia figlia di...»

Joe esclamò: «Rose, calmati!». Non mi aveva mai vista così cattiva.

Cercò di usare i suoi poteri per tranquillizzarmi ma io gli pestai un piede, quindi lasciò perdere.

Non ci credevo a quello che mi aveva detto la pantegana. Non volevo crederci, non aveva nessun senso. Non poteva essere vero. Poi però vidi il trio passare vicino a Warren, che stava scendendo le scale per arrivare in giardino, e fargli: «Ciao Warren!» all'unisono come facevano sempre loro e poi passare oltre, tipo scenetta di uno di quei stupidi filmetti adolescenziali. Ma quelle lì avevano seri problemi, eh.

Amber stava salendo le scale tutta ridacchiante a altezzosa, e io a quel punto mi incazzai sul serio. Come si permetteva. Non gliel'avrei fatta passare liscia un'altra volta. Non più.

«Ok adesso ha davvero sorpassato il limite!!!» sbraitai, su tutte le furie. Feci per andare verso il trio ma Joe e Scarlett mi trattennero, mentre ringhiavo: «Io quella lì la trasformo in un Polaretto seduta stante!! Non resisterà un minuto di più su questo pianeta!!!».

Amber si girò verso di me e anche se era distante intuii che mi stava dicendo: «Ciao ciao!» sventolando la mano col suo modo di fare frivolo e altezzoso, e io come risposta le feci il celeberrimo segno del dito.

Ska mi prese la mano e se la nascose sotto il braccio. «Rose, non darle soddisfazione! Sai che è questo che vuole!»

Ringhiai.

Anche se io e Scarlett non avevamo fatto ancora pace, non voleva abbandonarmi nella questione di Amber. Non la sopportava nemmeno lei quindi in questo mi dava e mi avrebbe sempre dato man forte. E Joe uguale, dopo come era stato trattato da Amber al suo compleanno.

Mi girai verso Scarlett per dirle di lasciarmi andare, quando la vidi fare una smorfia sofferente e mi lasciò la mano.

«Cosa c'è?» le chiesi cauta. Quando faceva così non c'era da aspettarsi nulla di buono.

La mia migliore amica mi fissò per un minuto, come se mi stesse studiando, poi prese fiato. «Amber non ha mentito. Warren va davvero al ballo con un'altra».

Rimasi di sasso. Non ci potevo credere. Ma, se lo diceva Scarlett, era per forza la verità. «COSA?!»

Annuì, seria. «Sì. Ha preso le tue parole alla lettera. Gli hai detto di cercarsi un'altra e lui l'ha fatto». Anche lei era molto sorpresa, perfino addolorata.

A me invece si erano frantumate tutte le mie certezze e speranze in quell'esatto momento. In fin dei conti, dopotutto ero ancora abbastanza ottimista che le cose fra noi si risolvessero presto. Cosa dovevo fare ora?

Non ragionai. Corsi da Warren, che era sul marciapiede ai piedi delle scale, e gli urlai contro, incazzata ma dentro di me disperata. Il mio cuore era a pezzi e quella era stata la crepa decisiva che l'aveva distrutto. Prima i miei amici, adesso anche lui. «STRONZO! Come hai potuto?? Senza neanche dirmi niente! Dovevi venire al ballo con me! Stronzo, stronzo, ti odio!!». Gli sbattei i pugni sul petto, ma lui rimase impassibile. A parte che non avrei mai potuto fargli niente, dato che era mille volte più forte di me, inoltre in quel momento mi mancavano tutte le forze. Mi afferrò i polsi, come per cercare di calmarmi, e io mi divincolai dalla sua presa. Non volevo avere niente a che fare con lui. Non gli importava più di nulla di me, no?

Lui mantenne il sangue freddo e mi afferrò con più decisione, non lasciandomi possibilità di liberarmi dalla stretta stavolta. Ci provai lo stesso, con poca convinzione, ma ero troppo debole, ed ero disperata, e le mie emozioni ormai erano così confuse che non ci stavo capendo più nulla. Lo odiavo ma volevo che lui continuasse a tenermi, a sentire che in fondo ci teneva, che malgrado tutto lui era lì con me... Venni sopraffatta dai miei sentimenti e dopo un po' non ce la feci più. Iniziai a piangere, lasciando cadere tutte le mie difese appoggiando la mia fronte sul suo petto, inerme, indifesa. Se fino a qualche momento prima avevo rivelato il mio lato più cattivo ed egoista, ora venne fuori il lato più debole di me, quello che nessuno aveva mai visto prima. Quello in cui racchiudevo tutte le mie incertezze e paure.

Cercai di dirgli, con voce rotta: «Io... credevo che... dopotutto, alla fine... A TE IMPORTASSE COMUNQUE QUALCOSA DI ME!». Scoppiai in lacrime, disperata.

Warren forse aveva capito che ero a pezzi, perché cercò di consolarmi. Mi strinse forte a sé, mi accarezzò la testa molto dolcemente. «Sssh Rose, amore, adesso calmati. Ma certo che ti amo, se è questo che ti preoccupa. C'è solo stata una grossa incomprensione. Tutto si risolverà, però adesso è meglio se ti accompagno in bagno a rinfrescarti il viso».

Non dissi niente, ero troppo stanca. Di quella situazione, di Amber, di me stessa. Le sue braccia attorno a me però mi rassicurarono molto. Era così bello sentirlo di nuovo vicino a me...

Warren mi portò nei bagni stringendomi a sé, mentre io tremavo ancora per i singulti.

Stava per varcare la soglia quando la preside ci vide. «Mi dispiace, signor Peace, ma questo è il bagno delle ragazze. Temo che lei non potrà entrare».

Warren la supplicò. «Per favore signora preside, questo è un caso particolare. Per favore, mi lasci starle accanto». Mi guardò, che ancora tremavo e avevo tutti gli occhi arrossati. Anche la preside mi osservò, quindi sospirò. «E va bene, ma solo per questa volta! Questo è un caso eccezionale, la prossima volta non chiuderò un occhio» e camminò via.

Warren mi accompagnò dentro, con tutti in corridoio che ci guardavano. Chiuse la porta.

Lui aprì il rubinetto e mi passò un po' d'acqua sulle guance.

Tentai di giustificarmi. «S-scusa, è tutta colpa mia... non ce la faccio più! Ho fatto u-un casino e non so più c-come uscirne... S-ska non mi vuole - più parlare... Joe sembra fare lo stesso... perfino Ashley ce l'ha con me! P-pensavo che a-almeno tu m-mi rimanessi accanto, m-ma a quanto pare n-non è così!» e scoppiai di nuovo a piangere, coprendomi il viso con le mani. Non volevo che lui mi vedesse in quello stato.

Lui mi avvicinò a se, stringendomi fra le sue braccia, facendomi capire che invece era realmente al mio fianco in quel momento così difficile. Mi asciugò le lacrime baciandomi le guance.

«Piccola, non devi preoccuparti... Hai sbagliato e questo può capitare a tutti. Ho appena fatto un errore anch'io, accettando l'invito di un'altra al ballo solo perché ero arrabbiato, facendomi sopraffare dall'orgoglio. È stata una brutta settimana ma ora è passato tutto. Spiega agli altri cos'è successo, sono sicuro che ti perdoneranno. Ti voglio bene, non ti hanno abbandonata. E io per te ci sarò sempre, Rosalie, perché io ti amo. E non lo dico tanto per dire. Ti amo più di quanto abbia mai amato me stesso. Quando ho capito che tu provavi gli stessi sentimenti per me ero la persona più felice dell'universo. Devi credermi». Mi sorrise sincero. Quelle parole venivano dritte dal suo cuore.

Ne fui folgorata. Mi tolsi le mani dal viso e lo guardai negli occhi, come a cercare conferma. «D-davvero?»

Sorrise di nuovo, ora più sollevato. «Ma certo! Su ora basta piangere. Sei bellissima anche quando piangi, ma perché rovinare tanta bellezza con le lacrime?»

Risi un po', asciugandomi il viso con la mano. «Scommetto che ho tutte le righe nere del trucco giù per le guance».

«Sì, sembri uno dei Kiss».

«Fantastico» dissi io, sarcastica.

Poi io e Warren ci guardammo e scoppiammo entrambi a ridere.

Sospirai felice e lo abbracciai fortissimo, come non facevo da troppi giorni. Mi era mancato un sacco sentirlo così vicino a me. «Grazie... Grazie amore mio, che mi sopporti, che ogni volta che ho qualcosa tu sei lì ad ascoltarmi. Non ti ringrazierò mai abbastanza.»

Mi sollevò il mento con una mano, guardandomi negli occhi. «Un bacio basta e avanza».

Gli circondai il collo con le mie braccia e posai le mie labbra sulle sue. In quel momento la loro morbidezza e dolcezza erano proprio quello che ci voleva. Erano come un tranquillante per me.

Mi spinse contro il lavandino e mi alzò per farmi sedere sul bordo. Gli incrociai le gambe alla vita e gli infilai le dita fra i capelli, mentre le nostre lingue giocavano fra di loro. Ora sì che ci capivamo di nuovo. Avevo ritrovato me stessa in quella situazione così disastrata.

Quando ci staccammo mi abbracciò e mi fece scendere dal lavandino. «Ti amo» mi sussurrò in un orecchio, ancora ansimante.

«Ti amo anch'io» risposi, sorridendo sincera ora che mi ero calmata ed ero ritornata in me.

Prima di tornare dagli altri, mi diressi allo specchio e cercai di levarmi il trucco colato con un po' di carta igienica bagnata. Il risultato non fu dei migliori, ma non avendo la mia trousse a portata di mano era l'unico in cui potevo sperare.

Uscimmo dal bagno tenendoci per mano, e trovammo Ska, Joe e Ashley in mezzo al corridoio che ci aspettavano.

Ska sorrise, leggendo i miei pensieri. Io arrossii e lei rise. «Non si fanno queste cose, Rosalie».

Anch'io risi e puntai un dito contro Warren, accusandolo. «Eh, porcello». Tutti risero.

Feci un sospiro di sollievo: finalmente avevo ritrovato quella tranquillità e stabilità che in quei giorni mi era tanto mancata. Ed era il momento di risolvere tutto. «Ragazzi, vi devo delle scuse. Mi dispiace un sacco per come vi ho trattati in questi giorni, non ve lo meritate, non era mia intenzione. Ho creato un susseguirsi di eventi disastrosi generati dalla buona intenzione di studiare in anticipo! Cioè ma ditemi voi: per una volta che cerco di organizzarmi con tutte le mie robe, scateno l'Apocalisse!»

Scoppiammo tutti a ridere. Joe disse: «Rosalie, non organizzarti mai più! Fai le cose a caso come hai sempre fatto che va bene!»

«Sì ma infatti!» risposi. «Mai più buoni propositi, abbiamo visto che non funziona!»

Ci furono altre risate.

Era proprio bello ritrovare quella complicità perduta, tutto era tornato come prima. Anzi, a dirla tutta forse i rapporti fra me e Warren erano addirittura migliorati.

Tornando in giardino, lui mi spiegò cos'era successo con l'invito al ballo indesiderato e che lui praticamente era stato incastrato. Fui enormemente sollevata a sapere che invitare un'altra non gli fosse mai passato per la mente, e soprattutto che l'idea non fosse stata sua. Per l'invito in sé, non sarebbe stato un problema, avremmo risolto in qualche modo.

C'era ancora una questione spinosa da chiarire: quella della discoteca. Gli dissi che mi ero resa conto di come avevo potuto apparigli in quel momento, e lui annuì confermando in miei sospetti. «Non mi piaceva che ti mettessi in mostra così.»

Appunto. «Io non ballo per nessuno. Io ballo solo per me stessa» gli spiegai.

«Beh, l'impressione che davi era leggermente diversa...». Mi diede un'occhiata velata di rimprovero, ma che lasciava intendere che mi aveva perdonata.

Abbassai lo sguardo. «Lo so. E di questo ti chiedo scusa, davvero. Finora non ci ho mai pensato perché andavo a ballare da, ehm, da single, ma ora che vieni con me devo rendermi conto che non posso fare più come prima. Ma non fraintendermi, non è che mi dispiaccia. Solo, anziché sopra il cubo, ballerò in quel modo addosso a te.» Gli feci l'occhiolino. Però sentivo che mancava un pezzo al mio discorso, così andai a sentimento e aggiunsi senza pensare: «Mi sono resa conto come ti sei sentito tu da quando ti ho visto in palestra con quelle ragazze che ti guardavano, e-»

«Ragazze?» mi interruppe, confuso.

Ops. Lesta mi coprii la bocca con le mani. La mia presenza lì doveva rimanere un segreto, e me l'ero lasciata sfuggire.

Allora lui capì. «Oh, ho capito. Ti avevo vista, sai. Lunedì sera.»

«Ah.» No vabbè, questa proprio non me l'aspettavo. Altro che vetro a specchio...

Mi guardò. «È esatto, mi sono proprio sentito così. Hai fatto un'associazione molto azzeccata.» Mi sorrise.

Gli presi la mano. «Allora facciamo un patto: tu ti allenerai distante dal vetro così che quelle ragazze affamate non possano sbavarti dietro, e io in cambio prometto di ballarti sempre addosso appiccicata come una ventosa, ok?» Gli feci un sorriso da Stregatto e ridemmo entrambi.

«Accordo fatto» rispose, stringendomi la mano.

Lo baciai, sentendomi finalmente serena e con la certezza che ogni problema che sarebbe sorto in futuro l'avremmo risolto assieme, perché lui sarebbe sempre rimasto accanto a me.

Lo amavo davvero tanto.

  
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