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Autore: Crateide    07/07/2016    2 recensioni
[Il Giro di Vite]
John tornò a rivolgere gli occhi al di là del vetro, dove l’ambiente era mutato e le eleganti case avevano lasciato il posto a vecchie catapecchie ammassate le une sulle altre. La via era deserta e una sinistra nebbiolina veleggiava fra i vicoli, serpeggiando sui ciottoli della strada.
- Hai visto anche tu? – chiese ad un tratto John, sudando freddo e volgendosi indietro con fare concitato.
- Visto cosa? – chiese Frank, senza muoversi.
- Quell’ombra! Sembrava...
Ma s’interruppe, portandosi una mano alla fronte rugosa. No, era impossibile. Lui era morto da un pezzo!
“Si sarà trattato solo di un’illusione” si disse, scuotendo il capo. “Questo posto suggestionerebbe chiunque!”.
Genere: Angst, Dark, Suspence | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: Missing Moments, What if? | Avvertimenti: Tematiche delicate
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Even though I get so high

I know that I will never fly

And when I fall out of the sky

Who’ll be standing by?

-  About to crash (reprise), Dream Theater -

 

 

 

 

 

 

Il trotto dei cavalli dettava il ritmo della carrozza, che traballava sull’acciottolato di Harley Street. La pioggia picchiettava sui vetri, scendeva giù come lacrime amare di un cielo cinerino, sormontato da nuvoloni burrosi.

Stretto nell’abitacolo, mentre le case squadrate si susseguivano davanti ai suoi occhi annoiati, John sbuffò.
- Manca ancora molto, Frank? – chiese, stringendo fra le mani il proprio bastone.

Un fulmine illuminò il sorriso da gatto del suo interlocutore: un ometto grassoccio dalla pelle rossastra e gli occhi porcini.
- Pazienta ancora un po’, John – rispose con voce viscida, storcendosi i baffetti che gli ombreggiavano il labbro superiore – ti ho forse mai deluso? Nella clinica del dottor Hyde, troverai la persona che fa al caso tuo. Ne sono certo.

John tornò a rivolgere gli occhi al di là del vetro, dove l’ambiente era mutato e le eleganti case avevano lasciato il posto a vecchie catapecchie ammassate le une sulle altre. La via era deserta e una sinistra nebbiolina veleggiava fra i vicoli, serpeggiando sui ciottoli della strada.
- Hai visto anche tu? – chiese ad un tratto John, sudando freddo e volgendosi indietro con fare concitato.
- Visto cosa? – chiese Frank, senza muoversi.
- Quell’ombra! Sembrava...

Ma s’interruppe, portandosi una mano alla fronte rugosa. No, era impossibile. Lui era morto da un pezzo!

“Si sarà trattato solo di un’illusione” si disse, scuotendo il capo. “Questo posto suggestionerebbe chiunque!”.

La risata grugnante di Frank lo richiamò dai propri pensieri.
- Non comportarti in modo così bizzarro davanti al dottor Hyde – gli disse – altrimenti potrebbe decidere di rinchiudere anche te nel suo manicomio.

John s’indispettì. Anche se Frank era un amico di antica data, non tollerava che si prendesse gioco di lui. Aprì la bocca per ribattere, quando i cavalli lanciarono al cielo un lugubre nitrito e la carrozza si arrestò bruscamente.
- Siamo arrivati! – disse l’uomo pingue – e guarda che fortuna, ha anche smesso di piovere.

John rimase immobile per alcuni istante, con le palpebre abbassate. Infine, prese un profondo respiro e scese dalla carrozza.

Nell’aria ristagnava un lezzo nauseabondo, che gli provocò un conato. Strinse i denti e si portò un fazzoletto davanti al viso, mentre i suoi occhi si sollevavano e incontravano un’imponente quanto fatiscente struttura in mattoni. Le piccole finestre che troneggiavano ai piani superiori erano opache e ricordavano gli occhi delle mosche. Solo al pian terreno lo sguardo incontrava ampie e lerce vetrate, imprigionate da inferriate arrugginite.

Sul cancello in ferro battuto, si stagliava nel cielo la tetra insegna “Asylum”, che pareva averne preso la tinta scura e triste.

Un fulmine bagnò di luce l’ambiente, facendo sobbalzare John. I capelli gli si rizzarono dietro la nuca e con malagrazia strattonò per un bracciò il suo amico.
- Allora, che stiamo aspettando? – chiese – il dottor Hyde ci starà già aspettando.

Frank annuì e s’incamminò con passo malfermo. Sotto il suo tocco, il cancello cigolò orrendamente, aprendosi su un selciato pieno d’erbacce e arbusti arsi dal Sole.

John ignorò le figure indistinte che intravedeva apparire e sparire da dietro le finestre e puntò tutta la sua attenzione sul portone. Nel momento in cui lui e Frank accedettero al piccolo portico dismesso, la pioggia riprense a venir giù con forza.

Stizzito e ancora scosso dalla visione di poco prima, John afferrò il battente d’ottone e bussò con forza. Il suono cacofonico si spense nel ticchettio sempre più forte dell’acqua che cadeva dal cielo. Un grido risuonò lontano e altre urla gli fecero eco, per poi spegnersi poco dopo.

Infine, con un sinistro stridore, anche il portone venne aperto e il lezzo si fece più intenso.

“Che posto disgustoso!” pensò John, mentre la figura allampanata di un uomo sui cinquant’anni appariva sulla soglia, bianca e scheletrica come uno spettro.
- Dottor Hyde! – esordì Frank, facendo un passo verso l’uomo e tendendogli la mano, che egli strinse con poca convinzione, quasi fosse disgustato da quel contatto.
- È un vero piacere rivederti, Frank – rispose il medico con voce sottile e sibilante.

John ebbe un nuovo brivido. C’era qualcosa di diabolico in quell’uomo. Qualcosa che gli faceva venir voglia di girare sui tacchi e fuggire il più lontano possibile.
- Voi dovete essere la persona di cui Frank mi ha tanto parlato, invece. Dico bene, Signore?

Gli occhi giallicci del medico si puntarono nei suoi, trattenendolo lì dov’era. Il volto scarno, le labbra screpolate e i pochi ciuffi di capelli brizzolati che gli coronavano il capo lo rendevano ancora più inquietante e grottesco di quanto l’intera sua figura non fosse già.
- Sì, dottore, sono io – trovò la forza di rispondere – ma, vi prego, chiamatemi John. Gli amici di Frank, sono anche miei amici.

Le labbra di Hyde si stirarono in un ghigno mefistofelico.
- Sarà un piacere, John. Adesso, però, entrate. Non rimanete sulla porta – e, detto questo, diede loro le spalle e s’incamminò per il lungo corridoio.

Frank fu il primo ad entrare, seguito a ruota da John.

I muri intorno a loro erano lerci e ammuffiti. Le porte tarlate sembravano in procinto di staccarsi dai cardini da un momento all’altro. La fioca luce delle lampade ad olio non bastava per illuminare il cammino, popolato da ombre mobili che sembravano voler ghermire i due ospiti.

Senza rendersene conto, John allungò il passo fin quasi ad affiancare Hyde. Si allargò il colletto e, nonostante la puzza, prese un profondo respiro.
- Allora, avete ciò che vi ho chiesto?

Il medico non si fermò e continuò a procedere, senza staccare gli occhi da un punto fisso davanti a sé.
- A dire il vero, Frank è stato molto vago – rispose infine, arrestando il passo di fronte ad una porta in legno scuro e dal manico in ottone. Si volse a guardarlo e, per un istante, John ebbe l’impressione che il suo volto fosse divenuto meno orrendo.
- Mi serve una governante per i miei nipoti – disse sottovoce, guardandosi furtivamente intorno. Non voleva che altri sapessero del suo piano.

Hyde rise istericamente, aprendo la porta e restando sulla soglia.
- E la state cercando in un manicomio? – chiese, facendo segno ai suoi ospiti di entrare – posso saperne il motivo?

John sbirciò all’interno della stanza e subito notò una lunga scrivania addossata alla parete e, al centro, un tavolino di cristallo e quattro sedie disposte intorno ad esso. Entrò senza alcun indugio e, prima di rispondere, attese che la porta venisse richiusa.
- Ho bisogno di qualcuno che possa confondersi con... gente normale – disse, prendendo posto su una delle sedie, imitato dagli altri due uomini.

Hyde sollevò un sopracciglio.
- Perché, allora, non assumete direttamente una governante? Ce ne sono molte che cercano lavoro. Soprattutto qui a Londra – rispose.
- No, non avete ben inteso – e John si sporse in avanti come per confidare un segreto – ho bisogno di una donna insospettabile, ma che abbia avuto esperienza con i bambini.
- Quel tipo di esperienza?
- Sì. Deve averne uccisi.

Frank, seduto al suo fianco, rabbrividì. Si volse a guardarlo e rimase a fissarlo, nonostante ne rifuggisse lo sguardo.
- Sei sicuro di voler arrivare a tanto, John? – chiese – sono pur sempre i tuoi nipoti...
- Voglio l’eredità e finché Miles sarà vivo, non potrò impossessarmene – rispose, volgendosi di scatto verso l’ometto – sai che è stato scacciato dal Collegio dove l’avevo mandato? Pare racconti strane storie...
- Quali storie? – s’interessò Hyde.
- Fantasie di bambino, purtroppo! Nulla che possa imputargli una qualche malattia mentale!

Il medico si grattò il mento, sollevando le sottilissime sopracciglia grigie. Ondeggiò il capo a destra e a sinistra, meditabondo. Infine, sorrise malignamente.
- Amico mio, siete nel posto giusto – disse – un mese e mezzo fa è giunta una donna, una certa Miss Giddens, che ha assassinato il proprio figlio annegandolo in uno stagno. Soffre di schizofrenia e di allucinazioni, ma le sue crisi sono molto discrete. Potrebbe risultare solo una donna un po’ eccentrica. Per ora, non ha mai dato problemi, anzi, si è dimostrata molto materna nei confronti dei suoi compagni.

John sorrise, trionfante.
- Abbiamo trovato la persona giusta! – disse – e voi, dottore, mi assicurate che ucciderà i miei nipoti?

Hyde si strinse nelle spalle e sollevò i palmi verso il soffitto ammuffito.
- Non posso assicurarvelo, John, ma se sospenderà la cura, le sue crisi riprenderanno e andranno peggiorando.

John accavallò una gamba e sorrise sornione.
- Posso vederla? – chiese.
- Potete anche parlarle. Come vi ho detto, non pare affatto una malata di mente.

Invaso da una perversa eccitazione, si alzò e con un gesto della mano esortò il medico a fare altrettanto.
- Allora cosa stiamo aspettando? Andiamo a conoscere Miss Giddens.

Hyde assentì, mentre Frank tirò fuori il suo fidato fazzoletto e si asciugava il sudore freddo che gli aveva imperlato la fronte.
- Se non vi dispiace, signori, io aspetto qui – disse.
- Sta bene – rispose il medico – andiamo, John.

Uscirono dalla stanza e imboccarono il corridoio che da lì virava verso destra. Improvvise urla riecheggiarono fra le pareti lorde, seguiti da colpi ritmati e secchi. Bisbigli incomprensibili giungevano oltre le porte chiuse, parole irripetibili surclassavano le strida, mentre pianti disperati singhiozzavano a ritmo della pioggia che batteva contro i vetri.
- Vi sentite bene, John? Siete un po’ pallido.

Nonostante le sue parole fossero state gentili, l’espressione beffarda di Hyde lo irritò. Si stava forse divertendo? Sperava che, dopo quella visita, sarebbe diventato anche lui un suo paziente?
- Sto benissimo – rispose John – piuttosto, dov’è Miss Giddens?
- Oh, proprio oltre questa porta. A quest’ora starà filando... prego.

John tossicchiò, si aggiustò il giacca scura sulle spalle e infine bussò.
- Avanti, entrate! – rispose una voce gaia – siete voi, dottore?
- No, miss, avete un ospite – rispose Hyde, alle spalle dell’uomo.

La donna, una biondina dagli occhi grandi e azzurri, se ne stava seduta su una sedia a dondolo a tessere quella che sembrava una coperta lilla. Nella stanza vi erano solo un piccolo scrittoio e un letto e, nonostante la pioggia incessante che macchiava i vetri, era molto luminosa.
- Buonasera, miss – esordì John, facendo un passo avanti ed entrando. Un inaspettato profumo di lavanda portò un po’ di conforto al suo naso.
- Oh cielo, un gentiluomo! – disse la donna, toccandosi la veste candida e arrossendo – perdonatemi, sono impresentabile...
- Siete incantevole. Posso parlarvi?
- Ma certo, venite pure.

John storse il naso. Possibile che una fanciulla così fragile e delicata potesse aver ucciso il proprio bambino? E se non fosse affatto malata, se Hyde si fosse solo preso gioco di lui?

Questi e altri pensieri affollarono la sua mente, mentre prendeva posto proprio di fronte a miss Giddens, su un’altra sedia a dondolo.
- So che amate molto i bambini – disse.
- Oh sì – rispose la donna, languidamente – morirei per loro! Sono dei veri doni del Signore.
- Lo credo anch’io – tagliò corto John, che non aveva nessuna voglia di disturbare Dio e la propria coscienza – e proprio per due adorabili bambini che sono qui, miss Giddens.
- Davvero?
- Sì. Vorrei assumerla come governante per i miei due nipoti: Flora e Miles. Ve la sentite? Vivrete poco fuori Londra, in campagna, a Bly. L’aria fresca vi farà bene.

La donna si alzò e gli si buttò ai piedi, in lacrime.
- Oh mio Signore, quale benedizione è scesa su di me? – esordì – certo che accetto! Come posso ringraziarvi?
- Facendo un buon lavoro e tenendomi fuori da qualsivoglia questione – rispose John.
- Lo farò. Non dubitatene.

A quel punto, l’uomo si volse verso Hyde, che se la rideva nel buio del corridoio.

“Perfetto, no?” gli mimò con le labbra scarne.

John contrasse la mascella e distolse lo sguardo, portandolo al di là della finestra.

Per un breve istante, ebbe come l’impressione di vedere il volto di Peter Quint dietro al vetro opaco. Gli stava rivolgendo uno sguardo di fuoco.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Angolino dell’autrice:

Ciao a tutti!
Non so quanti di voi abbiano letto Il Giro di Vite di H. James, ma se non l’avete fatto, fatelo.

Con questa mia insulsa one-shot, ho voluto dare un’interpretazione tutta mia al libro. Leggendolo, infatti, ho pensato più di una volta che in verità Miss Giddens fosse pazza e che si fosse fatta solo influenzare dai racconti della signora Grose. Ed ecco qui il perché: John ha reclutato l’istitutrice in un manicomio – no, il riferimento a Mr. Hyde non è casuale! – proprio affinché uccidesse i piccoli Flora e Miles, solo per ottenerne lui l’eredità.

Detto questo, spero che la shot vi sia piaciuta.

 

p.s.: vi consiglio, inoltre, di leggere Gli Innocenti di MaCk_a, sempre su Il Giro di Vite, perché merita tantissimo <3

 

Elly

   
 
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