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Autore: Lou Asakura    18/04/2009    15 recensioni
La prima cosa a venirmi in mente è che dovrei ridere, ma non ci riesco.
La seconda cosa a venirmi in mente è che dovrei piangere, ma non ci riesco.
La terza è che spero ardentemente che Ichigo scelga un modo civile e poco doloroso, quando deciderà di ucciderci entrambi.
La quarta cosa è... beh, credo non ci sia. Almeno per ora.
~ ~ ~
Part One: Solo un bacio della buonanotte.
Ichigo tuttavia non manifesta reazioni apparenti al mio saluto. Si limita a storcere il naso ed a rivolgermi un’alzata di sopracciglia, dopodichè s’infila nel banco e si rifugia dietro le pagine di un libro.
L’immaginario comune suggerisce che mi stia ignorando.
Non lo sta’ facendo, vero?
Decido di controllare.
«Ehm, Kurosaki-kun», faccio, avvicinandomi al suo banco con aria di pura casualità. «ho dei dubbi sull’argomento di ieri di matematica. Ecco, si tratta di...». Lancio uno sguardo furtivo al libro aperto sul banco accanto. «...di logaritmi, ecco. Non è che potresti aiutarmi tu?».
Non solleva neppure gli occhi dalle pagine.
«Ishida non ha difficoltà in matematica, e neppure Inoue. Chiedi a loro».
Mi sta ignorando.
Kurosaki Ichigo mi sta’ ignorando!
Dev’essere celebroleso, oppure ospitare una colonia di alieni mutanti nella sua chioma arancione. Scelgo la prima opzione. [...]
~{ Ichiruki, love comedy senza nessuna pretesa. [Probabili OOC]
Genere: Comico, Commedia, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Kuchiki Rukia, Kurosaki Ichigo, Renji Abarai
Note: OOC | Avvertimenti: Incompiuta, Spoiler!
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Lovely rhapsody

Prima di avventurarsi nella lettura di questa fanfic, vi prego di dedicare un minuto del vostro tempo alle righe che trovate qui. Ma si, qui sopra, sopra al titolo!

Trovate? Bene.

Quella che state per leggere non è propriamente una fanfic demenziale, non è il mio genere. E’ una, ehm... love comedy con situazioni demenziali. (Spero che non lo diventi troppo, comunque °ç°). Poi, beh, specifichiamo: se pensate di trovarvi davanti una fanfic seria e drammatica, cliccate sull’adorabile “X” rossa proprio li, in cima alla vostra pagina web. Ed andati a cercare una storia abbastanza seria&drammatica che vi soddisfi.

Ora vi starete chiedendo: “ma il serio\drammatico non è il tuo consueto genere di scrittura?”.

Si, vi rispondo io. Ma non lo sentite il richiamo dell’estate? Non sentite anche voi crescere la voglia di scrivere una love commedy leggera e senza impegno, col solo scopo di intrattenere e strappare un sorriso ai lettori?

.... Ehn, no, probabilmente no, vero? Ma non fa niente.

Quello che voglio segnalarvi, comunque, è la mia fonte d’ispirazione per la fanfic che state per leggere: As you want, una bellissima fanfic su HP scritta da Pendragon. L’ho letta, ne ho amata e ne sono divenuta dipendente... e cosi, ho deciso di cimentarmi in una storia che sia più comica (anche se in questo, la mia non si avvicina neppure lontanamente all’ispiratrice).

I personaggi... beh, li troverete probabilmente OOC, per esigenze di trama (soprattutto Renji, in questo prologo XD). Il tempo in cui la storia accade non è ben definito, ma penso che Aizen sia stato gia ucciso. Da chi, non chiedetemelo ù_____ù.

Poi, ultima precisazione... questo è il prologo, ciò implica che la vera storia partirà dal secondo capitolo, il quale sarà meno demenziale (come situazioni, intendo. Leggete e capirete) e darà inizio ad un qualcosa tra Ichigo e Rukia, qualcosa quasi totalmente assente nel prologo.

Credo di aver detto tutto... hun, che aggiungere più, recensite e fatemi sapere se avete gratito quest’esperimento <33333.

 

 

 

 

 

Lovely rhapsody

 

Prologo:

 Pensi forse che il mio armadio porti a Narnia !?

 

***

 

 

 

Sbuffo.

Fingo di essere estremamente interessato al calendario dalle pagine colorate che fa bella mostra di se attaccato alla parete, accuratamente ripiegato sulla pagina di luglio.

Sbuffo ancora, stavolta più forte.

Torno a concentrarmi sul calendario.

Strano, commento, tra me e me. Non l’avevo mai notato. L’ho attaccato obliquo.  

Tamburello distrattamente con le dita sul piano liscio della scrivania, immergo il naso tra le pagine profumate del libro che sto leggendo.

Inutile.

Coraggio, fragolino. Non cedere. Non cedere. Non...

«BASTA, E CHE CAVOLO!».

Il mio amico dai capelli rossi s’immobilizza sul posto e si gira a fissarmi, lentamente, mooolto lentamente.

Sbuffo ancora. Temo che possa diventare un’abitudine.

«Ehm...». Renji pare confuso. Mi scruta come se indossassi una qualche ridicolo tutù rosa, o stessi eseguendo la macarena in equilibrio sull’alluce destro. «“Giorno, Ichigo». Commenta infine, con naturalezza, sollevando appena una mano un segno di saluto.

Calma, Ichigo, calma.

Mi sforzo di non gridare.

Sono calmissimo. Calmissimo.

«Potrei sapere, di grazia», dico, in tono falsamente pacato e gentile. «cos’è che stai facendo da circa ventiquattro minuti buoni (cronometrati) nel mio armadio?!».

Spero di non essere stato troppo brusco.

Non lo sono, vero?

Renji mi fissa con uno sguardo pericolosamente simile a quello delle trote di lago che ho studiato ieri a biologia. Non promette nulla di buono.

«Cerco il mio gigai, ovviamente», commenta, enfatizzando appena l’ultima parola. Spero che non lo stia facendo apposta.

Non lo fa apposta ad irritarmi, vero?

Incrocio le braccia al petto, indispettito.

«Questo lo so. Mi chiedevo solo, ecco... perché accidenti tu lo stia cercando nel mio armadio».

La mia voce suona stranamente atona, disinteressata. Ho paura di ciò che potrebbe dirmi. Ho paura di ciò che...

«Beh, è da un po’ che lo tengo li, a dir la verità». Renji infila nuovamente la testa ad ananas nell’armadio, per poi ritirarla fuori qualche secondo dopo, l’espressione avvilita. «però, è diventato davvero difficile trovare qualcosa, qui dentro... c’è un tale caos».

Non dovrebbe esserci caos nel mio armadio. Anzi, non c’è caos nel mio armadio!

«Figuriamoci», commento, «saranno i soliti peluche e le solite lenzuola, oppure qualche altra cosa che Ruk...».

M’immobilizzo.

Renji ha appena tirato fuori dal mio armadio qualcosa di assurdamente simile ad un grosso orologio a pendolo.

Beh, non può essere. Non c’è un orologio a pendolo, nel mio armadio... neppure ci entrerebbe.

Devo avere le allucinazioni.

Mi strofino gli occhi e li stringo forte, fino a vedere nient’altro che piccole macchie di colore che oscurano il mio campo visivo.

Poi li riapro, piano.

Ecco, ora dovrebbe essere tutto a posto... Renji è scomparso ed io sono nuovamente da solo, immerso nella quiete domenicale della mia camera, a leggere il mio libro in tranquillità... senza orologi a pendolo, e...

Okay, questo non è esattamente ciò che mi aspettavo di vedere. E quello che ho davanti non è esattamente un orologio a pendolo, ma potrebbe assomigliarvi... forse... piuttosto, è abbastanza simile a...

«Uno scaldabagno!», concludo, soddisfatto, battendo la mano chiusa a pugno sull’altra.

Poi, un orribile sospetto si affaccia ai meandri della mia testa; non dovrebbero esserci scaldabagni nella mia stanza. E nemmeno orologi a pendolo. E nemmeno shinigami psicopatici dalla testa a carciofo...

Calma, Ichigo. Sei calmissimo. Calmissimo....

«REEEEEEEENJI!».

....

Ecco.

Calmissimo.

Come non detto.

«Si può sapere...», esalo, additandolo disperatamente con un indice tremante, «... che diamine... sta succedendo qui?!».

Scorgo Renji occhieggiare disperato alla porta, così mi affretto a raggiungerla e girare più volte la chiave nella toppa con una velocità che non avrei pensato di poter raggiungere.

«Allora?», incalzo. C’è un che di omicida nella mia voce. Dovrei controllarmi.

«Ehm....». Il mio cosiddetto “amico” lancia uno sguardo alla finestra, che ho già provveduto a sigillare. «... cioè, insomma... Urahara...».

Urahara. Lo sapevo, lo sapevo che doveva averci qualcosa a che fare, quel pazzo coi sandali da bagno!

Quando il pianeta terra sarà distrutto, lo riterrò colpevole.

«Siiiiiiii?».

Renji arretra pericolosamente contro l’anta chiusa dell’armadio. «ecco, Urahara-san, ha... non mi ammazzi se te lo dico, vero?».

«Ma no, Renji», mento, mellifluo. Un intero anno di convivenza con Rukia sta dando i suoi frutti.

«Beh, ecco, se è cosi...». Si raddrizza, decisamente più calmo. «Urahara-san... ha trasformato il tuo armadio in una sorta di... come posso definirlo... ecco, deposito spazio-temporale per gli shinigami. Veniamo tutti qui a riporre le nostre cose, e... AVEVI DETTO CHE NON MI AVRESTI UCCISO!», piagnucola, quando minaccio di cavargli un occhi con la matita.

«Ti prego, ti prego, ti prego, sono giovane ed ancora verg...». Si blocca.

Gli rivolgo uno sguardo truce.

«Chi?». Domando, pur essendo già certo della risposta.

«Eh...»

«Chi gli ha dato il permesso!», preciso, furente.

Renji si rannicchia di più contro l’armadio e fa per infilarcisi dentro, ma i suoi ciuffi rossi restano sempre fin troppo visibili.

«Prometti di non commettere shinigamicidi?», pigola, facendosi piccolo piccolo.

Mi ritrovo ad annuire, mio malgrado.

«Eh, beh, ecco...». Coglie il mio sguardo inceneritore e si affretta a ripararsi dietro un’anta semiaperta. «... è stata... R...Rukia».

Ah, okay.

Certo. Bastava dirlo subito.

Nessun problema. Nessun...

«RUKIAAAARGH!»

Come non detto, di nuovo.

 

~

 

 

E ti pareva.

Arriccio il naso e stringo gli occhi, mi sforzo di trattenere fuori dal mio campo uditivo gli strepitii dell’individuo dai capelli color mandarino che mi sta’ strattonando malamente per un braccio proprio in questo momento, tentando di staccarmi dal lavello a cui sto saldamente avvinghiata.

Perché, ovviamente, io non posso godermi un po’ di relax –in casa sua, certo, ma pur sempre relax- senza che lui debba piombarmi d’improvviso davanti, strepitando su qualche presunta seccatura che gli ho creato e che l’ha fatto inalberare! (Insomma, non che lui abbia detto propriamente “inalberare”, ma ho preferito raffinare il linguaggio).

Fatto sta che me ne stavo tranquilla in cucina a lavare i piatti insieme a Yuzu-chan, quando me lo vedo arrivare tutto arancione e trafelato, biascicando convulsamente di orologi a pendolo e scal... scaldabagni, credo, e del suo armadio che non porta mica a Narnia.

Perché dunque, mi chiedo, dovrebbe portare a Narnia?

Ed io cosa accidenti c’entro?!

Probabilmente si tratta di un gioco. Già, uno di quei giochi di ruolo tra lui e Kon, del tipo guarda-chi-fa-arrabbiare-Rukia, che si concludono puntualmente con Rukia-che-uccide-entrambi... ma questa è un’altra storia.

Riesce a staccarmi dal lavandino dopo circa un minuto e ventitre secondi di lotta, ma sono certa che, sforzandomi, potrei fare di meglio. Prendo un profondo sospiro e gonfio le guance, irritata.

«Si può sapere, stolto», sibilo, con la mia solita grazia ammirevole. «che accidenti vuoi da me?!».

Grazia ammirevole che pare farlo inalberare ancor di più.

«Vieni su! Ora!».

E’ livido di rabbia.

«Il viola non si abbina al colore dei tuoi capelli», commento, esaminandomi un unghia con noncuranza.

Amo, amo farlo arrabbiare. Mi fa sentire stranamente sicura di me stessa.

Fingo di scrutarlo con aria critica per qualche istante, poi scrollo le spalle, arrendevole. «Okay, vengo».

Un attimo dopo, Kurosaki Ichigo mi sta trascinando su per le scale, furente. Mi sembra di riuscire a vedere il fumo venir fuori dal suo cervellino, o forse dalle narici... temo che possa andare a fuoco.

«Si può sapere che succede?», mormoro, abbandonato il tono noncurante di poco fa. Insomma, non mi va già l’idea di vederlo morto per eruzioni vulcaniche interiori. Almeno per ora.

«Succede che», sibila, senza allentare la presa sul mio braccio né voltarsi a guardarmi. «a causa tua, del tuo amico dalla testa ad ananas e di quel pazzo di Urahara, la mia stanza è diventata una sorta di tasca di Doraaemon formato gigante!».

«T...tasca di Doraaemon?!», boccheggio. Poi, comincio a capire.

Ah. Quello.

«Eeeeehm. Ecco, vedi, quello è perché...».

Non posso dirglielo. Avevo giurato che fosse un segreto, un segreto tanto segreto che avrei dovuto dimenticarlo io stessa in caso di necessità, ad esempio eventuali legilimens od Edward  Cullen nelle vicinanze.

«E’... a causa di un favore che dovevo ripagare ad Urahara. Diceva di aver bisogno di qualcosa da trasformare in deposito spazio-temporale, sai, i suoi esperimenti da matto...».

«... e tu hai proposto il mio armadio».

Conclude Ichigo, con una smorfia a metà tra sconcertata e furiosa.

Non so cosa dire, perciò mi ritrovo ad annuire, il capo chino. In effetti, forse, e solo forse, avrei dovuto prima chiedere il permesso a lui...

Ma non è tanto grave, no?

Cioè, si può sempre rimediare... credo.

«Ehm, andiamo a vedere cos’è successo», consiglio, nel tentativo di evitare lo sguardo furioso che mi trapassa la schiena. Poso la mano sulla maniglia e l’abbasso piano, dopodichè infilo la testa dentro la stanza per un attimo... e la ritraggo in fretta, prima che un oggetto non ben identificato, appena sfrecciatomi dinanzi al naso, possa tranciarla di netto.

Mi volto verso Ichigo, lievemente sconvolta. «Ehm, non credo che sarebbe una buona idea entrare».

Lui solleva un sopracciglio in una smorfia incerta. «Doushite?»

«Cioè, ecco...».

Un grido di natura imprecisata si leva dalla stanza alle mie spalle e ci fa sobbalzare entrambi. Assomiglia ad un gallo al quale stanno per tagliare la gola...

«Renji», fa Ichigo scioccato. Mi supera in fretta e spalanca la porta, dopodichè resta impalato dinanzi allo spettacolo che si para ai suoi occhi.

Renji, -il mio amico Renji!- sta in equilibrio precario su un aspirapolvere acceso, il quale continua a scorrazzare allegramente nella stanza, portando con se libri, fogli e quant’altro.

La prima cosa a venirmi in mente è che dovrei ridere, ma non ci riesco.

La seconda cosa a venirmi in mente è che dovrei piangere, ma non ci riesco.

La terza è che spero ardentemente che Ichigo scelga un modo civile e poco doloroso, quando deciderà di ucciderci entrambi.

La quarta cosa è... beh, credo non ci sia. Almeno per ora.

«Re...Reeenjiiii...».

Lentamente, mooolto lentamente, mi volto verso il mio arancio-amico. Beh, è... decisamente simile a Goku in versione Super Sayan, direi.

I capelli... beh, i capelli sono giallastri, come sempre. E gli occhi bruciano. Letteralmente.

Temo che possa andare in bankai da un istante all’altro. O Hollowificizzarsi. O scagliare una Maledizione Cruciatus sul mio sfortunato amico d’infanzia...  

Spero caldamente che Renji sia esperto in controfatture.

 

 

~

 

Calma, fragolino, calma.

Calma...

Com’è che faceva, quella filastrocca per rilassare i nervi?

Centocinquantaduemilaottocento scimmiette si dondolano su un ramo...

«Ichigo... sicuro di star bene? Ti, ecco.. ti esce il fumo...».

... uccido una scimmietta, ne restano centocinquataduemilasettecentonovantanove...

«Benissimo», mormoro.

E se uccidessi un’altra scimmietta?

Centocinquantaduemilasettecentonovantotto...

Chiudo gli occhi. Li riapro. Li chiudo ancora.

Percepisco Rukia scuotermi per un braccio, blaterando qualcosa a proposito di maledizione Cruciatus... controfatture... kamehameha? Cos’accidenti c’entra la kamehameha?

Riapro gli occhi e, mentalmente, massacro un’altra scimmietta.

Centocinquantaduemilasettecentonovantasette.

Sento le mie labbra distendersi involontariamente in un sorriso beato, che stupisce me stesso.

Al mio fianco, Rukia s’irrigidisce e sbianca pericolosamente.

«Eeeehm... Ichigo? Sicuro di star bene? Mi sembri, ecco... folle...».

«Mai stato meglio», recito, candido, il sorriso che si allarga da un orecchio all’altro.

Ho appena terminato di strappare le braccia all’ennesima scimmietta; è davvero un passatempo divertente, questo. Ed istruttivo, sopratutto.

Un angolino remoto della mia testa mi urla che c’è qualcosa che dovrei fare... tipo, rincorrere l’aspirapolvere impazzita che mi sta distruggendo mezza camera, e arrecare al suo sventurato passeggero la stessa sorte delle ormai numerose scimmiette...

E’ troppo.

Sto sognando. Devo star sognando.

Ora aprirò gli occhi, e...

Un attimo, questa l’ho già provata, e credo d’averne ben chiari i risultati.

Forse, se soltanto mi decidessi a tirar fuori Zangetsu e tranciare le gambe, i capelli e qualcos’ altro al caro Renji...

L’ennesima scimmietta esala l’ultimo respiro.

Istintivamente, volto il capo verso la mia scrivania semi-distrutta, come in cerca di conforto... e lo vedo.

Lui. Cosi piccolo, tenero ed indifeso, tanto bisognoso della mia protezione, eppure adesso tanto malridotto.... ed a quel punto, sento di dover far qualcosa.

Qualcosa che non renda vano il suo sacrificio, qualcosa che ne conservi la memoria in eterno.

Stringo tra le mani la matita che avevo dimenticato di riporre al proprio posto, scampandola cosi al massacro. Poi, il cuore colmo di rabbia e rancore, mi avvento sul nemico.

«Tu... TU LA PAGHERAI PER AVER DISTRUTTO IL MIO LIBRO!».

Accanto a me, avverto distintamente Rukia emettere un lungo sospiro rassegnato.

 

 

~

 

 

«Sono un emerito babbuino deficiente», cantilena Renji, gli occhi bassi e le labbra arricciate.

Accomodato accanto a lui, Ichigo si rigira la matita tra le mani e gli rivolge un’occhiata eloquente.

«Ancora una volta», ordina, gelido.

Renji si rannicchia contro il muro, offeso, senza tuttavia opporsi in alcun modo. «Sono un emerito babbuino deficiente...»

Ichigo solleva appena un sopracciglio. «E...?».

«E cosa?!», piagnucola esasperato il mio migliore amico. «Non mi hai mica detto come continuare la frase!»

«Giusto». L’altro finge di pensarci un attimo, le dita sul mento e gli occhi socchiusi, dopodichè s’illumina in una sorta di ghigno diabolico. «“Sono un emerito babbuino deficiente, e se mi permetto di mettere di nuovo piede nella stanza di Ichigo, lui gli ficca quell’aspirapolvere su per il...”».

«Ha capito il concetto!», l’interrompo io, dandogli una cuscinata dritta sulla testa arancione.

Siamo entrambi accomodati sul letto di Ichigo, lui intento a leggere il suo ormai celebre libro, io ad osservare il mio migliore amico che percorre la stanza avanti ed indietro più e più volte, facendo del suo meglio per riparare i danni subiti.

E come se non bastasse...

«Sono un emerito babbuino deficiente...».

... il caro Ichigo gli ha imposto di ripetere questa frase almeno duecentomilasettecento volte, pena la castrazione chimica.

Lui sostiene che si tratti del metodo più efficace per assicurarci la sua obbedienza a vita, ma io non ne sono poi tanto convinta.

Coraggio, Renji... un po’ di nerbo! Un po’ d’orgoglio maschile!

«... sono un emerito babbuino deficiente...».

Okay, come non detto.

Mi abbandono contro il muro e chiudo gli occhi. Adesso che quei due hanno smesso d’insultarsi, l’unico suono che riesco ad udire (oltre agli occasionali schianti provocati dai tentativi di Renji di riparare ai danni, causandone altri ben più gravi) è il lieve fruscio prodotto dalle pagine del libro di Ichigo che vengono voltate di tanto in tanto.

Anche senza guardarlo, riesco ad immaginare le sue dita sottili indugiare sulle pagine e le sopracciglia aggrottate mentre le parole gli scorrono rapide davanti agli occhi, una dopo l’altra.

Devo costringermi ad arricciare forte gli occhi perché non si posino involontariamente su di lui.

Un altro tonfo mi annuncia l’ennesimo disastro commesso da Renji; probabilmente avrà dato fuoco all’armadio, oppure scaraventato la scrivania fuori dalla finestra. Non mi do la pena di aprire gli occhi per controllare.

Un altro suono... passi veloci, su per le scale.

Credo che qualcuno in casa si sia finalmente reso conto –ed era ora, oserei dire- che sta decisamente succedendo qualcosa di strano, su nella camera del caro fragolino.

Come l’attacco di una mandria di elefanti africani nel periodo dell’accoppiamento.

O l’innocente visita del proprio migliore amico dai capelli rossi... non credo ci sia molta differenza tra le due cose.

Con un sospiro, abbandono il mio tanto agognato relax e strappo il libro dalle mani di Ichigo, limitandomi ad un generico “arriva qualcuno” in risposta alla sua occhiata inceneritrice.

Lui esibisce una smorfia angosciata alla ho-appena-scoperto-di-essere-impotente e si avventa su Renji, spingendolo con forza verso l’armadio.

«Dentro», ordina, brusco, e gli richiude l’anta dritta sul naso.

Sono immensamente dispiaciuta per il mio migliore amico. Davvero tanto.

La porta della camera si apre rivelando la figurina minuta di Karin Kurosaki, le sopracciglia aggrottate in modo paurosamente simile a quelle del fratello, le braccia sottili incrociate al petto.

«Karin», borbotta Ichigo. Infila con noncuranza il naso tra le pagine del proprio libro. «è pronta la cena, oppure i mangiamorte hanno finalmente rapito nostro padre?»

«Neppure i mangiamorte saprebbero cosa farsene», sbuffa la bambina, agitando una mano davanti al volto con aria indifferente. «Piuttosto, Rukia-chan», e si volta verso di me. «temo che un aspirapolvere impazzito abbia appena distrutto la tua stanza».

...

Aspettate un attimo.

Un aspirapolvere... la mia stanza...

Ichigo salta su immediatamente e si dirige verso la sorellina, spingendola fuori dalla stanza.

«Ehm, grazie per avercelo segnalato, Karin... andremo... ehm... a controllare...».

Mi pare di vedergli rivolgere un occhiata furente in direzione dell’armadio, ma forse è solo una mia impressione.

E mi pare di vedere l’armadio agitarsi in maniera piuttosto sospetta, ma ripeto, dev’essere solo una mia impressione.

La porta si chiude alle spalle di Karin.

«L... la mia stanza», boccheggio.

Mi sento come Harry Potter in fuga dai Dursdley.

Cioè, non so cosa c’entri adesso, ma sono certa di sentirmi esattamente cosi... credo che mi faccia male leggere tutti i libri che mi presta Ichigo.

 

~

 

Dire che la stanza di Rukia è stata distrutta è una cosa, ma... non pensavo che Karin intendesse questo.

Lo scrittoio è intatto. I mobili intatti. I muri intatti. I suoi disegni sono intatti!

E mi chiedo, maledicendo tutti i kami esistenti, perché accidenti doveva succedere ciò!

Perché tra tanti gadget di chappy, disegni di chappy, dvd di chappy, manga di chappy, cosi inutili e pronti al massacro, a venir distrutto doveva essere proprio il suo...

«Lo sai, Ichigo», commenta Rukia, in piedi accanto a me, con tono piatto. «penso proprio che stanotte dovrò dormire nel tuo letto».

...

In questo momento vorrei tanto, davvero tanto, che il mio armadio conducesse realmente a Narnia.

 

 

 

 

 

Fine (per ora).

 

 

 

Spazio dell’autrice: Eccovi il prologo *O* Spero che, come vi avevo preannunciato, non vi sia parso troppo demenziale XD. Tenterò di rimediare nel prossimo capitolo <333.

Recensite e ditemi se avete gradito quest’esperimento, in modo che io possa provvedere a scrivere il seguito °ç°.

Ringrazio Evyn, che ha letto la prima parte di questa storia ed ha dichiarato di trovarla geniale. Ringrazio le blackberries, perché esistono. Ringrazio l’Ichiruki, perché esiste. Ringrazio Bleach, perché esiste. Ringrazio Tite Kubo, perché è nato.

E... ringrazio il mio computer di essere ancora vivo dopo tante fanfic. Grazie, PC. Anche se litighiamo tutti i giorni, ti voglio bene T^T.

 

Perdonate il pauroso OOC di Renji, ma cosi lo trovo divertentissimo, a dir la verità °Q° E poi adoro quel ragazzo, ma mi diverto a tormentarlo XD.

Ci vediamo al prossimo capitolo (se ci sarà) <33333.

   
 
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