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Autore: RiyelaAlelita    01/07/2016    1 recensioni
E' una nebbiosa notte d'autunno quando Lilian, di undici anni, si perde nel bosco che circonda il suo villaggio. Verrà trovata da un uomo con gli occhi duri come il ghiaccio
Genere: Drammatico, Fantasy | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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In cielo la luna doveva essere ormai alta, ma la nebbia bassa e fitta ne lasciava arrivare a terra solo qualche raggio. L'aria autunnale era fredda e faceva accapponare la pelle delle gambe di Lilian, accovacciata ai piedi di un albero con la gonna raccolta in grembo. Dal punto in cui si trovava, non riusciva più a vedere le case del villaggio, solo le luci dei fuochi diffuse dalla nebbia, e il vociare allegro della festa giungeva ovattato.
Si rialzò sospirando, ben felice di avere di nuovo la gonna a ripararle le gambe dal freddo, e tornò di corsa al villaggio. Mentre si dirigeva verso la piazza centrale, cuore della festa, notò un uomo appoggiato al muro di una casa con il volto rosso, forse per la luce diffusa di un fuoco lì vicino, più probabilmente per l'alcol. Appena la vide, l'uomo si staccò dal muro, ma riuscì a muovere pochi passi barcollanti prima di cadere. Lilian corse ad aiutarlo a rimettersi in piedi, nonostante la puzza d'alcol che emanava da lui le desse fastidio.
-Grazie, piccola.- fece l'uomo -Certo che avete un liquore davvero buono in questo villaggio.-
-Venite dalla città?- domandò lei, accompagnandolo nuovamente verso il muro e aiutandolo a sedersi.
-Sì, e nelle taverne non servono niente del genere. Come ti chiami?- chiese dopo una breve pausa.
-Lilian.-
-Quanti anni hai?-
-Undici e qualche mese.- rispose ancora la ragazzina, chiedendosi però se non stesse dando troppa confidenza a quell'uomo.
Lui sembrò stupito: -Davvero? Ne dimostri di più.-
-Sì, ne ho pro...- non riuscì a terminare la frase che l'uomo la afferrò per un braccio e la tirò a sé. Si lasciò sfuggire un grido.
-Sta buona, piccola.-
-Lasciatemi!- urlò Lilian, tentando di divincolarsi; non riuscendoci, colpì l'uomo in faccia con un pugno. Fu più forte di quanto avesse pensato, perché lui urlò e le lasciò il braccio. Approfittando del momento, la ragazzina iniziò a correre, senza fare caso alla direzione, voleva solo allontanarsi da quell'uomo. Corse per molto tempo prima di rendersi conto di essere nel bosco, senza neanche sapere come fosse stato possibile arrivare fin lì senza accorgersene.
Prima di riuscire a fermarsi, inciampò in una radice e atterrò, faccia a terra, pericolosamente vicina a un albero. Quando la testa smise di girare, strisciò fino al tronco e, usandolo come sostegno, si mise seduta. Si guardò intorno confusa, senza riuscire a capire da che direzione fosse arrivata. La nebbia fitta avvolgeva i tronchi degli alberi in modo spettrale, e le sembrò di essere finita in una di quelle storie di fantasmi che ogni tanto aveva sentito raccontare al villaggio.
Provò a rialzarsi, ma la caviglia con cui era inciampata le diede una fitta inaspettata, e ricadde a terra. La paura la assalì e, prima di rendersene conto, stava piangendo a dirotto. Quando le sembrò di non avere più lacrime, si sdraiò su un fianco e tirò le ginocchia al petto, tremando per il freddo e la paura. Ad un tratto, un fruscio la riscosse. Si mise a sedere di scatto, con tutti i sensi all'erta per capire se c'era un qualche pericolo o se fosse stato solo il rumore del vento tra gli alberi. Le sembrò di vedere, davanti a sé, un'ombra che si avvicinava.
-C'è qualcuno?- chiese con voce tremante.
Dalla nebbia emerse un uomo abbastanza giovane, con i capelli corti e molto chiari, che la fissava dall'alto; indossava solo delle brache, senza maglia né scarpe, e il torso era sporco di sangue, così come la bocca. In mano teneva un pugnale, anch'esso insanguinato. C'era qualcosa di strano nel suo volto, qualcosa che lo rendeva diverso da tutti gli uomini che aveva sempre incontrato, ma non capiva cosa.
Lilian, alla vista del sangue, si ritrasse contro l'albero alle sue spalle, come per cercare di non farsi notare, pur sentendo chiaramente lo sguardo dell'uomo su di sé. Quest'ultimo la fisso brevemente con i suoi occhi chiari, poi si voltò, e la nebbia cominciò a inghiottirlo di nuovo mentre si allontanava.
-Aspetta!- lo chiamò lei, senza preoccuparsi di usare un tono più rispettoso verso un adulto.
Lui si fermò: -Che vuoi?- La sua voce era dura.
-Sai dov'è il villaggio?-
-Che villaggio?- domandò ancora lui, senza voltarsi.
-Tarquelei.-
L'uomo alzò un braccio, indicando un punto davanti a sé, leggermente a sinistra: -Dovrebbe essere di là.-
Lilian guardò in quella direzione, ma la nebbia era ugualmente fitta, non c'era niente che lasciasse intuire che quella fosse la direzione giusta.
-Mi ci accompagni?- fece lei, guardando la schiena dell'uomo ancora fermo lì.
-No.- fu la risposta secca.
-Perché?-
Lui si voltò: -Non conosco bene la zona intorno a quel villaggio, e con questa nebbia è difficile orientarsi anche nei luoghi familiari.- Le diede nuovamente la schiena e ricominciò ad allontanarsi.
-Ma io voglio tornare a casa!- esclamò Lilian.
-Dovevi pensarci prima di entrare nel bosco con questa nebbia.- Ormai l'uomo non si vedeva quasi più, inghiottito dal bianco.
La ragazza sentì che la rabbia dentro di sé aumentava, sovrastando la paura: quell'uomo aveva davvero intenzione di lasciarla lì da sola!
-Sei davvero cattivo, che lasci le persone da sole così! Le persone si dovrebbero aiutare!- urlò alla nebbia -Sei un mostro!-
Lilian non lo vide nemmeno tornare indietro, si accorse solo di essere sbattuta contro l'albero e, alzando lo sguardo, lo vide che la sovrastava: aveva gli occhi grigio chiaro così duri e freddi da sembrare ghiaccio, e digrignava i denti appuntiti. La paura prese di nuovo il sopravvento, e la ragazzina sentì nuove lacrime affiorarle dagli occhi.
L'uomo la fissò per un tempo che le parve infinito, poi allentò la presa su di lei. Fece una smorfia: -Ti vuoi mostrare coraggiosa, ma in fondo sei solo una cucciola spaventata. E ferita.-
“Ferita?” si chiese Lilian, prima di ricordarsi della caviglia: la paura le aveva fatto dimenticare il male. Prima che potesse dire qualsiasi cosa, lui la sollevò da terra e se la caricò in spalla. Si incamminò nella nebbia.
-Mi porti al villaggio?- domandò lei, sperando avesse cambiato idea.
Lui sospirò: -No, mi perderei. Ti porto dove vivo io.-
Lilian girò la testa, non senza fatica, dato che la posizione in cui la teneva era piuttosto scomoda, per guardarlo in volto: era impassibile, non mostrava alcuno sforzo nel portarla, ma Lilian non riuscì a capire cosa lo rendesse così particolare. Notò, però, che aveva le orecchie leggermente a punta.
Il tragitto non fu molto lungo: si imbatterono presto in una collinetta con un'apertura alla base. La portò dentro, poi la lasciò cadere appena oltre l'entrata.
-Ahia!-
-Metti qualcosa di freddo sulla caviglia.- disse l'uomo, addentrandosi nella caverna.
-Cosa?-
-Le foglie fuori sono umide, dovrebbero andare bene.- e proseguì, senza più prestarle attenzione.
Lei sbuffò, però decise di seguire il suo consiglio. Uscì a gattoni dalla grotta, raccolse alcune foglie, umide e fredde per la pioggia, e le appoggiò sulla caviglia. Si sentì subito meglio, ma il sollievo durò poco, perché le foglie, a contatto con la pelle, si scaldarono in fretta, così continuò a cambiarle finché non si stancò. Tornò nella grotta, in cui l'uomo aveva acceso un fuoco e si era ripulito dal sangue, e solo allora Lilian si accorse che il suo petto era pieno di cicatrici rosse, una delle quali proprio all'altezza del cuore.
-Cos'hai fatto?- fece la ragazza, indicando quei segni scuri.
-Mi hanno ferito.- rispose lui seccamente, prima di lanciarle una coperta -Dormi. Domattina, se la nebbia si alza, ti riporto al tuo villaggio.-
A quell'annuncio, Lilian dimenticò tutte le domande che voleva ancora fargli. -Grazie!- esclamò, sentendosi così felice da pensare che non sarebbe più riuscita a smettere di sorridere. Si guardò intorno, per decidere dove coricarsi, e da un lato vide quello che sembrava un letto. Prima di riuscire anche solo ad avvicinarsi, però, un ringhiò la bloccò. Si guardò attorno, pensando fosse entrato un animale feroce, poi si accorse che proveniva dall'uomo che, appoggiato a braccia conserte alla parete della grotta, non aveva smesso un attimo di fissarla.
-Non lì.-
-Per...- “...ché no?” non riuscì a terminare la domanda, dopo aver visto i suoi occhi: duri, ancor più di prima, ghiaccio puro che le dava i brividi. Distolse lo sguardo e decise di stendersi vicino al fuoco, avvolgendosi nella coperta, senza più guardare l'uomo.
Nonostante la paura, si addormentò subito.


Al risveglio, il fuoco si era esaurito totalmente e dall'entrata arrivava pochissima luce, lasciando la grotta quasi completamente al buio. Lilian, dopo essere rimasta un po' di tempo stesa a occhi aperti a riordinare i ricordi di quella notte, si alzò in piedi, notando con piacere che il dolore alla caviglia era ormai passato. Uscì, e trovò l'uomo in piedi poco oltre l'ombra proiettata dalla collinetta; quella mattina aveva indossato una maglia, ma era ancora scalzo. Forse non aveva scarpe, si disse lei. Voleva dirgli qualcosa, soprattutto che aveva fame, ma il ricordo dello sguardo gelido della notte prima la frenò, quindi si guardò attorno: la nebbia che quella notte avvolgeva tutto era diventata una leggera foschia che diffondeva la luce del sole mattutino, lasciando senza parole Lilian, che ebbe l'impressione di trovarsi in un regno fatato, uno di quelli di cui narravano le leggende sulla Prima Epoca della Vita, in cui umani e altre creature vivevano insieme, creature ormai scomparse da tempo.
-Ti sei svegliata, finalmente.-
La ragazzina sobbalzò, non essendosi accorta che l'uomo si fosse avvicinato. Si voltò verso di lui, ma tenne lo sguardo basso: aveva paura di rivedere quegli occhi duri.
-Ti riporto al tuo villaggio, se sei ancora dell'idea di volerci tornare.-
Lilian sorrise, al colmo della gioia: certo che voleva tornare a casa!
-Grazie!- esclamò, alzando lo sguardo, e incontrò nuovamente i suoi occhi, che però quella mattina, forse per la luce diffusa, non sembravano ghiaccio, ma argento.
-Prima, però, mi devi promettere tre cose.- proseguì lui -Uno: non parlerai a nessuno di me. Due: non cercherai di tornare qui. Tre: se ci dovessimo rincontrare, non mi starai tra i piedi.- elencò, alzando un dito per ogni punto. Lilian annuì, dopo un attimo di esitazione, sebbene non capisse pienamente il significato di quelle promesse. Fu attratta, però, dalle sue unghie, scure e appuntite come artigli. L'uomo annuì a sua volta, quindi le disse di seguirlo e si incamminò.
Mentre Lilian zoppicava leggermente nel tenergli dietro, gli chiese il suo nome.
-Non ho un nome, e non ne voglio uno. Le persone che mi incontrano mi chiamano in tanti modi, anche se molti sembrano preferire “mostro”.- rispose senza voltarsi -Come te ieri sera.-
Lei abbassò lo sguardo: -Ieri sera mi hai fatto paura...- borbottò come giustificazione, poi ebbe un'idea -Ti potresti chiamare “Occhi d'Argento”.-
L'uomo la guardò senza dire nulla, stupito. -Ti ho detto che non voglio un nome, e poi questo è troppo lungo. Ma se ti piace, puoi usarlo.- commentò infine, tornando a guardare avanti.
Continuarono a camminare in silenzio ancora a lungo, finché tra gli alberi non echeggiò un grido: -Lilian!-
La ragazzina e Occhi d'Argento si arrestarono. -Mi stanno cercando!- esclamò contenta.
-Allora ti lascio qui, dovrebbero trovarti.-
-Perché? Non vuoi venire al villaggio?-
-Non mi piace stare tra la gente, preferisco rimanere nel bosco.-
Lilian cercò, invano, un motivo per trattenerlo, poi si rassegnò: -Allora ciao, Occhi d'Argento.-
-Ciao.- rispose quest'ultimo, quindi si allontanò di corsa.
Quando fu sparito dalla vista, Lilian iniziò a chiamare a gran voce: -Sono qui!-
In breve fu raggiunta da un uomo, quello che faceva il pane, seguito dal falegname e da Sirne, fratello maggiore della ragazza, che la abbracciò subito: -Finalmente ti abbiamo trovata! Avevamo paura che i lupi ti avessero mangiata!-
La riportarono al villaggio, dove raccontò il vero motivo della sua fuga (tutti giurarono di trovare l'uomo che aveva tentato di violarla) e di aver vagato per il bosco finché non aveva trovato una grotta, in cui aveva dormito, e quella mattina aveva camminato fino a che non aveva sentito il suo nome.
-Ora, finalmente, sei a casa!- i suoi genitori, entrambi in lacrime, la strinsero forte tra le braccia.
Festeggiarono tutti il suo ritorno, e lei fu attenta a non parlare con nessuno di Occhi d'Argento, chiedendosi se fosse uno spirito della foresta o una creatura delle antiche leggende.
   
 
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