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Autore: Karma00    08/07/2016    0 recensioni
"I see things that nobody else sees"
Mi riassume bene.
Genere: Mistero, Sentimentale, Sovrannaturale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Salve a tutti! Se state leggendo queste parole, vuol dire che avete avuto il coraggio di aprire la storia, e non posso fare a meno di ringraziarvi dal profondo del cuore. Prima di avventurarvi nel primo capitolo, lasciate che vi parli un po' della trama. La protagonista, Cassie, è una 23enne molto particolare. Il suo cervello sembra privo dell'area responsabile delle emozioni, per questo non è in grado di provare empatia o amore verso gli altri, il chè, nel corso degli anni, l'ha portata a definirsi "sociopatica". Tuttavia, non finisce qui. Sebbene il suo cervello deficiti di tale area, al suo posto ve n'è un'altra che, appunto, cerca di attirare le emozioni altrui per alimentarsene e, in un certo senso, colmare il vuoto che Cassie avverte dentro di sè dalla nascita.
Come e dove questa strana caratteristica porterà la protagonosta, lo scoprirete nei prossimi capitoli...
Un bacio a tutti! E, mi raccomando, se entrate recensite ;)
 
 
 
I



Credo di essere sociopatica.
O meglio, ne sono abbastanza certa.
Dal greco, sociopatico è colui che letteralmente “soffre gli altri”. Non è in grado di provare sentimenti. Ai suoi occhi, il resto delle persone non sono importanti. Non sente alcun affetto per i suoi cari o per chi gli sta accanto.
La maggior parte delle volte i più temibili serial killer si rivelano essere sociopatici. E’ questa caratteristica che permette loro di pianificare, orchestrare, inscenare e uccidere a sangue freddo. Anzi, in ogni loro gesto c’è una logica schiacciante. I crimini vengono commessi secondo un determinato ordine, le vittime sono scelte in base a cristeri precisi.
Fermarli è difficilissimo. Bisogna entrare nella loro mente contorta, privarsi di ogni emozione umana, di ogni empatia, per poter pensare con la loro mente e vedere con i loro occhi.
Infine, quelle rare volte in cui vengono catturati, non mostrano alcun segno di pentimento o anche solo di turbamento.
Gli atti atroci che hanno commesso, ai loro occhi appaiono perfettamente normali, in quanto spinti da ragioni, per loro, ben precise. Per quale motivo tutti provano ribrezzo davanti allo sterminio di venticinque bambini in una classe di scuola elementare? Che c’è di sbagliato nel distruggere la propria famiglia, eliminare moglie e figli, solo poichè si era stufi e si aveva voglia di cambiare? Cosa c’è di strano?
Ecco, vedete, io non sono proprio così. Del resto, non è detto che tutti i sociopatici finiscano col diventare dei criminali. Secondo me non perchè alcuni sono più misericordiosi di altri, semplicemente a certi mancano le giuste motivazioni.
Per me, ad esempio, il pensiero di uccidere qualcuno rappresenta un fastidio insopportabile.
Dovrei procurarmi un’arma che sia facile da utilizzare e al contempo efficace. Studiare per giorni le abitudini del mio bersaglio in modo da trovare il momento giusto. Decidere se inscenare un incidente o sbarazzarmi del corpo in modo che non venga più ritrovato. Escogitare un sistema per farla franca. Rischiare eventualmente di essere scoperta, arrestata e finire in qualche carcere sperduto. La mia vita sarebbe distrutta. Non ne vale assolutamente la pena.
Per questo non sarò mai un’assassina. Non per motivi nobili o perchè mi ripugni l’idea di togliere la vita ad un altro essere umano. Non mi importa nulla.
Se non studiassi, magari. Se non avessi delle ambizioni, dei piani. Se non frequentassi l’università e non avessi la necessità di trovarmi un lavoro, probabilmente finirei per ammazzare il tempo (macabra scelta di parole), studiando un modo per protrarre una serie di omicidi in stile Jack lo Squartatore. Ma sono troppo intelligente per questo.
Io ,semplicemente, non ho sentimenti.
Non posso amare, indipendentemente da quanto lo desideri.
Non provo nulla per nessuno.
Le relazioni che allaccio con altre persone sono volte esclusivamente all’autocelebrazione. Mi circondo di coloro che ritengo inferiori per poter risplendere.
Non perdo occasione di enunciare i miei successi dal punto di vista familiare, economico e dello studio, in modo tale da risultare sempre un gradino più in alto, sebbene, la maggior parte delle volte, io stessa non creda alle mie parole.
Non mi importa niente neanche dei miei genitori. Mi preoccupo del loro bene principalmente per il modo in cui si riflette su di me. Ho bisogno che mi paghino gli studi. Costituiscono un punto fermo da sempre, nella mia vita. Non sono sicura di riuscire a cavarmela senza di loro, almeno per il momento.
Ma la cosa terribile, l’unica che mi fa davvero stare male, è proprio questa mia consapevolezza.
Appositamente per lenire il senso di colpa che ne deriva, malgrado tutto, ho scelto di studiare medicina.
Salvare vite e curare malattie, per me rappresenta un modo di stabilire un equilibrio karmico tra quello che sono e quello che vorrei essere.
Ecco, coloro che vengono definiti sociopatici per lo più non sanno di esserlo. Ed e' un bene, credetemi. Una fortuna incredibile. Per loro è assolutamente naturale e cosa buona e giusta mettere se stessi al centro e non provare il benché minimo turbamento emotivo per le sofferenze altrui. Se si trovassero in mare aperto, in procinto di annegare con altre venti persone, magari bambini e anziani, e uno di questi gli si aggrappasse nel disperato tentativo di non affogare, se lo strapperebbe di dosso e lo lascerebbe sprofondare senza alcun rimpianto, senza alcuno scrupolo e, soprattutto, senza vederci nulla di sbagliato, poiché l'unica cosa che conta è la propria sopravvivenza. Certo, magari anche altri normali esseri umani, in una situazione analoga, si comporterebbero allo stesso modo stinti dal primordiale istinto di sopravvivenza. Nel profondo, tutti gli esseri umani sono così. L'istinto di autoconservazione è una caratteristica di ogni specie, ma se per la maggior parte di noi è qualcosa di latente, qualcosa che emerge solo in determinate situazioni e che, addirittura, in casi estremi o in persone particolarmente fragili può non emergere, per un sociopatico è la benzina, il carburante che lo alimenta per tutta la vita. Ovviamente, pero', non se ne accorge. È naturale, spontaneo.
Per me, invece, è diverso. Io so di essere una persona orribile, lo so e soffro per questo. Soffro per me stessa. Vorrei amare anch'io. Vorrei sentire per qualcuno un attaccamento, un'attrazione forte. Vorrei trovare negli altri la mia ragione di vita. Vorrei rattristarmi per le loro disgrazie e gioire per i loro successi, quando, invece, finisco sempre per mettere me stessa al centro, per domandarmi in che modo un loro successo o disgrazia possa influire sulla mia vita e come impedirlo. Io sono consapevole di essere sbagliata. So di meritare di essere bollita viva in un calderone, ma se stessi per esserci spinta dentro non esiterei a gettarci un neonato al mio posto.
Ho provato a cambiare, davvero, ma non ci riesco. È inutile. Mi sento vuota, come un'automa che sia stato programmato unicamente per sopravvivere. E, accidenti, come sono brava. Ma è tutto qui. Io sopravvivo, non vivo. Vivere significa amare, di questo me ne rendo perfettamente conto. Ho letto molto a proposito. Libri, poesie... Tutti i grandi autori sembrano avere in comune il turbamento, l'estasi che solo l'amore sa dare. Io leggo e mi sforzo di capire, di immaginare, di convincermi che un domani anch'io potrei provare queste cose, ma non ha senso prendere in giro me stessa. Vivere, vivere davvero significa avere qualcuno a cui appartenere. Qualcuno il cui pensiero ti scaldi il cuore, la cui immagine ti spinga ad affrontare ogni difficoltà, e non mi riferisco solo ad un amante. Parlo di un amico, di un fratello, di un parente. Semplicemente di una persona che quando sei sotto la pioggia e i tuoni e i fulmini e ti si rompe l'ombrello e il vento ti gela le ossa e l'acqua delle pozzanghere ti arriva alle caviglie, ti basta pensarci per trovare la forza di arrivare a casa, perchè così potrai vederlo. Qualcuno per cui valga realmente la pena di vivere. Ecco, se penso che a me tutto questo è stato precluso dalla nascita, per motivi che non conosco, ho solo voglia di piangere e urlare, e, perchè no, di farla finita con questo mondo che con me è stato brutalmente spietato, privandomi di tutto ciò che distingue gli esseri umani dagli animali.
Ci ho pensato seriamente diverse volte, durante i miei ventitrè anni di vita. Ho pensato che sarebbe stato facile trovare un coltello o un ponte abbastanza alto e isolato da cui tuffarmi nel nulla, ma la paura dell'ignoto, di ciò che poteva arrendermi dall'altra parte mi ha fermato. Shakespeare aveva regione, quando attraverso le parole di Amleto descriveva l'essere umano come un codardo che preferisce sopportare le disgrazie di questa vita piuttosto che esplorare nell'oblio della morte. In passato era solo questo che mi teneva viva: la paura. E il pensiero del dolore che avrei potuto arrecare a chi mi perchè sì, l'essere consapevole di non poter amare mi rende, invece, consapevole di essere amata. E non lo merito, lo so anche se non posso cambiarlo. L'unica cosa che posso fare è tentare di nascondere chi sono, prendendomi cura delle persone che mi vogliono bene, perché è la cosa giusta da fare. E perchè io vorrei disperatamente ricambiare il loro amore.
Tuttavia, non sono soltanto una pseudosociopatica consapevole della propria patologia. C'è di più in me. Molto di più. E questo è il vero motivo che mi tiene in vita.
Io ho un dono. Un grande dono. Per qualche motivo inspiegabile, la mia mente danneggiata è in grado di stabilire connessioni con altre. È come una scarica elettrica. Non conosco i criteri, ammesso che esistano, secondo i quali avvenga questa connessione. Qualcuno mi passa accanto per strada con un bicchiere bollente di caffè in mano e zac! Ogni cosa rallenta. Il mondo intorno scompare, diventa sfocato, perde i colori. Ci siamo solo noi. Io e questo misterioso individuo che in qualche modo è entrato dentro di me. Come se la mia mente avesse dei tentacoli che, spinti dall'odore particolarmente invitante delle emozioni di qualcuno, fuoriuscissero da dentro di me, lo avvinghiassero e lo fagocitassero. Una macchia indelebile. Forse la zona del cervello responsabile delle mie emozioni risulta mancante perchè al suo posto c'è questa specie di piovra ingorda e misteriosa. Sarebbe una buona spiegazione. Essendo priva di emozioni, mi nutro di quelle degli altri.
E quando capita, quando la mia mente ingurgita una persona, avverto l'irrefrenabile impulso di conoscerla. Devo sapere chi è, cosa fa nella vita, i suoi sogni, la sua famiglia, i suoi pensieri, l'orientamento politico. Tutto, insomma. Se non lo faccio mi sento soffocare. Letteralmente. Il cuore prende a battermi all'impazzata. Mi si annebbia la vista. Mi viene da vomitare e non respiro. Allora vinco ogni inibizione, mi avvicino, avvio una conversazione, cerco il contatto, ci vado anche a letto, perchè no. E la loro vita diventa la mia. I loro occhi sono i miei. Le immagini che vedono, il modo in cui le assimilano, i sapori che sperimentano, gli affetti che provano, ogni cosa è mia. Solo allora mi sento viva come lo intendo io. Sento di amare. Non loro, solo le persone a cui tengono. Perchè il loro cuore batte nel mio petto.
E l'aspetto più importante, più affascinante, riguarda i sogni. La notte, ogni volta che chiudo gli occhi, mi appaiono spezzoni della loro vita, passata o futura e tutto ciò che vedo è reale: o è accaduto, o accadrà. Non dico di prevedere il futuro. Se così fosse, da brava narcisista sociopatica mi interesserebbe solo il mio. Io, però, prevedo solo quello che riguarda loro.
Ovviamente lo tengo per me. Non voglio sembrare pazza o fuori di testa. Non mi importa. Non ne vale la pena. Per nessuno. Mi limito ad attendere il corso degli eventi con un certo autocompiacimento, ogni volta che le cose vanno come avevo previsto. Un ulteriore motivo per alimentare il mio narcisismo.
Poi, ad un certo punto, improvvisamente come si era formato, il legame si spezza. La piovra dentro di me rigurgita la persona in questione, dopo averla spolpata per bene e tutto torna alla normalità. Siamo di nuovo estranei, non sento assolutamente nulla. Anzi, a dir la verità provo un fastidio enorme nella loro vicinanza. Un vero e proprio disgusto, ogni volta che li vedo sono sul punto di vomitare. Devo allontanarmi il più possibile. E la cosa strana è che anche loro da un giorno all'altro si comportano diversamente con me. Sono indifferenti, come se non ricordassero il perchè o semplicemente come siamo diventati così intimi. Se ne vanno confusi, e so che presto perderanno del tutto il ricordo di me e del tempo che abbiamo passato insieme. E si rinnova dentro di me la fame di emozioni.






 
   
 
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