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Autore: liz_herm    09/07/2016    1 recensioni
“ le morti per suicidio non destano più tanto scalpore nei media, non mi stupisco che la sua morte sia passata inosservata, si è imbottita di farmaci, le servivano ad abbattere l’ ansia, la paura, il ricordo, con quelli inibiva i suoi sogni infranti e gli incubi notturni, grazie a quelli si è addormentata per sempre.”
Genere: Malinconico, Thriller | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: Contenuti forti, Tematiche delicate, Violenza
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Mi sono sempre piaciuti i capelli biondi.
Passo le mie dita tra i tuoi, sono lisci e dorati.
Ti scosti leggermente, hai forse paura che te li possa sporcare? Hai forse paura che te li possa tirare ?
Non sei molto loquace, a differenza dei tuoi predecessori, resti fermo e mi segui con lo sguardo.
Osservo i tuoi occhi verdi, di una tonalità bizzarra oserei dire, hai le pupille molto dilatate, buon segno.
Passo la mia mano delicata sulla tua guancia, pochi centimetri di barba me la solleticano, un tuo movimento troppo veloce me la fa ritrarre.
“Facciamo due chiacchere ti va?”
Ti faccio una proposta che ti lascia ancora più confuso di quando ti sei risvegliato.
“ Hai frequentato la scuola media del tuo paese natale, giusto? Si direi di si, ed eri apprezzato da tutti ? per quel che mi ricordo mi sembra di sì, allora dimmi, perché secondo te, ti trovi qui oggi?”
Sai di non poter rispondere, segui il mio monologo e non capisci, noto che il tuo respiro si è fatto più pesante ed affannato, lo vedo dal movimento del tuo torace.
“io mi ricordo una festa di compleanno, sfarzosa, alla quale erano stati invitati la maggior parte dei bambini della scuola, anche una piccola bambina, minuta, capelli rossi, ti ricordi ? una bambina che ti ammirava e ti vedeva grande, nonostante tu fossi più grande di lei di soli due anni”
Adesso hai capito, vedo i tuoi occhi spalancarsi ,fisicamente sei qui, mentalmente a quella domenica pomeriggio di molti anni fa, forse inizi a fremere a causa dei ricordi che ti ho risvegliato o forse a causa della tua attuale presa di coscienza.
“quella bambina ora non c’è più, ti ricordi le umiliazioni e il dolore che le avete inflitto, ti ricordi la paura e la vergogna che lei provava? Ora quella bambina non c’è più, non è riuscita a superare tutto quello, ha vissuto ancora per poco e poi ha scelto di non vivere”
Ti agiti leggermente, probabilmente l’effetto del sedativo sta svanendo, ma io non ho fretta.
“ le morti per suicidio non destano più tanto scalpore nei media, non mi stupisco che la sua morte sia passata inosservata, si è imbottita di farmaci, le servivano ad abbattere l’ ansia, la paura, il ricordo, con quelli inibiva i suoi sogni infranti e gli incubi notturni, grazie a quelli si è addormentata per sempre.”
Mentre parlo inizio ad allentare le corde che ti legano ed il fazzoletto che ti impedisce di parlare. Sei quasi libero.
“Niente di personale, le ho fatto una promessa, tutto qui, oppure puoi vederla sotto un’altra luce; è il mio lavoro”
Continui a non dire niente, non mi fai le classiche domande banali e di questo ti sono grata, non piangi, non implori pietà, non tenti di trovare scusanti, forse hai più paura di quanto non vuoi far vedere, forse senti di meritare la sorte che ipotizzi io ti riseverò, no non credo, i colpevoli non si sentono mai in debito con la vita.
“So cosa hai fatto”
Ti guardi intorno cercando di capire dove sono, non c’è molta luce, percepisci la mia presenza alle tue spalle, forse.
Vedi una debole luce filtrare da una fessura, diventa sempre più grande finche non realizzi di trovarti davanti ad una porta, praticamente aperta, fuori vedi molti alberi, forse un bosco, è notte e dopo un po’ non riesci più a distinguere dove finisce la stanza e dove inizia il bosco.
Senti intorno a te dei passi, tenti di vedere quanti potremmo essere, dove potremmo essere.
Senti un rumore, un rumore che non senti tutti i giorni se non in televisione, uno scatto meccanico.
Hai già intuito la tua punizione, forse, la porta aperta è un chiaro invito, lo scatto un chiaro messaggio.
“Vai, cammina verso l’uscita, non vedi che è aperta?”
Decidi di assecondare ciò che il destino, beffardo ti ha riservato.
 Ti alzi dalla sedia alla quale eri legato, le gambe tremano, il tuo passo è incerto e insicuro, ti avvicini lentamente alla porta, senti il gelido vento dell’ inverno che ti accarezza il viso, sembra più uno schiaffo sbeffeggiatore.
Ti sento piangere, forse.
Come un cervo braccato dai lupi, decidi di iniziare a correre verso il bosco, l’ultimo rumore che senti alle tue spalle è una frase, che sembra quasi un ringhio: ”La caccia è aperta”
 
DUE ORE DOPO
 
Rientro nel capanno, ho addosso ancora l’euforia che mi accompagna sempre durante le battute.
L’ umido tenta di penetrare nelle mie ossa, ma non riesce a spengere il fuoco che mi brucia all’altezza dello stomaco; euforia, follia e desiderio sono le uniche tre sensazioni che al momento sono in grado di provare.
Entro nella doccia, mentre mi lavo sotto di me si addensa una pozza  scura, non me ne preoccupo, continuo a lavarmi, esco e mi avvolgo in un morbido asciugamano bianco, ne uso uno identico per tamponarmi i capelli.
“ Quanti nei già buttati via in questi anni!” mi rimprovera l’ uomo appena entrato nella stanza, lo guardo, poi guardo l’asciugamano, effettivamente adesso non è più utilizzabile, alzo le spalle e getto nella spazzatura l’ asciugamano ormai nero.
Mi volto e mi avvicino a lui, le sue intenzioni sono chiare e anche le mie, mi avvento sulle sue labbra e mentre tento di eliminare gli ultimi indumenti che ostacolano le nostre intenzioni, mi domanda: “ A quando la prossima caccia?”.
Ignoro la domanda e continuo il mio lavoro, lui sospira e mi osserva, osserva le mie braccia e il mio collo, gli aghi e le canule ospedaliere hanno lasciato dei segni e delle cicatrici indelebili che a distanza di anni, sulla mia pelle bianca, si vedono ancora, come alcune delle cicatrici sul mio viso, avrei potuto dire che non mi avrebbe riconosciuto neanche mia madre, se solo non mi avesse abbandonata.
Passa le sue mani tra i miei capelli e ne prende alcune ciocche tra le dita, le attorciglia e ci gioca.
Finalmente posso vivere, finalmente posso amare, finalmente posso riaccendere in me quel fuoco che bruciava un tempo, un fuoco rosso vivo, un fuoco che, dopo oggi, ritorna a brillare vivo in me e nella mia testa.
Mentre sento la mia forza di volontà cedere sotto le sue carezze e le sue attenzioni, mi vedo riflessa nello specchio, per un attimo rivedo quella bambina dai capelli rossi, coperta di sangue, di lividi, di escrementi e privata della sua innocenza, che mi guarda e mi sorride.
Oggi quella bambina è rinata dalle ceneri dei suoi aguzzini, è tornata a vivere.

  
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