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Autore: AliceMiao    04/07/2016    1 recensioni
Londra, 1663. Un ragazzo viene trasformato in vampiro. Il padre crede che sia diventato vittima del male.
Londra, 1664. Quel ragazzo volge un saluto al padre, l'ultimo.
Londra, presente. Anni dopo ritorna indietro.
Dal testo:
Intanto la mia mente correva agli anni precedenti, anni in cui ero ancora umano. Anni che da una parte rimpiangevo, ma che dall’altra parte ringraziavo di essere terminati. Perchè se non fossi diventato vampiro non avrei mai conosciuto tutte le persone meravigliose che ho incontrato e soprattutto, non avrei incontrato mia moglie, l’unica donna che voglio accanto per l’eternità. Nel vero senso della parola stavolta.
Genere: Generale | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Carlisle Cullen, Esme Cullen
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Precedente alla saga, Successivo alla saga
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~~Londra, 1664
Un anno. È passato un anno da quando sono diventato un mostro notturno assetato di sangue. Un anno da quando sono diventato dannato. Un anno da quando ho scoperto che non era necessario uccidere umani per nutrirmi. Un anno da quando ho lasciato la mia casa e la mia vita umana.
Gli uomini che erano con me, quella fatidica notte, hanno riferito a mio padre che ero morto, spacciato. Lui non mi era sembrato molto dispiaciuto, anzi aveva detto che me  lo ero meritato perché non vedeva il male tanto quanto lo vedeva lui e quindi il Diavolo ne aveva approfittato e lo aveva preso con sé.
Poi, una sera, mentre mi trovavo davanti alla tomba di mia madre, lo sentii arrivare e mi nascosi, riuscendo comunque ad avere una buona visuale su di lui. Si era inginocchiato davanti alla lapide di mia madre e stava piangendo. Piangendo? Lui? Ebbene sì. Non l’avevo mai visto piangere in 23 anni. Mai. Eppure in quel momento stava succedendo il miracolo.
“Scusami, non sono riuscito a salvare nostro figlio”, stava dicendo alla lapide di mia madre. “Forse ora è lì con te, anche se ne dubito. Gli uomini che si sono salvati dall’attacco hanno detto che lui era stato ferito e che sarebbe morto dissanguato nel giro di poco. Il Diavolo l’ha preso con sé. Non avrà mai pace!”.
In quel momento avrei voluto mostrarmi a lui, dirgli che stavo bene, che ero vivo. Beh forse che ero vivo potevo risparmiarmelo. Ma temevo la sua reazione. Era sempre stato un uomo che vede il male ovunque, che vedeva il demonio dappertutto, quindi non avrebbe avuto una reazione positiva. Anche se vederlo in quello stato mi faceva stare molto male. Era stato severo e rigido in quegli anni, è vero, ma era pur sempre mio padre. Era sangue del mio sangue (o meglio lo era).
Non so bene perché, ma quella notte ero sul tetto della casa vicino alla sua, con la luna che illuminava la città aiutata dalle stelle, sue fedeli servitrici dalla notte dei tempi. In lontananza riuscivo a sentire gli zoccoli dei cavalli e anche i pianto di un bambino, che non voleva andare a letto. In strada non c’era nessuno, se non qualche uomo che andava e veniva da qualche locanda.
Guardai dalla finestra e lo vidi. Stava pregando, come faceva sempre prima di coricarsi. Dietro di lui, una serva stava entrando, portandogli la sua medicina. Negli ultimi periodi era invecchiato e aveva iniziato ad avere alcuni problemi di salute.
“Come sta stasera signore?”.
“Abbastanza bene, grazie Mary”. Bevve la medicina.
“Oggi, se non sbaglio, suo nipote guiderà una spedizione in cerca di vampiri”.
“Esatto. Proprio oggi, il giorno in cui persi il mio unico figlio. Spero non si faccia male anche lui”.
Mary fece il segno della croce. “Che Dio lo assista, pover uomo! Non può abbandonare la sua bellissima moglie e i suoi bellissimi figli!”.
Mio padre annuì. “Va pure a casa Mary, va a riposarti”.
“Volentieri. Buonanotte!”. Detto questo uscì. Mio padre si mise a letto e spense la candela. Senza farmi sentire entrai dalla finestra e mi avvicinai al suo letto.
“Sto bene e sono salvo. Non dovete più preoccuparmi di me, pensate a vivere i vostri ultimi anni in pace e tranquillità. Addio padre”. Lo sussurrai a bassissima voce, dopodiché mi spostai sulla parete opposta, dove vidi un quadro. C’eravamo io e mio padre, quando avevo dieci anni.  Accanto ad esso c’era una grande croce di legno. La ammirai per dei minuti abbondanti, dopodiché uscii, disperdendomi nelle tenebre.
Quando arrivai al limitare della città la guardai. Non ci sarei più tornato. Stavo lasciando la città che mi aveva visto crescere. Stavo lasciando la mia amata Londra.

Londra, presente
L’aereo atterra nell’aeroporto di Londra in orario. Andiamo a ritirare le valigie e ci dirigiamo verso l’hotel. Io e mia moglie, dopo gli avvenimenti che erano successi negli ultimi momenti, avevamo deciso di farci una vacanza di alcuni giorni, per rilassarci e riposarci. Il cielo era abbastanza nuvoloso, ma sembrava non dovesse piovere. L’hotel che avevamo scelto era in centro, ma non era lussuoso, bensì piuttosto semplice. In fondo non dovevamo viverci, solo tornarci alcune volte per non destare sospetti.
“Finalmente siamo a Londra,è da un po’ che non ci veniamo”, disse mia moglie.
“Già. Quand’è stata l’ultima volta? Negli Anni 20, Anni 30?”.
“Credo di sì. Eri diventata da poco una vampira”.
Lei annuì e mi diede un dolce bacio. “Da dove iniziamo?”.
Sorrisi e la portai in una delle chiese di Londra. Negli anni si era conservata molto bene, lo ammetto.
“Questa era la chiesa dove lavorava mio padre”, dissi. “E lì c’era la mia casa” le indicai un palazzo accanto alla chiesa.
“Davvero? Da quanto non venivi qui?”.
Almeno tre secoli… “Un po’ di tempo. Troppo forse”.
Si guardò intorno e iniziò a scattare alcune foto ricordo. Intanto la mia mente correva agli anni precedenti, anni in cui ero ancora umano. Anni che da una parte rimpiangevo, ma che dall’altra parte ringraziavo di essere terminati. Perchè se non fossi diventato vampiro non avrei mai conosciuto tutte le persone meravigliose che ho incontrato e soprattutto, non avrei incontrato mia moglie, l’unica donna che voglio accanto per l’eternità. Nel vero senso della parola stavolta.
“Hai la testa fra le nuvole? Non siamo venuti a Londra per tornare al passato, ma per goderci una bella vacanza, quindi muoviti, voglio vedere tutta la città!”, disse mia moglie ridendo.
Risi anch’io e la seguii allontanandomi dalla chiesa e dalla mia vecchia casa, ma prima di andarmene le guardai un’altra volta e sussurrai: “Ti voglio bene padre”.
Intanto nel corridoio di casa, in America, una croce di legno si ergeva mostrando tutta la sua imponenza.

Note: erano mesi che non scrivevo una storia con lui come personaggio, quindi quando mi è venuta in mente questa storia l’ho scritta subito. Spero vi piaccia!
Baci AliceMiao

   
 
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