Storie originali > Fantasy
Segui la storia  |       
Autore: Vago    01/07/2016    2 recensioni
Libro Secondo.
Dall'ultimo capitolo:
"È passato qualche anno, e, di nuovo, non so come cominciare se non come un “Che schifo”.
Questa volta non mi sono divertito, per niente. Non mi sono seduto ad ammirare guerre tra draghi e demoni, incantesimi complessi e meraviglie di un mondo nuovo.
No…
Ho visto la morte, la sconfitta, sono stato sconfitto e privato di una parte di me. Ancora, l’unico modo che ho per descrivere questo viaggio è con le parole “Che schifo”.
Te lo avevo detto, l’ultima volta. La magia non sarebbe rimasta per aspettarti e manca poco alla sua completa sparizione.
Gli dei minori hanno finalmente smesso di giocare a fare gli irresponsabili, o forse sono stati costretti. Anche loro si sono scelti dei templi, o meglio, degli araldi, come li chiamano loro.
[...]
L’ultima volta che arrivai qui davanti a raccontarti le mie avventure, mi ricordai solo dopo di essere in forma di fumo e quindi non visibile, beh, per un po’ non avremo questo problema.
[...]
Sai, nostro padre non ci sa fare per niente.
Non ci guarda per degli anni, [...] poi decide che gli servi ancora, quindi ti salva, ma solo per metterti in situazioni peggiori."
Genere: Avventura, Azione, Fantasy | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<    >>
- Questa storia fa parte della serie 'Leggende del Fato'
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

 Mea guardò il buco che le si apriva davanti.
L’ingresso della capitale dei draghi nel periodo in cui il loro dominio si stendeva sulla Terra del Fuoco.
La mappa non lasciava spazio a incertezze. Era lì che doveva entrare, la sua prova la aspettava all'interno di quel tunnel, ne era sicura.
Il buco scendeva ripido per una ventina di metri, per poi piegare e assumere un andamento orizzontale.
Il globo lattescente illuminò i battenti di una porta. Il tempo l’aveva consumata, scurendo il legno e ossidando gli intarsi in bronzo che la ricoprivano. Spesse ragnatele ostruivano per buona parte il passaggio.
Mea evocò piccole fiammelle fluttuanti che pulissero per lei il cammino, poi si avvicinò alla porta.
I cardini non erano in buone condizioni, ma ciò non impedì al battente di destra di schiudersi quel tanto che bastava per lasciar passare la mezzelfa.
La stanza che l’accolse era rettangolare, più larga che lunga. Su entrambi i lati si aprivano due entrate che davano su piccole stanze in cui erano stati messi barili e scatole di varia grandezza. Niente di quello che vi era riposto suscitò l’interesse della maga.
Mea si portò una ciocca dei capelli blu dietro l’orecchio a punta, per poi concentrarsi sulla porta che l’avrebbe portata alla stanza successiva.
I battenti si aprirono completamente senza troppo sforzo.
Un lungo corridoio si aprì di fronte a lei. Di fronte all’ingresso dal quale era entrata, un portone identico senza battenti permetteva di entrare all’interno di una foschia nera. Un discorso uguale valeva per ciascuna delle cinque porte che si affacciavano su entrambe le pareti laterali.
Dodici porte contando anche quella che l’aveva portata lì. Contò.
Mea si guardò alle spalle, ma l’atrio dal quale era passata si era perso all’interno della foschia.
La mano del Corvo corse agli incantesimi che teneva nella tasca più esterna della borsa, pronta a utilizzarli in caso di necessità.
La maga provò a far passare la mano sinistra attraverso la porta che aveva appena attraversato. Quella nebbia non le sembrava un semplice incantesimo per celare qualcosa, ma non si sarebbe mai aspettata quello che accadde in seguito.
La mano ricomparve tra i montanti del terzo ingresso a sinistra.
La mezzelfa prese con sé solo due incantesimi per sicurezza, lasciando la sua sacca per terra, a fianco della prima porta. Entrò quindi nell’ingresso a fianco a sé.
Si ritrovò sull’uscio della stessa porta dalla quale era sbucata la sua mano poco prima.
Provò quindi a rientrare, uscendo, rispetto alla sacca che aveva lasciato sul pavimento, dalla quinta porta sulla sinistra.
Mea lasciò perdere le porte, ritornando al punto di partenza attraverso il corridoio per tutti i suoi diciassette metri di lunghezza.
Era china sulla sua borsa, in cerca del gesso che sapeva esserci, disperso da qualche parte tra le sue cose, quando un tonfo metallico riempì il corridoio, interrompendo la sua ricerca.
La mezzelfa si voltò piano, con la fronte che pian piano si imperlava di sudore e le orecchie a punta che fremevano.
La ciocca blu ricadde sugli occhi della maga, ma lei non ci prestò attenzione.
Dalla porta sul lato opposto comparve pian piano un’enorme testa corazzata, dalla quale nascevano due lunghe corna metalliche che puntavano in direzione della parete dalla quale erano appena uscite.
Il drago di ferro fuoriuscì per tutti i suoi cinque metri di lunghezza dalla porta, ergendosi nel corridoio.
L’animale mosse un paio di volte la mandibola contornata da una chiostra di denti scintillanti, prima di avvicinarsi ulteriormente a Mea.
La maga estrasse velocemente un incantesimo d’attacco, battendo violentemente il palmo della mano sinistra sul foglio.
Una lancia eterea si plasmò di fronte a lei, per poi partire a gran velocità contro la testa corazzata.
La lancia magica si dissolse non appena toccò la coriacea protezione dell’essere metallico, parve venire frantumata in migliaia di scaglie, che scintillavano attorno all’imponente figura come gocce d’acqua.
Il drago parve non aver fatto caso all’attacco, continuando a fissare con gli occhi rossi fiammeggianti la mezzelfa.
Poi, di colpo, il corpo ingombrante della creatura scattò in avanti, con le fauci spalancate che lasciavano intravedere un bagliore dorato in fondo alla gola.
Mea fece appena in tempo a gettarsi oltre la porta, cadendo nel corridoio poco lontano dalla zampa posteriore sinistra dell’essere.
Fu allora che si accorse di un enorme dettaglio.
Il drago meccanico non aveva le ali. Al loro posto, due larghi buchi si aprivano, mostrando l’interno del corpo.
Il ventre della creatura era per lo più cavo, l’unica cosa che lo occupava era una specie di caldaia dorata, simile a quelle che gli abitanti delle Chiritai utilizzavano per far muovere i loro macchinari, dalla quale si diramavano sei tubi che si allungavano verso il resto del corpo.
La zampa si mosse pesantemente quando il drago cominciò a voltarsi verso la sua preda.
La maga si lanciò nuovamente verso la porta, uscendo, come in precedenza, nell’ultima porta della parete, a sei metri da quella zampa che prima aveva visto così vicina.
Mentre l’ingombrante animale meccanico si voltava nella sua direzione, Mea riuscì a ritagliarsi qualche secondo per riflettere.
Quel mostro che si trovava davanti doveva essere animato dalla caldaia che ardeva nel suo petto, se fosse riuscita a distruggere anche solo uno dei tubi avrebbe potuto passare in vantaggio. Prima però doveva far suo quel terreno di gioco.
Rientrò nella porta alle sue spalle prima ancora che il drago fosse riuscito a girarsi completamente.
Uscì dall’angolo opposto. La porta dalla quale era entrata era sul muro alla sua sinistra, la sua borsa era ancora intatta nell’angolo di fianco a sé.
Prima a destra.
Si disse la mezzelfa, per poi rientrare nuovamente nell’ingresso.
Uscì dal punto di partenza, la sua sacca riposava accanto ai suoi piedi.
Avrebbe voluto prendere appunti, ma se si fosse fermata per prendere un foglio sicuramente il drago metallico l’avrebbe raggiunta.
Corse quindi alla prima porta alla sua sinistra, entrandoci.
Quarta a sinistra.
Rientrò.
Seconda a destra.
La maga perse un secondo a ripassare mentalmente la sequenza. In quel secondo la testa del drago si fece maledettamente vicina.
Mea indietreggiò fino ad essere completamente inglobata dalla foschia nera alle sue spalle.
Terza a destra.
Il corpo dell’essere le impediva di vedere la parete opposta. Il buco che si apriva su quel fianco era però bene in vista.
La mezzelfa non perse tempo. Strinse saldamente l’incantesimo che aveva in mano e ci appoggiò il palmo sinistro sopra.
Se fosse riuscita a far sviluppare un calore sufficientemente elevato all’interno del ventre di quel drago, probabilmente la caldaia sarebbe esplosa.
La palla di fuoco che aveva richiamato partì a velocità sostenuta in direzione del buco. Lo centrò, passò attraverso le tubature più alte e uscì dall’apertura sul fianco opposto, ma qui non si fermò.
Entrò all’interno della porta opposta, ricomparendo per poco tempo al fondo della sala nel tragitto che l’avrebbe portata dall’ultimo ingresso sulla sinistra a quello sulla destra. Di nuovo la palla di fuoco scomparve per un breve istante, per riapparire dalla prima porta sulla sinistra e scomparire in quella a destra. L’ultima cosa che Mea vide fu la palla di fuoco che terminò la sua corsa scomparendo contro il muso corazzato dell’animale metallico, dopo essere uscita dalla prima porta. Poi la coda del drago la falciò in pieno petto scaraventandola all’interno dell’ingresso alle sue spalle.
La mezzelfa si rialzò, vomitando sangue misto ad altri liquidi che non volle riconoscere.
La maga si guardò attorno, cercando di scacciare le nozioni sui danni agli organi interni. Sotto il seno destro qualcosa le face talmente male da farle salire le lacrime agli occhi, ma lei provò a non farsi distrarre.
Si era spostata di una sola porta verso il fondo del corridoio.
Quarta a destra.
Mea si lanciò nuovamente nella porta, scappando dalla coda che tornava nuovamente al suo posto, distesa dietro al corpo dell’animale.
Seconda a sinistra.
Il muso del drago si voltò rapido verso di lei, dalla bocca e dalle narici si alzavano volute di vapori bollenti che alzavano la temperatura della stanza in maniera sensibile. Le zanne si serrarono come una trappola mortale, ma l’aria fu l’unica cosa che cadde nella loro morsa metallica.
Mea uscì dall’ultima porta sulla destra.
Fece un rapido ripasso mentale. Aveva collegato ogni entrata e uscita nella stanza eccetto una. L’unica porta che non aveva ancora testato era quella collocata sul muro in fondo al corridoio, porta che, probabilmente, era sia entrata che uscita di sé stessa.
Aveva disegnato nella sua mente la complicata geografia di quella stanza, finalmente i pressanti esercizi di memorizzazione a cui l’avevano sottoposta fin da bambina avevano dato i loro frutti.
Ora non le rimaneva che surriscaldare quel drago meccanico senza rifare l’errore del precedente tentativo.
Un conato di vomito e sangue la colse alla sprovvista, mentre il petto tornava a farle male.
Mea si sentì mancare mentre la fronte si imperlava di sudore e la vista le si annebbiava.
Non poteva svenire in quel momento, altrimenti sarebbe stata spacciata.
Cercò di ritornare i posizione eretta, cercando di calcolare quando la distanza tra lei e le zanne di ferro si sarebbe fatta pericolosa.
Non aveva più di cinque secondi.
Batté nuovamente la mano sul foglio di carta, indirizzando la palla di fuoco in direzione della porta alle sue spalle.
L’incantesimo sfrecciò tra le due porte più vicine alla parete d’ingresso, per poi entrare dalla prima a destra e uscire da quella iniziale, andando a dissolversi contro il dorso del drago.
Uno e tre secondi.
Avrebbe dovuto provocare un’esplosione all’interno del ventre, se voleva avere una possibilità di sopravvivere.
Attraversò nuovamente l’ultima porta sulla destra, uscendo dalla prima a sinistra. Si portò quindi di fronte alla porta centrale.
Il drago metallico si voltò stoico verso di lei, riprendendo la sua avanzata.
Mea guardò il foglio di carta che stringeva nel pugno. Si stava consumando. I bordi cominciavano ad arricciarsi e la carta si stava increspando. Materiali così delicati non riuscivano a sopportare bene il passaggio di una così grande quantità di mana.
Al massimo tre incantesimi, poi non avrebbe più potuto utilizzarla.
Il drago superò le quarte porte e il suo passo tonante riempì di nuovo l’aria.
Era il momento.
La prima palla di fuoco partì in direzione del primo ingresso a sinistra.
Un secondo.
Uscì dalla quarta porta a sinistra, attraversando il corridoio ed evitando per poco più di una spanna la coda dell’animale meccanico.
Tre secondi.
Entrò nella quarta a destra.
Un secondo.
Uscì dalla seconda sinistra, sfrecciando di fronte al muso del drago.
Un secondo e mezzo.
La seconda palla di fuoco partì in direzione della porta d’ingresso, mentre il foglio con il glifo tracciato sopra si sbriciolava tra le dita sottili della mezzelfa.
Un secondo e mezzo.
Il primo incantesimo entrò nella seconda porta a destra, il secondo in quella all’inizio del corridoio.
Mea cadde in ginocchio, mentre i passi del drago avanzavano e la sua vista si faceva sempre più incerta.
Un secondo.
Le due magie uscirono rispettivamente dalla quarta porta a destra e dalla quarta a sinistra.
Un secondo e mezzo.
Gli incantesimi centrarono i buchi sui fianchi del drago.
La temperatura si alzò vertiginosamente nel corridoio mentre il ventre e la gola dell’essere meccanico si accendevano dell’esplosione.
Quello che ne seguì fu solo un rumore di ferraglia spaccata che ricadeva sul pavimento in pietra sonoramente.
La maga cadde faccia avanti tossendo disperatamente, ora che l’aria non voleva più entrare nei suoi polmoni.
Fosse stata più attenta non sarebbe successo nulla. Quella maledetta bestia lenta non l’avrebbe colpita.
Ancora una volta il sangue di mezzelfo tinse di rosso il pavimento.
Poi tutto si fece nero.

Mea si accorse subito che qualcosa non andava. Respirava bene.
Il petto non le faceva più male e, finalmente, i pensieri scorrevano nella sua mente fluidi.
Si alzò piano, appoggiandosi su una vetrata cristallina che dava su quelle che, almeno credeva, erano le Terre viste dal cielo.
I Monti Muraglia si stendevano sotto i suoi piedi, a divisione tra il lato occidentale e quello orientale del continente. Distingueva anche i fiumi che scorrevano placidi dalle alte vette fino al mare scuro.
Solo le più grandi città erano visibili, pur sembrando, da quell’altezza, piccoli ammassi scuri.
La Grande Vivente risplendeva rigogliosa sotto il sole che la irraggiava da qualche parte sopra alla maga.
Null’altro nella stanza era degno di nota come quel pavimento.
- Bello, non trovi? –
Mea si voltò di corpo, con le orecchie arrossate per non essersi accorta dell’altro occupante di quella stanza.
- Spazio… - riuscì solo a far uscire la maga dalla sua gola.
- Purtroppo temo che sia il mio nome. – le rispose l’uomo di fronte a lei. Portava un completo marrone coperto da una lunga giacca verde smeraldo dalle finiture azzurre.
- Come stai? – continuò l’uomo avvicinandosi di qualche passo alla mezzelfa. – Spero di aver fatto un buon lavoro con il tuo polmone. –
- Sto bene… Era perforato, vero? –
- Dire perforato è poco. Non rimanevano che brandelli di tessuto tra le costole incrinate. Forse ho esagerato a schierarti contro un drago a vapore, ma, in fondo, non potevo nemmeno farti misurare con un lagnoso bambino che scappa oppure un grosso insetto dalla corazza impenetrabile, no? –
- Quindi quell’affare era la mia prova. L’ho superata? O sono morta? Non credo di essere stata molto lucida nell’ultimo minuto di combattimento… -
- Cos’hai fatto per battere quella macchina? – chiese Spazio a sorpresa, passandosi una mano tra i capelli castani.
- Ho sfruttato quelle maledette porte per far sì che le due sfere infuocate si scontrassero nel ventre del drago e sviluppassero sufficiente calore provocare la rottura della caldaia… -
- Si. Esatto. Mio fratello Tempo sarebbe orgoglioso di te, hai calcolato perfettamente i tempi di percorrenza e sei riuscita a sincronizzarti nonostante fossi allo stremo delle tue forze, ma non è per questo che sei qui. Io mi devo complimentare con te per essere riuscita a sfruttare il gioco di portali che ho creato, hai piegato la struttura spaziale di quel corridoio per far sì che il tuo avversario fosse sopraffatto da un potere minore del suo. Ed è per questo che mi sono convinto di poter desiderare altra protetta all’infuori di te. Come ti hanno detto, noi minori abbiamo riservato un compagno e un potere ai nostri prescelti e io, ora, ho intenzione di donarti il tuo compagno che non è un compagno. –
Spazio attraversò il pavimento trasparente con una mano, ritirandola a sé con qualcosa stretta tra le dita.
Un uovo grigio puntinato di nero riposava sul palmo del dio, immobile.
- Qui dentro riposa il tuo compagno. Dovrai averne cura, perché è in lui che è contenuto il potere che ho deciso di donarti. –
- Spazio… io non credo di esserne degna. In fondo sono quasi morta nella tua prova, non mi sento abbastanza potente da essere la protetta di un dio… - disse Mea cominciando ad arricciarsi la ciocca di capelli blu che le cadeva davanti agli occhi intorno alle dita.
- Allora accetta questo dono e dimostrami che mi sto sbagliando. Mea, potrò anche mostrarmi a te con sembianze umane, ma in me risiede tutto lo spazio di questo mondo, io sono ovunque, in ogni passo fatto e non fatto, in ogni strada e soffio di vento. Non aver paura di non essere all’altezza, perché sei già salita molto più in alto delle persone che abitano quel mondo là sotto. –
La mezzelfa alzò lo sguardo, incrociando lo sguardo limpido del dio. Con un gesto deciso si rimise la ciocca dietro l’orecchio a punta e prese dalle mani del dio l’uovo che le porgeva.
- Cercherò di non deluderti. – gli disse ancora.
- Lo so. –
La stanza con il suo pavimento etereo si dissolsero, lasciando spazio a un paesaggio collinare illuminato da un sole limpido.
L’uovo tra le mani della ragazza si lasciò sfuggire un suono.


Note dell'autore:

Funfact: probabilmente vi sarà sembrata strana o fuoriluogo una delle prime frasi di Spazio (quella sul bambino lagnoso e l'insetto gigante, per intenderci), dovete sapere che l'ho messa lì perchè questa è stata la terza volta che provavo a tirare giù una prova decente per Mea (maledetta magia!) e nelle prime due stesure doveva catturare un bambino che scappava su una spiaggia infinita oppure confrontarsi con un insetto gigante. Fortunatamente sono finite entrambe nel cestino in favore di questa versione un po' più steampunk.
Fine del funfact.
Bene, spero vi sia piaciuto il capitolo, se avete voglia lascate un commento e ogni critica sarà bene accetta.
Buon proseguimento a tutti, ci vediamo la prossima settimana!
Vago 

   
 
Leggi le 2 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Storie originali > Fantasy / Vai alla pagina dell'autore: Vago