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Autore: SerenaTheGentle    05/07/2016    0 recensioni
Amanda è una ragazza semplice e riservata, che concede difficilmente qualcosa a se stessa, ma convinta dalla sua migliore amica decide di fare un viaggio e di andare a trovare sua zia in montagna.
Proprio lì, nel posto più improbabile del mondo e nel modo più strano possibile incontra la persona che mai si sarebbe aspettata di trovare e che mai si sarebbe aspettata di imparare ad amare.
Edmund è un ragazzo di origini nobili e di famiglia molto ricca. Se ne frega dei suoi genitori e grazie ai soldi che i suoi nonni gli elargiscono fa spesso come gli pare. Ma arriva un punto in cui la vita lo mette di fronte a fatto compiuto e il signorino dovrà imparare a sostenersi con le proprie gambe. Lassù in una piccola casa sperduta in mezzo alle montagne avrà ciò di cui ha davvero bisogno e scoprirà di non sapere quanto una cosa sia importante quando non ce l'hai più.
Genere: Comico, Commedia, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
Capitoli:
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Capitolo 37

Pov Amanda

Un rumore continuo mi stava dando il “buongiorno”.

Qualcosa non la smetteva di fare “bip” e così mi decisi ad aprire gli occhi. La prima cosa che vidi fu un parete bianca, di un bianco accecante e destabilizzante. Richiusi gli occhi per un istante e l’immagine dell’espressione disperata sul viso di Edmund mi confuse ancora di più. Cercai di muovere il più lentamente possibile ogni parte del mio corpo e poi suonai il campanello che qualcuno aveva attaccato al mio indice. Avevo capito di trovarmi in un ospedale e che qualcuno aveva chiamato i soccorsi, ma non ricordavo così bene come e perché mi trovavo in ospedale.

Un uomo con un camice bianco e gli occhiali entrò nella mia stanza. Non avrei saputo dare un età al dottore, ma potevo immaginare che fosse relativamente giovane.

-Salve signorina Silvestri.- mi salutò l’uomo, mentre armeggiava con la flebo e gli strani marchingegni che si trovavano in quella stanza. Non riuscivo a parlare, i ricordi di quello che era successo incominciavano ad affollarsi nella mia testa, come se ognuno fosse più importante degli altri e cercasse di attirare la mia attenzione.

-Come si sente?- mi chiese ancora il dottore, misurandomi la pressione.

Riuscii solo a sorridergli e niente di più. Non riuscivo ad emettere suoni di alcun genere. Nel mentre che il dottore mi parlava, continuavo a pensare ad Edmund e mi chiedevo dove potesse essere.

-Si ricorda qualcosa o qualcuno prima dell’incidente?- il dottore mi guardò pensieroso e si tolse gli occhiali.

-Edmund...- sussurrai appena. Era l’unico di cui mi importasse. Dentro di me sapevo che era successo qualcosa di brutto, non riuscivo a ricordarmi l’ultima parte della nostra avventura.

-Sta bene, è uscito da una settimana almeno. Vi hanno trovato dopo due giorni quasi e nonostante qualche frattura, lui sta bene. Lei, invece, ha riportato delle lesioni più gravi, ma non meno curabili.- il medico mi sorrise confortante, ma io non avevo assimilato del tutto le sue parole.

“Vi hanno trovato dopo due giorni”, ma allora perché mi ricordavo di noi due in una casa a ridere e scherzare?! Che fosse stato uno scherzo della mia mente?

“Qualche frattura” il mio cervello pensò subito alla caviglia, mentre il mio corpo gridava in ogni sua cellula di alzarmi da quel letto e andare da Edmund per assisterlo.

Una parte di me voleva assolutamente andare da lui, ma mi chiedevo allo stesso tempo perché. Dopotutto non eravamo nemmeno amici e lui ci aveva portato fuori strada con la sua sterzata!

Ma allora perché continuavo a vedere le immagini di noi due in quella casa e quei due signori? Perché sentivo di provare qualcosa per lui?

-Quanto tempo sono rimasta qui?- chiesi, avendo paura della risposta.

-Sono passate due settimane.- il mio stato di confusione aumentò ancora di più e il dottore continuò a spiegarmi –Ha perso molto sangue e abbiamo dovuto farle una trasfusione d’urgenza, questo però ha destabilizzato molto il suo corpo, che non ha dato cenno di volersi svegliare, nonostante le attività celebrali fossero normali.-

-Cosa è successo?- iniziai ad agitarmi ed il “bip” della macchina incominciò a darmi più fastidio del solito.

-La tempesta non ha permesso alle autorità di trovarvi subito, ma poi, dopo due giorni, siete stati liberati dalla neve.- l’uomo mi guardava come se fosse difficile spiegarmi quelle cose.

-Io mi ricordo di una casa, c’era anche Edmund con me, e anche dei signori. Un uomo e una donna. Mi ricordo che non erano molto giovani. Ho dei ricordi confusi di noi due che balliamo e parliamo.-

-Le posso assicurare che non è stato altro che un sogno. Probabilmente la sua mente ha elaborato un pensiero così realistico solo per motivi legati all’impatto.-

-Eppure io sento che quello che ho vissuto è stato assolutamente reale!- ero incredula! Non era possibile che mi fossi immaginata tutto!

-Anche Edmund me l’ha detto, ed ha continuato a dirmelo. Tuttavia lui, a differenza sua, si ricorda tutto in maniera indelebile.- il sorriso sul viso del dottore si fece incredulo ed imbarazzato.

-Lei crede che abbiamo sognato per ripararci da quello che era successo, ma allora come può possibile che abbiamo sognato le stesse cose?-

-A questo non so dare una spiegazione signorina. Ora è meglio se la lascio riposare.- il dottore stava per congedarsi, ma io volevo sapere dove fosse Edmund!

-Dottore!- lo richiamai – Dov’è Edmund?-

-È uscito dopo tre giorni, è venuto a trovarla tutti i giorni, ma sono già un paio di volte che non viene.- il mio cuore perse un battito, ma ovviamente me lo immaginai solo io. La cosa brutta degli ospedali è che tutti possono sapere se una cosa ti ha toccata nel profondo oppure ti è totalmente indifferente! Basta attaccarti a quelle macchine per capirlo!


Perché non si era fatto più vivo?

Forse perché sei rimasta in coma per due intere settimane?

Ah ciao! Che bello risentirti!

Avverto una punta di sarcasmo nel tuo saluto!

Eh già...

Ti trovo sempre più simpatica!

Ehi, era sarcasmo quello?

Ovvio che si!


Nella mia testa si stavano affollando emozioni contrastanti e sentivo che di lì a poco sarei crollata.

Non era possibile quello che il dottore mi aveva detto, eppure una parte di me voleva crederci con tutto il cuore. Mi chiedevo come avrei potuto sistemare quel casino.

Mi ricordo tutto benissimo fino a quando non siamo caduti nel burrone. Da lì in poi ho come dei ricordi sfocati. Come se noi fossimo i fantasmi dei nostri pensieri. Come se in realtà non avessimo mai vissuto quella situazione. Come se in realtà tutto quello non fosse mai successo, ma i nostri cuori avevano trovato il modo di unirsi, nonostante le avversità.

E adesso?
 

Pov Edmund

E adesso?

Honor mi aveva detto che si era svegliata. Matilde glielo aveva comunicato proprio ieri e lei aveva creduto che fosse giusto che io lo sapessi.

Ma il punto era che io avevo paura.

Avevo paura di rivederla.

Avevo paura che le cose sarebbero cambiate tra noi e che forse quello che avevo sognato, lo avevo sognato solo io...

Avevo paura che lei non si ricordasse dei momenti trascorsi insieme e che avesse dimenticato quello che mi aveva detto.

Avevo paura di non riuscire a dirle quello che davvero provavo.

Io volevo provare ad amarla con tutto me stesso, ma allo stesso tempo avevo paura di quello che poteva significare ammettere a me stesso di essermi innamorato. Sentivo di appartenerle dopo tutto quello che ci era successo. Tuttavia, le cose che avevamo vissuto non erano realmente esistite, e di questo devo farmene una ragione.

Per due giorni la mia mente ha proiettato una realtà che non era la mia. Una realtà durata due lunghissime settimane. Dopo sole due "settimane" con Amanda stavo rivalutando tutte le idee che mi ero fatto della vita e non sapevo in che modo sarei andato avanti con i progetti che avevo fatto...

Mia sorella mi raggiunse all’entrata dell’ospedale. Ero molto teso e decisi di sedermi nel mentre che lei mi raggiungeva.

-Ehi fratellone! Che hai?- mi chiese preoccupata. Era diventata ancora più apprensiva dopo l’incidente.

-Niente, ho solo... paura.- dirlo ad alta voce non facava che aumentare le mie insicurezze e questo mi dava enormemente fastidio. Dopotutto ero sempre stato molto sicuro di me e deciso, ma dopo quelle due "settimane" qualcosa era cambiato. Non molto, ma quanto bastava per farmi riflettere sulle cose prima di farle.

-È normale. Tutti hanno paura di qualcosa. Fa parte di noi.- mia sorella mi guardava intensamente e mi accorsi in un lampo che era cresciuta. Era diventata molto più brava di me a gestire le emozioni e questo l’aveva resa anche molto più sicura, anche se lei, come tutti, aveva avuto i suoi momenti di debolezza.

Mi ricordo di quando la vidi per la prima volta in ospedale. Era in lacrime davanti alla porta. Non appena il dottore le diede il permesso di entrare si fiondò nella mia stanza velocemente e mi abbracciò delicatamente. Aveva un grande bisogno di farlo e nonostante sapessi che Josh le aveva raccomandato di non piangere, lei non era riuscita a trattenersi.


-Mi hai fatta preoccupare!- erano state le sue parole ed io capii che aveva sofferto molto quei due giorni.

-Scusami...- le sussurrai appena mentre le asciugavo con una mano le lacrime che scendevano copiose.

-Ti voglio tanto bene.-

-Anche io te ne voglio.- tra di noi scese il silenzio.



Non c’era stato bisogno di altre parole  per  esprimere tutto quello che avremmo voluto esprimere. A volte basta poco.

Venne anche mio padre a trovarmi. Mi riscoprii a provare un senso di vuoto a vederlo. Avevo perso molta fiducia in lui, ma questo non voleva certo dire che non si potesse recuperare. Nei suoi occhi lessi ovviamente dispiacere, ma non riuscivo a superare quella barriera che si era creata tra di noi. Ci guardavamo, ma non ci vedevamo veramente.

La reazione di Marco mi colpì più di tutte. Entrò nella mia stanza in fretta e furia, i miei parenti erano tutti intorno a me, e lui si fece strada tra di loro. All’inizio mi pareva molto allarmato, successivamente si rilassò nel constatare che le mie mani erano apposto.


-Grazie a Dio.- sospirò.

-Grazie amico della comprensione...- dissi io cercando di capire cosa gli passasse per la testa.

-La gara è stata rimandata e cambiata: golf. Abbiamo bisogno delle tue braccia per vincere.- prima ancora che il mio amico potesse finire la frase, mia sorella gli assestò uno schiaffo, facendomi ridere.

-Ehi! È una cosa seria!- Marco mi sembrò indignato, ma poi, guardandomi, mi disse che era stato in pena per davvero, e non solo per la gara.



Con lui non ci si poteva certo annoiare! Dopotutto mi era mancato.

La visita che mi mise più ansia è stata quella di Matilde. Honor le aveva raccontato tutta la storia e io non sapevo se le mi avrebbe dato la colpa del coma di sua nipote.


-Ciao.- mi salutò timidamente, entrando nella stanza. Non c’era nessuno. Era tardi rispetto all’orario di visite.

-Ciao.- la salutai con un cenno della mano.

–Sono rimasta per Amanda. Non si sa mai, un bisogno o una cosa...- la donna si mise seduta sulla sedia vicino al mio letto.

-Certo.- abbassai lo sguardo. Mi sentii responsabile per quello che era successo, ma allo stesso tempo non mi ero pentito di aver continuato a guardarla. Era bellissima quella sera.

-Io non credo che sia colpa tua Edmund.- Matilde mi guardò. I suoi occhi erano pieni di lacrime e provai l’irrefrenabile istinto di consolarla, ma non potevo.

-Sono contento che tu lo dica. Non mi perdono io stesso per quello che è successo e credo che in parte sia solo colpa mia.- cercai di non far trasparire la paura che stavo provando in quel momento. –Lei come sta?- il soggetto della nostra conversazione era implicito, tuttavia non riuscivo proprio a pronunciare il suo nome in quel momento.

-Mia nipote è forte. Ce la farà. Per adesso dobbiamo solo aspettare.- quelle parole pesavano più di un macigno. Erano quelle di cui avevo più paura.



Dopo quella volta Matilde venne tutte le sere fino a quando non me ne andai.

Nel frattempo che i ricordi si facevano strada nella mia mente, Honor mi accompagnò fino alla stanza di Amanda. Evitai di vederla dalla finestrella della porta, ma sapevo che presto o tardi avrei dovuto combattere contro le mie paure ed uscirne vincitore. Diedi un ultima occhiata a quella maledetta porta prima di entrare, poi con il sostegno di mia sorella, entrai.



Angolo Autrice
Hey People! 
RIngrazio chiunque abbia avuto la pazienza di aspettarmi e di aver continuato a tenere questa storia in "biblioteca"!
La fine è vicina, ma prometto che sarà davvero emozionante! O almeno cercherò di trasmettervi tutto l'amore che questi due ragazzi provano l'uno nei confronti dell'altra!
Un bacio,
Serena.

 
   
 
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