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Autore: _Atlas_    09/07/2016    2 recensioni
Tony sferrò l'ennesimo pugno contro il sacco da boxe e ripetè la mossa una, due, tre volte, seguendo un ritmo inesistente.
La sua mente era diventata scenario dei peggiori ricordi legati a ogni fase della sua vita e non riusciva - non poteva – fermarli.

[Post Captain America: Civil War]
Genere: Angst, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Tony Stark
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
- Questa storia fa parte della serie 'Demons'
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Sangue e vetro
 
 
 
 
 
So I bare my skin
And I count my sins
And I close my eyes
And I take it in
And I’m bleeding out
I’m bleeding out for you

Bleeding out – Imagine Dragons
 
 
 
 
 
 
Tony sferrò l'ennesimo pugno contro il sacco da boxe e ripeté la mossa una, due, tre volte, seguendo un ritmo inesistente.
La sua mente era diventata scenario dei peggiori ricordi legati a ogni fase della sua vita e non riusciva - non poteva – fermarli.
Il caldo a Malibu stava diventando insopportabile ma non gli permise di arrendersi al sudore e alla fatica; aveva scelto di tornare per una ragione ben precisa e non voleva tirarsi indietro proprio ora.
Aveva sopportato di peggio.
Il caldo, quello vero, torrido, quello che puzzava di morte e che gli era stato alle calcagna per tre lunghi mesi, ad esempio. In corredo con un fucile costantemente puntato alla nuca - un fucile che portava il suo nome – e il petto squarciato a metà da un grappolo di schegge.
E poi la voglia di tornare a casa e rimediare ai propri errori, l'armatura nuova, il rosso e l'oro che spiccavano sgargianti per rendere ancora più evidente quel cambiamento che gli era nato dal cuore.
Un cuore blu, brillante anche quello e più doloroso che mai.
Tutto, ogni singolo aspetto della sua vita si era improvvisamente trasformato in una scarica di dolore acuto mentre il ghigno di chi avrebbe dovuto sostenerlo gli si riversava contro.
 
Al ricordo di Obadiah Stane il pugno di Tony si fece più deciso.
 
Evidentemente non era bastata la figura di un padre assente a farlo sentire così dannatamente arrogante e sofferente, no. La vita non lo aveva ancora sorpreso abbastanza e quindi perché non sporcarsi le mani con il palladio?
Così, giusto per rendere i suoi pensieri un po' più patetici e assillanti.
Una giretto a Monaco, un'omelette, un vecchio amico che si era trascinato la vendetta dalla Russia...
Dieci, undici, quindici pugni. Tony Stark è indistruttibile.
Lo era davvero e forse per un po' avrebbe potuto essere tranquillo; giusto il tempo di godersi quell'88% di serenità prima che una diva dispettosa gli facesse rigirare lo stomaco.
Poi il missile, il buio, il coraggio.
 
Tony si fermò per riprendere fiato e osservò le nocche rosse delle mani, poi colpì di nuovo.
 
Quarantadue armature.
Un esercito, una squadra, un intero schieramento di ferraglia pronto a proteggere chi nei suoi incubi era sempre in pericolo.
Il giorno e la notte si confondevano e i suoi respiri erano sempre troppo corti, il battito del cuore accelerato e le gambe pronte a cedere.
Tony Stark conosceva bene le sue paure e ci scherzava su per evitare di scoppiare di fronte a chi non le comprendeva, per primo se stesso.
La verità era che il panico lo aveva avvolto come il corpo di un serpente che lentamente si insinua lungo gli arti e al momento giusto sferra l'attacco decisivo.
Ma non bastava nemmeno questo.
Di nuovo il caldo torrido, il fuoco, lo aveva fatto tremare e i suoi occhi avevano visto precipitare verso la morte chi aveva sempre cercato di proteggere; aveva visto precipitare chi, in tutti quegli anni, aveva rappresentato la salvezza.
 
Una raffica spietata di pugni picchiarono il sacco e Tony ignorò il dolore, almeno quello fisico.
 
Quello che negli ultimi anni era successo nella sua vita lo aveva distrutto e i mesi appena passati lo avevano  stravolto interamente.
Ogni sua singola azione lo aveva portato alla rovina; ogni sua paura si era terribilmente concretizzata e ogni sua speranza era svanita in un battito di ciglia.
Ultron - quell'assurda battaglia tra giusto e sbagliato, tra doveri, vendette e paure – quella voglia di rimediare, di cercare sempre una soluzione nonostante tutto e tutti; la voglia di voler contare su chi gli era vicino, su chi era così diverso da lui ma che credeva nell'unione e nel gioco di squadra.
Era lì che qualcosa si era bruscamente incrinato, un'azione giusta commessa nel momento sbagliato e nel posto sbagliato; poi gli accordi, gli attentati, Pepper, la squadra divisa, la battaglia all'aeroporto, Pepper, l'incidente di Rhodey...i sensi di colpa e ancora Pepper.
 
Il pugno di Tony deviò il sacco e colpì in pieno la vetrata.
Minuscoli cocci di vetro caddero a terra con un rumore cristallino, e con essi si interruppero anche le scene frenetiche che percorrevano la sua mente.
La sua mano iniziava a sporcarsi di sangue e Tony allentò la stretta del pugno.
 
Poi il freddo.
 
La Siberia aveva lasciato un'impronta indelebile nella sua vita, proprio come aveva fatto l'Afghanistan.
In quei luoghi deserti e abbandonati aveva lasciato i ricordi più dolorosi, quelli appiccicosi e tormentati che non gli avrebbero mai più dato scampo.
Era solo adesso, completamente.
Non aveva neanche più la forza di ridere e di scherzarci su, di sollevare le spalle e ammettere che ancora una volta tutto andava bene. No.
Il suo castello di speranze e illusioni era miseramente crollato e quando si era accorto di non riuscire neanche più ad alzarsi, aveva capito che anche la sua forza fisica e mentale lo stava abbandonando.
Era evidentemente in questo modo che la vita aveva scelto di fargli pagare i suoi errori, sferrando colpi uno a uno, colpendolo nei punti in cui si sentiva più fragile.
La sua corazza di ferro era stata distrutta e con essa tutto ciò in cui aveva creduto.
 
 
Tony si osservò la mano insanguinata e sogghignò affaticato.
Si guardò intorno e riconobbe una casa da cui avrebbe fatto bene a fuggire, in cui rinchiudere per sempre i ricordi più belli restava l'unica cosa da fare.
Eppure non lo fece, rimase lì, perché quello era il suo posto e perché semplicemente non poteva lasciare che le cose finissero in quel modo.
La verità era che in tutti quegli anni solo una persona era stata in grado di non farlo precipitare; la stessa persona che gli aveva insegnato ad amare e che lo aveva salvato persino da sé stesso.
Fu doloroso, più doloroso del sangue che continuava a scorrergli fra le dita e si impose di resistere perché mai – mai – si sarebbe piegato a una simile sconfitta.
Avrebbe combattuto per lui, per lei, per le loro vite, questo sì.
 
Un gridò di rabbia squarciò il silenzio del laboratorio e, per l'ennesima volta nella sua vita, Tony Stark si sentì sconfitto.

 
 
 
 
 
 
 
NdA
Angst. Angst ovunque, non siete felici? Io sì, asd *-*
Erano giorni che avevo voglia di scrivere qualcosa di tremendamente doloroso e introspettivo che riguardasse solo Tony, qualcosa che esprimesse il suo conflitto interiore.
Non sono scesa nei dettagli perché l'ho fatto nelle altre fanfic e inevitabilmente mi sarei ripetuta, però ci tenevo perché RAGA QUEST'UOMO SOFFRE TROPPO CAPITE?!
Quindi, ora che l'ho lasciato sfogare un po' (ditemi che avete colto il riferimento alla boxe, pls) probabilmente in futuro arriveranno altre cosucce in cui sarà coinvolta Pepper.
Ma ma ma, da qualche parte dovevo pur cominciare...
L'OOC qui regna sovrano, ma anche quello ormai è diventato relativo quindi ciancio alle bande.
Spero vi sia piaciuta l'idea, se vi ha fatto schifo lanciatemi pure tutto quello che volete.
Alla prossima!
 
_Atlas_
   
 
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