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Autore: Pedio Uichi    10/07/2016    1 recensioni
Frutto della reale finzione.
Racconto spensierato di quotidiane avventure di un professore ormai in pensione destinato a vivere esperienze al di fuori del "normale".
Genere: Commedia, Demenziale, Generale | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Forse in molti sottovalutano il titolo di una storia, di un racconto o di una poesia. Che cosa è il titolo se non la sintesi perfetta del contenuto che si sta per leggere?
E invece no, o almeno non in questo caso.

 

Facevo l’insegnate, uno di quei mestieri che ti porta ad avere il coltello dalla parte del manico. Le mie giornate erano tutte uguali:

  • La mattina mi alzavo dal letto, opportunamente dal lato sbagliato, e finivo per cascare su me stesso. Chissà forse un giorno mi deciderò a togliere la trappola per topi accanto al letto. Ho sempre avuto la fobia dei topi e chissà perché ogni mattina i miei piedi sembrano attratti dalla puzza di quel piccolo pezzo di formaggio casualmente poggiato sulla trappola. Ogni mattina è un inferno, un inferno che sa di dolore e anche di formaggio avariato.

  • Dopo avere intensamente medicato i piedi e cercato una vaga cura su come poter lenire il dolore sul mio dolce e amato Google, vado in cucina a preparare la solita colazione. Forse la reputo uno dei pasti più importanti della giornata, infatti per quanto importante possa essere finisco per mangiare poco e niente. Un toast con marmellata, un bicchiere di latte fresco e una tazzina di caffè. Starete pensando sicuramente: ehy è una buona colazione, persino io non mangio così tanto la mattina. Ebbene potreste avere ragione, ma non sapete che in realtà in casa ho una scorta di latte tale da sfamare mezzo mondo e dato che devo consumarle preferisco ingozzarmi di latte la mattina, quindi alla fine finisco per bere un litro di latte al giorno.

  • Finita la sana colazione a base di liquidi, ritorno in bagno per svuotarmi. Due dita in gola e vomito via il latte. Credo di avere un problema, in questo senso. Potrei benissimo buttare il latte, donarlo a qualcuno e invece no. La mia insulsa mente mi porta a berne 1 litro al giorno e vomitarlo. Questo si che è un buon esempio, già. Ah, sono intollerante al lattosio.

  • Mi vesto. E devo dire che non sono mai stato così bravo nel farlo. Ogni qualvolta devo andare in un posto consulto il meteo nella mia fidatissima e quanto mai azzeccatissima applicazione. Se il meteo dice: “oggi sole” finisce per piovere, mentre se “piove” spunta il sole. Ho cercato sempre di vestirmi una via di mezzo ed è anche per questo che ogni volta che arrivo a scuola vado in bagno a cambiarmi. Il meteo è una delle più grandi burle a cui noi comuni mortali siamo sottoposti.

 

Quando arrivi a scuola, soprattutto se hai lezione alle 8 di mattina devi stare attento al traffico. Ormai ho imparato che il traffico è il mio alleato, infatti vado a scuola a piedi e non con la macchina e arrivo puntualmente in ritardo.

I miei alunni sono forse una delle ragioni per cui continuo a fare l’insegnate. Certo, ogni anno le classi cambiano, conosci nuovi teppisti, nuovi secchioni, nuovi lecca culo e nuovi figli di papà. Però li adoro, cioè hanno sempre qualcosa di nuovo da insegnarti. Persino l’altra volta osservavo durante la lezione un mio alunno intento a cucire con un fil di capello. Pensavo volesse fare il sarto da grande e invece quando glielo feci notare, prese l’accendino e diede fuoco a quel capello. Inevitabilmente lo rimproverai, come solo un professore autoritario sa fare e lo invitai a rimanere in aula e a sorbirsi la puzza che aveva appena generato. Io e i restanti studenti andammo nell’aula magna a terminare la lezione.

Le gerarchie nel corso del tempo sono cambiate. Ai tempi in cui frequentavo la scuola esisteva la disciplina, il rispetto e l’onestà. Oggi invece tutto è cambiato e vi porto un esempio. Ero un secchione, uno di quelli che li vedi sempre a primo banco con il libro aperto e con gli occhiali a fondo di bottiglia, si proprio io. Certo non ero il massimo del testosterone maschile, però sapevo farmi rispettare facendo copiare i miei compiti a tutta la classe o a quella porzione di studenti che “copiare la mattina fa sempre bene”.

Nella mia classe è tutto l’opposto:

  • il secchione di turno è all’ultimo banco ed è quasi il più figo della classe;

  • il lestofante è messo a primo banco, proprio di fronte alla cattedra. Chissà forse un giorno la smetterà di infilarsi le dita nel naso proprio mentre spiego.

  • e la restante parte della classe è composta da i soliti noti: figli di papà, figli di buona donna e figli unici.

 

Vi starete chiedendo che fine abbiano fatto i raccomandati? Beh nella mia classe lo sono tutti quanti, quindi non c’è motivo di citarli. Tutto perfettamente secondo gli schemi eh?.

 

Ho sempre amato fare il professore. Condividere le tue conoscenze con qualcuno è come portare una parte di te avanti nel tempo, soprattutto se insegni a gente più piccola di te. Però non è così che vanno le cose.

Un giorno, durante una lezione, decisi di attuare la mia strabiliante dote da “coltello dalla parte del manico” e decisi di interrogare un alunno a caso, si a caso. Non mi credete? Ho chiamato realmente il primo che mi è capitato a tiro, il solito sbruffone di turno. Il secchione della classe. Wow, quasi sconvolgente non sbagliava un colpo. Ad ogni domanda una risposta e per di più sbagliata. Ed è un secchione signori, cioè una persona che studia a modo suo. Gli misi 8 per incoraggiarlo, promettendogli che la prossima volta gli avrei dato un voto migliore se solo mi avesse risposto correttamente. Questo è il lato positivo del mio lavoro: dare numeri. Essendo tutti raccomandati era un terno al lotto.

Una volta detti un 10 al bidello che entrò in aula. Si fermò ad ascoltare un interrogazione e iniziò a ripetere i versi di una poesia inventata sul momento:

Mi alzo la mattina,
mi sveglio e penso
corro a scuola e
lo sciacquone mi cancella i pensieri

 

Quel bidello adesso è il preside di quella scuola, quindi signori ho fatto un ottimo lavoro.


Fatto sta che la mia carriera scolastica fu un continuo seminare ignoranza. Credeteci o no, sono tutti grandi adesso. C’è chi fa il preside, chi continua ad essere raccomandato, chi ha deciso di seminare ignoranza altrove e chi, come me, che è in pensione.

Questa storia non ha un senso, non vedo perché ogni cosa debba averlo. Quindi fatene ciò che volete, ma io vi consiglio caldamente di farvi una risata perché in fondo non è poi così tanto lontana dalla realtà che viviamo.
  
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