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Autore: Kya_63    28/06/2016    0 recensioni
Percy Jackson pensava che la sua vita sarebbe stata tranquilla, ovviamente nei limiti di un mezzosangue, ma non pensava che stesse tutto per cambiare.
Harry Potter aveva combattuto la sua battaglia, aveva sconfitto il Signore Oscuro e salvato i suoi amici e il mondo maglico, ma qualcosa stava cambiando.
Due mondi diversi, due eroi diversi e un pericolo in comune che minaccia di distruggere il mondo. Questa è la storia che nessuno ha il coraggio di raccontare, che nessun poeta o scrittore conosce veramente sino in fondo e che non ha mai trascritto. Questa è la storia che pure gli Dei hanno paura a narrare.
(Spoiler di Eroi dell'Olimpo, la saga di Percy Jackson e gli Dei dell'Olimpo e Harry Potter. Non tiene conto di TOA)
Genere: Avventura, Fantasy | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Slash | Personaggi: Quasi tutti
Note: Cross-over, OOC | Avvertimenti: Spoiler!
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HOGSMADE E LA CASA DEI WEASLEY
 
 
 
Nessuno pensava che un gigante, o semigigante come si definiva lui, li sarebbe venuti a prendere  con un moto volante che a Percy ricordava il carro di Apollo, per chissà quale motivo.
Hagrid si chiamava il gigante. Era molto alto, tipo due metri. Aveva la barba incolta e scura, come quella di Chirone, gli occhi erano castano chiaro e grandi. Le mani sembravano due palloni da calcio. Poteva benissimo essere uno dei fratelli di Percy.
Hagrid caricò le loro valigie sulla moto, disse loro di salire poi partì.
Il figlio di Poseidone aveva paura, cavolo se aveva paura. Aveva una paura matta di volare. Lo simpatico zio Zeus, del resto, gli aveva proibito di attraversare il suo territorio minacciandolo di fulminarlo. Da parte sua, Percy non aveva mai amato volare quindi a lui non dispiaceva affatto. Lui preferiva decisamente il mare. In breve Jason e Annabeth furono costretti a tenergli la mano. Jason non era stato particolarmente felice. La mano di Percy era sudaticcia e la cosa lo disgustava abbastanza.
Quando arrivarono a Londra, atterrarono vicino ad un pub: “Il Paiolo Magico”.
Seguirono Hagrid dentro al pub in silenzio. Quando giunsero in fondo al pub, videro solo un muro. Il semigigante prese un ombrello rosa e picchiò il muro tre volte. Esso si aprì rivelando una bella città, senza case, fatta di negozi. C’erano librerie, una banca, un negozio di scope e tutta roba che ai ragazzi sembravano decisamente inutili.
Andò tutto bene finché non entrarono nel primo negozio: Ollivanders. Da quello che Leo riuscì a leggere era un negozio di bacchette.
Dentro al negozio era tutto impolverato, coperto da ragnatele e pieno di scatolette che Leo aveva una gran voglia di aprire. Al centro c’era un grande bancone dal quale spuntò un uomo vecchio e decrepito che poteva avere più o meno l’età di Chirone. Aveva i capelli bianche, gli occhiali e un vecchio vestito strano, molto strano. A Leo per poco non venne da ridere ma la gomitata di Calipso, lo obbligò a non farlo. Calipso aveva le sue buone ragioni per far paura a Leo. Prima di tutto aveva un carattere decisamente pericoloso; secondo aveva un coltello che faceva più paura di lei e terzo era una donna pericolosa armata di coltello. Leo aveva capito che contro di lei  era meglio non mettersi.
-Hagrid!- esclamò il vecchio- Alla buon ora! Sono già pronte.
Il vecchietto tirò fuori una scatola più grande delle altre. Da una di queste prese una bacchetta.
-Quanto ti dobbiamo Ollivander?- domandò Hagrid.
-Ho gi sistemato tutto con la McGranitt.
-Grazie mille- rispose Hagrid per poi salutare e uscire dal negozio seguito dai dodici semidei.
Fecero un giro assurdo per comprare cose ancora più assurde: libri di testo magici, calderoni come quelli che avevano i ragazzi della cabina di Ecate, e altre cose di cui preferirono non chiederne l’utilizzo.
Era il 28 dicembre e mancava si e no una settimana al vero inizio della loro impresa. Nessuno tranne Annabeth capiva esattamente cosa fosse questa “Hogwatrs”.
-Dai non ci vuole molto!- esclamò Annabeth- Pensateci: chi usa bacchette, calderoni e gufi come porta lettere?
-I figli di Ecate- rispose Piper mentre accarezzava il suo nuovo gatto che aveva chiamato Zeus per via degli occhi azzurri come quelli di Jason.
-Esatto!- esclamò Annabeth- Ma loro non sono figli di Ecate perché se no sarebbero al Campo Mezzosangue o al Campo Giove. Perciò devono essere maghi.
Per quel che ne pensava Frank, la figlia di Atena poteva benissimo avere ragione come aver torto, ma questo era meglio non dirglielo. Annabeth era la figlia di Atena più intelligente del Campo Mezzosangue, quindi le probabilità che avesse torto erano minime.
Per terminare il giro ci misero all’incirca mezza giornata. Quando terminarono era quasi l’ora di cena, anche se i dodici semidei non avevano tutta questa fame.
Hagrid li ricaricò tutti sulla moto e li portò fuori Londra, in campagna, naturalmente senza dirgli esattamente dove. Venti minuti dopo notarono una graziosa casetta nascosta tra le colline. Vicino c’era una foresta e un lago che rifletteva la luna piena. La casa aveva quattro piani ed era larga quasi cinque metri. Poco lontano c’erano sei anelli di diverse altezze, tre da una parte e tre dall’altra. Leo si domandava a cosa servissero.
Con la moto atterrarono vicino alla porta e, dato che lo fecero con una delicatezza che  se avessero avuto Annibale, l’elefante del Campo Giove, come mezzo di trasporto sarebbe stato uguale, sulla porta comparve una donna bassa e grassa coi capelli rossi e un uomo sulla cinquantina coi capelli castani e il mantello.
-Per l’amor del cielo Hagrid!-esclamò la donna camminando verso di loro- Chi sono questi ragazzi?
-Hagrid!- gridò un ragazzo dalla porta per poi correre verso il semigigante. Aveva occhi verdi circondati da occhiali tondi e capelli neri scompigliati. Come Percy, pensò Leo. Sembrava esattamente la sua copia, tranne per la cicatrice a forma di saetta quasi invisibile che il ragazzo con gli occhiali aveva sulla fronte. Il ragazzo abbracciò il gigante nonostante quello fosse più alto di lui di parecchi centimetri.
-Ciao Harry- fece Hagrid. Il ragazzo sciolse l’abbraccio non appena in tempo perché gli altri due stavano correndo verso di loro. Il primo aveva i capelli rossi e Leo suppose fosse figlio della signora coi capelli rossi che era uscita pochi minuti prima; la somiglianza, infatti, era incredibile. Pel di Carota  teneva per mano una ragazza abbastanza carina con i capelli e occhi bruni, abbastanza minuta ma comunque carina. Probabilmente era la sua fidanzata.
Hagrid salutò i tre ragazzi e s’allontanò, andando a parlare con la signora rossa, che Leo aveva capito chiamarsi Molly.
Dopo un poco, Percy scese del resto era iperattivo. Gli altri si scambiarono un’occhiata poi scesero anche loro. A nessuno di loro piaceva stare seduti ed aspettare che qualcuno facesse le cose al posto loro. Erano semidei, per tutti gli Dei! Non erano stati concepiti per stare a guardare mentre le cose intorno a loro cambiavano, mutavano.
Il moro, Harry, s’avvicinò ai mezzosangue. Li guardò incuriosito, forse per via delle magliette arancione e la toga di Reyna, Frank e Jason.
-Ciao, io sono Harry Potter- disse il moro, indicando poi i due ragazzi disse:-Loro sono Hermione Granger e Ron Weasley.
Percy gli sorrise e rispose:-Percy. I miei amici sono: Annabeth, Jason, Piper, Hazel, Frank, Nico, Will, Reyna, Alex, Leo e Calipso.
Tutti alzarono le mani in segno di saluto, tranne Leo che salutò con il segno di pace alieno.
-Leo!- lo rimproverò Piper- Non sono mica alieni!
-Come fai a dirlo Miss Mondo? Magari sono alieni travestiti da umani.
-Disse quello che atterrò sulla mia isola come un razzo- lo rimbeccò Calipso.
Hermione, la ragazza bruna, chiese:-Da dove venite?
-Da New York- rispose Annabeth.
In quel momento, Hagrid e la rossa finirono di parlare e il semigigante s’avvicinò ai ragazzi:
-Bene ragazzi, la signora Weasley vi ospiterà finché non patirete per Hogwarts. Da lì in poi vi affido ad Harry. Mi raccomando, fate i  bravi.
-Si Hagrid- rispose Jason per tutti. Hagrid montò sulla sua moto e partì a tutta birra schizzando su nel cielo buio.
-Venite dentro- li invitò la signora Weasley. I semidei la seguirono senza fare domande con le valigie in mano.
   
 
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